editoriale gennaio 2006

 

Liberalizzare il mercato dei farmaci?

 

La Coop sta promuovendo una legge di iniziativa popolare per la vendita dei farmaci da banco (Otc e Sop), assistita da un farmacista, anche nei supermercati. L'iniziativa della Coop tenderebbe a favorire la concorrenza nel mercato del farmaco; a tal riguardo molte associazioni di consumatori denunciano il fatto che i prezzi dei farmaci in Italia sono più alti che in altri che in altri paesi.
 L'operazione intrapresa da una delle più grandi catene di distribuzione  potrebbe essere causa di un aumento del consumo dei farmaci. I motivi per essere a favore o contro sono tanti.
Sarà compito del legislatore superare gli interessi particolari  dei titolari di farmacia, della grande distribuzione, dell'aspettativa legittima dei farmacisti non titolari ad avere più opportunità di lavoro, per riorganizzare il settore salvaguardando gli interessi generali.
 

 

 

 

 

Lettera del Presidente Giorgio Raggi ai  soci Coop:

Caro socio, ti chiediamo di apporre la Tua firma presso i nostri punti vendita per promuovere la legge di iniziativa popolare ai fini di liberalizzare il mercato di una parte di farmaci. Lo potrai fare nei giorni 7 - 14 gennaio 2006 negli appositi spazi all'ingresso dei negozi.
Il settore farmaceutico è un mercato chiuso, protetto da una legislazione che impedisce la concorrenza.
 Non è dignitoso per un Paese come il nostro che esistano licenze di cartelli e di arbitrio sui prezzi.
Questo non è il pensiero di Coop: questo é il parere in primo luogo dell'Autorità di garanzia della Concorrenza e del Mercato.
Enunciamo fin da ora che se il mercato verrà liberalizzato saremo in grado di vendere gli OTC ( aspirina, tachipirina, ecc...) alla metà del prezzo attualmente praticato. E lo faremo con la figura di un farmacista dipendente Coop presso i nostri supermercati e ipermercati.
Un buon motivo per firmare.
Un sentito ringraziamento.

 

Da "il consumatore" (periodico mensile riservato ai soci della Coop Italia) n. 4 dicembre 2005:

Abbassare il prezzo dei farmaci. Il nostro impegno. Si sa. In Italia i farmaci sono davvero cari. di questo passo la salute può rischiare di diventare un privilegio, invece che un diritto. ma in tanti anni passati a difendere i consumatori, abbiamo imparato che le cose si possono cambiare. per questo promuoveremo una proposta di legge ad iniziativa popolare: chiediamo di liberalizzare il mercato dei medicinali da banco, cioè quelli per cui non è necessaria la prescrizione medica. Perché solo così i prezzi scenderanno davvero. In più, ci preoccuperemo di aiutarvi a capire il corretto utilizzo di questi medicinali. E se avremo successo, sarete voi a vincere. Perché ormai lo sapete. Alla vostra salute e al vostro potere d'acquisto, ci teniamo davvero.

 

 

Prima risposta all'iniziativa della Coop da parte del Presidente della FOFI (Federazione degli Ordini dei Farmacisti italiani) Giacomo Leopardi, da "il farmacista" n. 18 novembre 2005:

