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IPOTESI SULL'ORIGINE DEL NOME ESCOLCA

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L’origine del villaggio di Escolca è molto antica e di conseguenza anche il suo nome. Non si sa di preciso quando sia stata fondata però pare che nel Medioevo esistesse già ed infatti lo studioso M. Wagner nel suo " Dizionario Etimologico Sardo" scrive che il nome ISKOLCA o SKOLCA, nella Sardegna Medievale significava "guardia" o " scolta", ordinata a difesa delle persone e del territorio. Successivamente questo termine passò ad indicare un territorio circoscritto, come riferisce lo Spano nel "Vocabolario Sardo-Italiano".

Il professor Sardella, studioso di lingue arcaiche, afferma invece che il nome Escolca derivi dal sumerico ES-GUL-KA che significa "la porta del gran tempio". Questa affermazione la scrive nel suo libro: Il sistema linguistico della civiltà nuragica", ma è una delle ipotesi meno credibili.

Un’ipotesi, invece, che risulta essere forse più attendibile è che esso derivi da SKOLCA, nome che attorno al 1300 designava un gruppo di piccoli villaggi non molto distanti tra loro e aventi in comune uno stesso territorio.

Questi villaggi avevano delle chiese proprie ed erano composti da poche decine di individui. La probabile conferma di questa ipotesi viene dal fatto che non molto lontano da Escolca si trovano delle piccole chiesette, oggi in rovina, con dei ruderi attorno, testimonianza appunto di questi villaggi. Le chiesette in questione sono quelle di Santa Lucia, San Giovanni, Sant’Antioco e altre di cui non si sanno i nomi e di cui sono state perse le tracce.

IL PAESE E IL TERRITORIO

Escolca è un paese in provincia di Nuoro che appartiene al Sarcidano ed è abitato da 743 persone. E’ situato a 450 m. sul livello del mare ed è situato sul pendio di una collina, nella falda meridionale della Giara di Serri.

I paesi confinanti sono: Gergei a ovest, distante appena 1500 m., Serri a nord-est alla distanza di 4 Km circa, a sud-est Mandas, distante 7 Km circa e a nord, il centro più grande della zona, Isili a circa 8 Km.

Il territorio di Escolca occupa una superficie di 1472 ettari, compresa l’enclave di San Simone e un territorio boschivo chiamato comunemente "Padenti". Il primo è un piccolo agglomerato di case rurali, distante circa 10 Km da Escolca e confina con i paesi di Gergei, Mandas, Villanovafranca e Gesico. Il secondo è un piccolo boschetto nel territorio di Villanovatulo.

Il paese di Escolca anticamente era diviso in quattro rioni: Arrì, Cabudaquas, Cabudanni e Luxioni. Ora questi hanno assunto nomi diversi: Serrai, Morellu, Luxioni, Mesuidda e Pratza de acquas.

La via principale è la via Vittorio Emanuele che attraversa tutto il paese, congiungendo la Statale 128 con Gergei, proseguendo per Barumini e oltre.

Nella via principale si trovano quasi tutti i negozi del paese, il monumento ai caduti, la banca, la scuola elementare, la biblioteca e la farmacia. Oltre a questa via vi sono anche altre vie importanti: Via Roma, via Sebastiano Satta, via Sant’Antonio e via Papa Giovanni XXIII.

A Escolca ci sono quattro piazze principali: Piazza Parrocchia, adiacente alla chiesa, piazza Eleonora d’Arborea, dietro le ex scuole medie, piazza S. Antioco in ricordo della chiesa che c’era precedentemente. L’ultima è la piazza del Comune detta così proprio perché è situata vicino al Comune. E’ una piazza ad anfiteatro, costruita nel 1985, dove solitamente si svolgono gli spettacoli e le feste civili.

