PROGETTO
DRAMMATERAPIA
(attivo
da tre anni)
FINALITA’:
Incoraggiare gli aspetti sani del Sé e ridurre i rischi inerenti
all’adolescenza; migliorare il contesto relazionale.
OBIETTIVI:
A medio termine sono un miglioramento della conoscenza di sé, della
fiducia in sé stessi e dell’espressione del proprio mondo emozionale;
un affinamento delle capacità relazionali e di condivisione empatica;
tutto ciò attraverso la metodica sperimentazione di ruoli differenti,
diverse relazioni, varietà di pensieri e di emozioni. Obiettivo
finale è la trasformazione, intesa come crescita o cambiamento
psicologico; con ciò non si intende l’adeguamento a un modello ideale
predefinito ma un cambiamento tollerabile della persona, nel rispetto
della sua specificità e del suo diritto a trovare una propria strada di
sviluppo. Concretamente si potrebbe dire che l’obiettivo consiste nel
far acquisire la capacità di giocare ruoli diversi rispetto a quelli
rigidi della vita quotidiana, sperimentando nella finzione scenica ciò
che si potrà mettere poi in pratica nell’esperienza di vita reale: la
scoperta e lo sviluppo delle proprie risorse creative che inducano un
miglioramento delle condizioni di vita, proprie e del gruppo di cui si fa
parte.
CONDUTTRICE:
Prof. Marina Bernardo.
Curriculum:
laureata in lingue e letterature straniere (specialista in inglese);
abilitata all’insegnamento; docente nella scuola media dal 1977 (fino al
2001 di lingua inglese e da allora insegnante di sostegno); diplomata in
Drammaterapia (corso di formazione triennale presso ‘La linea
dell’Arco’ di Lecco); dal 1994 partecipa al laboratorio teatrale
guidato da G. Adduci del Teatro Città Murata di Como; è attrice e
sceneggiatrice del gruppo ‘P. o P.’ (che ha al suo attivo la messa in
scena di 5 spettacoli e varie azioni teatrali); specializzata in
Psicopedagogia Generativa (corso post-laurea in tre livelli per operatori
sociali, che prevede una formazione continua, presso l’Istituto di
Ricerche di Gruppo di Lugano, fondato e diretto dal prof. Ferruccio
Marcoli, psicologo e psicoterapeuta); fornisce supervisioni ed esegue per
l’Istituto lavori di revisione e di redazione di testi teorici e di casi
clinici.
In drammaterapia la
figura del conduttore è quella di testimone, che guarda e ascolta
empaticamente (il cosiddetto ‘osservatore partecipante’), di
attivatore di un clima affettivo positivo, di contenitore discreto ma
sicuro dei flussi emozionali che si creano nel gruppo: un ruolo
‘passivo’ di facilitatore.
METODO:
La drammaterapia consiste nell’uso sistematico di processi
drammatico-teatrali (per esempio l’improvvisazione di scene) per
la prevenzione e la terapia del disagio.
Si
parte dal presupposto che, nella vita quotidiana come nel teatro, le
persone o gli attori assumano e interpretino vari ruoli. La teoria alla
base della drammaterapia sostiene che ci sviluppiamo tramite
l’interiorizzazione di ruoli significativi presenti nel nostro ambiente;
l’essere umano è visto come un sistema di ruoli: per alcune persone è
vasto - e possono spaziare tra ruoli estremamente diversi; per altri è
molto limitato - e ciò può implicare unidimensionalità e quindi
incapacità di affrontare le situazioni in modo creativo. La drammaterapia
favorisce l’apertura delle diverse possibilità dei ruoli, nel tentativo
di riequilibrare la ‘compagnia degli attori interni’, generandone dei
nuovi e/o modificando quelli vecchi. Attraverso l’utilizzo di
processi teatrali di gruppo si crea un luogo protetto, uno
spazio/tempo fisico e mentale condiviso ove – attraverso la
ritualizzazione di azioni, l’uso di un linguaggio simbolico e corporeo,
la fissazione di regole comuni (non giudicare, lasciare all’altro la sua
libertà, non invaderlo), l’interpretazione di ruoli differenti – si
crei un’atmosfera di fiducia, collaborazione e rispetto reciproco;
un tale contenitore darà la possibilità di presentare e scoprire parti
di sé sconosciute (magari problematiche) e di comunicarle, trasformandole
in scene-ruoli e storie-personaggi che attenuino la tensione interiore.
