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DAI RICORDI DI ERMINIO RONCAGLIA



I MAESTRI ELIO E VINICIO VOLPI

Maestro Vinicio Volpi, Cintura Nera 6° DAN

I due fratelli, oltre che grandi atleti, erano persone di straordinaria simpatia. Elio, più posato, più riflessivo, diverse volte campione Italiano ed Europeo, era già quasi una leggenda del Judo italiano, ma senza arie, con una semplicità ed una schiettezza straordinarie. Vinicio aveva il dono dell'estro, dell'improvvisazione, e la mimica del grande attore.
Sul Tatami viveva il suo ruolo con grande convinzione. Basso, tarchiato, scurissimo di carnagione, aveva la grinta del combattente duro e insieme un irresistibile senso dell'humor di vena popolaresca. In combattimento spiazzava l'avversario con una faccia così torba e cattiva, che era impossibile non restarne impressionati. Da grande psicologo, gli piaceva studiare il nemico e sorprenderlo con la sua arma segreta, mentre sotto sotto se la rideva. Nella vita non si arrendeva mai. Maestro d'armi a Cinecittà, gli chiesero un giorno come si dovesse combattere con una daga gigantesca in uno di quei tanti duelli che popolavano i film storici degli anni cinquanta. "Ermì, che ne sapevo io di quell'accidente". Ma non avrebbe mai dicharato 'fallimento'. Così s'impostò bene sulle due gambe, la impugnò a due mani, brandendola contro l'avversario con terribili fendenti e altrettanti terribili Chiai!
Un grande successo!



GUADAGNARSI UN LETTO

A Sabaudia ci fu negli anni 50 una grande manifestazione judoistica, cui parteciparono diverse squadre romane e maestri di notevole livello, oltre che le ragazze del Judo Club Sakura.
Atleti e accompagnatori avevano diritto al pernottamento e al rimborso spese, ma quando si fece il conto dei letti, ci si accorse che ne mancavano quattro. Rimasero senza letto Edgardo Bartoli, Getulio Pettinari, Erminio e Giovanni Roncaglia. Giovanni, da 'lenza' che era, durante la cena cercò di far ubriacare due suoi amici romani per poter "scippare" il loro letto. Quello ubriaco, trovò l'albergo, l'altro che era ancora savio, si perse per la città e finì per dormire sotto le stelle.
I senior non potevano ricorrere agli stessi mezzi. Getulio, durante il giorno, aveva adocchiato un grosso albergo, chiuso per la bassa stagione, e aveva visto dei bei letti pronti all'uso. I tre si rivolsero al custode, gli diedero una mancia e ottennero di distendersi su delle reti senza materasso e senza biancheria. E i letti rifatti? La stanza si apriva su un lungo terrazzo, sul quale si affacciavano numerose altre camere. Getulio uscì in perlustrazione, vide finalmente da una finestra aperta dei letti bianchi, entrò e un po' tentoni per il buio pesto palpò il letto. Si levò un grido acutissimo di donna, probabilmente la cameriera. La fuga fu precipitosa e la notte piuttosto inquieta.



LE TRASFERTE

Spesso toccava a me accompagnare gli atleti nelle loro trasferte e provvedere ai loro bisogni più elementari. Si suppliva ai pochi soldi con un po' d'ingegnosità e l'aiuto di amici e amatori.
Spesso si viaggiava in sei sulla stessa macchina. Il più stava al centro davanti e doveva scomparire non appena si avvistava la polizia, ma non sempre ci riusciva. Nella trasferta a Savona, già a Senigallia avevamo collezionato due multe.
Pochi soci avevano l'automobile. Spesso di corvèe era Getulio Pettinari, costretto a snervanti trasferte per guadagnare la notte: non ci si poteva permettere l'albergo! Così una sera, tornando da Bologna, prima del ponte del Metauro, ci addormentammo tutti, compreso l'autista. Ci trovammo dall'altra parte del fiume senza sapere come, svegliati di soprassalto dalla paletta della polizia che segnalava freneticamente pericolo. Infatti l'auto stava per infilarsi sotto il camion in sosta che la volante stava controllando.




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