La chiesa principale è la parrocchia dedicata a Santa Cecilia. Non si conosce esattamente quando sia stata costruita, sembra conservi la struttura cinquecentesca, ma è stata ampliata nel 1583, ristrutturata nell’anno 1987 e da poco ha subito una nuova ristrutturazione al campanile. La parte aggiunta alla prima struttura si può vedere ancora oggi già che su una pietra nel muro si legge chiaramente la data 1583. La chiesa ha una pianta rettangolare, con tre navate separate da tre archi a sesto acuto con bellissimi capitelli composti da motivi floreali. Ogni navata finisce con una cappella e al centro dell’arco d’ingresso della cappella centrale si può ammirare un bellissimo altare in marmo di stile barocco e si dice costruito dal rettore Giuseppe Masala nel 1804. La chiesa inoltre conserva degli antichi oggetti, molto pregiati tra i quali: una statua di Santa Cecilia, alta 150 centimetri in legno intagliato e policromato che si trova nell’altare maggiore; questa statua viene definita dal sovrintendente alle opere di Antichità e di Arte della Sardegna un ottimo e raro esemplare d’intaglio sardo eseguito molto probabilmente all’inizio del XV secolo, con stile di derivazione spagnola. Altri oggetti sono: un calice in argento sbalzato, che viene definito un ottimo esemplare di stile quattrocentesco non catalano, ma importato dalla penisola presumibilmente risalente al XVI secolo. Custodita nella chiesa c’è pure una croce in argento cesellato, alta 73 cm., in stile gotico-catalano eseguita nel XVI secolo da argentari cagliaritani.

In una cappella della navata occidentale, si può trovare anche un quadro che gli esperti dicono di avere un valore molto alto; inoltre dietro l’altare c’è un organo presumibilmente del XVI – XVII secolo fatto in legno e altri metalli vari, però ormai non viene più usato nonostante lo stato di conservazione sia discreto. Sempre nella parrocchia si conserva una Reliquia autentica della patrona Santa Cecilia, mandata dall’ Arcivescovo Vincenzo Berchialla.

Il campanile della chiesa è provvisto di quattro campane, una del1579, trasportata dall’antico convento dei Trinitari che si trovava dove oggi è situata la chiesa della Madonna delle Grazie. La seconda campana è del 1700, l’altra del 1800 e l’ultima è del 1914.

Alla distanza di 1500 m. a nord del paese c’è la chiesa della Vergine delle Grazie detta anticamente dalla popolazione S. Maria de is Bingias come d’altronde risulta nell’iscrizione sulla campana della chiesetta ( che ora si trova nel campanile della chiesa di Santa Cecilia nella quale si legge. SANTA MARIA DE IS BINGIAS DE LA VILLA DE ESCROCA ANNO DOMINI MDXXIX.

Un tempo presso questa chiesa vi era un piccolo convento di Padri Trinitari che venne soppresso da una Carta Reale del 14 dicembre 1767; poi con un provvedimento pontificio del 27 Aprile 1776 i beni e le rendite vennero aggregati al convento cagliaritano di San Lucifero, come riferisce il Martini ne "LA STORIA ECCLESIASTICA DELLA SARDEGNA". Lo stesso Martini afferma che i Padri Trinitari si stabilirono in Sardegna nel 1583. Ma se la campana della chiesa è stata fusa nel 1579 vuol dire che la chiesa vi esisteva prima ancora che vi si insediassero i Trinitari, i quali pare vi si siano stabiliti in quella chiesa attorno al XVII° secolo. Si ritiene che prima del convento dei Trinitari ci fosse il convento dei Romitani di Sant’Agostino che si stabilirono in Sardegna attorno al 1400. E’ da supporre che si stabilirono nel convento attorno alla fine del 1400 e agli inizi del 1500 e di conseguenza anche la chiesa viene datata approssimativamente verso quel periodo. Può darsi perciò che la chiesa sia nata nello stesso periodo in cui è nato il paese.

Nel 1876 la Chiesa è stata restaurata grazie alle offerte della cittadinanza di Escolca poi è andata di nuovo in rovina ed ora è stata ristrutturata completamente con un finanziamento regionale. Attualmente il Comune sta realizzando un progetto di un parco intorno alla Chiesa, dato che si trova in una zona verde, ricca di alberi.

Fino a non molti anni fa il 2 Luglio vi si celebrava la festa della Vergine delle Grazie, con la processione e il trasporto del Simulacro dalla Parrocchia fino alla chiesetta; inoltre vi si svolgeva una fiera di bestiame alla quale accorrevano molte persone.

Un’altra chiesa escolchese è la chiesa di Sant’Antonio Abate. Prima di ricostruirla, una quarantina di anni fa circa, essa era una graziosa e caratteristica chiesetta. Purtroppo la ricostruzione ne ha stravolto la forma originaria rendendola artisticamente insignificante.

