Desidero rispondere alla lettera apparsa su
"Il Giornale della Musica" nel numero di Dicembre 2000: "Falsettisti? Sopranisti? Controtenori?" di pag. 12, il quale a pubblicato, a mia insaputa (non mi hanno chiesto l'autorizzazione), un mio e-mail personale indirizzato a Marco Beghelli che rispondeva a un suo articolo "Falsettisti", apparso nella pagina "Andar per siti" e che qui di seguito potrete leggere, insieme ad altri e-mail che poi sono seguiti.

 

FALSETTISTI

 

Chiamateli controtenori, sopranisti, contraltisti, o più semplicemente falsettisti: presunti eredi degli antichi castrati, sono fra i più tangibili esempi del postmoderno musicale, figli di quell'androginia oggidì straripante in ogni campo. Non potevano mancarne i cultori nella grande Rete. Accanto alle pagine pubblicitarie create attorno a questo o a quel nome (tutti di secondo piano), e a quelle maniacali che ricalcano le preferenze artistiche dei loro singoli autori, si segnalano due siti, entrambi emanazione di semplici appassionati, ma ricchi di notizie per chi ne fosse in cerca.
Il primo, a firma di Eric Betthauser (www.medieval.org/emfaq/performers/countertenors.html), esibisce un ampio numero di nomi e relative biografie artistiche, che ci offre un'immagine del fenomeno superiore ad ogni aspettativa (per l'Italia, Marco Lazzara e Angelo Manzotti).
Il secondo (www.mpae.gwdg.de/~kopp/disc), creato da Andreas Kopp come discografia specializzata nel settore, si è ampliata negli anni con una serie di repertori di un qualche interesse: un catalogo delle più celebrate arie per castrato, lo spoglio delle opere di Haendel con riferimento ai primi interpreti ed una ricchissima bibliografia sull'argomento, a cura di Dorothee Kugler.


Marco Beghelli

 

(Il mio primo e-mail)

 

Egregio Signor Beghelli,

desidero scriverle questo messaggio perché ho provato fastidio nel leggere quelle poche righe che lei evidenzia sul sito de' Il Giornale della Musica col titolo "Falsettisti". Mi sento offeso in primis come sopranista dalla superficialità del suo articolo e che esprime così: "Chiamateli controtenori, sopranisti, contraltisti, o più semplicemente falsettisti:presunti eredi degli antichi castrati, sono fra i più tangibili esempi del postmoderno musicale, figli di quell'androginia oggidì straripante in ogni campo […]". Presunti eredi di che…personalmente nei miei concerti non vado a sbandierare alcun confronto o similitudini di alcun genere, figuriamoci poi col castrato. E chi lo vuole emulare. Ma cosa le suggerisce la sua cultura musicale, ammesso che ce l'abbia, quando confonde anche le varie tipologie vocali dei moderni sopranisti, controtenori e via dicendo senza fare alcuna differenza di tecnica e di repertorio...Non confonderei mai il soprano col contralto o col tenore, le pare? Non sono un androgino (a meno che lei non voglia intendere omosessuale) e prendo molto seriamente la mia professione, che mi dà da vivere. Mi stupisce che un mensile così autorevole com'è appunto Il Giornale della Musica, possa avere fra i suoi collaboratori individui che spacciano informazioni di scarso valore e contenuto culturale. Ma che razza di divulgazione, di informazione della Musica è, quella che lei ha offerto nel suo articolo? Avrebbe fatto molta più bella figura se si fosse limitato ad annunciare solamente i due siti web che indirizzano al mondo del moderni 'cantori'.