Creando e prendendo contatto con diversi personaggi ha luogo una migliore
comprensione di sé e viene favorita l’espressione simbolica di
pensieri ed emozioni altrimenti difficili da metabolizzare; inoltre
esprimendoli attraverso una ‘maschera’ è possibile tenerli a una
giusta distanza: né troppo coinvolti, né troppo separati. In sintesi si
tratta di esplorare e cercare di risolvere importanti problemi emotivi
attraverso l’azione drammatica condivisa col gruppo. Un processo
creativo collettivo esalta inoltre la responsabilità individuale. Nelle
parole di Roger Grainger ‘usiamo l’immaginazione per allentare
emozioni e sentimenti che sono troppo potenti e spaventevoli – in
effetti, troppo primitivi – per essere espressi ma troppo dolorosi per
restare non riconosciuti’. (in Atti del Convegno ‘Arte e
trasformazione’, Palermo 8/9 dicembre 2000, p. 11.)
La
struttura dell’intervento si articola in tre fasi:
·
fondazione, (cui saranno dedicate le prime 3 sedute)
mirante a formare un gruppo coeso in un’atmosfera emotiva positiva e
collaborativa in cui sia possibile condividere una finzione (detto più
poeticamente un atto immaginativo), sperimentare, rischiare; un contesto
ludico in cui mettersi in gioco.
·
azione teatrale vera e propria
(cui saranno dedicate 7 sedute); in questa fase creazioni sceniche
cioè di ruoli, di personaggi, di eventi, di storie, immagini ed emozioni
rifletteranno – nel contenitore protetto della finzione teatrale – gli
elementi problematici dei singoli e del gruppo.
·
condivisione delle emozioni e riflessioni
sull’esperienza, (cui saranno dedicate le ultime 2 sedute) comprendenti
una valutazione critica delle scene rappresentate anche riguardo alla loro
efficacia comunicativa. E’ la fase in cui il gruppo si rinsalda come
contenitore affettivo e si legittima sempre di più come luogo in cui è
possibile esplorare i conflitti e dar voce, sulla scena, a emozioni
represse e a parti di sé in ombra.
Ogni seduta sarà
pure scandita in tre momenti:
·
warm up, parte introduttiva di riscaldamento del
clima affettivo. E’ spesso basato prevalentemente su esercizi fisici
miranti a rilassare i muscoli e le tensioni corporee per preparare i
partecipanti al gioco dei ruoli; ma può essere basato, piuttosto che sul
movimento, sul lavoro di imagery (immaginazione) per esempio
chiedendo di immaginare a occhi chiusi una certa scena, per porre la mente
in uno stato creativo; o può anche essere verbale, quando per esempio
ogni partecipante narra un evento recente della propria vita. In sintesi
il warm up è un preludio all’azione, che avverrà nella fase
successiva, quella di
·
creazione scenica vera e propria (ma sotto certi
aspetti è una distinzione artificiale poiché uno stadio confluisce
nell’altro, vale a dire che nelle scene si estenderanno i ruoli e i
sentimenti evocati nel warm up). Da notare che in drammaterapia non esiste
un copione fisso, ma il testo è in continua trasformazione, secondo le
esigenze del ‘qui e ora’, cioè di ciò che emerge fra i partecipanti,
in analogia con l’idea che siamo noi a scrivere il copione della nostra
vita, modificandolo secondo i nostri bisogni e desideri, negoziando con
gli altri queste trasformazioni.. Molto del dramma (l’etimologia è da dram,
in greco ‘azione’) è basato sul conflitto tra forze opposte esterne
(per esempio il personaggio A, protagonista, vuole qualcosa che il
personaggi B gli impedisce) o le tensioni interne. Sta al conduttore
guidare la rappresentazione verso modi che meglio rappresentino conflitti
e tensioni per
quel dato gruppo, in quel dato momento, e che possano condurre a una
catarsi. Occorre precisare che con questa parola in drammaterapia non si
intende necessariamente lo sfogo di forti emozioni, ma soprattutto
reazioni modeste, piccoli momenti di riconoscimento di paradossi
psicologici, scariche di tensioni attraverso gesti minimi (una scrollata
di spalle, uno sbadiglio, un sorriso) che sono più fecondi di nuove
visioni e possibilità di trasformazioni durature poiché di solito si
accompagnano alla percezione che qualcosa sia avvenuto, di bello.
·
conclusione, la parte più difficile della seduta: se
durante l’azione si sono affrontati nodi problematici, non si è
probabilmente arrivati a scioglierli; c’è pertanto uno stato di
eccitazione, ma occorre riportare la calma prima di ritornare nel mondo
quotidiano. Si possono scegliere varie forme per ottenere questo
risultato: di solito si chiede la rappresentazione delle impressioni su ciò
che è stato fatto, di ciò che si prova, di come ci si sente, di cosa si
auspica per il futuro, attraverso la parola o più semplicemente
un’immagine o un movimento; questo, normalmente, seduti in cerchio,
dando una forma di rituale di
gruppo a questa fase di commiato. Non è superfluo far notare che anche il
conduttore ha bisogno di una conclusione; è quindi opportuno che
condivida col gruppo riflessioni sull’azione, sentimenti attuali e
speranze per il futuro. Passato, presente e futuro sono rievocati prima
della separazione: l’abilità del conduttore è quella di far cogliere
nella chiusura gli elementi che offrono nuove prospettive alla vita
quotidiana, che aprono a tutte le possibilità dei ruoli.
