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CAPITOLO I



Tiora Matiene


Grandi dubbi e piccole riflessioni



¢Apo de ¢Reatou palin toiz thn epi Latinhn oeon iousi Batia men apo triaconta stadiwn Tiwra d¢apo triacosiwn h caloumenh Matihnh. En tauth legetai crhsthrion ¢Areoz genes qai panu arcaion. O de tropoz autou paraplhsioz hu, wz jadi, ty para Dwdenaioiz mu qologoumeny pote genes qai plhn osou ecei men epi druoz peristera caqezomenh qespwdein elegeto, para de toiz ¢Aborigisi qeopemptoz orniz, en autoi men picon, ¢Ellhnez de druocolapthn calousin, epi cionoz xulinhz jainomenoz to auto edra ...



Ancora a Partire da Rieti, per chi procede lungo la Via Latina, dopo 30 stadi si trova Batia, e dopo 300, Tiora, detta Matiene. In questa città si sostiene che sia esistito un Oracolo di Ares molto antico, le cui caratteristiche erano, sempre secondo quanto narra la tradizione, assai prossime a quelle che, secondo le trattazioni mitiche, aveva un tempo l’Oracolo di Dodona, tranne che per un particolare. Si dice, infatti, che nell’Oracolo di Dodona vaticinasse una Colomba, appollaiata su una Quercia sacra, mentre in quello degli Aborigeni lo stesso servizio era reso da un uccello, inviato dalla Divinità, che loro chiamavano Pico e i Greci invece Drykolapten, che si manifestava su una colonna lignea. A 24 stadi da questa città si trovava Lista, la madre patria degli Aborigeni (1)


Queste frasi furono scritte circa 2.000 anni or sono da uno storico greco di nome Dionisio la cui città di origine era Alicarnasso. Egli visse nel I° secolo a.C. nel periodo in cui Roma da repubblica divenne impero, parlava e scriveva in lingua greca, e di lui c’è rimasta una “Storia di Roma Arcaica”, libri unici ed importanti nel loro genere. Egli parlando di Tiora ripeté ciò che aveva scritto, in un’opera ora perduta, lo storico reatino Marco Terenzio Varrone il quale era vissuto circa 50 anni prima (2).

Tiora Matiene è la città di cui parla Dionisio e il cui nome, gli storici del medioevo, tramutarono poi in Tyro, Tyra, Tyriam, Thuriensem, Thora e infine in Tora. Essa era una delle poche città degli Aborigeni che aveva resistito alle ingiurie degli anni, delle guerre e delle distruzioni e, al tempo di Dionisio, era considerata, soprattutto per quanto riguardava il tempio di Ares, una città antichissima fondata circa 13 secoli prima da un popolo venuto dalla Grecia in Italia attraverso il mare: i Pelasgi, un popolo favoleggiato di cui si parlava come di un sogno. Tiora esisteva quindi nel I° secolo a.C. e fu in quel luogo che, il 10 luglio del 251 d.C. al tempo dell’imperatore Decio, una giovane romana di nome Anatolia ed un marso di nome Audace, a causa della loro fede cristiana, furono processati e condannati a morte. La storia di questi martiri è stata già ampiamente descritta e approfondita da Vincenzo Saletta nel suo libro “S.Anatolia” ed io, non potendo aggiungere nessun’altra informazione interessante, preferisco rimandare a lui. Ritengo importante invece, riferire il mio pensiero sulla ubicazione dell’antica città di Thora, visto che per la gente del mio paese essa ha assunto una notevole importanza storica.

E’ da oltre trecento anni che preti, abati e vescovi alla ricerca del luogo del martirio della giovane Anatolia e storici e archeologi appassionati di storia locale, dibattono ampiamente sull’ubicazione dell’antica città di Thora. La controversia si pone soprattutto se Thora si trovasse nei pressi della chiesa di Sant’Anatolia a Castel di Tora, o nei pressi della chiesa di Sant’Anatolia nel villaggio omonimo.(3)

Se si dovesse studiare l’etimologia dei nomi il dubbio non verrebbe soddisfatto poiché l’una si trova nella valle del fiume Turano e l’altra nei pressi del paese di nome Torano. Il termine Castel di Tora risale al 1864 quando al paese, che allora si chiamava Castelvecchio, fu mutato il nome poiché si era sicuri che lì vi fosse stata anticamente la città in questione. Anche Colle di Tora era allora chiamato con un altro nome, cioè Colle Piccolo, e il Monte di Tora a metà dell’800 si chiamava Antuni. Vi era inoltre, nei pressi di Castelvecchio, un luogo nominato nei documenti antichi col nome Rocca Tura molto somigliante a Thora. Ma anche a Sant’Anatolia di Borgorose vi è un luogo chiamato Cartore ed un altro chiamato al catasto Dentro il Toro, in dialetto Dentre Tore, anch’essi molto somiglianti al termine Thora.

