Martina Navratilova
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Wimbledon. L'erba del tempio del tennis sembrava essere stata consumata dal vento del tempo. Solo la cornice era intatta. Antica, e profumata dagli aromi del passato. Ogni filo di quel prato aveva vissuto almeno 20 anni, portando con se aneddoti e ricordi di storia vissuta. Una figura atletica, dai tratti spigolosi ma gentili, vestita di bianco, si china a raccogliere un po' del tempo trascorso. Chiuso nella mano nerboruta, come un immenso tesoro, un pezzo della sua esistenza. Martina Navratilova si avvia verso l'uscita, e si volta indietro lentamente per imprimersi una volta di piu' nella mente quel rettangolo che le aveva regalato tante emozioni e sensazioni.
Neanche nei sogni piu' rosei Martina aveva immaginato di collezionare nove di quei magnifici piatti argentei, il premio per la vincitrice.
Al'inizio, era soltanto una giovane sovrappeso coi capelli scuri venuta dalla Cecoslovacchia, con un nome difficile e con un abbigliamento appositamente disegnato, che correva sui campi di tutto il mondo. Ma dopo ogni colpo, inferto con la forza della passione, si era resa subito conto di quanto fosse stata fortunata: voleva giocare a tennis, vincere Wimbledon, diventare la piu' brava tennista del globo. era convinta che avrebbe potuto fare tutto questo senza cambiare, senza diventare un'altra, senza farsi schiacciare da quel meccanismo che aveva inghiottito tante ragazze. non voleva sacrificare sull'altare della popolarita' e del successo quelle qualita' che l'avevano sempre fatta distinguere. Si, non sapeva ancora quanto entourage del tennis l'avrebbe spinta a modificarsi. Di Martina Navratilova ce ne sono state diverse, disseminate nell'arco della carriera: la 18enne che eveva chiesto asilo politico nel 1975, la giovane che era ingrassata di 45 libbre, la giocatrice che voleva conquistare l'approvazione e il sostegno degli americani. Con qualche contrarieta'. -in america ti inculcano di essere cristiano e di dire la verita'. Poi, quando lo fai ti condannano-.
La Navratilova e' passata attraverso periodi tormentati, che le hanno consentito di crescere e maturare. Certe esperienze emotive, dolorose, l'hanno resa pił introversa. Ma era gia' certa che, per vivere la sua vera vita, avrebbe dovuto essere libera. E non lo sarebbe mai stata nel suo paese. Ecco perche' fuggi' dalla Cecoslovacchia, per trovare un luogo dove non avrebbe piu' avuto a che fare con i funzionari della Federazione che le dicevano sempre se e quando poteva lasciare il paese, con chi doveva parlare e con chi non doveva fare amicizia. -Se solo fossero stati piu' flessibili non avrei avuto ragione di abbandonare la mia patria- ricorda.
non le fu facile, pero', sganciarsi dal passato. Alla fine, dopo aver seguito per anni la -dieta- ceka, Martina fu incapace di resistere a tutte quelle invitanti offerte, a tutto cio' che vedeva e che poteva essere acquistato. Cosi', comincio' ad assaporare il profumo della liberta'. Poteva andare dove voleva, fare e dire cio' che desiderava. Il risultato di quell'apparente felicita'? Troppi chili in piu' sul suo fisico, non propriamente magro. Per quel suo aspetto, il giornalista americano Bud Collins la soprannomino' -the wide great hope- (la larga grande speranza). Ma la liberta' che aveva tanto cercato, intanto, la stava anche privando degli affetti piu' importanti. Si senti' soila e cerco', in ogni modo, di combattere quella sensazione riempiendo i vuoti affettivi con cose materiali e circondandosi di molte persone. Ben presto Martina si rese conto che nei paesi liberi esistevano altri tipi di restrizioni. Si accorse subito che c'erano regole che dovevano essere rispettate, altrimenti il suo comportamento avrebbe potuto essere considerato come un crimine in molti stati. La prospettiva era agghiacciante, per lei, che era sempre stata abituata a dire la verita' e a comportarsi sinceramente.
Martina era fuggita da un sistema di repressione politico solo per ritrovarsi, alcuni anni piu' tardi, in un sistema con altri tipi di repressioni. Moralistiche, soprattutto.
Il momento piu' difficile, per la ragazza dell'est, fu il colloquio per ottenere il passaporto a -stelle e strisce-.
Doveva vedersela con i funzionari dell'ufficio immigrazioni. Le chiesero se era mai stata coinvolta in traffici di droga, se aveva mai commesso reati e, inoltre di scrivere una frase in inglese:-il tempo nel sud della california e' stupendo-. Poi le chiesero con chi avesse trascorso la notte. Martina aveva gia deciso, prima di entrare in quell'ufficio, che avrebbe detto in ogni caso la verita' anche se le fosse costata la cittadinanza. Per fortuna, non ce ne fu bisogno. Poco dopo, infatti, ottenne quel passaporto blu che tanto aveva sognato. Ci volle tempo,pero', perche' gli americani cominciassero ad apprezzarla e a capirla.
