Oggi la palestra ha una nuova e attrezzatissima sede in via Barbalarga, affrescata da un "vecchio" allievo, Franco Graciotti, e possiamo fare un po' il punto di quanto questa società abbia inciso nella realtà cittadina.
Possiamo tranquillamente affermare che siano saliti sul Tatami del Sakura e siano stati iniziati al Judo più di 5000 atleti. Tutto questo senza mai perseguire fini di lucro.
Sono numerosi gli osimani che nel tempo si sono interessati direttamente o indirettamente della società, che come dirigente, chi come sostenitore, chi come atleta. Impossibile ricordarli tutti.
Citiamo solo con particolare gratitudine coloro che in tutti questi anni si sono succeduti alla presidenza della società: Sardus Tronti, Erminio Roncaglia, Fausto Tonti, Lamberto Canapa, Luigi Fregonara, Enrico Maracci, Carlo Carletti, Dante Baiocco, Luigi Innocenzi.
Oggi non sono pochi i genitori, ex-atleti, che la sera accompagnano i propri figli agli allenamenti e che ricordano con una certa nostalgia gli anni in cui anch'essi frequentavano la palestra. Altri ancora, dopo essersi impegnati come atleti e aver vinto gare, dopo anni di allenamento sul Tatami, sono diventati dirigenti e seguono da vicino la vita della società.
Questo conferma che lo sport è un'ideale capace di avvicinare generazioni lontane e di entusiasmare in stagioni diverse della vita. In particolare questa è una prerogativa del Judo, che pone alla base della formazione dell'altleta valori universali come la lealtà, l'amicizia, il rispetto dell'uomo.
A conclusione di questo primo quarantennio del Judo Osimano, tra tante figure che abbiamo ricordato, tra tante rimaste più in ombra in questo sintetico profilo, ma non per questo meno importanti, ce n'è una alla quale ci sentiamo di dover dire un grazie particolare: ci riferiamo al Prof. Sardus Tronti, che per tanti anni ha rappresentato con prestigio il Judo Club Sakura e senza la cui passione certo tutto questo non sarebbe nato; l'unico della vecchia guardia che nonostante gli inevitabili alti e bassi continua ad interessarsi ancora oggi dei suoi problemi.