Simone Bartolini

 

 

Gentile Sig. Bartolini,

lei colpisce davvero nel segno quando mette in dubbio la mia cultura musicale: a chi mi chiede perché il medesimo cantante venga chiamato da taluno "contraltista", da talatro "falsettista", ovvero perché il medesimo ruolo - poniamo - di un'opera di Händel venga etichettato "da sopranista" su dischi di produzione italiana, o "da controtenore" su quelli inglesi, non so infatti cosa rispondere, se non prendere atto che esistono oggi abitudini linguistiche differenziate a livello geografico, che usano disinvoltamente etichette le cui radici storiche non sono al contrario altrettanto simili. E' un po' quello che avviene nel caso di una certa tipologia tenorile, di volta in volta etichettata "tenore leggero" o "contraltino" o "mezzo carattere" secondo l'uso invalso nel singolo parlante, intendendo però un oggetto vocale sostanzialmente simile, se non identico. Da mettere in serio dubbio c'è allora anche la mia abilità linguistica: se invece di cominciare con la frase "Chiamateli controtenori, sopranisti, contraltisti, o più semplicemente falsettisti", che l'ha infastidita, avessi esordito con "C'è chi li chiama controtenori, chi sopranisti, chi contraltisti e chi più genericamente falsettisti", forse il fraintendimento non sarebbe nato. La sede non era comunque quella deputata a dipanare un'intricata matassa linguistica (né sarei sicuro di essere in grado di dipanarla in tutti i suoi nodi), ma solo a prendere atto di una pluralità lessicale oggi in uso per informare il lettore della presenza in rete di due siti nei quali - questo almeno me lo consentirà - vengono presi indistintamente in considerazione controtenori, sopranisti, contraltisti, falsettisti, ovvero genericamente "male sopranos", come lì si legge, anche se ben pochi dei cantanti elencati in quelle sedi possono davvero vantare un'estensione o un timbro che oggi diremmo "sopranili". Ma perché scandalizzarsi: anche "male soprano" è né più né meno che un'etichetta, diffusa fra i parlanti di lingua inglese, e come tale da accettare quale dato di fatto!. Sarebbe come scandalizzarsi perché, invece di "automobile", c'è chi dice "macchina" (termine sin troppo generico) oppure "auto" (termine, in sé, assolutamente privo di senso logico compiuto). Quanto alla seconda proposizione che la infastidisce ("presunti eredi degli antichi castrati"), ancora una volta mi pare che non faccia nulla se non registrare un'opinione correntemente diffusa: che non si tratti di "eredità diretta", lei stesso me lo conferma; che tuttavia si possa parlare di una sorta di "ascendenza elettiva", credo che siano gli stessi esponenti della categoria a volercelo confermare, nel momento stesso in cui una buona fetta del repertorio che amano proporci è il medesimo affrontato dagli antichi castrati (Händel e Vivaldi piuttosto che Verdi e Strauss; e non mi dica che è solo una questione di filologia: gli uomini non-castrati non hanno mai cantato le parti sopranili né di Händel né di Verdi; al contrario, di parti "en travesti" disponibili per i moderni sopranisti ve ne sarebbero a iosa per tutto l'Otto e il Novecento, e non solo nel Sei e Settecento). Circa l'androginia, invece, mi permetto di "bacchettarla" io: non me la confonda, la prego, con l'omosessualità, da considerarsi eventualmente come una frangia secondaria, per quanto rilevante, dell'androginia. La quale è piuttosto un fatto estetico-culturale (quando Nattiez scrive il libro "Wagner l'androgino" non credo proprio intenda bollarlo di omosessualità!). L'androginia consiste nella esternazione del duplice carattere maschile-femminile che è in ognuno di noi, senza fare necessariamente prevalere l'uno o l'altro, ma anzi tendendo a confonderne i tratti distintivi, ad annullarne le differenze. Nel campo della moda, ad esempio, si assiste ad una progressiva uniformazione del look personale: appena cinquant'anni fa, elementi quali la gonna, i capelli lunghi, gli orecchini erano prerogativa femminile, e i giubbotti di pelle nera e gli scarponi anfibi, invece, tipicamente maschili; oggi non più così: anche la donna fa il poliziotto, anche l'uomo si depila. Tutto ciò viene chiamato dai sociologi (non da me!) col termine di "androginia" (che non contiene alcun giudizio di valore negativo), e viene indicato come uno dei caratteri più evidenti di questo scorcio di millennio, denominato dagli storici (non da me!) col termine di "postmoderno" (che non contiene alcun giudizio di valore negativo). E che il fenomeno dei "male sopranos" si stia sviluppando particolarmente in questa epoca che chiamiamo "postmoderno", credo sia realtà incontrovertibile.

