L'aeroporto militare di Trunconi, meglio conosciuto
a Serramanna come "il Campo di Villacidro", ricadeva in buona parte
nel territorio del nostro comune. Noi l'abbiamo sempre chiamato semplicemente "Su Campu 'e Pranu".
Era nato pochi mesi prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, ed era il
più vasto ed uno dei più importanti della Sardegna. Occupava l'area
pianeggiante protetta dal monte Linas, aveva le dimensioni di km 1,7
x 1,7 ma disponeva attorno di grandi distese laterali utili per il parcheggio degli aerei. Le sua estensione
andava dai terreni in agro di Villacidro a quelli di Pimpisu e alla fattoria Del Re (in
Serramanna) sino a S'Acqua
Cotta (in Villasor). La grande pista per gli aerei fu ricavata eliminando la scarsa vegetazione esistente (soprattutto
qualche siepe) ed il ciottolame, colmando i fossi di delimitazione dei terreni e le altre
depressioni e
spianando i piccoli rilievi. Il fondo naturale, creava non pochi problemi soprattutto nella
fase di decollo dei velivoli, per l'abbondanza, a seconda delle stagioni, di polvere o di fango.
A Pimpisu
aveva la sua sede il comando della Brigata e vi erano gli
alloggi degli ufficiali. La cantoniera de s'Acqua Cotta ospitava
invece il
comando dello stormo che ha operato in su Planu sino alla fine degli anni
40.
Nel 1941 arrivavano i primi consistenti gruppi di aerei tedeschi che, di base a
Comiso, atterravano al campo per rifornirsi di carburante e bombe e ripartivano per le incursioni sui convogli
inglesi che da Gibilterra si dirigevano a Malta, isola a soli 90 km dalla
Sicilia,
dominio britannico dal 1800 al 1964 e di grande interesse strategico nella
seconda guerra mondiale. L'arrivo massiccio di aerei tedeschi nel 1943 aumentò l'importanza
del campo:
venne in quel periodo usato
intensamente dai reparti da bombardamento e dagli aerosiluranti. I militari si
installarono in numerosi fabbricati nell'abitato di
Villacidro; il comando tedesco venne invece
sistemato nella fattoria dei Del Re a Pimpisu. Nel campo d'aviazione e sulla strada per
San Gavino vennero sistemate le batterie contraeree, una a difesa dello
scalo dagli aerei provenienti dalla pianura, l'altra da quelli provenienti da
nord, a ridosso delle montagne che rendevano difficile l'individuazione della
base da
parte dei ricognitori.Per la grande attività e importanza, il campo attirò l'attenzione degli anglo-americani
che ne fecero un bersaglio da distruggere.
Le numerose incursioni aeree da parte degli inglesi avvenivano di preferenza di notte,
alla luce di potenti bengala che, quasi appesi al cielo ed in notevole numero, illuminavano a giorno non solo il campo ma tutta
la zona e gli abitati circostanti. Gli americani operavano di preferenza di giorno,
scaricando i loro ordigni da altissime quote. Dalla finestra della mia camera, aperta verso su planu
e con la visuale allora libera da costruzioni, seguivo con i
binocoli le incursioni e gli spezzonamenti sulla vasta distesa del campo che
appariva spesso coperta di polvere, di fumo e illuminata, di notte, dai bengala
degli incursori, dallo scoppio delle bombe e dal bagliore degli incendi.
Le incursioni erano continue , e qui ricorderò solo le più importanti
riportate nei miei appunti, e quelle documentate su alcune pubblicazioni (vedi
Bibliografia). Molte sono state per i serramannesi le notti passate in bianco al
precario riparo di qualche sottile soletta o di un sottoscala. Per fortuna il
nostro abitato non subì incursioni e danni anche se perse qualche operaio
che lavorava al campo.
Il primo attacco in forze fu quello del 17 febbraio 1943, in effetti fallito ma con
tragiche conseguenze, quando tre bombardieri di una squadriglia di 12
"fortezze volanti" americane, verso le ore 14, superate le cime del Linas
e convinti di essere arrivati al campo, si trovarono davanti la strada rettilinea di
Gonnosfanadiga costeggiata da case e, scambiatala forse per la pista,
sganciarono (qui e nel rio Piras, che gli scorre quasi parallelo) 580
piccole bombe a frammentazione (spezzoni). Provocarono una strage tra la popolazione civile, sia tra le persone che si
trovavano nella strada che tra le donne che, molte con i loro bambini, si
erano recate a lavare i panni nel fiume. Nel libro cronistorico della parrocchia,
tenuto dal parroco di Gonnosfanadiga
don Severino Tomasi, esiste una particolareggiata descrizione di quei tragici
fatti. Gli aerei proseguirono poi per l'aeroporto di Decimomannu dove conclusero
la loro missione. Quel pomeriggio andai in bicicletta a vedere un aereo caduto nelle
campagne piuttosto lontane tra Samassi e Serramanna: un ammasso informe di lamiere fumanti e
scoppiettanti, entro una voragine formatasi nell'impatto con il suolo. Il Bollettino di Guerra
dell'indomani dirà che "apparecchi americani hanno compiuto incursioni a (...)