La festa in onore del santo si celebra il 17 Gennaio, giorno in cui si porta in processione il simulacro del santo e si procede alla benedizione e alla distribuzione del pane benedetto. Fino agli anni ’60 la processione veniva preceduta dagli animali da lavoro (buoi e cavalli) bardati a festa, proprio perché Sant’Antonio è il protettore degli animali da lavoro. Attualmente invece la sera del 16 Gennaio si accende e si benedice il falò.

Le altre chiese, ormai in rovina sono: Santa Lucia, Sant’Antioco e San Giovanni.

SAN SIMONE

l territorio di Escolca comprende anche una piccola enclave di 100 ettari, distante circa 10 Km a meridione dell’abitato, confinante con i paesi di Gergei, Villanovafranca, Mandas e Gesico, chiamata San Simone. In questo territorio sorge un piccolo villaggio costituito da una quarantina di casette circa, nel cui centro sorge anche una chiesetta dedicata a San Simone da cui prende il nome il villaggio stesso. Fino a pochi decenni or sono queste case servivano come rifugio per agricoltori e pastori i quali coltivavano e pascolavano il bestiame nei terreni vicini e non avendo dei mezzi di trasporto adatti per tornare in paese, ma solo il carro trainato dai buoi, dormivano lì, anche una settimana senza tornare in paese. Oggi queste case, chiamate dai paesani " LOLLAS" solitamente vengono usate come depositi per materiali e strumenti agricoli. Solo una volta all’anno, in occorrenza della festa di San Simone che viene celebrata solitamente il giorno di Pentecoste, il villaggio si rianima. Le "LOLLAS" vengono sistemate e ripulite perché i proprietari sostano lì per due giorni e, volendo vi possono anche dormire. Infatti la festa inizia il giorno prima di Pentecoste, più precisamente la sera, quando da Escolca parte una processione di trattori e camion addobbati a festa, guidati dal cocchio del simulacro del santo, seguito da "SA TRACCA", il carro degli "OBRIERI", cioè degli organizzatori della festa, dove solitamente viene trasportato anche un fisarmonicista che allieta la processione.

Quando si arriva a San Simone nella piazzetta si svolgono dei balli e c’è festa per tutto il resto della sera. Il giorno seguente invece, la mattina si celebra la messa con la processione in mezzo ai campi per la benedizione e la sera si fa " SU GIRU DE IS LOLLAS ", si fa cioè il giro di tutte le LOLLAS assieme al fisarmonicista, soffermandosi e ballando un po’ in ciascuna di esse e augurando una buona festa a tutti; all’imbrunire poi si fa ritorno a Escolca.

San Simone viene anche chiamato " NURAXI " a causa dei numerosissimi nuraghi presenti nella zona anticamente, ma che ormai sono andati in rovina. Questa zona veniva e viene ancora invidiata dagli altri paesi vicini: Mandas, Gergei e Villanovafranca soprattutto per la fertilità dei terreni. In particolar modo tra Mandas e Escolca c’era un conflitto per il possesso di queste terre; questo villaggio venne abbandonato dagli abitanti presumibilmente attorno ai primi decenni del 1600. Dato che il villaggio rimase disabitato, sia Mandas che Escolca accampava il proprio diritto di proprietà su queste terre, ma non ci sono fonti certe che testimoniano come Escolca sia venuta in possesso di questo territorio pur non essendo confinante con lo stesso. La memoria popolare però vuole che i superstiti sopravvissuti alla peste cercassero rifugio nei paesi vicini, che però rifiutarono di ospitarli, probabilmente solo Escolca li accolse e li curò ed essi successivamente si integrarono con la popolazione rimanendo sempre proprietari di quelle terre, diventando quindi cittadini di Escolca. Di conseguenza, probabilmente, San Simone divenne proprietà di Escolca; nacque però una dura contesa con gli abitanti di Mandas che essendo il paese confinante più vicino a questa zona ne reclamava il diritto di proprietà. Una leggenda dice però che i cittadini dei due paesi, di comune accordo, decisero di affidare la soluzione della disputa al Santo: due buoi, uno appartenente ad Escolca, l’altro a Mandas vennero aggiogati ad un carro con l’effigie di San Simone; chi dei due avesse vinto la gara, il paese a cui apparteneva sarebbe divenuto il proprietario della suddetta zona. Il bue escolchese venne aggiogato sul lato destro, quello mandarese sul lato sinistro, ciascuno dalla parte opposta alla direzione da seguire per il proprio paese. Arrivati nella zona di " NURAXI MANNU ", dove la strada si biforcava in direzione dei due paesi, i due animali si contrastarono cercando di seguire ognuno il suo percorso abituale. Nella contesa prevalse il bue di Escolca che evidentemente era il più forte, per cui il possesso del villaggio e delle terre venne attribuito, secondo la leggenda, al comune di Escolca.