PARTECIPANTI E
TEMPI: Gruppi di 6-8 ragazzi/e per cicli di almeno 8-10 incontri di
1-2 ore settimanali a seconda delle esigenze dei Consigli di Classe. Due o
tre mesi sono l’estensione minima perché si possano verificare dei
cambiamenti e si possano condurre i partecipanti a percepirli in sé
stessi.
VERIFICA:
L’attività di drammaterapia è imperniata sulla trasformazione del
‘qui e ora’ dei rapporti intrapersonali e interpersonali di individui
in difficoltà: non è previsto uno spettacolo finale da rappresentare in
pubblico (anche se ciò non è escluso a priori) poiché ciò che accade
in un contesto protetto è opportuno che non sia socializzato. La
verifica degli obiettivi avviene quindi attraverso osservazioni
sistematiche al termine di ogni seduta, fatte sulla base di una griglia
predefinita (con la possibile collaborazione di un osservatore non
partecipante); esse sono la base per una comparazione della situazione
iniziale con quella finale, dalla quale emergono le trasformazioni nel
vivere i ruoli – più o meno rigidi, più o meno numerosi, più o meno
integrati – una documentazione del cammino compiuto dalle
identificazioni di partenza a quelle d’arrivo.
Si
prospetta inoltre la possibilità di coinvolgere i genitori degli alunni/e
interessati/e riunendoli alla fine del ciclo per un incontro, sia
dimostrativo dell’attività svolta sia di bilancio di essa. E’ questa
l’occasione per uno scambio di punti di vista, per conoscersi e dar
valore ai reciproci ruoli educativi.
RISULTATI:
E’ disponibile a scuola la relazione del primo laboratorio – molto
apprezzato dal gruppo coinvolto – contenente il resoconto del percorso
di quel ciclo di incontri, considerazioni teoriche sul metodo e
riflessioni sull’esperienza (I magnifici otto, giugno 2002).
Il
secondo laboratorio (a.s. 2002-2003) è stato seguito con entusiasmo dai
partecipanti, tanto che essi hanno insistito per mostrare a genitori e
compagni le loro creazioni sceniche a fine anno scolastico.
L’esibizione, pur nell’assoluta povertà di mezzi, è stata un
successo. Tuttavia il risultato più rilevante non è stato l’evento
finale ma il percorso: gruppi per altro estremamente conflittuali e
problematici hanno ripetutamente sperimentato e considerevolmente affinato
le loro capacità collaborative e di gestione autonoma dei conflitti,
negoziando scene e ruoli in modo costruttivo.
Il
terzo laboratorio (a.s. 2003-2004) è sfociato nella messa in scena di un
racconto di G. Rodari, cercando di rispondere all’esigenza di un
prodotto esteticamente più curato. Questo laboratorio partecipa al
concorso indetto col patrocinio della Comunità Europea, della Regione
Lombardia, del Consiglio Nazionale sulla Disabilità e l’Ufficio Scolastico per la Lombardia ‘A scuola tutti insieme’ per promuovere
buone pratiche nell’accoglienza di bambini e ragazzi in genere e in
particolare disabili.
RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI: Per la teoria e la pratica su cui si basa il progetto
si fa riferimento principalmente ai seguenti testi:
·
Clive BARKER, Giochi di teatro, Bulzoni, 2000.
·
Marina BERNARDO, I magnifici otto, Ossuccio,
2002.(disponibile per e-mail su richiesta)
·
Augusto BOAL, Il poliziotto e la maschera. La
Meridiana, Molfetta, 1993.
·
Robert LANDY, Drammaterapia. Concetti, teoria e pratica.
Edizioni Universitarie Romane, Roma, 1999.
·
Salvo PITRUZZELLA, Lo sguardo e la maschera, Qu. Ar.
Ter., n. 1, pp. 6-10, 1998.
·
Klaus VOPEL, Giochi di interazione per adolescenti e
giovani, vol. 1-2-3-4, Elledici, 1991
·
David W. WINNICOTT, Gioco e realtà. Armando, Roma,
1974.
Ulteriori informazioni sono
disponibili sul sito: www.artiterapie.it
***