A sua disposizione per ulteriori chiarimenti

Marco Beghelli

 

(Il mio secondo e-mail)

 

Gentile Signor Beghelli,

desidero rispondere alla sua lunghissima e dotta elucubrazione e cercherò di farlo con poche parole. La differenza della tipologia vocale dei registri qui di seguito indicati come 'sopranista', 'contraltista', e 'falsettista' consiste in questo: "Nel canto la voce è definita dal timbro, dal volume, dall'estensione e dalla flessibilità. Il timbro è l'elemento che esprime la fisionomia d'un suono e che distingue una voce (o uno strumento) dalle altre voci (o dagli altri strumenti). Nelle voci il timbro è la risultante delle caratteristiche fisiche degli organi che partecipano alla fonazione. Su di esso influiscono moltissimi fattori, dalla struttura ossea e dalla conformazione del viso alla dentatura. Questo per non parlare degli organi ancor più direttamente coinvolti nella produzione del suono. Ma un elemento fondamentale, nella formazione di un timbro, è anche la tecnica di fonazione. La ricchezza di un timbro dipende anche dai toni armonici. Infatti, a seconda di una maggiore o minore numero di armonici, si avrà un timbro più o meno ricco. Così qualsiasi nota avrà risonanze in tutte le cavità che funzionano da cassa di amplificazione, grazie a questi suoni armonici. Ma c'è da tenere presente, che la ricchezza timbrica dipenderà anche dal modo con il quale il cantante utilizzerà le casse di risonanza. E qui entra in gioco la tecnica vocale, il cui scopo è appunto quello di assicurare ad ogni suono il migliore sfruttamento degli apparati di amplificazione" (R.Celletti, Il Canto). Il 'sopranista naturale', la voce più acuta del soprano - uomo, è in grado di sostenere il registro del soprano - donna. Per convenzione non si usa classificare la voce di sopranista, ma anche qui il colore del timbro può variare dallo scuro al chiaro, più drammatico o più elegiaco, a seconda del colore naturale del registro medio e dello studio che si è fatto su questo registro. Non bisogna confondere il s. naturale col falsettista, dove la risonanza dei suoni, di quest'ultimo, si avrà solo nel seno frontale e sfenoidale, mentre la risonanza dei suoni del s. naturale si avranno nel petto, per le note gravi, nella maschera per quelle centrali (o miste) e nella testa per quelle acute. Con il registro diverso, lo stesso discorso vale per il 'contraltista naturale', il quale a sua volta è in grado di coprire il registro del contralto - donna. Il falsetto può essere rinforzato col risultato di una voce detta 'falsettone'. Un artista che canta in falsettone è Christofellis. Il Contratenor è una particolare voce nella chiave di tenore (tenore contraltista), in posizione centrale tra tenor e discantus (discanto) con un timbro molto mascolino e voglio ricordare René Jacobs. La differenza tra i Maestri compositori del Sei- Settecento e quelli dell'Ottocento soprattutto e quelli del Novecento, sta nel fatto che mentre i primi scrissero intere pagine di letteratura musicale pensate, anche "en travesti", esclusivamente per il castrato, i compositori come Verdi per esempio (Oscar ne' Un ballo in maschera) pensava alla donna. Rossini è un tipico esempio di un compositore che ribaltò completamente il costume sulla scena teatrale (Tancredi). Anch'io sono dell'idea che il fenomeno che si vuole identificare come "male sopranos" si stia sviluppando particolarmente in questa epoca che chiamiamo "postmoderno", e credo sia una realtà incontrovertibile, ma confondere il sole con la luna, mi pare un tantino troppo. Tutto il resto sono parole…parole…parole!!!