Nonostante le precedenti controversie tra Escolca e Mandas, Quest’ultima è rimasta ancora molto devota al santo, infatti ancora oggi il corteo de carri, al ritorno dalla festa, entra nell’abitato di Mandas sostandovi per circa un’ora dando la possibilità ai mandaresi di venerare il santo e di fare delle offerte, in cambio dei fiori benedetti che ornano il cocchio del santo. Dopo questa sosta il corteo si ferma al bivio di Escolca per un piccolo ristoro dove invitano i passanti a mangiare e a ballare; all’imbrunire si fa rientro a casa.

LA STORIA DI ESCOLCA

Non si hanno dati certi sull’origine dell’abitato di Escolca, molto probabilmente esisteva già un precedente insediamento romano perché sono stati trovati dei resti di quel periodo nella zona settentrionale del paese, in località " MORELLU ", durante gli scavi per le fondamenta di una casa, effettuati verso il 1970. Però con l’attuale denominazione di Escolca si hanno dati certi a partire dal primo Medioevo; infatti, il paese, in epoca giudicale a partire dal IX secolo circa, apparteneva al giudicato o Regno di Calari ( Cagliari) e faceva parte della Curatoria di Siurgus: Successivamente nel 1347 i feudi di Escolca e di altri paesi della Curatoria furono venduti dal re Pietro IV ad un nobile catalano, Raimondo Desvall, al quale però nel 1360 furono tolti, sempre dal re ed assenati a Giovanni Carroz. Lo stesso Carroz in seguito fece omaggio al re il 18 AGOSTO 1355 per renderli grazie delle ville ottenute. Giovanni Carroz aveva ricevuto queste ville, compresa quella di Escolca, in perpetuo, cioè erano solamente di sua proprietà e dei suoi successori maschi per sempre e non poteva venderle ad altri se non ai sudditi aragonesi, inoltre non poteva aggiungere a questi feudi altre terre acquisite se non con il permesso del re.

Il 19 AGOSTO 1420, dopo la morte di Giovanni Carroz, alcune ville, tra cui anche quella di Escolca, vennero concesse a Francesco Carroz primo successore di Giovanni Carroz.

Dopo altri numerosi successori e altre vendite ai suddetti aragonesi, ai primi del 1800 Escolca e gli altri paesi vicini furono nominati comuni e facevano parte della provincia di Isili, più precisamente nel 1823.Rimase nella provincia di Isili fino al 1832, poi attorno al 1850 Escolca passò alla provincia di Cagliari. Attorno ai primi del 1900 passò poi all’attuale provincia di Nuoro; il paese però vuole entrare a far parte della provincia del Medio Campidano, ancora in progetto.

L'AGRICOLTURA E L'ECONOMIA

L’economia del paese è basata essenzialmente sull’attività agro-pastorale. Il territorio, come già detto in precedenza ha un’estensione complessiva di 1472 ettari di cui 802 coltivati a cereali vari, foraggere, a fave e un po’ a ceci; queste coltivazioni si praticano dove la terra è di natura argillosa, precisamente nelle terre a sud del paese e nella zona di San Simone. Quest’ultima è la zona più fertile dove si produce soprattutto grano; infatti a detta degli esperti il grano duro prodotto nel territorio di Escolca e in quello contiguo di Gergei è uno dei migliori della Sardegna e forse tra i migliori d’Italia. Solo alcune zone delle Marche di caratteristiche simili ai terreni sovracitati, producono del grano duro di pari qualità. Di tutto il territorio inoltre, altri 100 ettari vengono coltivati a vigneto nelle terre a sud-est e a ovest dell’abitato e 114 ettari a oliveto a sud; 368 ettari sono invece a pascolo a nord , il restante territorio è occupato da boschi e da campi incolti.