Chiese intitolate a Sant’Anatolia, la santa martirizzata in Thora, si trovano, come ho già detto, in ambedue le parti e sono molto antiche. Indagini archeologiche approfondite non sono state fatte, e quindi si sa solamente che in entrambi i paesi sono state trovate delle epigrafi romane che provano che quelle zone in epoche imperiali erano abitate. Ma quale territorio in Italia non era abitato in epoca imperiale ?

Ponendo la controversia sui documenti, la tesi che Thora si trovasse a Castelvecchio risulta molto più avvalorata, poiché si scopre che essa, in un documento del 1153, era denominata Plebem S. Anatholia in Tora, mentre la nostra nel 1182 era denominata Monasterio de S. Anatholiae in Vilano (4). Altri documenti medioevali a partire dall’VIII° secolo d.C. ubicano una contrada denominata Massa Turana o Torana nei pressi di Castelvecchio ma un documento del 1110, riferito al 706 d.C., denomina anche la nostra chiesa con l’appellativo di Turano e cioè: Sanctae Anatholiae de Turanu (5). Ma non tutte le carte sono state ancora giocate.

E’ noto infatti che insieme alla Santa venne martirizzato anche un altro uomo di nome Audace da lei convinto a seguire la religione cristiana. Ebbene, egli era nativo della Marsica e ciò è confermato anche dal fatto che era un incantatore di serpenti ed è noto che i marsi, vedi la festa dei serpenti a Cocullo, siano stati maghi ed incantatori di serpenti. Il villaggio di Sant’Anatolia si trova nel Cicolano ai confini della Marsica o addirittura nella Marsica stessa e, visto che per tutto il medioevo e l’età moderna essa apparteneva alla Contea di Alba che si trovava in piena giurisdizione marsicana, il fatto che un marso fosse stato chiamato per custodire ed uccidere la nostra santa avvalora la tesi che Thora si trovasse nella nostra zona.

Abbiamo detto che l’unica fonte classica che cita la città di Tiora è la “Storia di Roma Arcaica” di Dionisio d’Alicarnasso. Nella stessa opera un’altra città di nome Orvinio viene posta alla distanza di 230 stadi da Rieti su una via che prima di raggiungerla attraversava le città di Tribula, Suesbula, Suna e Mefula.

Orvinio, quaranta stadi da Mefula, città illustre e grande quant’altra mai in questa regione. Si possono vedere le fondamenta delle mura, alcune tombe di stile molto arcaico ed i recinti con più sepolture che si estendono su tumuli molto alti. Vi si trova anche un antico Tempio di Atena, edificato sulla sommità. (1)


Ora, la descrizione effettuata da Dionisio si adatta molto bene alla situazione del moderno paese di Corvaro sia per la distanza da Rieti di circa una cinquantina di Km. (uno stadio greco corrisponde a circa 210 m. odierni: 230 stadi sono circa 49 Km. attuali) sia per la descrizione dei tumuli che ricalca esattamente la situazione attuale soprattutto dopo le ultime scoperte archeologiche. Nella zona di Corvaro e nei suoi immediati dintorni sono stati individuati circa una quindicina di tumuli sepolcrali di cui almeno uno pare risulti essere il più grande tumulo d’Europa. Ora, il nome Corvaro si adatta benissimo al termine antico di Orvinio e forse l’antico tempio di Atena citato dalla fonte potrebbe corrispondere alla rocca del Corvaro, ora in rovina, situata sulla sommità. Inoltre Orvinio era una delle città più grandi in questa regione ed oggi Corvaro è il paese più grande dell’attuale Cicolano.

Ora a me sembra che possa prendersi in considerazione, in attesa di prove più sicure, questa tesi, supportata ulteriormente da una epigrafe che recitava nel seguente modo:


C.CLOELIVS. L. F. CLA. CORVINVS. VESTINAE. HLENAE. CONIVGI. BENEMERENTI.


Questa lapide venne pubblicata dal Martelli che disse di averla osservata in un antico sepolcro rinvenuto tra Corvaro e S. Anatolia. Certo che Martelli spesso di cose se ne inventava e certo è che da altri archeologi (soprattutto Theodor Mommsen) non venne mai preso sul serio ! Sembra che per supportare le proprie tesi egli arrivasse a creare lapidi false per poi pubblicarle nella sua opera ! Comunque è molto probabile che il territorio di Corvaro, fino almeno al Collepizzuto, appartenesse al tenimento di Orvinio e se ciò è vero ne vengono a seguire delle supposizioni contrarie rispetto alla tesi che asserisce che Tiora Matiene si trovasse nei pressi degli attuali paesi di S. Anatolia o Cartore.

Tiora Matiene viene citata nella stessa opera di Dionisio. Egli scriveva:


Ancora a partire da Rieti, per chi procede lungo la Via Latina, dopo 30 stadi si trova VAZIA e, dopo 300, TIORA, detta Matiene ... poi ... a 24 stadi da questa città si trovava la città che ha il nome di LISTA, la madre patria degli Aborigeni ...


