Già all'indomani del varo del decreto, poi
convertito in legge 149/05, ebbi modo di dichiarare il mio pensiero sulle misure
volute dal ministro Storace per introdurre "elementi di concorrenza" in
farmacia, esprimendo motivate perplessità in ordine alla facoltà, per le
farmacie, di applicare sconti fino al 20% per le specialità medicinali senza
obbligo di prescrizione.
Osservai che strumenti come lo sconto concorrono inevitabilmente a sottrarre il
farmaco alla sua specificità di bene di salute, erodendone l'immagine e
omologandola, di fatto, a quella di un qualsivoglia prodotto di consumo, con
intuitive quanto prevedibili conseguenze di natura prima sanitaria e poi anche
economica.
Ma soprattutto, non rintracciando apprezzabili effetti virtuosi del
provvedimento (mi riferisco, sempre e solo alle disposizioni di sconto, ché la
sostituzione con equivalenti generici é misura non solo opportuna ma necessaria)
per gli interessi dei cittadini, avanzai fin da subito l'ipotesi che quelle
norme altro non fossero che un "ballon d'essai" per valutare effetti e reazioni
sul servizio farmaceutico.
E, comprendendo che dall'essere misurati su un terreno tradizionalmente non
nostro avrebbero potuto scaturire soltanto pericoli, soprattutto in caso di
risposte "scomposte" e in ordine sparso della categoria alle nuove disposizioni,
mi augurai che i colleghi del servizio farmaceutico territoriale fornissero
prove di maturità, muovendosi con cautela, correttezza e intelligenza
all'interno del nuovo scenario disegnato dalla legge 149/05.
Voglio dire subito che le prime reazioni opposte dalla categoria non sono state
felicissime, almeno sotto il profilo dell'immagine. mi riferisco a quelle
sortite che hanno offerto un facile pretesto per puntare l'indice accusatore
sulla "insensibilità" della categoria alla esigenze dei cittadini, giacché
questo - in buona sostanza - é il refrain che ormai da mesi fa da colonna alle
"esternazioni" che si succedono su farmaci, farmacie e farmacisti, anche quando
vengono da più alti livelli istituzionali della sanità.
La sensazione é quella di essere finiti - con tutte le scarpe, come si dice a
Roma - dentro un trappolone, enfatizzando la portata dello scontro e
attribuendole un peso che - qualcuno insorgerà, nel leggerlo, ma ne sono
convinto - la misura non possiede. Interpretare fin da subito la facoltà di
effettuare lo scontro senza rigidità o eccessi di resistenza avrebbe piazzato
chi, forse, non voleva altro che atteggiamenti e comportamenti che gli
consentissero - com'è poi avvenuto - di dire: "Ecco, vedete? Le farmacie non
accettano la concorrenza, non vanno incontro alle esigenze dei cittadini, non
sono sensibili ai problemi della collettività".
A mio sommesso parere, la violenta accelerazione impressa da luglio in poi alle
istanze di liberalizzazione del mercato dei farmaci per automedicazione, con le
reiterate dichiarazioni delle organizzazioni dei consumatori, dei rappresentanti
della grande distribuzione e della stessa Autorità garante per il mercato e la
concorrenza, ha trovato tonnellate di propellente proprio nella querelle (non
importa se e quanto demagogica) che ha accompagnato la misura della possibilità
di sconto sui farmaci da automedicazione.
E se oggi un soggetto forte come la Coop annuncia una raccolta di firme per una
proposta di legge d'iniziativa popolare tesa a "smantellare il monopolio delle
farmacie sulla vendita degli OTC", é anche perché il clima intorno ai farmaci,
farmacie e farmacisti è decisamente cambiato, e purtroppo non in meglio.
L'apertura alle logiche di mercato voluta dalla 149 introducendo una parziale
rinuncia a uno degli istituti che da sempre regolano il settore (il prezzo fisso
e unico su tutto il territorio nazionale) andava più lucidamente vista e
considerata per quel che, in definitiva, é: un ineluttabile portato di quel
processo di trasformazione che, per una serie complessa di concause, ridiscute
anche quel che il buon senso suggerirebbe di non discutere.
Un pedaggio, in buona sostanza, da pagare a quell'evoluzione che, anche sulla
spinta del vento europeo, pretende meno vincoli nei settori dei servizi e delle
professioni.
Gli scambi quotidiani con colleghi di tutta Italia mi inducono a credere che
l'introduzione dello sconto sia un boccone che, a molti, troppi colleghi ancora
non va né su né giù.
C'è anche qualcuno che arriva a sostenere che, piuttosto di consentire
l'applicazione dello sconto in farmacia, sarebbe meglio perdere il monopolio dei
farmaci (temo, purtroppo, che costoro non tarderanno ad essere accontentati....)
Il tutto, mi si dice, per una questione di principio, per non "svilire la
professione".
Credo però che non sia lo sconto, soprattutto se correttamente considerato e
interpretato, a svilire la professione, a farla scivolare - come hanno detto
molti colleghi - "in una china mercantile che mortifica".
Per essere più preciso, non credo che lo sconto faccia scivolare per quella
china più di quanto non abbiano fatto le scelte libere e consapevoli che hanno
trasformato una quota troppo alta di farmacie in botteghe con vetrine
scintillanti piene di glutei, cosce e seni levigati per promuovere l'offerta
speciale sui cosmetici oppure di zoccoli e giocattoli; o che continuano a far
vendere (vedi l'ultima rilevazione di Altroconsumo) i farmaci con obbligo di
ricetta senza preoccuparsi di chiederla; o che consentono che al banco a
maneggiar farmaci vada un non laureato. Se si strepita contro l'albero dello
sconto, insomma, si dovrebbe per coerenza riuscire almeno a vedere anche la
foresta delle infrazioni.
Almeno tra di noi, dunque, è bene esser chiari e non indulgere in stucchevoli
manfrine: non è davvero lo sconto - per quanto discutibile - a mortificare la
nostra professione e la nostra professionalità.
So bene che mi guadagnerò più di un nemico, sostenendolo, ma non credo che il
nostro futuro e la nostra credibilità professionali passino dal vendere
un'aspirina a prezzo pieno o con il dieci per cento in meno.
È altrove, il varco che ci attende. Ed è un varco fatto di una scelta non più
differibile: o rinunciamo a qualcosa in nome della chiarezza, per difendere la
nostra identità e il nucleo forte del nostro lavoro - basato sul farmaco, sulla
professionalità, sulla competenza, sulla disponibilità all'ascolto e alla
consulenza - o il gorgo degli eventi finirà inevitabilmente per trascinarci
verso modelli di mercato che nessuno di noi dice di volere, ma ai quali - di
fatto - abbiamo fatto assomigliare sempre di più le nostre farmacie e la nostra
attività.
Essere professionisti credibili: questo é quel che conta.
Con o senza sconti.
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