ARACHNES - "Parallel Worlds"
(Scarlet/Audioglobe)

75/100

TRACKLIST:  Prelude / Arachne / Narrow Road / Lobotomy / Loveless / Running Now / Tears / Declaration of War / War / Vivace / Moderato / Adagio / Danger of Death / Sheet Steel / Parallel Worlds Overture / Parallel Worlds

Dopo un debut su Lucretia nel 1997 (“The Goddess Temple”) ed un mini CD su Underground Symphony all’inizio di quest’anno (“Metamorphosis”), tornano gli italiani Arachnes dei due fratelli Franco ed Enzo Caruso con una line-up rinnovata ed un bel po’ di idee in più. A dire il vero, gli Arachnes sono sulle scene già da un bel po’ di tempo, infatti sotto il nome Firehouse hanno registrato una demo e due album tra il 1986 ed il 1994... non di certo dei principianti quindi! In ogni caso, della line-up precedente troviamo presenti solo i due fratelli, ora affiancati dal bassista Massimo Clementi ed il batterista Jaco, i quali prendono i ruoli precedentemente occupati da Paola Casalini e Graziano Rampazzo. Con questo “Parallel Worlds” non abbiamo a che fare con “la solita power metal band italiana”, anche se l’opener del disco potrebbe far pensare il contrario... in questo album infatti c’è molto di più! Nonostante la base power metal sia innegabile, incontriamo divagazioni che spaziano dal progressive metal in stile Dream Theater al virtuosismo di Malmsteen, passando per uso delle tastiere sulla scia degli Angra ed altre influenze di estrazione più disparata (musica classica, hard rock e progressive rock). Del passato vengono ridimensionati gli elementi più canonici (melodie helloweeniane, doppia cassa, cori epici, ecc. ecc.), i quali sono ora arricchiti da una serie di nuove addizioni ed aderiscono ad un approccio più tecnico, specialmente per quanto concerne la chitarra (l’eclettico lavoro di Franco Caruso è davvero impeccabile, anche se a tratti scarseggia un po’ in quanto a personalità). Anche le strutture si fanno più ricche tramite un uso migliore di cambi di tempo ed un bel gioco di chiaroscuri (ascoltiamo per esempio lo splendido dualismo di “Lobotomy”), mentre un ruolo importante viene lasciato alla componente sinfonica di stampo neoclassico, che viene usata con parsimonia e sapienza senza invadere il resto della parte strumentale. Per quanto mi riguarda, ho trovato validi e coinvolgenti gli episodi più poliedrici dell’album come “Loveless”, “Tears” o la queensrÿchiana “Danger of Death”, mentre non ho digerito molto il retaggio power di “Arachne”, “Narrow Road” e la title-track. Deludente anche la “Suite in A Minor”, lungo pezzo strumentale sulla scia di Stratovarius e Malmsteen, perchè esteticamente perfetta ma artisticamente sterile. E’ vero che nell’ora di musica di “Parallel Worlds” si alternano alti e bassi, ma stiamo comunque parlando di un buon disco melodico, tecnico e raffinato. Non sarà innovativo ed originale, ma se non altro offre una coerenza capace di mettere d’accordo gli ascoltatori di diversi generi... ed al giorno d’oggi non è poco!

Alessio Oriani


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