L’Abbazia di Cabuabbas, o di Santa Maria di Corte, è senza dubbio una delle testimonianze più antiche dell'architettura cistercense in Italia e in Europa, essendo stata fondata quando ancora era in vita San Bernardo di Chiaravalle. E' per la precisione la 59a ed ultima abbazia di sicura diretta fondazione da parte del santo, molto simile stilisticamente e per il suo impianto all'Abbazia di Fontenay, che si ritiene il più antico planimetrico cistercense esistente. Il suo stile è romanico- borgognone (non sono esclusi tuttavia caratteri protogotici): ciò testimonia che alla sua costruzione hanno preso parte maestranze francesi. Ma gli elementi che in tutta Europa accomunano le abbazie cistercensi, non sono tanto nei caratteri borgognoni, quanto nella concezione dello spazio, nella ricerca di armonizzazione di rigore geometrico e nudità, "quasi l'architettura imprimesse al paesaggio un proprio ritmo, e ne esprimesse in qualche modo un implicito ordine logico". Infatti, come l'Aubert afferma, che non è difficile riconoscere le rovine di una abbazia cistercense per l' "imperiosa evidenza intima che lega tra loro pianta, disegno spaziale e alzato dell'edificio". L'Abbazia di Corte, coerente con le indicazioni stilistiche di San Bernardo, (in polemica con l'Abate Suger di Saint Denis, promotore dell'ornatissimo gotico dell'Île de France), si doveva presentare quindi come un complesso architettonico fondato su armonia e bellezza razionale con l'esclusione di ornamenti e con la propensione per la pura volumetria. Rimangono oggi purtroppo poche tracce di ciò che in origine doveva costituire l'imponente complesso architettonico di Cabuabbas. Le testimonianze più evidenti risiedono nell'alzato della chiesa, mentre molto poco si può vedere del chiostro e dei locali su di esso prospettanti, sia per la mancanza di strutture in elevato che per la situazione del terreno. Durante alcuni lavori eseguiti nel 1964 per conto della Regione Sarda si provvide a recintare l'area di pertinenza del complesso (per la verità molto ridotta, rispetto alle reali dimensioni dell'area di interesse) con lo scopo di favorire lo smaltimento delle acque. Questi scavi, eseguiti senza nessun rigore scientifico, hanno penalizzato le strutture del monastero, mentre hanno di sicuro avvantaggiato le fondamenta della chiesa, che sono state riportate alla luce e bonificate con l'allontanamento e canalizzazione delle acque. Di conseguenza, sono andate perdute possibili testimonianze, dati e reperti, che avrebbe potuto fornire un approfondito esame archeologico e analitico presso le strutture tuttora interrate della zona Sud del complesso, la quale comprende il già citato chiostro. È quindi chiaro che l'abbazia, come d'altronde ogni complesso di questo tipo, è una realtà composita in cui l'esame della chiesa non deve prescindere da quello del contesto in cui essa è inserita. La chiesa deve quindi essere considerata come un lato particolarmente sviluppato di un complesso quadrangolare di edifici rettilinei che girano intorno al quadro del chiostro, strutture che seguono disposizioni canoniche riscontrabili uguali nella maggior parte dei complessi monastici cistercensi d'Europa, in cui il refettorio è posto dalla parte opposta della chiesa, e generalmente poco lontana dall'immancabile corso d'acqua (che nel caso dell'Abbazia di Cabuabbas è oltretutto testimoniato dalla radice etimologica del nome)2; l'abitazione dei monaci è posta ad Est mentre quella dei conversi a Ovest. Purtroppo oggi a Cabuabbas come nell'abbazia di Paulis, i due elementi che dovrebbero costituire un unico complesso indissolubile, - ambienti monastici e chiesa - a causa delle profonde distruzioni danno un'immagine molto ridotta dell'originaria costruzione cistercense. Tuttavia, grazie al confronto tra rovine dell'abbazia e monumenti cistercensi francesi, e all'ausilio dello studio dell'Aubert sull'architettura cistercense, è oggi possibile tentare una ricostruzione dell'intero complesso di Cabuabbas. Ciò che resta della