Il Restauro del Mobile Antico

la sicurezza in  Laboratorio

| Home Page | Schede Tecniche | Forum | Consulenze | Invia un Commento |


 

Queste pagine sono curate da  

Milo Soldati 

restauratore in Trezzano S.N. (Mi)

 

 

Argomenti Correlati

 

Approfondimenti

Tabella dei fattori di rischio  

Tabella dei consigli

 

 

Nella Sezione

Principi di Restauro

Il Laboratorio

Schede  tecniche

Ricettario

Glossario

 

 

Mai come negli ultimi anni si è guardato a questo aspetto che riguarda ogni tipo di lavoro in cui siano presenti dei rischi : la sicurezza.

In Italia sono solo pochi anni che si parla di sicurezza come componente del lavoro, come costituente essenziale della qualità aziendale.

Il DL 626/94 introduce un nuovo modo di concepire la sicurezza per i lavoratori inseriti in aziende, definendo figure molto specifiche preposte alla formazione e al rispetto delle norme di sicurezza in ambiente di lavoro mediante un’ informazione  e ad una rigorosa metodologia di logistica organizzativa.

Se si escludono gli svariati riferimenti specifici settoriali e i soliti aspetti burocratici, la legge 626 altro non è che un insieme di  “ norme di buona tecnica “, cioè un’ informazione su tutti gli aspetti che compongono il massimo contenimento di rischio di incidente.

L’ informazione e la conseguente formazione su tali norme sono previste necessarie solo in realtà aziendali in cui vi siano dipendenti o collaboratori.

La sicurezza è comunque un fattore di estrema importanza in qualsiasi ambiente in cui vi siano rischi di pericolo, indipendentemente da quante persone vi  operino e dal motivo.

Questo significa che ovunque vi siano rischi è importante anzitutto averne la giusta consapevolezza, e limitarne al massimo il coefficiente di pericolosità.

Un indagine  ha rilevato che l’ 85 % degli incidenti in ambiente lavorativo è causato da errore umano.

L’ errore umano è dovuto a:

·        ignoranza delle corrette metodologie di lavoro

·        mancanza di concentrazione sulle operazioni in svolgimento

·        mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Il secondo e il terzo punto sono spesso legati ad una troppa confidenza  con le operazioni svolte; si tende infatti ad abbassare la guardia e a prendere sotto gamba le operazioni che si è abituati a svolgere in maniera ripetuta, nell’ errata convinzione che non essendo mai successo nulla in cento volte , nulla mai succederà. È un processo mentale assai rischioso, poiché è quando si crede di non correre rischi che si rischia maggiormente, in quanto ci si espone senza accorgersene.

Quanto scritto sin ‘ ora non vuole essere un concentrato teorico sulle norme di sicurezza in vigore, ma piuttosto un’ introduzione a delle “norme di buona tecnica” applicate al laboratorio di restauro, ambiente in cui , per la presenza di macchine rotatorie e  troncatrici e di prodotti nocivi e infiammabili, vi sono elevati rischi di incidente, aggravati dal fatto che , come credo, molti operatori vi lavorino da soli, quindi con l’ impossibilità di avere un immediato soccorso in caso di incidente.

L’ ABBIGLIAMENTO

È un aspetto che solitamente si tende a sottovalutare, sia in campo professionale che amatoriale.

La scelta del vestiario riveste un ruolo che è invece strettamente correlato alla sicurezza.

Vediamo quali sono i requisiti che dovrebbero avere dei buoni abiti da lavoro.

Devono essere anzitutto comodi per l’ operatore e consentirgli la massima libertà di movimento: questi, oltre a permettere un miglior svolgimento del lavoro, garantiscono un minor affaticamento a fine giornata.

Devono essere sacrificabili, cioè sporchevoli e rovinabili senza remore: la concentrazione durante il lavoro deve essere interamente dedicata alle operazioni che si svolgono , non alla paura di sporcarsi o rovinarsi il vestito.

Devono essere il più possibile aderenti (nei limiti della comodità) e senza accessori svolazzanti, cioè senza cinghiette, bretelle, frange o qualsiasi altra parte che possa impigliarsi o ancor peggio venir agganciata da organi rotativi. Il camice è un ottimo indumento per un’ aula di policromia, ma non è certo indicato se si sta tornendo un pezzo o tagliando alla circolare, e comunque è sempre meglio abbottonarlo. La salopette non deve avere le cinghie di aggancio cascanti; se sono troppo lunghe è meglio risvoltarle sotto la pettorina, per i motivi sopra citati; le bretelle risultano più stabili se si incrociano dietro la schiena. 

