INTRODUZIONE

NOZIONI DI CHIMICA GENERALE

La chimica è la scienza che studia la materia e le trasformazioni che in essa avvengono.Per materia si definisce tutto ciò che occupa spazio (ha volume) ed ha una massa. Per corpo si intende una porzione di materia, un esempio è un pezzo di legno. Il corpo è costituito da sostanze o composti, ovvero parti di materia che non possono essere separate per mezzo di metodi fisici.  Le sostanze si differenziano a seconda dello stato di aggregazione, e possono essere solide, liquide, gassose; sono esempi di sostanze il ferro, il gesso, l'acqua, il metano Tutte le sostanze esistenti, nel loro insieme, costituiscono la materia.

In definitiva la chimica è la scienza che si occupa dello studio delle sostanze: oggi possiamo affermare di conoscere parecchie migliaia di sostanze; molte di origine naturale, ma moltissime prodotte dall'uomo mediante reazioni chimiche (cosa siano le reazioni chimiche lo vedremo tra breve). Soffermiamoci un istante a considerare come le sostanze possono essere classificate: una prima importantissima suddivisione è tra sostanze semplici (costituite da un solo elemento chimico) e sostanze composte.

Per comprendere a fondo questi concetti immaginiamo di eseguire il seguente esperimento: riscaldiamo in un recipiente di vetro una certa quantità di ossido di mercurio (si presenta come una polvere rossa). Ben presto, durante il riscalda­mento, vedremo scomparire la polvere rossa e al suo posto, troveremo delle goccioline argentee di mercurio liquido. Se poi analizziamo il gas che si sprigiona durante il riscaldamento vedremo che è ricchissimo di ossigeno. Cosa ci dimostra questo esperimento? Ci dimostra che l'ossido di mercurio è composto da mercurio ed ossigeno, sostanze che si trovavano inizialmente combinate tra loro per costituire appunto l'ossido di mercurio. Evidentemente in precedenza, in condizioni naturali o prodotte artificialmente dall'uomo, l'ossigeno e il mercurio si sono incontrati, si sono combinati tra loro e il frutto della loro combinazione è stato la formazione dell'ossido di mercurio.

Se ora provassimo a scomporre anche l'ossigeno e il mercurio che si sono prodotti, non riusciremmo in nessun modo nel nostro intento; infatti ossigeno e mercurio sono sostanze semplici, ciò significa che sono elementi e non sono composti da altre sostanze. Noi potremmo "torturare" quanto vogliamo ossigeno e mercurio senza che questi cedano a una ulteriore scomposizione.

Mediante vari e ingegnosi procedimenti, l'uomo è riuscito a estrarre da molte sostanze composte gli elementi chimici che esse contengono. I corpi dai quali l'uomo non è riuscito in nessun modo a estrarre sostanze diverse da quella di par­tenza sono solo un centinaio e sono appunto quelle sostanze che definiamo con il termine di elementi chimici.

Cosa accade quando due o più sostanze si incontrano? Accade che si possono realizzare due differenti condizioni:

1)  Le due o più sostanze mescolate non si modificano a seguito del fatto di essere state messe insieme, oppure:

2)   Le sostanze reagiscono chimicamente tra loro nel momento in cui vengono messe a contatto, modificandosi e

dando origine a nuove sostanze.

Nel primo caso non c'è stata reazione chimica e si è realizzato un miscuglio.

Nel secondo caso c'è stata reazione chimica, si è realizzata una combinazione e si assiste a una vistosa modificazione della materia: le sostanze di partenza scom­paiono e al loro posto compaiono nuove sostanze con caratteristiche del tutto nuove rispetto alle precedenti.

Alcune si combinano facilmente tra loro, altre si combinano con fatica, altre infine non si combinano affatto (e in quest'ultimo caso mescolandole si realizza un semplice miscuglio). La tendenza che i corpi hanno di combinarsi tra loro (cioè la tendenza a partecipare ad una reazione chimica) si definisce: affinità chimica (torneremo tra breve su questo concetto).

STRUTTURA DELLA MATERIA

Immaginiamo di prendere una bacchetta di gesso e di spezzarla in due parti: cia­scuna delle due metà è ovviamente ancora gesso. Se prendiamo ciascuna delle due parti e la spezziamo ulteriormente in due, otteniamo complessivamente quattro parti ognuna delle quali è ancora gesso.

Potremmo frantumare la bacchetta di gesso in polvere minutissima, ma ciascun granello, per quanto piccolo, sarà ancora gesso. Fino a quando è possibile spingere la suddivisione in modo che le parti ottenute continuino a essere gesso? Ovviamente esisterà un limite oltre il quale la materia non è più divisibile: questo limite è costituito dalla

MOLECOLA

La molecola di gesso ulteriormente scomposta da luogo alla formazione di due parti che non sono più gesso.