Soltanto nel settembre del 1981, a Flushing Meadow, i 18 mila presenti al Louis Amstrong Stadium fecero cio' che per anni Martina aveva sognato.
Durante la cerimonia di premiazione, dopo la finale degli US Open vinta su Tracy Austin, il pubblico si alzo' in piedi per tributarle un lungo e caloroso applauso.
In ogni fase della sua esistenza la Navratilova ha sempre lottato per essere una persona vera e per difendere tutte le sue qualita' umane. Nel farlo, non ha avuto paura di mettere in mostra le sue amozioni e le sue debolezze, evidenti provedella sua grande umanita'.
Molti, in modo diverso, hanno sempre cercato di raccontare la sua vita, la sua carriera, il suo personaggio. Ne e' stato fatto un mito. Altri, invece, non le hanno risparmiato le critiche. Perche'? logico. non esiste una via di mezzo com Martina Navratilova.
Ti puo' piacere o non piacere, ma alla fine tutti hanno capito che Martina era sempre peersonaggio, anche al di fuori del tennis, proprio perche' aveva il coraggio di essere se stessa, con i suoi pregi e i suoi difetti.. Martina ha cercato di far capire alle persone che si rimane sempre uguali: gentili, simpatici, divertenti, intelligenti, anche se si e' scelto di vivere la vita inmaniera diversa. Non e' possibile apprezzare una persona solo per un lato della sua personalita'. Tutti commettiamo errori, ma non possiamo considerare uno sbaglio scegliere di vivere la propria vita in modo differente.
-Sono una persona molto emotiva, ha detto, e agli americani questo non piace, perche' considerano l'emotivita' una debolezza e non vogliono farsi coinvolgere. puoi provarla, ma non mostrarla. io ho fatto un grande sforzo per controllarmi e ora, invece di gettare via la racchetta, sorrido!-.
Martina e' sembrata complicata. In realta' e' semplice, con una mentalita' elastica, pronta a cambiare opinione se necessario.. E senza scuse. Nel suo sentimentalismo centra anche il suoi amore per gli animali che - ha sempre detto- offrono il loro affetto e la loro amicizia incondizionatamente. L'amicizia, che nella sua vita ha avuto un ruolo fondamentale, e' quella che la lega a Chris Evert, l'altra grande campionessa di tennis. -Mi ricordo, racconta Chris, quando abbandono' la Cecoslovacchia. tutte e due abbiamo passato momenti difficili, e ci siamo sempre aiutate in tutti i modi. C'e' un'amicizia profonda che ci lega e, quando smettera' di giocare, sono certa che trascorreremo ancora piu' tempo insieme. gia' mi vedo con lei in una baita di montagna, dopo una sciata, a scaldarci dinnanzi al fuoco ricordando i vecchi tempi-.
-Chris rappresentava tutto quello che ammiravo negli americani, dice di lei martina, e cioe' padronanza di se', abilita', sportivita', benessere e stile. Siamo sempre state come il cioccolato e la vaniglia. il jazz e la musica classica. Due sportive dai caratteri e stili opposti, ma che hanno gareggiato lealmente per conquistare un posto nella storia del tennis. Chris ed io siamo sempre andate d'accordo. E' stato facile fare amicizia con lei.
Martina. Un sorriso perfetto, a volte severo, velato da quella sottile e inossidabile malinconia che sembra essere un'eredita' del suo paese d'origine. Un paio d'anelli ingentiliscono le sue mani robuste. Sul polso sinistro, solo un croografo d'oro. Una tuta, le scarpe da tennis e una racchetta sono state le fedeli compagne della sua esistenza. Adesso la sua figura e' piu' magra e sul suo viso sono apparso i segni delle passioni, delle sofferenze e delle gioie che la vita le ha regalato. Con l'eta' e l'esperienza, finita la campionessa, diventera' forse meno disincantata, meno schietta e piu' severa di quando, bambina, correva per le strade di Revnice. della -bambina d'oro- come sua nonna amava chiamarla, conservera' sempre la generosita', la sensibilita', la lealta' e la semplicita'. La immaginiamo ancora, in una notte di luna piena, sul centrale di wimbledon quando nei vialetti del circolo londinese vi sono solo le ombre del passato.
Come in un tempio di culto ci sembra che, sola e in silenzio, stia scrutando la sua anima. Allora mentre i riflessi argentei della luna illuminano il campo, Martina apre lentamente il palmo della mano sicura che quel filo d'erba secco che ha raccolto potra' raccontarle, nel futuro e per migliaia di volte, la stessa storia.


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