Il Palio

Cenni storici    Attività

"Motore d'ogni nostra velleità,

drappo agognato,

così lontano e pur vicino:

conquistarlo, che gran fatica fa...

Ma conquistarlo:

piacere sopraffino!"


Storia del Palio.

La festa dell'Assunta a Fermo risale al 998 d.C., in tale anno il vescovo della sede fermana, Uberto, concede in affitto ai figli di un certo Rodecario un'appezzamento di terra sulla strada per Cossignano in cambio di 400 soldi annui da pagarsi nel giorno della festa dell'Assunta. Il documento più antico della Cavalcata e del Palio risale al 1182, anno in cui Monterubbiano, Cuccure e Montotto si impegnavano nei confronti di Fermo a portare il Palio ogni anno appunto in occasione della festa dell'Assunta. Però, da ricerche effettuate nell'archivio di stato di Fermo si è rinvenuto un atto del 1449 in cui Fermo "lamenta" che Monterubbiano non ha portato il Palio, cosa che <ha sempre fatto da 300 anni>, si deduce quindi che l'usanza risale al 1149 cioè anticipando di 33 anni il documento scritto nel 1182. Altro documento, lo abbiamo nel Messale de Firmonibus, risalente al 1436. In esso è raffigurata la cattedrale e il corteo che vi si recava per presentare alla Vergine Assunta, patrona di Fermo, doni, e offerte. Infatti, fin dal sec. XII si ha documentata la notizia che tutti i gastaldi del fermano dovevano in tale solennità portare le loro offerte che erano cospicue e numerose. Il guastaldo di Montolmo attuale Corridonia portava un maiale e 100 meloni; quello di Monte Urano un maiale; quello di Civitanova 100 uova e sei polli; Campofilone dava tre soldi e mille denari; la stessa quota donava il monastero d S. Donato in Tronto. Tutti i centri abitati e località, da poggio S. Giuliano alle porte di Macerata contribuivano secondo il costume del tempo con prosciutti, maiali, soldi, uova, polli. Ogni famiglia dei castelli soggetti e delle ville doveva offrire al proprio "scindico" dodici denari. Con il totale raccolto ogni "scindico" doveva acquistare un cero per il suo castello (unum cerum pro qualibet castro). Gli abitanti del porto, invece venivano obbligati a portare una barca omaggio simbolico dei pescatori. Fermo partecipava alla novena in preparazione a tale solennità con offerte vistose in denaro e in natura. L'offerta dei doni era estesa alle varie corporazioni delle città e dei castelli, tutti portavano un gran cero "magnum laboratum et ornatum" (finemente eseguito ed ornato). Le arti a Fermo erano divise in sei Collegi ognuno di essi aveva il proprio capitano (capitano delle arti) che interveniva alle cernite ed era interpellato nelle questioni di particolare importanza. In occasione della Cavalcata, tutte le Arti e ciascun artigiano, erano tenuti ad accompagnare il proprio Gonfalone; di seguito è riportato l'elenco dei sei collegi:

I Collegium: IUDICUM (Giudici), PROCURATORUM (Procuratori), NOTATIORUM (Notai)

II Collegium: MEDICORUM (Medici), SPETIATIOREM (Speziali), AURIFICUM et SELLARIUM (Orefici e Tappezzieri)

III Collegium: MERCATORUM (Mercanti)

IV Collegium: BECCHARIORUM (Maccellai), CASIOLARIUM (Formaggiai), BARBERIORUM (Barbieri), MAGISTRATORUM LIGNORUM (Falegnami), FABRORUM et CORRATIARIORUM (Fabbri e Fabbricatori di Corazze)

V Collegium: CALZOLARIORUM (Calzolai), MOLENDINARIORUM (Mugnai), FORNACIARIORUM (Fornai), TABERNARIORUM (Albergatori), MULATTERIORUM (Mulattieri)

VI Collegium: SARTORUM (Sarti), PHILLIPARIORUM (Pellai), MAGISTRORUM LAPIDUS (Marmisti)