La molecola, quindi, è la più piccola parte esistente di una sostanza; dalla rottura della molecola si ottengono particelle più piccole e di natura diversa dette:

ATOMI, esistono molecole formate da un solo tipo di atomo e molecole forma­te da atomi di più specie tra loro differenti. Quando nella molecola di una sostanza è presente un solo tipo di atomo, si tratta di una sostanza semplice (o, come abbiamo detto, è un elemento), quando è forma­ta da più atomi quella sostanza è composta, ed ecco il motivo per cui è possibile scomporla ottenendo in tal modo gli elementi che la compongono; così per esempio l'ossido di mercurio dell'esperimento precedente è una sostanza composta e, quindi, distruggendo le sue molecole mediante il calore si ottengono gli elementi che la compongono o, per meglio dire, gli atomi degli elementi che la compongono. Quindi in questo caso gli atomi di mercurio e di ossigeno.

In sintesi possiamo dire che la molecola è la più piccola quantità esistente di una sostanza composta e l'atomo è la più piccola quantità esistente di una sostanza semplice. La molecola può essere disgregata liberando gli atomi che la compongono, così facendo la sostanza si distrugge. Gli atomi invece non sono a loro volta divisibili (Atomo è una parola di origine greca che significa appunto "uno", "non divisibile"): ecco perché è impossibile distruggere gli elementi chimici. In precedenza abbiamo detto che in natura esistono circa cento elementi, ora possiamo aggiungere che esistono quindi circa cento tipi di atomi differenti; i vari atomi si legano tra loro per formare le molecole. Il legame che si realizza tra gli atomi quando costituiscono le molecole si chiama:

LEGAME CHIMICO, esprimendoci con un linguaggio figurato, potremmo dire che l'atomo presenta sulla sua superficie esterna tanti "gancetti" ognuno dei quali è pronto ad agganciarsi ad altri atomi. Il numero di legami (cioè di "gancetti") con cui un atomo si può legare ad altri atomi è detto:

VALENZA, così ad esempio il sodio ha valenza 1, ciò significa che può realizzare con altri atomi un solo legame, l'ossigeno ha valenza 2 quindi può realizzare due legami, il carbonio 4 e così via.

Quando si forma una sostanza composta, due o più atomi di differenti elementi reagiscono tra loro legandosi e formando in tal modo la molecola del composto. Per esempio due atomi di idrogeno possono reagire con un atomo di ossigeno legandosi tra loro e formando così una molecola d'acqua.

Questo concetto i chimici lo scriverebbero così:

2H2 + O2  → H2O

Che cos'è questa scrittura? Questa è un'EQUAZIONE CHIMICA.

I chimici indicano ogni elemento con un SIMBOLO che altro non è che la prima lettera del nome latino di ciascun elemento.

Per esempio:

C - per carbo cioè carbonio.

S - per sulfur cioè zolfo.

H - per hjdrogenium cioè idrogeno e così via.

Dove due nomi iniziano con la stessa lettera, per distinguerli, si aggiunge una seconda lettera minuscola al simbolo di uno dei due elementi. Esempio Ca per calcium (cioè calcio) per distinguerlo dal carbonio C.

Per indicare i costituenti di un composto (cioè di una molecola) si usa la

FORMULA.

Per comporre una formula si affiancano i simboli degli elementi che entrano nella composizione di quel composto e quando nel composto sono presenti più atomi dello stesso elemento questo viene indicato con un piccolo numero l'INDICE, posto a destra in basso del simbolo cui si riferisce.

Esempio: H2O è una formula e rappresenta la molecola dell'acqua che è quindi una sostanza composta, costituita da idrogeno e ossigeno. Da questa formula comprendia­mo che la molecola di acqua è formata da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno.

STRUTTURA DELL'ATOMO

Continuiamo a parlare di atomi. Abbiamo detto che l'atomo è la più piccola particella esistente degli elementi chimici ed è indivisibile. Ma se pensiamo a qualche cosa di compatto e unitario ci sbagliamo: ogni atomo è costituito da un:

NUCLEO CENTRALE, relativamente molto piccolo rispetto all'intero atomo, nel quale è concentrata la quasi totalità della massa dell'atomo e quindi del suo peso.

Intorno al nucleo, nel quale è concentrata una carica di elettricità positiva, quantitativamente diversa secondo l'atomo dell'elemento chimico che si considera, ruotano, su orbite diverse, uno o più corpuscoli, tutti fra loro uguali, di peso piccolissi­mo rispetto a quello del nucleo, chiamati

ELETTRONI, ciascuno dei quali possiede una carica negativa. Il nucleo dell'atomo risulta formato da due specie differenti di particelle dette rispettivamente

PROTONI e NEUTRONI, questi, a differenza degli elettroni, posseggono, come già detto, una massa e quindi un peso. Ogni protone possiede inoltre una carica positiva che è quantitativamente uguale, ma di segno contrario, rispetto a quella dell'elettrone. Il neutrone invece non possiede nessuna carica.

Poiché il numero dei protoni è uguale a quello degli elettroni, e poiché la carica positiva di ogni protone controbilancia la carica negativa di ogni elettrone, possiamo concludere che un atomo che si trovi in condizioni normali sia elettricamente bilanciato e quindi sia elettricamente neutro.

Ci poniamo ora la seguente domanda: dato che esistono circa cento differenti elementi chimici e quindi altrettanti atomi, qual è la differenza tra atomi di un elemento e quelli di un altro elemento?