Ora, se Tiora fosse corrisposta all’attuale paese di S. Anatolia, Dionisio avrebbe dovuto citarla subito dopo aver citato Orvinio (Corvaro). Appare chiaro che la via che da Rieti portava ad Orvinio, e che passava per le città di Tribula, Suesbula, Suna e Mefula, fosse diversa da quella che portava a Tiora e che passava per le città di Vazia, Tiora e Lista. Ora a me sembra impossibile che contemporaneamente Orvinio possa corrispondere a Corvaro e Tiora a S. Anatolia o Cartore. O l’una o l’altra, poiché le strade per giungere nelle due città erano diverse mentre nella realtà la strada che arriva a Corvaro e S. Anatolia (la via Cicolana) attualmente è una sola e non può essere doppia ! Ora, siccome io credo che la tesi di Orvinio quale primitiva città di Corvaro sia molto attendibile mi sembra improbabile l’altra di Tiora a S. Anatolia.

Per quanto riguarda coloro che ritengono che Tiora fosse posta nei pressi di Castel di Tora quella tesi mi sembra ancora più errata vista la distanza troppo vicina a Rieti rispetto ai 330 stadi (circa 70 Km.) quale Dionisio la riporta, se non fosse che alcuni storici di quella versione asseriscano che ci possa essere stato un errore nella traduzione dal greco dell’opera di Dionisio e che la verità sia che Tiora si trovasse a 40 stadi da Reate e quindi nei pressi di Castel di Tora (6).

La via Calatina era la strada che dall’antica Reate portava verso il mar Adriatico. Se essa corrispondesse alla via Latina di Dionisio, come asseriscono alcuni, e stando vicino a Rieti un paesino di nome VAZIA in quella direzione, mi sembra non assurdo supporre che forse la Tiora Matiene delle fonti si trovasse in tutt’altra zona, forse nei pressi di Amiterno visto che lì vi è un paesino nel comune di Pizzoli di nome TEORA o forse nei pressi di Cascia che si trova a circa 70 Km. da Rieti. Lista, a dire di Dionisio, sembra venisse assalita e conquistata dai Sabini abitanti di Amiterno e quindi supporre la Teora di Pizzoli quale candidata a Tiora, non mi sembra così improbabile. Lista si trovava a circa 5 Km. da Tiora e quindi se si trovava a 5 Km. dall’attuale Teora era comunque molto vicina ad Amiterno e quindi facilmente attaccabile.

Certo che fare ipotesi per me è molto azzardato non conoscendo i territori di cui sto parlando, ma magari qualche storico locale, in futuro, su questa base potrà lavorare e magari scoprire l’antica città in una zona in cui mai ci si sarebbe immaginato che potesse esistere.

I dubbi comunque sono moltissimi ed io ritengo che per almeno altri trecento anni essi non si scioglieranno. A mio parere solo in due modi potrà risolversi la questione:

a)Scavando. L’ipotesi è poco praticabile per Castel di Tora dato che la valle dove si troverebbe l’antica città è oggi completamente inondata dal lago artificiale del Turano. Nel villaggio, di Sant’Anatolia invece è possibile scavare visto che la valle Cantu Riu, dove si trova una delle due muraglie romane, è ancora libera da abitazioni. Si potrebbe scavare al fianco della muraglia cercandone le fondamenta per scoprire la profondità dello strato romano. Anche nel villaggio di Cartore è possibile scavare dato che quella valle è rimasta praticamente intatta e libera da costruzioni.

b) Analizzando le reliquie. Nel racconto del ritrovamento dei corpi di Anatolia e Audace si narra che i cittadini di Thora, prima di costruire la chiesa, ebbero in dono dai monaci di Subiaco una reliquia ed esattamente una “Scapola” della Santa che poi custodirono gelosamente (7). Attualmente la chiesa di Castel di Tora, quella di Sant’Anatolia e chiese in altri paesi, possiedono delle reliquie della Santa. Ebbene se si analizzassero le varie reliquie e si scoprisse un osso scapolare, si scoprirebbe con molta sicurezza qual è la chiesa costruita dai Torensi e quindi automaticamente anche il luogo dove si trovava la città di Thora.

Da parte mia, non volendomi esporre a giudizi così incerti, ritengo che i popoli dei due paesi dovrebbero accontentarsi di sapere che in ambedue le parti in epoca imperiale vi era con certezza un centro abitato e le prove consistono sia nelle epigrafi che nelle muraglie romane ivi esistenti. Nell’uno queste vengono denominate Mura au pizzu, Mura a’ rocca, Mura dei Franili e Rocca del Castellano (8); nell’altro vengono denominate Mura di Cantu Riu e Ara della Turchetta. Poi, quand’anche si scoprisse che il nostro villaggio corrisponda a Thora o Tiora, non bisogna montarsi la testa visto che comunque essa non era altro che un piccolo villaggio di provincia, poiché altrimenti, se ne sarebbe certamente parlato più spesso nei testi latini. Io infine, in attesa dei trecento anni necessari alle Belle Arti per fare ricerche archeologiche nei nostri siti, rinuncerò per il momento all’uso del termine Thora per denominare il nostro villaggio, preferendo utilizzare i termini Cartore, Vilano o Torano che sicuramente risultano con certezza dai documenti medioevali.

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