I tabernari e gli hospitatores (osti e albergatori) oltre al cero dovevano portare una "tabernam unam laboratam et ornatam", cioè una taberna in miniatura piena di doni. Si trattava di una cassetta di giunco offerta dalla categoria. Il fatto risulta singolare se si considera che tale cassetta, in seguito denominata "giardiniera" per forza di cose,  lasciava vedere il suo contenuto. Ora, considerando che gli albergatori e i ristoratori erano senza dubbio coloro che dai festeggiamenti guadagnavano di più, in questo modo venivano costretti alla generosità. I fornaciai i mulattieri e i carrettieri dovevano offrire un carro colmo di pietre (unam salman laterum), il che da un territorio non proprio ricco di cave doveva essere un onere non indifferente. Gli agricoltori davano quattro bolognini a testa per il clero, ogni bottaro, ne offriva due. I Podestà il Capitano e gli altri Officiali, nella solennità predetta, offrivano un cero ciascuno, cosa che facevano anche il Gonfaloniere di giustizia i Priori e le altre autorità cittadine. Mentre le famiglie di Fermo, eccettuate le povere, dovevano offrire ognuno un cero alla cattedrale insieme alla propria contrada, e per gli inadempienti erano previste pene pecuniarie. La stessa Magistratura non era esente dall'obbligo di presentare offerte. Durante il Solenne Pontificale, la Magistratura fermana liberava tre prigionieri e li dedicava alla Vergine, purché avessero ottenuto il perdono della parte lesa e purché non ne avessero beneficiato altre volte. Tutti i generi di doni che venivano ricevuti (denari, oggetti d'arte, croci, calici, paramenti) erano consegnati ai "Sindaci Annuali" (un sacerdote, un notaio, due cittadini) ed essi li conservavano in casse come strumenti di spettanza del vescovo con il divieto assoluto di alienazione. In una occasione così particolare, in cui le mura di Fermo si riempivano di forestieri di ogni tipo venivano prese particolari misure di sicurezza: ogni persona residente nella città, che avesse ospitato forestieri in quel periodo era tenuta a denunciare i loro nomi alla Municipalità e doveva garantire per la loro condotta. Inoltre, in questo periodo venivano inflitte pene aspre per i detentori abusivi di armi. Alcune categorie, erano colpite da divieti, come ad esempio i "becchari",  non potevano vendere carne nei giorni precedenti la festa, i "barbieri" non potevano effettuare salassi; inoltre non si potevano effettuare trasporti con animali, a meno che non si trattasse del corredo di una sposa. Durante tali festività erano proibite le opere servili.

 

La  corsa al Palio

La Festa dell’assunta non si esaurisce con la Cavalcata: si hanno notizie di un gioco dell’Anello in cui, un cavaliere, correndo doveva infilare con la lancia un anello fisso o mobile; di una Giostra del Toro, per molti versi simile alla odierna Corrida spagnola; di una Quintana, in cui un cavaliere si esercitava contro un bersaglio mobile costituito da una statua gigante con un braccio teso lateralmente, se il cavaliere non colpiva velocemente o al segno giusto, il braccio della statua (che nel nostro caso si chiamava, e si chiama, marguttu)  colpiva l’incauto cavaliere; e di un altro gioco ancora chiamato Spada Torta, che nessuno è mai riuscito a descrivere.

La corsa al Palio(de Cursu Palii) era il gioco più atteso e più importante, essa si svolgeva nelle ore antimeridiane (de mane ante pradium).

Al vincitore andava il Palio, sempre di prezioso tessuto e con l’effige, dipinta della Vergine, al secondo e al terzo arrivati andavano, rispettivamente un “Astore”e uno “Sparviero”.

L’uso di porre come premio di gara un drappo di stoffa preziosa, chiamato Palio, era

tradizione in molte città italiane, durante il medioevo.

Il Palio veniva offerto dagli  abitanti del Castello di Monterubbiano, che pur essendo indipendente aveva fatto atto di sottomissione a Fermo.

Di questi Palii ne rimane soltanto uno, conservato nella Chiesa Collegiata di Offida, vinto da un tale Giuseppe Desideri nel 1840.

Delle regole della Corsa non conosciamo molto, se non che nessuno poteva dare impedimento e favorire cavalli e cavalieri in gara per tutta la durata del percorso fino alla consegna del premio, i contravventori venivano puniti con una multa di 25 denari.

La Corsa, era più una dimostrazione di potenza che di velocità, infatti il percorso era in salita: si partiva fuori Porta S.Francesco dall’ antica Via Maris e salendo per via Perpenti, si tagliava il traguardo di fronte al Palazzo dei Priori.

Il percorso però non fu sempre lo stesso, una volta la corsa giunse dentro alla Cattedrale, sul colle Girfalco, altre volte fu abbreviato, invece, alla Fontana delle Pisciarelle, situata alla fine di via Perpenti, una volta fu addirittura una corsa di d’asini.

Dal 1982, con la riproposta Cavalcata, la Corsa al Palio è in chiave moderna, sia come percorso che come regolamento, tuttavia di antico rimasto che si continua a correre in salita (partenza in via  XX settembre, arrivo in viale Vittorio Veneto); un'altra differenza sostanziale è che oggi, i cavalli corrono per le Contrade, e non per i loro proprietari, quindi il Palio non verrà più consegnato al vincitore, ma, alla contrada che egli rappresenta e che lo conserva in Chiesa o in Contrada; inoltre la corsa al Palio non si svolge più al mattino, ma nel pomeriggio.

Il Notaio Della Cavalcata, con un solenne cerimoniale, la sera dell’antivigilia del 15 Agosto provvede al sorteggio per l’abbinamento cavalli-contrade e per le batterie di partenza.

Con solenne cerimonia il Palio è consegnato, nei giorni precedenti, fuori porta, dalla Magistratura di Monterubbiano a quella di Fermo ed in corteo viene traslato al Palazzo dei Priori e presentato al popolo fermano raccolto in Piazza Grande.

Sempre con solenne cerimonia, il Palio viene poi benedetto dall’Arcivescovo di fermo sul sagrato della Cattedrale il giorno dell’Assunta.