Storia di una pupazza






...15 marzo 1996...
Un paio di settimane fa, finalmente, dopo qualche anno di assenza, a San Fili è nevicato. Una nevicata intensa, piena, di quelle che rimangono impresse nella memoria per qualche anno ripensando ad una intera giornata passata ad ammirare quei fiocchi insistenti ma discreti che ci sono scivolati intorno da mattina a sera. Non nascondo una sottile euforia che mi prende ancora, quando posso tuffarmi in una San Fili resa più morbida e accogliente dal bianco uniforme della neve appena caduta: gli spigoli smussati, i rumori smorzati, il cigolio sordo delle catene delle automobili.
Dopo esserci ristorati con salsiccia e patate al forno ed un paio di bicchieri di vino rosso, dopo aver preparato e sorbito con avidità una bella tazza di ‘scirubetta’ con miele di fichi ci siamo immersi nel freddo piacevole della nevicata appena finita. E cosi ci siamo ritrovati con gli amici in quell’atmosfera avvolgente ed inconsueta resa più affascinante dalla luce ambrata dei lampioni ad ammucchiare neve in un angolo della piazzetta del Rinacchio.. Era una neve difficile da accumulare, secca e farinosa che volava via dai guanti bagnati quasi fosse evanescente. Eravamo in tre : io, Gianni Rende e Roberto Gulino cui si è aggiunto più tardi Tonino D’agostino. C’è voluto un po’ perché il cumulo si elevasse abbastanza da poterci lavorare. Piano, piano...lavorando con cura, affascinati da quella massa di neve pressata che lentamente prendeva forma sotto le nostre mani, la Pupazza cominciava a delinearsi.
- Devi allargare il naso!... - Si, aspetta; ma prima le spalle, sono troppo massicce... - Ok! Che te ne pare del seno adesso. ... - No! è asimmetrico; portami un po’ di neve qui... - E questo braccio è brutto, lo taglio e lo rifaccio... - Ehi, lascialo, così pare la Venere di Milo, mi piace, la faremo monca... Nel giro di un paio d’ore la Pupazza esisteva. I tratti accennati, il viso abbozzato , un bel corpo slanciato emergente da un cumulo di neve...era proprio bella...ma che fatica! Il tempo di qualche foto non perfetta dove il flash appiattisce il candore troppo abbagliante della neve nascondendo i dettagli e poi, stanchi, una buona dormita.
L’indomani mi son svegliato di buon’ora. Volevo filmare la pupazza, chè di notte la luce era insufficiente a riprenderla per bene . Ma, affacciatomi, non la vedevo più. Cercavo di indovinare chi, nel cuore della notte, avesse avuto la voglia di distruggerla... Ma la pupazza esisteva ancora. Gli ignoti buontemponi, (o mercanti d’arte: era proprio bella!) l’avevano segata alla base (!!!) e trasportata ( !!! come???) in un luogo diverso del paese. Forse un luogo più idoneo dove avrebbe meglio potuto far mostra delle sue bellezze: una balconata affacciata sul corso ed a due passi dalla piazza principale.
Ma si, in fondo ne siamo stati lusingati. Deve proprio essere piaciuta la nostra pupazza per essersi fatta rapire nottetempo!

Articolo da "L'Occhio" n. 6.96 di Giovanni Gambaro


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