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Duefisso      di Kammamuri

2 - Venezia in bianco e nero con pennelate di rosso e di giallo

"a Fausto... guarda i cinesi sulla gondola... ce stanno a fotografà... tira fori lo striscione così sto spettacolo je lo famo vede pure a Pechino...". Niente. Gecko non vuole capire. Per lui sono tutti cinesi, basta che abbiano gli occhi a mandorla. Certo che essere fotografati dalle coppiette giapponesi mentre si va allo stadio è strano. Il vaporetto a Venezia l'ho preso altre volte ma mai per andare allo stadio. E già perchè a Venezia allo stadio ci si va in stile Veneziano, che discorso. In realtà si potrebbe optare per la passeggiata superpanoramica lungomare, o lungolaguna che dir si voglia, ma vuoi mettere col fascino dell'arrivo via mare. Col fascino dell'attracco? Che spettacolo ragazzi. Non lo stadio in se, che quello sembra piuttosto il campo Artiglio, dove da piccolo andavo a fare ginnastica, circondato da una gabbia di tubi innocenti. Lo spettacolo è tutto il contesto. Lo stadio che sta su un isolotto, il passaggio accanto a S.Marco, la scorta delle gondole, tutti quei legni piantati nella laguna. Maria rimase colpita proprio da quei legni che sembrano spuntare dall'acqua. Sono passati un po' di anni ormai ma come fai a Venezia a non pensarci. Ci sono dei momenti in cui il contesto ti vomita addosso interi capitoli del libro del tuo passato. Capitoli pieni di immagini in bianco e nero. Almeno nel mio caso. Sbarcano dietro gli occhi, come se stessi puntando lo sguardo al centro del cervello invece che verso l'orizzonte. Mentre quando guardo fuori sono costretto a prendere per buoni i colori che trovo, guardando dentro, l'immagine la lascio sostanzialmente in bianco e nero. Poi coloro qualche oggetto, in modo da dargli ancora più risalto a loro su quello sfondo schiarito.
Se tu hai un'immagine a colori non risalta niente. Tutti gli oggetti, tutte le persone se ne stanno li in attesa che sia il loro momento di gloria. Il momento in cui chi osserva assegna loro il ruolo di protagonista. Se in questo momento facessi una foto al mitico trio in formazione trasferta. Se immortalassi Fausto, Gecko e Kammamuri sul vaporetto e portassi la foto alle nostre rispettive ragazze, o madri o parenti fate voi, cosa succederebbe? Succederebbe che la ragazza di Fausto guarderebbe per prima cosa Fausto, quella di Gecko i suoi baffi da figlio delle stelle e mia madre poserebbe l'attenzione su dui me. Da questo esperimento si potrebbero dedurre due cose. La prima è che io non ho uno straccio di ragazza cui far vedere la mia foto. La seconda è che in realtà la foto non avrebbe un reale protagonista se non a seconda dell'osservatore. La prima cosa è colpa del fatto che continuo a preferire il sogno di Maria rispetto alle reali e sbiadite fotocopie che ho incontrato finora. La seconda è colpa del fatto che nella realtà, col suo contesto colorato, non risalta niente. A differenza della mia fantasia dove, su uno sfondo in bianco e nero ogni volta gli oggetti e le persone più importanti assumono tinte rossogialle che ne risaltano il ruolo.
In realtà si potrebbe dedurre una terza cosa. Che quel matto di Gecko se ne è venuto a Venezia col più potente degli amuleti. I baffi alla Alan Sorrenti. L'ultima volta che se li fece fu lo scorso anno. Per il derby di ritorno, ed è inutile ricordare come andò. Quel giorno arrivò all'appuntamento a ponte milvio con mezz'ora di ritardo proprio per conciarsi in quel modo. Ovviamente a posteriori sia io che Fausto non siamo mai stati sfiorati dall'idea di rinfaccirgli quella mezz'ora. Che sei matto? Stavolta all'appuntamento è arrivato puntuale, e la sua scelta di sfoderare il massimo feticcio portafortuna la dice lunga sul clima che poteva regnare in quel momento, in cui tra le altre cose l'orologio segnava le cinque. Non del pomeriggio. Se ci ripenso oggi. A distanza di qualche giorno, non oso portere a compimento il pensiero di quanta gente potrebbe calare a Firenze se vianciamo domenica all'olimpico col Perugia. Una marea. Un botto. Un boato. Fineitelo voi il pensiero che io altrimenti mi eccito male.