Gonnosfanadiga, con 100 morti e 235 feriti; due apparecchi sono stati abbattuti
cadendo tra Samassi e Nuraminis; i membri dell' equipaggio, lanciatisi con il
paracadute, sono stati presi prigionieri"
Le due successive incursioni sono state quelle più gravi per la base. Il 31 marzo
1943 alle
ore 5,30, e nuovamente alle 14, gli americani tornarono alla carica
centrando l'obiettivo, che peraltro pare fosse mezzo vuoto per il
trasferimento degli aerei a causa dell'allagamento della pista in seguito alle piogge
dei giorni precedenti, causando 3 morti tra
i militari italiani ed 8 tra i tedeschi, oltre a qualche vittima tra i civili
che lavoravano nelle campagne circostanti. Un'altra terribile incursione c'è
stata il 27 aprile, con 16 morti e 56 feriti, fra i quali anche dei giovani
serramannesi che lavoravano nel campo. Ma le incursioni erano continue: il
19 maggio, per esempio, da Serramanna si sono viste cadere bombe e spezzoni
dalle 2,45 alle 4,20 del mattino, con spari d'artiglieria, raffiche di mitra ed
incendi che illuminavano il campo, e con una pioggia di manifestini invitanti alla
diserzione. Poi ancora, a mezzogiorno, la pista viene spezzonata per tutta la
sua lunghezza e, sopra la polvere, dominano due grossissimi incendi; due
nostri apparecchi sono caduti poco distanti da Serramanna, ed uno dei piloti,
salvatosi col paracadute, è stato portato al posto di medicazione perché
pieno di scottature in faccia e con ferite alle mani e ad una gamba; l'altro, il
sottotenente pilota Corrado Corradi, al suo primo volo di guerra, è finito
miseramente tra i resti dell'aereo.
Gli allarmi a Serramanna si sono diradati dopo il mese di maggio del 1943. Al campo
non c'èra più movimento di aerei e quelli avversari, quando si avvicinavano di
notte, accendevano solitamente un grande numero di bengala, come se cercassero
qualcosa;
ma non interveniva più neanche la contraerea e le bombe venivano talvolta scaricate
al di là delle colline verso Vallermosa.
Dopo l' 8 settembre 1943, con l'armistizio, i tedeschi abbandonarono
indisturbati il campo per raggiungere la Corsica passando da Palau. Prima di
andarsene distrussero le attrezzature militari, lasciano ingenti depositi di cibo e di
vestiario. Anche da Serramanna tante persone si recarono al campo con i carri
per fare razzia di quanto ancora vi si
trovava.
Il 10 novembre del '43 arrivano in Sardegna gli americani, che fanno del Planu una base di partenza per le loro incursioni sul continente
italiano, dove imperversa ancora la guerra. Procedono prima alla riparazione della pista, molto accidentata e con
autentici crateri da colmare. Quella di rimettere in sesto il campo sconvolto dalle loro stesse bombe, in una zona quasi desertica dove in
quei giorni pioveva
spesso, il fango inghiottiva tutto ed il vento spazzava via anche le tende,
sembrava una impresa immane. Per
l'impraticabilità della pista non c'èra la possibilità di far giungere i mezzi
adatti per rendere più semplici i lavori. Una volta risolti i problemi della
pista, gli americani
organizzano bene le loro
giornate, anche con intrattenimenti per il personale, tra un'incursione e l'altra
sulla parte d'Italia ancora occupata dai tedeschi. Si fermano in su Planu sino alla fine
dell'ottobre del 1944, quando il fronte italiano si era ormai allontanato, e si
trasferiscono in Corsica.
Dalle testimonianze contenute nel diario di un componente delle forze aeree americane,
giunto in Corsica da Villacidro, si ricavano degli apprezzamenti per noi non
molto lusinghieri: "...Qui non ci sono mendicanti e la gente è più
pulita, le case sono migliori e non ci sono ruberie. Si sta meglio che in
Sardegna".
A guerra
finita, sono state smantellate le opere militari e, di quella che è stata una grande
e importante base militare della seconda guerra mondiale, a noi vicina anche se
poco ricordata, sono ormai rimasti solo alcuni insignificanti ruderi che hanno resistito all' incuria ed al vandalismo. Sono la sola
piccolissima testimonianza rimastaci, di tanti duri e tragici avvenimenti che molti hanno
vissuto sulla loro pelle ma che in tanti hanno dimenticato.
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