Già all'indomani del varo del decreto, poi convertito in legge 149/05, ebbi modo di dichiarare il mio pensiero sulle misure volute dal ministro Storace per introdurre "elementi di concorrenza" in farmacia, esprimendo motivate perplessità in ordine alla facoltà, per le farmacie, di applicare sconti fino al 20% per le specialità medicinali senza obbligo di prescrizione.
Osservai che strumenti come lo sconto concorrono inevitabilmente a sottrarre il farmaco alla sua specificità di bene di salute, erodendone l'immagine e omologandola, di fatto, a quella di un qualsivoglia prodotto di consumo, con intuitive quanto prevedibili conseguenze di natura prima sanitaria e poi anche economica.
Ma soprattutto, non rintracciando apprezzabili effetti virtuosi del provvedimento (mi riferisco, sempre e solo alle disposizioni di sconto, ché la sostituzione con equivalenti generici é misura non solo opportuna ma necessaria) per gli interessi dei cittadini, avanzai fin da subito l'ipotesi che quelle norme altro non fossero che un "ballon d'essai" per valutare effetti e reazioni sul servizio farmaceutico.
E, comprendendo che dall'essere misurati su un terreno tradizionalmente non nostro avrebbero potuto scaturire soltanto pericoli, soprattutto in caso di risposte "scomposte" e in ordine sparso della categoria alle nuove disposizioni, mi augurai che i colleghi del servizio farmaceutico territoriale fornissero prove di maturità, muovendosi con cautela, correttezza e intelligenza all'interno del nuovo scenario disegnato dalla legge 149/05.
Voglio dire subito che le prime reazioni opposte dalla categoria non sono state felicissime, almeno sotto il profilo dell'immagine. mi riferisco a quelle sortite che hanno offerto un facile pretesto per puntare l'indice accusatore sulla "insensibilità" della categoria alla esigenze dei cittadini, giacché questo - in buona sostanza - é il refrain che ormai da mesi fa da colonna alle "esternazioni" che si succedono su farmaci, farmacie e farmacisti, anche quando vengono da più alti livelli istituzionali della sanità.
La sensazione é quella di essere finiti - con tutte le scarpe, come si dice a Roma - dentro un trappolone, enfatizzando la portata dello scontro e attribuendole un peso che - qualcuno insorgerà, nel leggerlo, ma ne sono convinto - la misura non possiede. Interpretare fin da subito la facoltà di effettuare lo scontro senza rigidità o eccessi di resistenza avrebbe piazzato chi, forse, non voleva altro che atteggiamenti e comportamenti che gli consentissero - com'è poi avvenuto - di dire: "Ecco, vedete? Le farmacie non accettano la concorrenza, non vanno incontro alle esigenze dei cittadini, non sono sensibili ai problemi della collettività".
A mio sommesso parere, la violenta accelerazione impressa da luglio in poi alle istanze di liberalizzazione del mercato dei farmaci per automedicazione, con le reiterate dichiarazioni delle organizzazioni dei consumatori, dei rappresentanti della grande distribuzione e della stessa Autorità garante per il mercato e la concorrenza, ha trovato tonnellate di propellente proprio nella querelle (non importa se e quanto demagogica) che ha accompagnato la misura della possibilità di sconto sui farmaci da automedicazione.
E se oggi un soggetto forte come la Coop annuncia una raccolta di firme per una proposta di legge d'iniziativa popolare tesa a "smantellare il monopolio delle farmacie sulla vendita degli OTC", é anche perché il clima intorno ai farmaci, farmacie e farmacisti è decisamente cambiato, e purtroppo non in meglio.
L'apertura alle logiche di mercato voluta dalla 149 introducendo una parziale rinuncia a uno degli istituti che da sempre regolano il settore (il prezzo fisso e unico su tutto il territorio nazionale) andava più lucidamente vista e considerata per quel che, in definitiva, é: un ineluttabile portato di quel processo di trasformazione che, per una serie complessa di concause, ridiscute anche quel che il buon senso suggerirebbe di non discutere.
Un pedaggio, in buona sostanza, da pagare a quell'evoluzione che, anche sulla spinta del vento europeo, pretende meno vincoli nei settori dei servizi e delle professioni.
Gli scambi quotidiani con colleghi di tutta Italia mi inducono a credere che l'introduzione dello sconto sia un boccone che, a molti, troppi colleghi ancora non va né su né giù.
C'è anche qualcuno che arriva a sostenere che, piuttosto di consentire l'applicazione dello sconto in farmacia, sarebbe meglio perdere il monopolio dei farmaci (temo, purtroppo, che costoro non tarderanno ad essere accontentati....) Il tutto, mi si dice, per una questione di principio, per non "svilire la professione".
Credo però che non sia lo sconto, soprattutto se correttamente considerato e interpretato, a svilire la professione, a farla scivolare - come hanno detto molti colleghi - "in una china mercantile che mortifica".
Per essere più preciso, non credo che lo sconto faccia scivolare per quella china più di quanto non abbiano fatto le scelte libere e consapevoli che hanno trasformato una quota troppo alta di farmacie in botteghe con vetrine scintillanti piene di glutei, cosce e seni levigati per promuovere l'offerta speciale sui cosmetici oppure di zoccoli e giocattoli; o che continuano a far vendere (vedi l'ultima rilevazione di Altroconsumo) i farmaci con obbligo di ricetta senza preoccuparsi di chiederla; o che consentono che al banco a maneggiar farmaci vada un non laureato. Se si strepita contro l'albero dello sconto, insomma, si dovrebbe per coerenza riuscire almeno a vedere anche la foresta delle infrazioni.
Almeno tra di noi, dunque, è bene esser chiari e non indulgere in stucchevoli manfrine: non è davvero lo sconto - per quanto discutibile - a mortificare la nostra professione e la nostra professionalità.
So bene che mi guadagnerò più di un nemico, sostenendolo, ma non credo che il nostro futuro e la nostra credibilità professionali passino dal vendere un'aspirina a prezzo pieno o con il dieci per cento in meno.
È altrove, il varco che ci attende. Ed è un varco fatto di una scelta non più differibile: o rinunciamo a qualcosa in nome della chiarezza, per difendere la nostra identità e il nucleo forte del nostro lavoro - basato sul farmaco, sulla professionalità, sulla competenza, sulla disponibilità all'ascolto e alla consulenza - o il gorgo degli eventi finirà inevitabilmente per trascinarci verso modelli di mercato che nessuno di noi dice di volere, ma ai quali - di fatto - abbiamo fatto assomigliare sempre di più le nostre farmacie e la nostra attività.
Essere professionisti credibili: questo é quel che conta.
Con o senza sconti.