La struttura che abbiamo descritto è valida per tutti gli atomi. Ciò che li contraddistingue non sta nella natura dei protoni, degli elettroni o dei neutroni, in quanto queste particelle sono uguali in tutti gli atomi. La differenza sta unicamente nel numero delle particelle presenti: per esempio l'idrogeno possiede un protone e un elettrone; l'ossigeno otto protoni, otto neutroni, otto elettroni; il carbonio sei protoni, sei neutroni, sei elettroni e così via. Questi elementi posseggono atomi tra loro diversi in quanto formati da un diverso numero di particelle, per cui sono chimicamente differenti tra loro e appaiono diversi anche esteriormente.

IL NUMERO DEI PROTONI

Può variare da uno a centotré (secondo l'atomo dell'elemento che si considera) e questo fatto è intimamente legato alla natura di quell'elemento, tanto da costituirne una caratteristica fondamentale, esso si chiama

NUMERO ATOMICO, più il numero atomico di un atomo è elevato, più quell'atomo si presenta con un peso maggiore. Il peso dell'atomo è chiamato

PESO ATOMICO e ovviamente se volessimo esprimerlo in grammi sarebbe piccolissimo, quindi viene espresso con unità di misura speciali che non corrispon­dono alle normali scale dei pesi da noi comunemente usate.

Se ordiniamo gli elementi secondo il loro peso atomico crescente, scopriamo che esiste una ricorrenza di proprietà simili. Questo fatto è espresso dalla

"LEGGE PERIODICA". Se incaselliamo gli elementi secondo il loro peso atomico crescente e se questa operazione la eseguiamo rispettando la legge periodica in modo tale che al ripresentarsi di proprietà simili ogni atomo si trovi collocato sotto il precedente atomo dalle proprietà a esso simili ma di peso atomico minore, al completamento di questo paziente lavoro di classificazione scopriremo di avere compo­sto una

TAVOLA PERIODICA in cui il primo elemento in alto a sinistra (vedi tavola ) è il più leggero e l'ultimo in basso a destra è il più pesante e sarà quindi l'elemento 103, se viceversa l'atomo ha perduto elettroni, il numero degli elettroni è minore di quello dei protoni e quindi le cariche negative sono in difetto rispetto a quelle positive: l'atomo nel suo complesso è carico positivamente e lo chiamiamo

CATIONE, riassumendo possiamo dire di indicare con il nome generico di

IONE un atomo che ha assunto una carica elettrica, ed esprimendosi in modo più specifico si può dire che: un atomo che assume uno o più elettroni possiede una carica negativa ed è un anione, un atomo invece che perde uno o più elettroni possiede una carica positiva ed è un catione.

IL LEGAME CHIMICO

Ora, alla luce di questi concetti, possiamo comprendere meglio cosa si intenda per affinità chimica e legame chimico.

L'AFFINITÀ CHIMICA, come già detto, è la tendenza di due o più elementi a entrare tra loro in reazione e questi elementi reagiranno facilmente tra loro solo se tra essi si può realizzare un proficuo scambio di elettroni. Unicamente in questo caso si avrà reazione chimica e si otterrà un composto. Se invece lo scambio non può avvenire, non esisterà affinità chimica e le sostanze messe insieme non daran­no alcuna reazione tra loro, ma realizzeranno un semplice miscuglio.

Durante la reazione si ha quindi uno scambio di elettroni tra elementi chimici che li cedono facilmente ed elementi che invece tendono ad acquistarli; quindi, osservando semplicemente la reciproca posizione occupata da due o più elementi all'interno della tabella periodica, possiamo capire se gli atomi in questione reagiranno facilmente tra loro oppure no ed è anche possibile prevedere quanto stabile sia il composto che essi formeranno reagendo chimicamente tra loro. Con più gli elementi considerati appartengono a colonne tra loro distanti, tanto più tra loro esisterà un differente comportamento durante la ionizzazione, e quindi tanto più essi reagiranno facilmente tra loro realizzando reciprocamente legami stabili: un atomo che perde elettroni infatti reagirà spontaneamente con un atomo che tende ad assorbire elettroni, piuttosto che con uno che, come lui, tende a perderli.

Da qui pertanto comprendiamo anche in cosa consista realmente il:

LEGAME CHIMICO descritto precedentemente con il termine quanto mai vago e impreciso di "gancetti": ogni gancetto non è altro che lo scambio di un elettrone da un atomo ad un altro. Poiché però un atomo non può proprio "regalare" in modo definitivo i suoi elettroni ad altri atomi ma li può solo "prestare", ciò che si realizza in pratica è una "comproprietà" di elettroni. Posseduti in comune tra differenti atomi questi elettroni costituiscono un vincolo che impedisce agli atomi coinvolti di allontanarsi tra loro, e quindi è un vero proprio legame: si tratta del "legame chimico", ora ridefinito in termini più corretti e quindi più scientifici di quanto non si era fatto pre­cedentemente.

Ogni elettrone ceduto o acquistato costituisce di per sé un legame chimico e, come si è già detto, ogni atomo può realizzare un differente numero di legami chimici. Una molecola quindi è costituita da un certo numero di atomi (due o più) legati tra loro con legami chimici realizzati dalla messa in comproprietà dei loro elettroni.