chiesa è tutto il braccio destro del transetto, con due cappelle coperte da volte a sesto ribassato che prospettano su di esso, frammento praticamente integro, anche se in parte ricostruito nelle volte (nel‘600 si riadattò la chiesa a ricevere i fedeli con la chiusura del transetto) come d'altronde risulta dall'osservazione; parte dell'alzato del presbiterio, (oggi inglobato nel perimetro della nuova chiesa) ed un ambiente con copertura a sesto ribassato, contiguo alla testata del transetto con il quale è in asse; ambiente che si può supporre, secondo dalla distribuzione canonica dei servizi, fosse originariamente adibito a sagrestia. È quindi come già detto, in conformità con i dettami dell'ordine, irrigidimento delle inflessioni formali, di conseguenza la decorazione scompare, lasciando posto a volumi netti e spigoli vivi che caratterizza il primo periodo dell'architettura cistercense francese. Nel suo complesso, l'edificio sacro, costruito dopo il 1149 (data storicamente fondata che viene usata come punto di riferimento nella datazione), presenta forme arcaiche, che si riscontrano innanzitutto nello spessore dei muri (90 cm), nella pesantissima volta a botte (una causa della rovina della chiesa si ritiene essere per l'appunto l'eccessivo peso della volta a botte non sufficientemente contraffortata), nei grandi e massicci pilastri, nei lavabi ricavati sulla destra del coro e nelle due cappelle del transetto superstite; nelle modanature e nelle monofore (interessanti elementi in cui si notano già influssi protogotici) a doppio strombo (interno ed esterno) che illuminano le cappelle. Secondo quanto risulta dallo studio delle rovine, è possibile tentare di fare una ricostruzione dell'aspetto originario del tempio: una chiesa a croce latina con abside quadrata (tutt'oggi parzialmente visibile all'esterno), due cappelle per braccio del transetto, un corpo anteriore diviso in tre navate, e all'esterno, il chiostro, presso il lato sud e circondato dai già citati edifici, di cui oggi non resta quasi più nessuna traccia; ciò rende di conseguenza, pressoché impossibile una ricostruzione dettagliata comprendendo gli edifici annessi al monastero. Per ciò che riguarda la chiesa, la sua lunghezza totale, (composta dalla navata, dal transetto e dall'abside) è di circa 46,5 metri (mons. Giuseppe Masia,3 aveva calcolato 60 metri circa), la larghezza delle navate di circa 16,5 metri. Per quanto riguarda poi la suddivisione delle navate, vi sono dubbi sul numero di pilastri che scandivano le campate e separavano dalle navatelle laterali la navata centrale; due sono gli orientamenti in tal senso, non verificabili perché non ci è pervenuto alcun resto del basamento del corpo centrale: sei pilastri su cui secondo il Delogu si impiantavano i muri che dovevano sorreggere grandi volte a botte a tutto sesto, o otto pilastri secondo gli studi dello Hann, che vede tutte le chiese cistercensi legate da rapporti costanti fra le dimensioni; quest'ultima ipotesi renderebbe la chiesa diCorte ancor più somigliante alla chiesa dell'abbazia di Fontenay voltata a botte a tutto sesto, con campate scandite da otto pilastri, e quasi certamente alla posteriore abbazia di N.S. di Paulis. Unica testimonianza sicura della copertura a botte con arco a tutto sesto, è appunto il grande arco situato nell'incrocio transetto-presbiterio che poggia su due pilastri poggianti su grandi basamenti modanati, decorati nella parte superiore da rilievi floreali, che rappresentano gli unici ornamenti, insieme alla grande finestra cruciforme posta superiormente come coronamento delle due cappelle laterali. Particolare è comunque il caso della copertura: pur costruita secondo canoni e planimetrie borgognoni, la chiesa presenta come già detto copertura a botte a tutto sesto, quando in Borgogna erano state adottate già da tempo le volte ad arco spezzato, cosiddette " berceaux brisées" che sono invece presenti, sempre a Sindia, nella chiesa cistercense di S.Pietro, dipendenza della stessa Abbazia di Corte.