Ma torniamo a Venezia. Tre finestre a tutto sesto con tanto di colonnette tortili. In bianco e nero. Un portoncino che da su una distesa di acqua. In bianco e nero. Sullo sfondo la supola di S.Marco. In bianco e nero pure lei. E poi il rumore del vaporetto, e i giapponesi in gondola. Stendo il braccio perchè mi sembra di poter abbracciare Maria. E una sensazione epidermica. Violenta ed epidermica come le emozioni che il calcio sa dare ai suoi tifosi. Su uno dei legni di cui è cosparsa la laguna si posa un gabbiano. Lui però ha il becco a colori. Giallo intenso. E' lui il fulcro della scena perchè fu proprio davanti ad un gabbiano, posatosi su un legnaccio infilato nell'acua mezza marcia di Venezia, che abbracciai Maria per la prima volta. Mi giro e chi ti vedo? Gecko. Che cosa c'entra mi chiedo. Cosa c'entra Gecko col vaporetto, col gabbiano. Col becco giallo.. Vabbè. Il posto è talmente bello che posso perdonare anche questo. O forse la speranza di cominciare a vincere fuori casa, dopo lunga astinenza e soprattutto dopo un lungo viaggio cominciato due ore abbondanti prima dell'alba fa perdonare anche questo. Dammi i tre punti stasera. Al ritorno. Su questo vaporetto che quasi quasi affonda. Dammi i tre punti Gecko mio e pure io comincio a chiamare tutti cinesi. E magari mi faccio i baffi tipo Alan Sorrenti. O magari vado in capo al mondo a cercarti il suo primo disco. Che è introvabile, e per questo ti fa sbroccare solo al pensiero. Dammi i tre punti così avrò più forza per sopportare il viaggio di ritorno. Dammi i tre punti perché a Venezia ci sono sempre venuto a respirare carezze da mani di seta. Dammi i tre punti perché solo così potrò sopportare ancora le gondole, e i portoncini e i bastoni piantati nell'acqua verde e insieme il ricordo di quelle mani di seta.
I gabbiani vanno e vengono sull'acqua. I turisti vanno e vengono sulle gondole. I tifosi vanno e vengono sul ponte del vaporetto. I pensieri vanno e vengono nella mia testa. Lo scorso anno. Le vittorie. Le sconfitte. E' una festa e non potebbe essere altrimenti. una festa che sullo sfondo ha i calli illuminati a giorno. L'ebrezza corsara della vittoria fuori casa comincia a dare i suoi effetti ed è difficile riuscire a trattenersi dalla prepotenza delle elucubrazioni assurde. Don Fabio Capello come gli architetti del seicento. Mezzi architetti e mezzi artisti. Don Fabio Capello come Bernini. E andiamo. E andiamo così. Lasciamoci trascinare dall'onda dell'eccitazione. Dopo un tre a uno fuori casa il Dio dei sogni ti permette pure di pensare allo scudetto. E sticazzi che siamo solo alla terza del girone di andata. Caro Fausto. Il problema della civiltà contemporanea è che si ostina a separare forma e funzione. Una cosa o serve o è bella. Se serve deve essere funzionale, economica, ergonomica e in linea di massima è pure brutta. Se è bella in linea di massima non serve a niente, o nella migliore delle ipotesi serve a poco. Nel calcio siamo finiti nello stesso impiccio. O segui l'approccio funzionale o segui quello formale. O cerchi la vittoria o cerchi il bello. Ma chi l'ha detto? Chi l'ha detto che non si possa inseguire la possibilità di costruire qualcosa di funzionale, bello e stabile. Tipo piazza S.Pietro. Non è un caso che a distanza di quasi quattrocento anni ancora ci ricordiamo di Bernini mentre ci siamo dimenticati di chissà quanti ingegneri bravissimi. Bernini era ed è superiore rispetto a loro perchè ha tirato su una cosa funzionale, duratura e bella. E Don Fabio Capello lo vedo come Bernini. Vedo una Roma scintillante guidata dalle rime di quel poeta di Totti che però è pure funzionale. Che va a Venezia e siccome è più forte si prende i tre punti. Forma e funzione. Che segna alla prima occasione buona e dispensa lampi di classe. Forma e funzione. Che raddoppia nel recupero del primo tempo perchè un'altro po' e una pennellata finiva in porta direttamente da calcio d'angolo. Forma e funzione. Che fa entrare Alenitchev e stavolta lo fa pure segnare di gran classe. Forma e funzione. E andiamo. Don Fabio Capello come Bernini. Totti come i migliori pittori del rinascimento romano.
A proposito di Totti, lui è stato poi oggetto del cinquanta per cento almeno dei discorsi del ritorno. Con Fausto e Gecko abbiamo disquisito a lungo se sia uno dei tre migliori giocatori italiani, oppure uno dei dieci migliori del mondo. Certo che con in tasca i tre punti si viaggia meglio, si dorme meglio e si parla pure meglio. Per me ormai è il migliore in Italia. Non vorrei insistere ma ropensando bene alla leggiadria di quei gabbiani che ondeggiavano davanti ai miei occhi, dando il giusto peso al bello oltre che alll'utile secondo me è uno dei tre migliori del mondo. Anzi. Proprio considerando la fusione tra bello e utile, tra forma e funzione questo è più vero. E pure secondo fausto e gecko. E ci scommetto pure per tutto il vaporetto. Almeno oggi che si torna a casa con i tre punti. E uno dei tre più forti del mondo. Non ci sono discussioni. Almeno oggi che quel vaporetto invece di avere il solito aspetto sembra piuttosto la nave dei pirati. Dei pirati rossogialli. Quando lo ricorderò, questo giorno intendo, e potrò colorare quello che voglio io lascerò tutto quanto in bianco e nero. Tutto meno le bandiere, stese sul fianco del vaporetto come se fosse l'autobus sul lungotevere alla fine di una partita.

 

  1. E la chiamano estate