Non accade mai che due o più atomi riescano a realizzare una definitiva cessione o acquisto di elettroni separandosi poi tra di loro? Sì, questo si verifica proprio nel caso della io­nizzazione descritta precedentemente: se tra due atomi la differente tendenza a ionizzarsi è molto forte, uno dei due cede definitivamente all'altro uno o più dei suoi elettroni, trasformandosi in tal modo in un catione, e 1 ' altro atomo acquista questi elettroni trasformandosi in un anione.

LE SOLUZIONI - DISSOCIAZIONE IONICA

SOLUZIONI. Si ha una soluzione quando si scioglie una sostanza in un liquido. Il liquido che si usa per fare sciogliere la sostanza si chiama:

SOLVENTE e la sostanza disciolta SOLUTO, quando i chimici cominciarono a servirsi dell'elettricità, scoprirono che le diverse soluzioni si comportano in modo differente se sottoposte a una corrente elettrica: le soluzioni acquose di un gran numero di sostanze non lasciano passare la corrente, esse sono cioè dei cattivi conduttori; altre invece conducono facilmente l'elettricità e sono quindi buoni condut­tori o come si dice sono degli

ELETTROLITI, secondo la teoria di Arrhenius, quando una sostanza che conduce la corrente è sciolta in acqua, ciascuna molecola si dissocia in atomi o gruppi di atomi carichi di elettricità, si formano cioè degli ioni. Questi ioni "vagano" per la soluzione e quindi ecco perché Arrhenius li chiamò ioni (la parola ione deriva da un verbo greco che significa "vagare"). Quando ad esempio il sale da cucina viene sciolto in acqua esso si ionizza: la sua molecola infatti è formata da un atomo di sodio (Na) e uno di doro (Cl-) pertanto questo sale ha formula NaCl; ebbene in acqua esso si dissocia scomponendosi in ioni sodio carichi positivamente (Na+) (e quindi cationi) e in ioni doro carichi negativamente (Cl-) (e quindi anioni). Questo fenomeno avviene perché l'acqua, in un certo senso, favorisce la "donazione" definitiva di un elettrone da parte del sodio, che lo perde, in favore del doro, che lo acquista. Tali ioni vagano nella soluzione ma se si applica la corrente elettrica all'interno della soluzione, allora il movimento degli ioni da disordinato che era, diventa improvvisamente ordinato e indirizzato in precise direzioni: i cationi (+) si dirigono al polo negativo Catodo, e gli anioni (-) si dirigono al polo positivo detto Anodo.

Sono quindi gli ioni che, grazie alla loro migrazione, conducono la corrente attraverso la soluzione. Il fenomeno descritto avviene solo in acqua, che con le sue particolari proprietà favorisce la dissociazione degli elettroliti; negli altri solventi (benzina, olio, acetone eccetera) il fenomeno non si verifica e anche nell'acqua non tutti i soluti diventano conduttori di elettricità. La ragione per cui le soluzioni non-conduttrici non consentono il passaggio della corrente è che in esse i soluti non si dissociano in ioni.

I soluti che in acqua conducono la corrente, e che quindi si dissociano, sono quelli che appartengono alla categoria degli Acidi, delle Basi e dei Sali.

GLI ACIDI

Gli acidi provengono dai metalloidi e hanno la caratteristica di possedere sem­pre uno o più idrogeni nella loro molecola. In acqua essi si dissociano: l'idrogeno si libera Sotto forma di catione (H+), mentre la restante parte dell'acido forma un anione. Quest'ultimo è differente secondo l'acido da cui proviene; l'H+ invece è sempre uguale, anche se liberato da acidi differenti.

Gli acidi sonò,molto pericolosi e corrosivi e la loro capacità di reagire con altre sostanze dipende proprio dalla presenza degli ioni H+. Un acido è tanto più forte (cioè tanto più corrosivo) quanti più ioni H+ esso è in grado di generare.

Esistono perciò acidi forti, cioè tanto dissociati e quindi in grado di liberare tanti ioni H+ (es. l'acido solforico, l'acido cloridrico, l'acido nitrico) ed esistono acidi deboli, cioè poco dissociati (es. l'acido borico, l'acido solfidrico, l'acido carbonico), che liberano in acqua pochissimi ioni H+.

Gli acidi forti, se vengono a contatto con la pelle sono molto pericolosi; quelli deboli invece hanno impiego cosmetico, per esempio, come disinfettanti o riacidificanti cutanei.

LE BASI

Chimicamente si chiamano idrossidi oppure alcali; provengono dai metalli e hanno la caratteristica di possedere nella loro molecola atomi di ossigeno e di idrogeno legati tra loro: l'insieme di questi due atomi è chiamato: Ossidrile.

Nella molecola di una base si possono ritrovare uno o più ossidrili.

Al pari degli acidi, anche le basi se vengono sciolte in acqua si dissociano in ioni e, in seguito alla dissociazione, l'ossidrile diventa un anione (OH-); mentre la restante parte della molecola, che contiene l'elemento metallico, acquista cari­ca positiva (è quindi un catione). Questo ione metallico è differente secondo la base da cui proviene; a differenza dell'OH che invece è uguale in tutte le basi. Anche le basi, analogamente agli acidi, sono corrosive e sono capaci di aggredire chimicamente molte sostanze; la loro affinità chimica è però differente da quella degli acidi. Infatti, se negli acidi lo ione corrosivo è l'H+, nelle basi è l'OH che rispetto all'H+ ha forza uguale ma comportamento chimico in un certo senso opposto. Questo significa che le sostanze attaccate chimicamente dalle basi non subiscono generalmente l'attacco da parte degli acidi e viceversa.

