Prima fase - Quarta giornata
   Champions League 2003-04
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Davide Figus

  
GRUPPO B: Inter - Lokomotiv Mosca  1 - 1
 Recoba non basta
 
   MILANO. Inter-Lokomotiv Mosca finisce 1-1 tra poche luci e tante ombre. Un pareggio che serve ai nerazzurri più per i due punti tolti all'avversario che per quello che la manda in testa al girone: la Dinamo Kiev perde infatti in casa dell'Arsenal che si rilancia. E la prossima partita, martedì 25 novembre, è proprio Inter-Arsenal. Un pareggio che però rappresenta un netto passo indietro sul piano del gioco rispetto alla gara col Chievo. Aveva insomma ragione capitan Zanetti quando giustificava il silenzio stampa dei compagni col fatto che c'è molto da fare e poco da parlare.
 Zaccheroni rispetto a Verona deve rinunciare a Cordoba, Coco ed Emre. Adani sostituisce il colombiano nella difesa a tre, Helveg si prende la fascia destra e dirotta Javier Zanetti sulla mancina. Kily torna a fare il trequartista: stessi compiti e stessi stenti della sfida con la Roma. L'argentino parte in mezzo dove però lo aspetta Ignashevich, perno basso di un centrocampo mobilissimo, e poi si allarga a sinistra, ma incide solo una volta, con Vieri che al 21' spreca quello che sarebbe stato un capolavoro di cinismo (altro che Cuper), visto che alla seconda azione pericolosa l'Inter poteva andare 2-0. Al 13' infatti Recoba aveva sfruttato un velo dello stesso Vieri per fare secco Ovchinnikov su lancio di Cristiano Zanetti, liberatosi finalmente della guardia di Maminov.
 I nerazzurri per il resto la vedono poco perché non spingono a destra (nella zona in cui spesso s'allarga l'ottimo Loskov) sull'asse Adani-Helveg e vanno in affanno a sinistra, dove capitan Zanetti (che pure pianta due galoppate travolgenti delle sue) in copertura non ha il passo del velocissimo Evseev. Non a caso il terzino destro che già fece ammattire l'Inter all'andata prima sfiora il gol (C. Zanetti salva sulla linea), poi innesca l'unica punta Ashvetia (miracolo di Adani in scivolata). Il vantaggio dovrebbe essere una manna anche sotto l'aspetto tattico, ma i russi continuano a coprire il campo con maestria, senza concedere il contropiede all'avversario. Vieri resta così a combattere nella morsa Pashinin-Sennikov, mentre Recoba svaria ora a destra ora a sinistra, ma è poco assecondato dai due centrali e dallo stesso Kily.
 La fortuna volta le spalle all'Inter a inizio ripresa. Prima Adani colpisce il palo su corner di Recoba, poi Loskov trova il pari, complice una deviazione di Materazzi. I russi si gasano e insistono con incursioni in stile rugbistico, attaccando a falange in modo che il portatore di palla abbia sempre un compagno libero al fianco. Ci vogliono quattro palle gol della Lokomotiv perché Zaccheroni si decida a cambiare qualcosa, ma invece dell'inguardabile Helveg è C. Zanetti a lasciare il posto a Lamouchi. Scampato il pericolo, il danese fa l'unica cosa giusta del match e imbecca Vieri sulla cui doppia conclusione si esalta però Ovchinnikov. Le belle trame di Verona restano un ricordo, ma almeno l'Inter si scuote, alza ritmo e baricentro. Zac vede che Vieri è troppo solo e Recoba stravolto e gioca la carta Cruz, ma l'azione nerazzurra è sempre troppo confusa, gli esterni provano ad andare sul fondo, ma lasciano i tre centrali difensivi in balia del contropiede avversario. Finisce senza vincitori né vinti. E oggi, malgrado i fischi finali dei tifosi che pure avevano incitato i giocatori per tutto il match, va benissimo così
      
 