A sua disposizione per ulteriori chiarimenti

Simone Bartolini

 

 

Egregio Maestro,

parto - e spero per l'ultima volta - dalla sua metafora finale: chiamiamo pur "sole" i fenomeni a livello laringeo, dove il suono si produce, e "luna" i fenomeni faringei, dove il suono si conforma alle cavità di risonanza in cui viene convogliato. Ebbene, dopo aver letto con attenzione la sua cortese spiegazione, le chiedo di spiegarmi con altrettanta cortesia cosa avviene di diverso a livello del "sole", a livello della laringe, cioè, fra un sopranista, un contraltista, un controtenore e un falsettista. A livello fisiologico, adottano tutti il meccanismo produttivo gergalmente chiamato "falsetto"? (per intenderci, quello che i foniatri denominano "light mechanism", o "soft mechanism", caratterizzato da rilassatezza del muscolo tiroaritenoideo in fase di emissione vocale e conseguente allungamento delle corde vocali, al mutare dell'altezza tonale, per opera dei muscoli laringei estrinseci che innalzano la laringe) Oppure una o più delle suddette categorie fa uso di quella che viene gergalmente detta "voce piena"? (per intenderci, qualla che i foniatri individuano come prodotta da un meccanismo laringeo denominato "heavy", o meglio "modal mechanism", vale a dire un meccanismo fonatorio in cui la differente altezza delle note viene regolato dalla variabile lunghezza del muscolo tiroaritenoideo). Se mi conferma questa seconda ipotesi, verificabile spettrograficamente per la presenza di formanti armoniche fino ad almeno 4000 hertz, allora non posso che darle ragione sul fatto che ho confuso il sole con la luna; se invece - come credo - sia Jacobs (controtenore) sia Christofellis sia Bartolini (sopranisti) fanno uso del "light mechanism", verificabile spettrograficamente per l'assenza di formanti armoniche superiori ai 2000 hertz, allora mi pare di non sbagliare quando chiamo tutto genericamente "falsettisti", in quanto la foniatria m'insegna che fanno tutti e tre uso del meccanismo fonatorio gergalmente denominato "falsetto". Restanto sempre sul sole e sulla luna, e continuando a chiamare "sole" i fenomeni laringei, "luna" invece le parti vocali della polifonia storica, non riesco a comprendere la sua definizione di contratenor sulla base di una chiave impiegata per scriverne la parte specifica e sulla base di una posizione intermedia fra due ulteriori parti polifoniche (tenor e discantus) che - lei mi insegna - fra Quattro e Cinquecento (cioè nei secoli in cui tali termini sono in uso) sono soggetti ad una varietà d'estensione al di fuori di ogni schematismo: "cantare il tenor" in quelle composizioni polifoniche non significa necessariamente "essere un tenore", così come oggi intendiamo quel termine; allo stesso modo, "cantare il contratenor" non significa necessariamente "essere un controtenore", così come oggi intendiamo quel termine. Né l'uso di una particolare chiave è più di tanto significativa (da Mozart a Rossini, le parti di contralto sono tutte scritte in chiave di soprano). E allora, cosa significa la sua frase: "Il Contratenor è una particolare voce nella chiave di tenore (tenore contraltista), in posizione centrale tra tenor e discantus (discanto) con un timbro molto mascolino e voglio ricordare René Jacobs"? Il controtenore Jacobs è l'esponente della tipologia vocale controtenore (caratterizzata da un'emissione in "light mechanism" ecc. ecc.) non una parte polifonica in chiave di tenore (caratterizzata da una posizione intermedia fra tenor e discantus ecc. ecc.).! Concludo con un'ultima osservazione su una sua frase sacrosanta: "La differenza tra i Maestri compositori del Sei- Settecento e quelli dell'Ottocento soprattutto e quelli del Novecento, sta nel fatto che mentre i primi scrissero intere pagine di letteratura musicale pensate, anche "en travesti", esclusivamente per il castrato, i compositori come Verdi per esempio (Oscar ne' Un ballo in maschera) pensava alla donna. Rossini è un tipico esempio di un compositore che ribaltò completamente il costume sulla scena teatrale (Tancredi)." Nulla da eccepire: la conclusione è dunque che né Händel né Verdi hanno scritto parti per "male sopranos"; quando Händel non aveva a disposizione il castrato, le relative parti passavano a una donna o a un tenore (vedi quale esempio emblematico i casts delle recite londinesi di "Rinaldo", dal 1711 al 1731). Orbene, mi accetta l'espressione da lei contestata, secono cui i moderni falsettisti sono gli eredi dei castrati (e allora ben vengano le vostre interpretazioni del repertorio barocco, mozartiano, rossiniano e oltre), oppure mi limita automaticamente il repertorio "lecito" da Britten in poi. La saluto come una luna oscura che attende di essere illuminata da un raggio di sole sulla questione iniziale, che più mi interessa: qual è a suo dire la differenza a livello laringeo (non faringeo!), cioè a livello del meccanismo produttivo della voce, fra un sopranista, un contraltista, un controtenore e un falsettista? Tutto il resto, come lei m'insegna, sono solo parole... parole... parole!!!