Manca quasi totalmente l’attività industriale, c’è solo un’attività per la produzione di manufatti per l’edilizia. I prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento trovano sbocco nel libero mercato, presso i consorzi agrari provinciali, i caseifici e la cantine sociali della zona. L’artigianato e il commercio impiegano un discreto numero di addetti, circa 70, contribuendo insieme al settore terziario, che offre lavoro a circa 30 persone, ad incrementare l'economia del paese.

Nonostante il tasso di natalità sia molto basso, nonostante ci siano pochi giovani e nel paese siano presenti molte persone anziane che ormai non occupano alcun posto di lavoro, il lavoro non basta per tutti e quindi tantissime persone sono costrette, per guadagnare uno stipendio fisso, ad emigrare lontano dal comune, sintomo sufficientemente chiaro dell’estrema debolezza della struttura produttiva presente e del sottosviluppo. Quindi a Escolca è molto diffusa l’emigrazione e assai scarsa l’immigrazione. Gli escolchesi che si spostano generalmente per motivi di lavoro, si dirigono soprattutto nell’Italia settentrionale (Milano, Torino) e qualcuno a Roma. Gli immigrati sono quasi esclusivamente persone anziane che, dopo tanti anni tornano al paese d’origine che abbandonarono durante la giovinezza, anch’essi per motivi di lavoro. I giovani sono padri, in quanto il paese ha poche attrattive e offre soltanto la tranquillità ai suoi abitanti, infatti tutti vanno d’accordo fra di loro. Come è possibile dedurre perciò l’economia degli escolchesi (ISCROCCHESUS) è prevalentemente agricola e pastorale ed è praticata solo da persone di una certa età, in quanto i giovani preferiscono dedicarsi ad altri lavori, come il muratore; l’unica alternativa per poter fare qualcosa di diverso è emigrare, oppure dedicarsi agli studi e anche per questo sorgono problemi dovuti alla pendolarità per chi studia all’Istituto Tecnico Commerciale per Geometri, al Liceo Scientifico e all’A.N.A.P. a Isili o il trasferimento a Cagliari per chi vuole proseguire gli studi universitari o praticare altri corsi.

Questo spiega il motivo per cui Escolca veda diminuire notevolmente la sua popolazione nel giro di pochi anni, basti pensare che nel 1961 contava 1004 abitanti, nel 1971 ne contava 814 ed ora ne conta solamente 743. Il problema della scarsità demografica del paese è uno dei problemi che affliggono i piccoli centri, in quanto non offrono scelte ai giovani in cerca della prima occupazione.

L’ISTRUZIONE

La popolazione in età scolare inferiore ai 14 anni, cioè quella che va dalla scuola materna alla scuola media è di circa 72 alunni, di cui 22 bambini alla scuola materna 25 alla scuola elementare e 25 alle scuole medie che frequentano a Gergei.

La scuola materna è stata costruita nel 1955 e dopo un paio di anni di efficiente funzionamento, venne lasciato dalle suore e nel 1977 venne chiuso. E’ rimasto quindi un bel po’ di tempo in rovina in quanto il comune non ha potuto far niente per la ristrutturazione, non essendone proprietario, Solo nel 1987 col fallimento dell’ESMAS ( l’ente proprietario dell’asilo) il comune ne ha acquisito la proprietà mettendo in atto l’opera di ristrutturazione. Dal 1977 al 1980 Escolca è stata sprovvista di scuola materna e i pochi bambini frequentavano quella di Gergei; attualmente l’asilo ristrutturato è in funzione, non più gestito dalle suore ma ora è una scuola statale.

La scuola elementare, costruita nel 1960 è una delle costruzioni più moderne e attrezzate del circondario. Per un periodo, verso il 1988 le lezioni si svolgevano nella casa parrocchiale, in quanto alcuni approfonditi controlli effettuati sul terreno delle fondamenta della scuola, hanno confermato la poca stabilità che ha creato crepe sui muri dell’edificio, per cui si è ritenuto opportuno per l’incolumità dei frequentanti la sua chiusura. La ristrutturazione del 1987 venne effettuata con l’immissione di micropali in cemento armato. Attualmente la sopravvivenza della scuola è incerta in quanto lo Stato sta cercando di ridurre le spese e la scuola di Escolca, essendo composta da pochi bambini, è a rischio.