GRUPPO D: Real Sociedad - Juventus  0 - 0
 Obbiettivo raggiunto
     SAN SEBASTIAN. Obiettivo raggiunto e con il minimo indispensabile. La Juventus archivia la prima fase della Champions League nel senso che è qualificata aritmeticamente agli ottavi e sino al 23 febbraio può dedicarsi tranquillamente al campionato. Basta lo 0-0 (esattamente come ha fatto ieri il Real) a San Sebastian per staccare, con due turni d'anticipo il biglietto d'accesso al prossimo turno della coppa con le orecchie grandi. E soprattutto basta una Juve formato vecchia guardia, rimaneggiata negli uomini e nel modulo. Non bella e neanche grintosa, ma accorta a portare a casa quello che vuole, quello che basta. Tornano i senatori, Ferrara e Conte: per loro il tempo non passa mai anche se Ciro rischia un rigore su Kovacevic. Si rivedono Pessotto, Iuliano, Tudor, Birindelli quelli che per un motivo o un altro giocano meno, ma che a chiamata rispondono presente, anche se non è vero - come dice Lippi - che sono tutti titolari. Il risultato però gli dà ragione, il turnover funziona anche questa volta. Lippi sa dosare uomini e forze, senza perdere punti. E sa anche cambiare modulo, in corsa, con Nedved che parte dietro le punte,
poi si allarga in un 4-3-2-1 che lascia troppo solo Miccoli, ma che serve a chiudere le fasce dove la Real Sociedad spinge per tutto il primo tempo con Karpin e De Pedro.
 Qui non c'è da dar spettacolo, almeno questo sembrano aver in testa i bianconeri che questa volta sono in versione rosa. La Real Sociedad è squadra ben messa in campo, veloce, pericolosa con Nihat. La Juventus punta a controllare, soffre, va poco al tiro, allo stesso tempo però rischia poco. Ed esce con la porta imbattuta (è successo solo con la Reggina e il Brescia quest'anno). Il bel gioco non è contemplato oggi, è previsto invece sacrificarsi e sono chiamati a farlo tutti. L'uomo, che poi è un ometto per età e statura, ma ha i piedi buoni, Fabrizio Miccoli, si danna quasi da solo (e solo resta in attacco per moltissimo): torna a prendere palla, prova il pallonetto e un destro dal limite che poi è la parata più difficile per Westerveld. Il resto sono folate spagnole, cross in mezzo che i wantussi della Juve (più Tudor) prendono sempre e un controllo sballato di Kovacevic solo davanti a Buffon.
 Va piano la Juve, non ha mai fatto tanti retropassaggi come oggi. Ma è attenta, compatta, ordinata. Soffre Nihat che ne fa ammonire quattro, ma alla fine ci pensa Gigi Buffon. De Pedro e le sovrapposizioni di Aranzabal: così Lippi inverte Pessotto con Birindelli, mentre continua a far girare il tridente che per la prima volta fatica a tirare in porta e per la prima volta in questa stagione non la trova. Quando De Pedro molla ed entra Lee la storia non cambia, è cambiata la difesa (con Tudor che arretra per Pessotto sostituito e con Iuliano che va a fare il terzino) della Juve, ma la porta resta imbattuta. Manca una torre nell'area della Juve, Lippi manda in campo Zalayeta ma lo fa giocare a destra... La Real Sociedad ci prova sempre, ma non va oltre il cross: alla fine, grazie al 2-0 dell'Olympiakos sul Galatasaray, questo punto va benissimo anche agli spagnoli.
   
 

GRUPPO G: Lazio - Chelsea  0 - 4
 Lazio, che figuraccia!
 