Marco Beghelli

 

(Il mio terzo e ultimo e-mail)

 

Gent.le Signor Beghelli,

come fossi un "raggio di sole" cercherò di illuminarla. Sono d’accordo con lei quando dice: " A livello fisiologico, adottano tutti il meccanismo produttivo gergalmente chiamato "falsetto"? (per intenderci, quello che i foniatri denominano "light mechanism", o "soft mechanism", caratterizzato da rilassatezza del muscolo tiroaritenoideo in fase di emissione vocale e conseguente allungamento delle corde vocali, al mutare dell'altezza tonale, per opera dei muscoli laringei estrinseci che innalzano la laringe)…" Ma questo vale, da un mio punto di vista, per i falsettisti che usano solo ed esclusivamente il registro di testa, ecco perché 'falsettisti'. Ma ci sono casi in cui il sopranista e soprattutto il contraltista, ha il dono della "voce piena" ("modal mechanism"), ecco perché sopranisti o contraltisti 'naturali', come mi piace chiamarli. Ma qui entra in gioco anche la tecnica e l'uso che si fa di essa. Io canto a 'voce piena' e la mia voce è una voce che "corre", morbida, rotonda e omogenea. A differenza del falsettista, la cui voce molto spesso è sgraziata, stridula, rigida, dura e quello che più conta nel belcanto, manca di omogeneità nei registri. Quello che io ho voluto mettere in discussione grazie al suo articolo "Falsettisti", è la maniera con la quale lei ha presentato le tipologie vocali dei moderni "cantori", senza preoccuparsi minimamente di sottolineare la differenza di colore del timbro e di estensione della voce, ecc., che esiste e che varia caso per caso a seconda delle caratteristiche fisiche non solo della laringe ma anche della cavità bucco - faringea di ogni singolo individuo. E che lei invece ha di proposito voluto superficialmente evitare - non mi spiego il motivo, visto il pressapochismo che c'è guardandosi intorno -, catalogando in un unico genere, "falsettisti" per l'appunto, le voci in questione non evidenziando le giuste e opportune differenze quali, mi ripeto, il colore del timbro, estensione, flessibilità e tecnica, differenze che troviamo anche nelle varie tipologie della voce a nostra conoscenza. Molto possono fare più delle parole alcuni esempi che vorrei suggerirle invitandola ad ascoltare le voci in CD di Derek Lee Ragin, Marco Lazzara, James Bowman (contraltisti naturali); Andreas Scholl (controtenore); Angelo Manzotti (falsettista); Aris Chstofellis (usa il falsettone) e perché no, Simone Bartolini (sopranista naturale). Noi moderni 'cantori' siamo eredi si, non dei castrati, appartenenti a quell'unico e irripetibile periodo storico che è il Barocco, bensì della letteratura musicale barocca che è arrivata fino a noi. E che quindi come lei mi insegna, legittima il nostro ruolo in un specifico repertorio come quello barocco appunto, invece che in Traviata di Verdi, o nella Lucia di Lammermoor di Donizetti.
Haendel, come altri illustri Maestri del suo tempo, scrissero pagine di musica specificatamente per Senesino, Farinelli, Cafarelli, ecc. e quando accadeva che il protagonista castrato era nell'impossibilità di adempiere al suo dovere, era chiamata a sostituirlo la donna, come lei sottolinea. Ma la differenza tra Haendel e Verdi e il loro momento storico, sta anche nella diversa cultura sociale, politica, religiosa e di costume dei due protagonisti, che ha rivoluzionato un modo di percepire la realtà che noi postmoderni possiamo solo aver letto e studiato sui banchi di scuola. Prenda come esempio Il Crociato in Egitto di Meyerbeer, il cui protagonista era il castrato Velluti: nel 1828 il compositore lontano dal comportarsi come avrebbe fatto Haendel e i suoi contemporanei, non volle utilizzare Velluti come un "dio" del canto, bensì come un originale "fenomeno" che avrebbe permesso un approccio diverso all'opera; tentava in quell'occasione, questo è un colmo, un'esperienza vocale che sapeva senza futuro. Approccio che oggi è più giustificato e legittimo nei compositori moderni, rispetto ad allora. Anche Rossini non volle più lasciare l'improvvisazione al cantante. La storia musicale è in continua evoluzione.
Infine sono d'accordo con lei quando dice: "Il controtenore Jacobs è l'esponente della tipologia vocale controtenore (caratterizzata da un'emissione in "light mechanism" ecc. ecc.)", ma sono dell'idea che la sua posizione vada collocata in quella che nel senso moderno identifichiamo come 'tenore contraltista'.