I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Nel campo del restauro, data la versatilità dei lavori svolti, si rendono necessari diversi tipi di protezione. Troppo spesso però, nell’ erronea convinzione di non essere soggetti a rischi, gli operatori dimenticano l’importanza di tali dispositivi.

Il fatto che,tutto sommato, un po’ di polvere non uccide nessuno, che le schegge volanti difficilmente finiscono negli occhi, che un po’ di solvente sulle mani non da problemi,che forti rumori si possono sopportare, ci porta frequentemente a dimenticare di proteggerci.

Solitamente quando si deve compiere un’ operazione insolita, magari con un solvente raramente utilizzato, o con un utensile elettrico con cui non si ha confidenza, si ha la tendenza a prendere svariate misure di protezione. Quando altresì le operazioni che si svolgono sono a noi familiari, le protezioni vengono meno poiché la confidenza porta ad abbassare la guardia! Questo meccanismo è molto pericoloso, ma umano , e si possono comunque limitare i rischi.

In questo campo vi sono inoltre rischi che non vengono percepiti, in quanto i danni da essi causati non sono immediati. Chiunque, saldando del metallo, si ricorderebbe di indossare gli occhiali da saldatore, ma manipolando dei solventi ritenuti comuni ( alcool, nitro, acetone…) non tutti indossano guanti protettivi e maschere per solventi . Questo avviene perché, mentre nel primo caso il danno è immediatamente percepibile, nel secondo caso è considerato erroneamente nullo, dato che non causa danni diretti ma cronici. I danni cronici si manifestano dopo molto tempo con conseguenze spesso irreversibili. ( esempio: silicosi da polveri e allergie da solventi). Da qui nasce l’ importanza dei dispositivi di protezione individuale, importanza che non deve mai essere sottovalutata nemmeno se l’ operazione che si compie è familiare. Inoltre, per indossare la maggior parte delle protezioni usate in restauro, basta un semplice gesto.

Vediamo una piccola rassegna dei dispositivi di protezione:

Guanti da carpentiere . Sono dei comuni guanti per lavori pesanti, proteggono da urti e graffi.

Guanti in lattice. Sono guanti sottili e aderenti che proteggono la pelle da brevi esposizioni a solventi organici ( usati in restauro) e liquidi mordenti. Sono ottimi per dare la tinta, la gommalacca, la cera, e in tutti quei casi in cui si deve operare mantenendo una buona sensibilità tattile.

Guanti in neoprene. Sono solitamente neri, garantiscono una buona protezione contro esposizione prolungata ai solventi . Sono indicati nella sverniciatura, ma non hanno grande resistenza alle abrasioni prodotte dalla paglietta.

Guanti in nitrile. Sono solitamente verdi. Garantiscono un’ elevata protezione da agenti chimici e un ottima resistenza meccanica. Sono ideali nel caso di esposizioni a solventi particolarmente aggressivi, come la soda caustica.

Mascherine per polveri . Ne esistono tantissimi modelli. Nel restauro è importante essenzialmente proteggersi dalle polveri prodotte dalla lavorazione del legno che non crea sospensioni aventi granulometrie inferiori a 0.6 micron; è quindi sufficiente una maschera di buona qualità indossata correttamente.( deve avere sempre 2 elastici per garantire una buona protezione)

Mascherine per solventi organici. Solitamente sono grigie. Sono maschere che, oltre a filtrare le polveri, trattengono odori sgradevoli e le esalazioni organiche presenti in concentrazione bassa ( inferiore al TLV)

Respiratori facciali. Sono delle piccole maschere antigas che non proteggono però gli occhi. Presentano anteriormente dei filtri a carboni in grado di filtrare elevate concentrazioni di vapori organici e altre sostanze volatili nocive. I filtri sono solitamente specifici per determinate sostanze. In presenza di vapori di ammoniaca è consigliato l’ uso di questi respiratori.

Dispositivi di protezione dell’ udito. Si tratta di tappi e cuffie auricolari in grado di abbattere parte del rumore percepito dall’ orecchio, solitamente i migliori abbattono massimo 20 db. Sono molto importanti poiché un esposizione a rumore superiore agli 80 db causa danni all’ udito che a lungo andare possono trasformarsi in ipoacusia cronica.

Occhiali protettivi. Vi sono tantissimi modelli in pvc e policarbonato. La scelta in questo campo è legata alla comodità. Meglio comunque se avvolgenti.

