[INDICE] - [CAPITOLO I]




INTRODUZIONE



In questo libro non si parlerà di una città come Roma “Caput Mundi” e neanche di Rieti capitale della sua provincia, piene fin dalle origini di storia globale, di imperi, di capoluoghi, diocesi, province; qui si parlerà di un piccolo villaggio privo di storie grandi, semplice e povero. La città più vicina Alba Fucense, ricca di storia d’età romana e medioevale, città vera e fortificata, con la sua fama coprirà il nome di tanti piccoli villaggi a lei adiacenti che solo ricerche nelle polverose carte degli archivi diocesani, comunali, o provinciali, potranno trarre dall’oblio.

S.Anatolia è un villaggio conosciuto da pochi, abitato fin dalle origini da povera gente, contadini e pastori, uno di quei villaggi che pian piano si va spopolando poichè molti giovani preferiscono scegliere per loro residenze città più grandi quali Roma, che con i moderni mezzi di viaggio è ormai vicina, oppure Avezzano, ricca città alle sponde del Fucino, lago che in nome del cieco progresso è stato cancellato dall’uomo, oppure Rieti o L’Aquila, capoluoghi delle omonime province.

S.Anatolia dorme nella valle Cantu Riu vicina al fiume Salto e si risveglia raramente quando, o durante la festa annuale del 9 e 10 luglio o d’estate, molti dei giovani e meno giovani, che in passato si erano trasferiti nelle città più grandi, tornano con le loro famiglie per passare le vacanze nel loro paese ricco di ricordi di un passato ormai irraggiungibile. Le delusioni, nelle città dove si sono trasferiti, sono molte e inevitabili ed ognuno di loro rammenterà le gioie dell’adolescenza in quel piccolo villaggio pieno di verde, di montagne e di solitudine. Le città moderne non sono a portata d’uomo e, anche se attraggono per la loro fantasia e diversità, non potranno mai avere quella ricchezza di tranquillità e di emozioni forti che provoca un piccolo paese di montagna.

SANT'ANATOLIA FRA IL 1900 E IL 1950


Il terremoto del 1915 segnò la fine del villaggio antico di S. Anatolia. Per circa dieci anni i sopravvissuti vissero per lo più in baracche poste nella valle Cantu Riu, poi il comune costrì delle case antisismiche, sia nella zona alta, sia nella zona bassa del paese. Le case antiche, ruderi del terremoto, vennero dichiarate inagibili e per ricostruirle i proprietari furono costretti ad abbatterle. Alcune si salvarono, poi, pochi anni or sono, un successivo bisogno di case spinse i più a restaurarle ma più che di restauro si trattò di scempio. Non potendo ottenere le autorizzazioni per costruirne nuove, furono allora restaurate le vecchie case, ma per restauro i paesani intesero distruggere l’antico per ricostruire il nuovo in cemento armato. Purtroppo, a Sant’Anatolia, il culto per la storia è poco sentito.

Oggi chi vi entra troverà un paesino moderno, costruito un po’ a caso, con case sparse un po’ qua e un po’ la, senza l’ombra di un piano regolatore, tutte o quasi costruite abusivamente e poi condonate. Di antico poco o niente, qualche stalla ha resistito alle distruzioni, le chiese, un fontanile e in montagna qualche muraglia antica.


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