Come per gli acidi, una base è tanto più forte quanto più essa è dissociata, cioè quanti più ioni OH- essa è in grado di liberare. Avremo quindi basi forti (es. idrossido di sodio, idrossido di potassio) e basi deboli (es. idrossido di calcio e idrossido di ammonio).

Le basi deboli vengono usate in cosmetica in tutti quei casi in cui si rende necessaria una certa alcalinità sulla superficie cutanea.

 

I SALI

Una caratteristica importante presente negli acidi e nelle basi è quella che, se questi si incontrano, reagiscono chimicamente tra loro, annullando reciprocamente le loro forze: questa reazione si definisce: Neutralizzazione.

Ciò significa che se un acido viene mescolato in ugual misura con una base della medesima forza, i due acidi si annullano reciprocamente, in quanto presenta­no la stessa intensità di corrosività, però con comportamento opposto, e le loro forze si annullano.

La nuova sostanza che essi generano durante la reazione chimica è definita sale. I sali quindi sono un'altra categoria di sostanze e, a differenza delle basi e degli acidi, non sono corrosivi; essi al contrario sono chimicamente neutri. Ecco perché si definisce neutralizzazione la reazione tra un acido e una base.

Gli acidi e le basi si neutralizzano reciprocamente perché l'ossidrile OH- (che proviene dalla base), presentando una carica elettrica negativa, viene attratto dall'H+ (che proviene dall'acido) in quanto quest'ultimo presenta una carica positiva . Quando questi due ioni si incontrano, essi si combinano chimicamente tra loro formando una molecola d'acqua.

La neutralità si ha in quanto la forza dell'OH-, che come abbiamo visto prece­dentemente è il responsabile della forza della base, viene annullata dalla forza uguale e contraria dell'H+ che è il responsabile della forza dell'acido. Venendo a mancare entrambi questi ioni, sia l'acido sia la base non presentano più alcun carattere corrosivo. Contemporaneamente alla reazione tra H+ e OH-, gli ioni metallici provenienti dalla base reagiscono combinandosi con ciò che rimane della molecola dell'acido, e il risultato di questa reazione è il sale.

L'intera reazione si può rappresentare così:

acido + base → sale + acqua

I sali costituiscono una categoria molto vasta di sostanze: il più noto sale è il cloruro di sodio, chiamato comunemente "sale da cucina"; vi sono però moltissimi altri sali di impiego industriale e artigianale nei più svariati settori, anche in quello dell'Estetica. Alcuni di essi sono molto solubili in acqua, altri lo sono pochissimo.

IL pH (potenziale idrogenionico)

Precedentemente abbiamo detto che esistono acidi che possono essere forti o deboli, esistono basi che a loro volta possono essere forti o deboli, esistono soluzioni acquose neutre, come ad esempio quelle ottenute sciogliendo il sale da cucina o lo zucchero nell'acqua.

È possibile esprimere in modo semplice e chiaro la condizione di acidità, alcali-nità o neutralità di una soluzione acquosa utilizzando una scala numerica che, mediante l'uso di un semplice numero, ci permette di esprimere direttamente se una soluzione è acida, alcalina o neutra. Questa scala è la scala del pH. Come già espresso il pH esprime il "potenziale di idrogeno", in altre parole la forza dello ione H+ (ma anche dell'OH-) in una soluzione acquosa.

La scala numerica va da 0 a 14. Una soluzione è acida se il suo pH è inferiore a 7, a valore numerico minore corrisponde acidità maggiore. Se viceversa il valore del pH è superiore a 7 la soluzione è alcalina, tanto più alcalina quanto maggiore è il suo pH. Il valore pari a 7 corrisponde alla neutralità quindi, per esempio, una soluzione ottenuta sciogliendo del sale da cucina in acqua ha un pH pari a 7.

II pH viene sperimentalmente misurato in due differenti modi: con il pHmetro, che è uno strumento elettronico molto preciso. Il suo uso è assai semplice: si immerge l'elettrodo in vetro di cui l'apparecchio è dotato nella soluzione di cui si vuole misurare il pH e, immediatamente, sul quadrante dello strumento è possibile leggere il valore del pH di quella soluzione.

Il metodo più economico, però, notevolmente più impreciso, consiste nell'impiego degli indicatori di pH. Gli indicatori sono sostanze colorate, per lo più di origine vegetale, che hanno la proprietà di cambiare colore a seconda del pH della soluzione con cui vengono a contatto. Gli indicatori di pH vengono commercializzati allo stato liquido, in soluzione acquosa, ma più frequentemente vengono venduti assorbiti su strisce di carta assorbente e, in questa forma, costituiscono le cosiddette cartine-indicatrici. Conoscendo a quale pH l'indicatore cambia il suo colore, è possibile determinare con una certa approssimazione il pH della soluzione.