Calzature.  Ideale in laboratorio è l’ uso di scarpe antinfortunistiche. Devono avere suola antiscivolo e antistatica, puntale in acciaio e lamina antiforo. Di solito si usano solo nei cantieri, ma in laboratorio vi sono diverse occasioni in cui si possono apprezzare ( posso citare un’ esperienza, un mulettista qualche tempo fa, sbagliando la leva , mi appoggiò una combinata da mezza tonnellata sul piede, me ne accorsi quando mi resi conto di non riuscire a muovere la gamba avendo il piede incollato per terra. Fu una mia distrazione quella di non controllare costantemente di non mettere i piedi sotto la linea di caduta della combinata in movimento, ma avrei potuto pagarla cara. Non c’ è bisogno di arrivare a questi estremi, basta un buon martello che cade dal bancone, per valutare l’ importanza delle scarpe antinfortunistiche).

Suole ergonomiche. Non sono dei veri dispositivi di protezione, ma concorrono ad un minor affaticamento stando per periodi prolungati in piedi, e sono quindi correlati alla sicurezza.

 

L’ ORDINE COME ORGANIZZAZIONE

 L’ ordine come organizzazione non indica solo un ambiente pulito in cui ogni cosa è al suo posto.

Nel nostro luogo di lavoro abituale, ove abbiamo familiarità con l’ ambiente e la disposizione degli strumenti, ci risulta facile e veloce compiere le diverse operazioni; ma operando in un ambiente nuovo e sconosciuto, per quanto pulito e ordinato sia, le stesse operazioni richiedono un tempo più lungo. La differenza sta nel fatto che nel nostro ambiente riusciamo ad avere una visione più completa e chiara del lavoro e una concentrazione maggiore, che ci permettono di racchiudere mentalmente tutte le fasi che dobbiamo svolgere. 

Indubbiamente è più facile trovare un utensile in una cassettiera etichettata che  in un mucchio di attrezzi  su un banco, ma non basta.

L’ ordine di cui si parla è un ordine mentale, che ci permette di migliorare il modo di operare nelle nostre fasi di lavoro e di conseguenza anche la sicurezza.

Immaginiamo di sederci alla scrivania per scrivere degli appunti importanti: nella tranquillità della nostra stanza abbiamo tutto l’ occorrente a portata di mano; dopo un breve periodo, la nostra mente raggiunge il massimo livello di concentrazione ed inizia un processo che ci porta ad estraniarci da tutto ciò che non riguarda la nostra operazione: tale processo prende il nome di “flusso”. In questa condizione riusciamo a svolgere al meglio il nostro compito, riducendo al minimo i tempi di esecuzione e i margini di errore.

Immaginiamo ora la stessa situazione in un ambiente disturbato in cui ogni pochi minuti veniamo distratti , per prendere una penna, per rispondere al telefono, per consultare un documento lontano dalla nostra posizione… sicuramente la riuscita della nostra operazione è inferiore rispetto alla situazione precedente.

Se trasferiamo i due esempi in una delicata fase di restauro, la concentrazione potrebbe fare la differenza tra un ottimo lavoro e un infortunio.

Vediamo ora quali possono essere degli accorgimenti per ridurre al minimo la perdita di concentrazione:

  

VALUTAZIONE DEI RISCHI

È indubbio che i rischi maggiori siano quelli non percepiti.

Esistono dei fattori che portano a non percepire i rischi, o quantomeno a non valutarne correttamente il potenziale:


Approfondimenti (ndr)

Durante le varie fasi di restauro di un mobile, si usano diverse sostanze che possono risultare dannose alla nostra salute.

I possibili rischi a cui si va incontro nell'uso di un prodotto (causa contatto, inalazione, ecc.) e le necessarie norme precauzionali sull'uso e sulla conservazione del prodotto,  sono state codificate.

 

Tali codici sono normalmente riportati sulla confezione originale. E' buona norma, quando si travasano certi prodotti in confezioni che poi usiamo magari più comodamente, riportare su una etichetta posta sulla nuova confezione, tutte le informazioni necessarie per individuare senza errore il prodotto, senza dimenticare di riportare i codici di rischio.

 

Andate a consultare la Tabella dei codici di rischio dove sono riportati i codici che sulle confezioni dei prodotti pericolosi vengono codificati con la lettera  R

Mentre nella Tabella dei suggerimenti sono elencate le norme per l'uso e la conservazione dei prodotti stessi. Tali norme sono codificate con la lettera  S e vengono riportate sulle confezioni dei prodotti.


 | Home Page | Schede Tecniche | Forum | Consulenze | Invia un Commento |

Ultimo Aggiornamento:27/06/02.