Nota per i lettori
 
 

Oggi la città di Trapani è quella che è: un capoluogo di provincia accantonato, o quasi, nel bagliore a volte accecante di un Mediterraneo ventoso ed irrequieto.

La biblioteca, come tutte le cose in questo posto, è a pochi passi dal mare, appena alle spalle della Capitaneria di Porto. Eí organizzata in maniera a dir poco antiquata ed ha uníaria díaltri tempi che a volte fa venire soggezione solo ad entrarci. Una cosa, assieme alla felpata lentezza del personale, è notevole nella sala di lettura della Biblioteca Fardelliana di Trapani: la luce. Eí una luce forte, si direbbe perfino salina per líintensità con cui talvolta pervade tavoli e scaffali.

Naturalmente, come in qualsiasi biblioteca che si rispetti, non mancano numerosi libri e manoscritti rari, certamente introvabili altrove. Dimenticate, però, di poter fare una ricerca soddisfacente dei testi: microfilm o elaboratori elettronici sono assenti. La biblioteca di Trapani, per la modernità dei mezzi di consultazione, è più Alessandria díEgitto prima dellíincendio che le moderne, sensate e godibili biblioteche di Birmingham, Rovereto o del vicino centro rurale di Paceco.

Tornando ai testi rari, a ben pensarci non tutti i libri stampati in città dalla metà del 1600, da quando sorse la neonata stamperia comunale, sono ben rappresentati nella Biblioteca Fardelliana. Manca, ad esempio, la "Relazione della morte di Diego Martinez", stampata da un certo Sani nel 1785.

Di Diego aveva scritto, qualche decennio dopo, Giuseppe Di Ferro, un ufficiale di fanteria autore della prima guida turistica di Trapani e della "Biografia degli Uomini Illustri Trapanesi". In quest' ultimo lavoro líautore sembrava non aver fatto altro che elencare una stucchevole sequela di suore, abati e religiosi di piccolo e medio cabotaggio; di converso, in una città nata e cresciuta a mollo nellíacqua salata, a naviganti e pescatori il nostro biografo non aveva dedicato che poche pagine distratte.

A scorrere lo scritto si intuiva che solo grazie alla sua fede un poí bigotta e alquanto misogina del Di Ferro il lettore poteva trovare traccia della vita di Diego Martinez, associato ai suoi più nobili e conosciuti concittadini con la curiosa quanto enigmatica qualifica di virtuoso, aggettivo che in questo caso nulla aveva a che vedere con i cantanti d'opera o i violinisti, ai quali di solito volentieri si accompagna.

Per Diego Martinez líessere degno di imperitura memoria, avevano scoperto i rari lettori del colonnello Di Ferro, dipendeva dallíaver detto di no ad una donna che si era invaghito di lui durante la cattività a Tunisi, e di aver pagato con la vita quella sua neghittosa presa di posizione.

La cosa poteva finire lì, se alcuni testi custoditi nella generosa biblioteca del Museo Nazionale Marittimo di Greenwich non avessero suggerito di riscrivere líinsolita vicenda terrena di Diego Martinez in maniera forse più aderente alla realtà. Questo verificando e spesso felicemente ignorando le notizie arrivate ai giorni nostri attraverso le parole del Di Ferro, già riportate in corsivo allíinizio dei capitoli di questa storia, basata su uníantica quanto disumana usanza di mare.

Antonino Rallo

rallo@iol.it
Vicenza, novembre 1999
 

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