L'indicatore più conosciuto è il tornasole che è rosso tra 0 e 7 ed è azzurro tra 7 e 14; quindi con il suo colore ci indica se la soluzione in esame è acida o alcalina. È però più conveniente usare l'indicatore universale che, essendo una miscela di indicatori, ha la caratteristica di cambiare colore ogni valore di pH: ha cioè un colo­re differente per ogni valore di pH.

La misura del pH mediante l'indicatore si esegue nel seguente modo: si preleva con un'asticciola (possibilmente in vetro o plastica) una goccia della soluzione da saggiare, dopo che questa è stata diluita con alcune gocce di acqua all'interno di un bicchiere. Si fa cadere la goccia su un pezzo di cartina indicatrice e si confronta il colore assunto dalla cartina con la scala di riferimento contenuta in ogni confezione di indicatore. La scala riporta per ogni colore il corrispondente valore di pH.

LA MISURAZIONE DEL pH DEI COSMETICI

Abbiamo definito il pH come il numero di ioni idrogeno in una soluzione elettrolitica. Per misurare quindi il pH di un cosmetico abbiamo bisogno di un liquido che conduca la corrente elettrica. I cosmetici che hanno questa possibi­lità sono: tutti i tonici e le soluzioni acquose in genere, i bagni schiuma, gli shampoo e i detergenti liquidi, le emulsioni fluide tipo latti e quelle O/A tipo creme da giorno, i saponi e i syndets previa una loro preparazione in soluzione acquosa, i gel a base acquosa e le dispersioni colloidali. Non è possibile proce­dere alla misurazione del pH, invece, nelle emulsioni A/O, negli olì e nei grassi e in tutte le polveri, compatte o meno.

Per i cosmetici in cui è possibile misurare il pH, si può procedere diretta­mente o, meglio ancora, previa diluizione del prodotto in acqua.

Tutti i latti, i tonici e le creme O/A dovrebbero avere un pH isoepidermico, compreso cioè tra 4,5 e 6,5; tutti i saponi, anche quelli venduti come neutri, hanno in realtà un pH compreso tra 8,5 e 9,5; tutti i depilatori (creme, schiume o soluzioni), i prodotti schiarenti e quelli utilizzati per le permanenti, hanno un pH molto alcalino che va da 11 a 12,5 massimo; gli struccanti per occhi, le lozioni palpebrali e gli shampoo per bambini, dovrebbero avere un pH tra 7 e 7,3 (ovvero essere neutri); shampoo e bagni schiuma per adulti avranno un pH compreso tra 5 e 6, i detergenti intimi e i balsami dopo-shampoo tra 3 e 4; infi­ne, i saponi, le schiume da barba e gli stick deodoranti hanno rispettivamente un pH tra 7,5 e 8,5.

SOLUZIONE TAMPONE

Come già detto sopra il pH dei cosmetici deve essere compreso entro ben determinati intervalli. E’ per ciò necessario aggiungere delle sostanze che fissano il pH ad un ben determinato valore. Queste sostanze prendono il nome di soluzioni tampone, esse  hanno la proprietà di opporsi a qualsiasi cambiamento di pH dovuto all’aggiunta di acidi o basi, fissandolo così al valore desiderato. E’ evidente che in cosmetica l’uso dei tamponi è necessario.

 

 

CHIMICA INORGANICA

Si suole dividere la chimica in due grandi rami: la chimica inorganica e la chimica organica. Questa distinzione ha origini lontane.

A torto si riteneva, fino a circa un secolo fa, che i prodotti descritti dalla chimica organica potessero essere elaborati soltanto da organismi viventi, vege­tali o animali che fossero, mentre i prodotti inorganici avevano origine dal mondo minerale. Questa distinzione, nonostante l'inesattezza, viene mantenuta per ragioni didattiche e pratiche.

ACQUA

L'acqua è la più importante delle sostanze che entrano nel ciclo vitale del regno animale e di quello vegetale. Nel corpo umano essa rappresenta circa il 70 per cento del peso totale. In cosmetologia, oltre a servire alla detersione, è alla base della maggior parte dei prodotti cosmetici (tonici, creme, latti, gel e numerosi altri).

L'acqua di rubinetto contiene disciolti gas, sali ed elettroliti e, dal punto di vista microbiologico, non è propriamente pura. Non è quindi indicata né per pre­parare i prodotti di bellezza né la si può utilizzare nei vaporizzatori per l'Estetica. L'acqua è definita dura quanto maggiore è la quantità dei sali in essa contenuti. L'acqua usata in cosmetologia dovrebbe essere demineralizzata e sterile e in tal caso è definita pura. Per ottenere l'acqua demineralizzata o deionizzata si ricorre al metodo della "distillazione" o a quello dello "scambio ionico". Quest'ultimo consiste nel far passare l'acqua dura attraverso speciali filtri di resine sintetiche in grado di trattenere le varie impurità. Nella preparazione dei tonici vengono spesso utilizzate acque distillate aromatiche che si ottengono o facendo macerare fiori, foglie o altre parti di pianta in acqua calda per essere successivamente distillate, oppure facendo attraversare le droghe (per droga si intende la parte della pianta contenente i princìpi attivi) dal vapore acqueo che ne cattura le essenze (distillazione in corrente di vapore).

