FRANCO BERARDI (BIFO)
                                           "PREFAZIONE ALLA NUOVA EDIZIONE                          

                  1977:"L'ANNO DELLA PREMONIZIONE"        

 

 

 

Venti anni è il tempo in cui una nuova generazione si forma, ed una prospettiva culturale e storica esce definitivamente di scena, per diventare oggetto di indagine storica. È naturale che il movimento del '77 appaia oggi lontano con i suoi rituali felici e le sue forti emozioni di fraternità. Eppure le sue parole utopiche sono di un' attualità impressionante. Che volevano gli insorti di marzo? Gli insorti del marzo gridavano: è ora è ora lavora solo un'ora. Dicevano: lavorare meno lavorare tutti. Dicevano che l' intelligenza tecnico-scientifica, l' automazione, l' informatica, poco alla volta, rendono il lavoro superfluo, che la riduzione del tempo di lavoro può diventare libertà per tutti, e non miseria e disoccupazione per alcuni. Padroni e sindacalisti, e tutti i sacerdoti dell' etica del lavoro risposero: sabotatori dell'economia! vade retro satana! Difesero il lavoro come se fosse sacro. E così trasformarono la ricchezza in miseria, e la libertà la chiamarono disoccupazione. . Distrussero la composizione sociale della classe operaia, ed insieme distrussero un patrimonio culturale e politico che avrebbe forse saputo evitare il baratro nel quale le economie tardomoderne hanno trascinato le società del pianeta, da quando Thatcher e Reagan hanno scatenato l'offensiva del neoliberismo. Gli insorti del marzo dicevano che la tecnologia rende possibile una forma democratica ed orizzontale della comunicazione. Gridarono: abbasso le grandi concentrazioni di potere mediatico .Abbasso il monopolio di stato. Viva le mille antenne libere.Il monopolio di stato è caduto, ma è stato sostituito dal l'immenso potere del danaro e della pubblicità:i mezzi di comunicazione sono stati trasformati in macchine per la per la produzione di imbecillità di massa.  Ma la sperimentazione tecnologica continua a proliferare, oltre ogni gerarchia, oltre ogni controllo: Internet, la rete anarchica, connette ogni terminale intelligente ad ogni terminale intelligente senza passare per alcun centro senza subire alcuna censura. . Gli insorti di marzo dissero infine: l'unica comunità felice e giusta è la comunità nomadica e provvisoria di chi si desidera. Abbasso la comunità obbligatoria abbasso lo stato abbasso le nazioni abbasso la famiglia abbasso il popolo. .Purtroppo gli uomini hanno avuto paura di questa libertà, di questa felicità possibile di nomadi. Ed hanno reagito aggrappandosi con disperazione alle loro identità pericolose. Il mostro delle nazioni, delle etnie, delle tribù, delle famiglie ha ripreso il sopravvento, e la guerra è diventata linguaggio diffuso nelle relazioni tra gli uomini. Quel movimento non si propose alcuna vittoria politica, alcuna conquista di potere, alcuna mediazione istituzionale. Questo riuscì incomprensibile a tutti, alla sinistra storica in primo luogo. Ma i ribelli del '77 consegnarono un messaggio del quale forse soltanto oggi (o forse soltanto domani) si potrà cogliere il senso positivo. Il modo di produzione capitalistico ha inquinato come un virus l'intero corpo della socialità umana. Nell'epoca attuale questo virus raggiunge il cervello, la mente, il prodotto sociale della mente, il sapere. Il movimento del '77 fu l'improvviso risvegliarsi della sensibilità e dell'intelligenza contro il pericolo di questo inquinamento. Fu percezione disperata e lucida di un pericolo l' estremo, ma fu anche dichiarazione di una possibilità. Quel pericolo non è dissipato. Ma quella potenzialità forse rimane. Qualcuno, che ha la vista assai corta, ha proposto di considerare il 77 come il momento di svolta che mise in moto la crisi della prima repubblica democristiana, e quindi di considerarlo come l'antesignano della seconda repubblica. Nulla di più miope. Quel movimento guardava molto più in là. Non ci importava molto dell'indecenza morale del ceto politico, perché nessun ceto politico che accetti di rappresentare il tardo-capitalismo può essere degno. Il movimento del '77 era completamente indifferente ad ogni discorso sulla riforma istituzionale per la semplice ragione che considerava le istituzioni, complessivamente intese, come la rappresentazione un po' farsesca di un dramma vero che si svolge altrove. Ed il dramma vero è quello del continuo formicolare decompositivo e ricompositivo del ciclo sociale del lavoro, della comunicazione e della conoscenza. Nel settantasette qualcuno propose una rettifica essenziale della carta costituzionale. "ZUT" propose di modificare il primo articolo: la Repubblica italiana è una repubblica fondata sulla fine del lavoro. Se questa fosse la riforma istituzionale della quale si parla forse cominceremmo a parlare di cose intelligenti. Ma così non è. Le riforme istituzionali, il ricambio del personale politico, la formazione di una nuova classe dirigente mi facevano ridere allora mi fanno ridere oggi. Può servire il ventennale del '77 per celebrare il punto di germinazione del disincanto? Credo proprio di No. '77 vuoI dire agibilità erotica del territorio metropolitano. Vuol dire riduzione generale del tempo di lavoro salariato nel corso della vita. VuoI dire libera circolazione delle idee, delle tecnologie e delle sostanze psicoattive. Vuol dire comporsi e ricomporsi della comunità (o della singolarità) desiderante, libera circolazione del piacere e cura rispettosa della sofferenza.Vuol dire proliferazione di circuiti connettivi di comunicazione orrizontale.Vuol dire nomadismo virtuale e fisico,abolizione di ogni barriera nazionale al libero movimento degli uomini.        

 

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