   ROMA. Che serataccia! Altro che allegra celebrazione della vittoria (4 novembre) la Lazio naufraga all'Olimpico contro il Chelsea (0-4) e scivola al terzo posto del girone G della Champions League a due punti dal Besiktas (vittorioso in casa con lo Sparta). La squadra di Mancini paga l'approccio
sbagliato della prima mezzora, il nervosismo di molti giocatori (sopra tutti Mihajlovic, espulso a inizio ripresa e autore di uno gesto inqualificabile come lo sputo rifilato a Mutu nel primo tempo). Il Chelsea, che gioca meglio tutta la prima parte della gara, capitalizza nella seconda, quando la Lazio, in dieci, non ha più energie da spendere.
 Ranieri si presenta all'Olimpico con la stessa formazione dell'andata: unica eccezione il rientro di Crespo, allora infortunato. Mancini, invece, data l'assenza di Peruzzi, Stam (infortunio) e Oddo (squalifica) è costretto a schierare una difesa inedita con Zauri a destra Couto e Mihajlovic centrali, Favalli a sinistra. A centrocampo il tecnico biancoceleste opta per Albertini e Liverani centrali, Fiore e Stankovic sulle fasce, coppia d'attacco formata da Corradi e Inzaghi.
 Dieci minuti di nulla, poi il Chelsea alza il baricentro e comincia ad avanzare, lo fa soprattutto sull'out sinistro, dove Bridge appoggia Veron che scambia spesso con Duff. Crespo sta più centrale, mentre Mutu largo a destra offre una sponda preziosa. La Lazio sembra sorpresa, vacilla e, alla fine, capitola.  Nemmeno a farlo apposta sono proprio gli ex laziali Veron e Crespo a confezionare il gol. Il primo batte forte una punizione che Sereni decide di respingere coi pugni, ma la palla carambola sul petto di Crespo e rotola in gol.
 Ti aspetti la reazione dei padroni di casa e invece sono gli inglesi a tenere in scacco la difesa biancoceleste. Per vedere un tiro che finisca nello specchio della porta di Cudicini, bisognerà aspettare il 39' quando Stankovic gira in semirovesciata un cross di Liverani, ma la traiettoria è debole e centrale. Gli ultimi minuti sono un assalto costante della Lazio, ma le occasioni migliori le ha di nuovo Crespo che, al 46' e 47' si mangia il gol del raddoppio.
 La Lazio inizia la ripresa suona subito la carica, ma si capisce subito che è una serataccia. A 2' i padroni di casa hanno una doppia occasione per pareggiare: Stankovic, uno dei migliori in campo, lascia partire una bolide dal limite che Cudicini respinge coi pugni, il portiere del Chelsea si supera poi quando respinge anche la botta di Corradi da due passi. Cinque minuti e Mihajlovic, già macchiatosi di uno sputo a Mutu nel primo tempo, becca il secondo cartellino, viene espulso e uscendo manda a quel paese il quarto uomo. I compagni serrano le fila, e per venti minuti producono uno sforzo più basato sui nervi che sulla lucidità, poi pagano lo spreco di energie fisiche e nervose, crollando sotto i colpi impietosi del Chelsea.

   

 

GRUPPO H: Bruges - Milan  0 - 1
 Kakà, l'ennesima magia!
     BRUGES. I padroni di casa sceglievano di lasciare l'onore della partita ai rossoneri optando per la collaudata difesa a cinque e con il solo (ma sempre pericoloso) Mendoza di punta. Ancelotti, invece, schierava due esterni di fascia offensivi (Pancaro e Cafu) nel tentativo di trovare cross utili per i due attaccanti. Kakà, infine, era praticamente libero di svariare su tutto il fronte offensivo alla ricerca della zolla giusta. I primi minuti confermavano i timori della vigilia: i belgi erano tutt'altro che sprovveduti ed effettuavano un pressing asfissiante sui centrocampisti (Pirlo in primis). Non solo, gli sbocchi sulle fasce arrivavano a metà: sulla destra Cafu faticava a trovare il passo giusto restando quasi sempre a fianco dei centrali, mentre dall'altra parte Pancaro arrivava al cross in diverse occasioni, ma quasi mai il suo spunto portava risultati apprezzabili. Non è un caso se l'unica occasione da rete per il Milan non nasceva da
un'azione corale, ma da uno spunto personale: Seedorf si beveva due difensori ed entrava in area di rigore. Al momento di calciare, però, il pallone aveva uno strano rimbalzo e l'olandese colpiva male. Sembrava il preludio per un finale di marca rossonera, ma in due minuti accadeva di tutto. Al 35' si faceva male Maldini (al suo posto Costacurta) e 120 secondi dopo l'arbitro espelleva Nesta per una doppia ammonizione molto fiscale. Ancelotti era costretto a richiamare Tomasson in panca per far posto a Simic: la difesa rossonera passava a tre, mentre in avanti era Kakà a dare una mano a Sheva. Il primo tempo finiva senza altri sussulti. La ripresa si apriva con i rossoneri ben disposti. Non solo, il Milan andava alla conclusione due volte in pochi secondi (Sheva e Gattuso) sfruttando l'arma preferita dei belgi: il contropiede. Ma l'uomo in meno in difesa si vedeva tutto al nono minuto quando Mendoza poteva colpire di testa a botta sicura da dentro l'area di rigore: la traversa salvava Dida. Dopo un'altra conclusione dell'attaccante peruviano i belgi iniziavano a perdere colpi. Era pertanto il Milan, pur con l'uomo in meno, a giocare meglio. I rossoneri avevano anche la palla buona per passare in vantaggio al 30': sul cross di
Pancaro si avventava Sheva, ma il colpo di testa dell'ucraino era fuori misura.
 Nel finale Gattuso e Seedorf correvano per quattro, ma il Bruges sfiorava lo stesso il vantaggio dopo un contropiede: Dida salvava il risultato su un velenoso tiro a giro di Stoica diretto all'angolino. E quando lo 0-0 sembrava un risultato sicuro, ci pensava il duo brasiliano a cambiare la partita con il gol di Kakà.