ACQUA OSSIGENATA

Abbiamo visto che la formula dell'acqua è H2O; esiste anche un tipo di acqua che contiene un atomo di ossigeno in più. La sua formula è pertanto H2O2, viene chiamata acqua ossigenata o più esattamente perossido di idrogeno. L'acqua ossigenata è un prodotto poco stabile, che tende a decomporsi trasformandosi in acqua semplice, con liberazione di ossigeno nascente. Allo stato puro è difficilmente conservabile, perché esplosi va; in commercio vi sono soluzioni acquose, stabilizzate definite dal volume di ossigeno che possono liberare.

OSSIDI

Gli ossidi di zinco e di titanio sono bianchissimi, chimicamente inerti e servono come pigmenti bianchi nei prodotti coprenti, nei protettivi solari poiché svolgono azione schermante, e nei cosmetici per i bambini contro gli arrossa menti. Il ferro da diversi ossidi, di colore dal giallo al rosso, al bruno, al nero, che si usano come pigmenti nei prodotti per il trucco.

BASI O ALCALI

Gli idrossidi di sodio e di potassio (detti comunemente anche soda caustica e potassa caustica) sono molto usati per la produzione dei saponi.

ACIDI

In cosmetologia vengono utilizzati solo alcuni acidi organici deboli quali il lattico o il citrico.

SALI

I più interessanti sali minerali sono, in cosmetologia, il cloroidrossido di alluminio, molto usato come antiperspirante e astringente; carbonati vari, come quelli di magnesio e di calcio, usati in ciprie, fondotinta, dentifrici; il fosfato di calcio, pure impiegato nei dentifrici.

Ai sali si possono ricondurre anche sostanze di origine minerale come talco, caolino, bentonite, di cui si riparlerà più avanti.

 

CHIMICA ORGANICA

Studia i composti del carbonio, nei quali l'atomo di carbonio si comporta come tetravalente. È un settore sconfinato, in quanto i composti organici conosciuti sono milioni.

Le sostanze organiche che interessano la cosmetologia sono costituite da combinazioni di pochi elementi: carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, fosforo. Una caratteristica del carbonio è che i suoi atomi sono uniti l'uno all'altro per formare delle catene più o meno lunghe, che possono essere aperte o anche chiuse ad anello.

IDROCARBURI

Contengono solamente carbonio e idrogeno. Il più semplice è il metano, noto gas naturale combustibile. Esso è formato da un atomo di C (carbonio) e quattro di H (Idrogeno). La sua formula pertanto si può scrivere:

CH4 (formula bruta) o come    (formula di struttura)

I termini immediatamente superiori sono:

- etano: C2H6

- propano: C3H8

- butano: C4H10

Aumentando il numero degli atomi di carbonio si passa dai prodotti gassosi, come i sopradescritti, a prodotti liquidi e leggeri come la benzina, oleosi come l'olio di vaselina, solidi dalla consistenza molle (vaselina) o cerosi (paraffina, ozocherite, ceresina, cere microcristalline). A differenza dei primi, questi ultimi hanno trovato vasto impiego in cosmetologia (nei capitoli successivi approfondiremo l'argomento).

In certi composti gli atomi di carbonio, invece di scambiarsi una sola valenza, come abbiamo visto negli esempi precedenti, possono scambiarsene due, ed è il caso dell'etilene C2H4 o CH2 = CH2, o anche tre, come nello acetilene CH CH (questi ultimi composti a differenza dei primi detti saturi, sono definiti insaturi).

Abbiamo detto che la catena di C può anche essere chiusa ad anello. Generalmente questi anelli sono a sei atomi di carbonio come nel benzene, C6H6, molto conosciuto e diffuso come solvente e come sostanza di base per molte sintesi organiche.

ALCOLI

Sono composti ove uno o più atomi di idrogeno vengono sostituiti da un ossidrile OH. La loro formula generale è R-OH ove R indica un radicale alifatico. Il più noto è l' alcool etilico C2H5OH. Si ottiene per fermentazione degli zuccheri e ha impieghi vastis­simi. In cosmesi viene impiegato frequentemente nei tonici e nelle frizioni per capelli.

È anche il solvente abituale delle essenze nella profumeria alcolica. Quando nelle formulazioni si indica semplicemente alcool si intende sempre alcool etilico.

Aumentando il peso molecolare, e cioè il numero degli atomi di carbonio, avre­mo composti prima oleosi, poi solidi cerosi.

Trovano impiego cosmetologico alcuni alcooli, detti impropriamente alcooli grassi (in realtà vedremo più oltre cosa significa chimicamente un grasso), quali l'alcool cetilico con 16C, lo stearilico con 18C, l'oleilico anch'esso con 18C, ma a differenza dei due precedenti essendo un prodotto insaturo, è in forma liquida.

Questi alcooli trovano larga applicazione nella preparazione di latti e creme. Se a due atomi di carbonio si sostituisce un H con un OH si hanno i glicoli.