Simone Bartolini

 

La lettera pubblicata su "Il Giornale della Musica" del Beghelli, conclude con un insulto: "villano". Quello che segue è l'e-mail che ho indirizzato al Direttore del mensile Enzo Peruccio, il giorno 22 dicembre 2000.

 

Egr. Direttore Enzo Peruccio,

solo in data odierna ho constatato la pubblicazione del mio e-mail personale, che avevo indirizzato esclusivamente alla persona del Signor Beghelli, nel numero di Dicembre c.a., e senza mia diretta autorizzazione (non mi è stata chiesta e non l'ho espressa), è stato pubblicato...se fosse stato di mia conoscenza l'indirizzo e-mail personale del Beghelli, è ovvio che mi sarei rivolto direttamente alla Persona, ma voi al momento eravate l'unico tramite.

Detto questo, mi sorprende la disonestà intellettuale, che non paga, quando la lettera, che segue la mia, del Beghelli, conclude definendomi "villano". Soprattutto quando sembra non esserci per il sottoscritto possibilità di riscatto.

Volevo farle presente che al mio primo e-mail ne sono seguiti due del Beghelli ai quali ho sempre risposto (privatamente, che non sono stati pubblicati sul vostro mensile) che potrete leggere sul mio sito internet in Programmi-falsettisti? e che mai in privato il Beghelli, si è rivolto a me col termine di "villano". Avrei subito troncato la corrispondenza. Perché allora farlo pubblicamente? Mi rendo conto di essere stato un po' crudo con le parole rivolte al Beghelli, ma il tono sarebbe stato diverso se solo avessi immaginato che ne sarebbe seguita una pubblicazione.
Tuttavia mi sento davvero onorato di tanta importanza.

Distinti saluti.

Simone Bartolini

 

Amici lettori, tante parole per sottolineare che cosa!? Secondo me oggi c'è poca sensibilità e scarsa conoscenza (da parte di alcuni addetti al lavoro) della natura stessa di una vocalità particolare come quella dei moderni "cantori". E' una battaglia già persa a priori, fintanto che un autorevole studioso, non si metta sapientemente e con onestà intelettuale a valorizzare la giusta essenza della nostra voce.

Se volete regalarmi una Vostra opinione, scrivetemi.

 

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