Le scuole medie sono state costruite nel 1940 come scuole elementari, esse sono state aperte molto tardi verso il1977 sino ad allora i ragazzi frequentavano la scuola media di Gergei. Le scuole medie sono rimaste ad Escolca fino al 2000 ed attualmente i 25 ragazzi di Escolca frequentano le scuole medie di Gergei.

STRUTTURE OFFERTE DAL COMUNE

Il Comune, anche se piccolo offre numerose strutture. Infatti da poco sono stati costruiti un campetto polivalente e spogliatoi, costruiti grazie ai soldi della Regione per un totale di 250 milioni.

Grazie a queste strutture si è costituita una società polisportiva a cui hanno aderito molti cittadini.

La biblioteca, inaugurata nel 1991, anche se è costituita da piccoli locali non molto ampi, ha una dotazione libraria discreta, con più di 3000 volumi, fornita inoltre di materiale audiovisivo che è possibile consultare grazie alla televisione, i videoregistratori e la cinepresa, di cui la biblioteca è fornita.

Ci sono anche strutture per gli anziani: un centro di aggregazione sociale per gli anziani, dove essi giocano a carte, a dama ecc.- Inoltre c’è un centro sociale che viene utilizzato per rappresentazioni varie. Oltre a questo il comune di Escolca ha acquistato una vecchia casa contadina che verrà adibita a museo, i lavori di ristrutturazione sono stati completati.

L'ARCHEOLOGIA

Escolca non possiede un grande patrimonio archeologico; infatti gli unici resti archeologici sono i nuraghi che si contano numerosi. I nuraghi sono tutti o quasi in cattivo stato di conservazione, degni di nota sono il nuraghe " MOGURUS " situato a nord del paese, alle pendici della giara di Serri e il " NURAXI MANNU " situato nel territorio di San Simone detto comunemente "NURAXI" proprio per il gran numero di questi monumenti presenti nella zona.

USI E COSTUMI

il costume tradizionale

Escolca non ha un vero e proprio costume, o meglio anticamente ce l’aveva, ma oggi non è rimasto un granché. Si sa dagli anziani e dai disegni rinvenuti che il costume femminile per i giorni festivi era composto da:

il copricapo (SU SCIALLU), costituito da uno scialle in "tibet", una stoffa pregiata d’importazione, con i bordi sfrangiati, decorato con motivi floreali in seta policroma;

la camicia (SA CAMISA), di lino o di cotone, molto ampia e lunga con increspature al collo e chiusa con gemelli d’oro o d’argento ai polsi; la parte anteriore era sempre decorata con accurati ricami che dovevano rimanere sempre in vista;

il corpetto (SU COSSU) realizzato in broccato a fiorami dorati su sfondo rosso a struttura morbida e sostenuto da due spalline, con una scollatura molto ampia, passato sotto il seno e veniva allacciato con dei lacci;

il giubbetto (SU GIPPONI) si usava al posto del corpetto nei giorni feriali;

la gonna (SA GUNNEDDA), sempre lunga e ampia era confezionata con un tessuto chiamato "ABBORDAU", aveva delle pieghettature molto fitte le cui facce erano di due colori: solitamente rosse e blu o rosse e verdi;

il grembiule (SU GEVENTALI) si metteva sopra la gonna, ed era confezionato con la seta nera e riportava gli stessi motivi floreali e i colori del corpetto.

Il costume maschile festivo era costituito invece da:

il copricapo a sacco detto (SA BERRITTA), di panno o di orbace nero;

la camicia bianca sempre di lino o di cotone, talvolta ricamata e fornita di asole per i gemelli d’oro o d’argento;

il corpetto, di panno o di velluto con chiusura a doppio petto sul davanti;

I calzoni bianchi (CRAZZONIS), erano molto ampi, di lino o di cotone e di lunghezza variabile;

Il gonnellino nero (CRAZZONIS DE ARRODA) di orbace o di panno nero e si mettevano sopra i calzoni bianchi;

La giacca (SA GIACCHETTA) sempre in orbace nero e con i bordi interni di velluto.