Dal propano si ha il propilenglicole:

CH3

¦

CH-OH

¦

CH2-OH

Sostituendo tre atomi di idrogeno con ossidrili nel propano si ha la glicerina o glicerolo:           CH2-OH CH-OH CH2-OH. Questi due prodotti hanno molto importanza cosmetologica in quanto sono igroscopici (hanno cioè la proprietà di assorbire acqua) e si usano pertanto come umettanti per mantenere una giusta umidità nei latti e nelle creme evitandone l'essicca­zione. Per gli stessi usi si adoperano anche il sorbitolo e il maltitolo che appartengono alla stessa categoria di prodotti.Una categoria particolare di alcooli è costituita dagli steroli.Essi sono composti piuttosto complessi, molto diffusi sia nel mondo animale sia in quello vegetale (ricca di steroli è la "frazione insaponificabile" di molti grassi vegetali) ove svolgono determinanti funzioni biologiche.

Il colesterolo è tra i più importanti assieme ad altri, quali l'isocolesterolo e il lanosterolo; gli steroli di origine vegetale sono generalmente noti come fitosteroli.

 

CHETONI

Se la sostituzione di due atomi di idrogeno con uno di ossigeno si verifica in un carbonio non terminale, si hanno i chetoni, di formula generale R-CO-R. Il più noto, è il CH3-CO-CH3, acetone, universalmente impiegato come solvente in miscela con altri prodotti, negli smalti per unghie. Un composto che ha contemporaneamente funzione chetonica e alcoolica è il diidrossiacetone: CH2OH-CO-CH2OH che da anni è usato come pigmentante nei cosiddetti autoabbronzanti.

CARBOIDRATI

I carboidrati più semplici sono gli zuccheri; il glucosio o zucchero d'uva è una singola molecola a sei atomi di carbonio; di due molecole di zuccheri semplici sono invece costituiti il saccarosio (lo zucchero per antonomasia) e il lattosio (zucchero del latte).

Aumentando la complessità delle molecole, si arriva a prodotti ad altissimo peso molecolare come gli amidi e le fecole. Gli amidi hanno trovato utilizzazione cosmetica quali componenti di ciprie e polveri aspersorie (polvere di riso). Tali polveri hanno effetto opacizzante e "antilucido".

ACIDI CARBOSSILICI

Gli acidi organici hanno formula generale R - COOH; il gruppo COOH, detto carbossile, può stare soltanto in un punto terminale della molecola.

Il più noto comunemente è l'acido acetico, che si forma nel vino per fermentazione acetica, che impartisce all'aceto l'odore caratteristico. La formula dell'acido acetico è CH3-COOH.

Altri acidi organici interessanti per il nostro studio sono l'acido lattico, il citrico e alcuni altri a peso molecolare superiore, detti acidi grassi, come il laurico con 12C, il miristico con 14C, il palmitico con 16C, lo stearico con 18C. Acidi grassi importanti sono l'oleico, il ricinoleico, il linoleico, tutti liquidi e l'acido undecilenico, che ha forti proprietà antimicotiche e antiforfora.

Gli acidi organici sono acidi piuttuosto deboli e quindi poco dissociati. Il loro pH infatti è compreso tra un po' meno di 3 e 6 negli acidi grassi.

ESTERI

Nella reazione tra un acido organico e un alcool, per perdita di una molecola d'acqua, si formano gli esteri.

Es: Acido acetico + alcol etilico = acetato di etile

Molti esteri hanno un grande interesse cosmetologico; citiamo per esempio: isopropile miristato e butile stearato, che sono liquidi, hanno ottimo potere emolliente sul­la pelle e vengono pertanto usati in creme e latti. Esteri solidi sono le cere, costituite da acidi e alcooli ad alto peso molecolare, come la cera d'api e lo spermaceti. Un importantissimo gruppo di esteri è rappresentato dai grassi (trigliceridi). Nel linguaggio comune vengono definiti grassi tutte le sostanze con carattere di untuosità; chimicamente si chiamano grassi solo gli esteri degli acidi grassi combinati con la glicerina.

ove R1-R2-R3 significano radicali di acidi grassi. A seconda che in un grasso entrino acidi grassi liquidi o solidi si hanno grassi che vanno dagli oli (di oliva, mandorla, arachidi) a grassi molli (burro, olio di cocco) a solidi (sego bovino).

AMINO ACIDI E PROTIDI

Alcuni acidi organici posseggono un atomo di azoto sotto forma di aminogruppo -NH2: per questa ragione sono detti aminoacidi. Molti di essi si possono ricondurre alla formula generale:

 

La loro caratteristica è di potersi legare formando delle grosse molecole. Hanno una enorme importanza biologica, in quanto dai loro vari raggruppamenti molecolari, hanno origine le proteine o protidi, che rappresentano i costituenti più nobili degli organismi viventi. Essi infatti sono i principali costituenti di quasi tutti i nostri tessuti e dei globuli rossi del sangue; proteine sono anche le albumine del latte e delle uova. Ai protidi appartiene per esempio il collagene così come la cheratina, che oltre a carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno, contiene anche zolfo, ed entra nella costituzione delle cellule epidermiche, del tessuto corneo dei peli e delle unghie. Tra i più importanti aminoacidi citiamo la cisteina, la metionina, la prolina e l'idrossiprolina.