Introduzione

3 WMF ITALIA 2000

Tre esperienze pratiche in Sicilia.

FERNANDA GUGLIELMINO

ABSTRACT

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Country:
Italy

Language:
Italian


Alla luce di quanto si è avuto modo di rilevare attraverso un lavoro condotto nella realtà Siciliana e precisamente, nell'area del nisseno è stata realizzata una mediazione presso un'azienda di computer.
Gli attori sono stati da una parte, l'imprenditore, dall'altra gli altri membri della Società e le maestranze.
La seconda Mediazione, nell'hinterland del catanese presso una struttura scolastica dove ha visto protagonisti, da una parte la Preside e dall'altra i docenti.
La terza Mediazione, si è svolta in una zona centrale di Catania presso uno studio professionale dove i partners sono stati, da un lato la professionista manager, dall'altra altri professionisti collaboratori ed impiegati. Il lavoro è stato estremamente interessante. I tempi impiegati sono stati modulati a seconda delle esigenze e la complessità. Si è operato in strutture differenti, ma in realtà sia la richiesta del committente che l'obiettivo sono stati molto simili. Questa affinità ci ha dato la possibilità di applicare lo stesso protocollo.
A tal uopo si è lavorato sulla ridefinizione del potere, attraverso nuove regole, l'abbassamento del conflitto, mediante una costruzione cognitiva di tipo positivo fra diritti e doveri.


 

 

 

 

 

L'aggressività è una connotazione che fà parte della natura umana.
La lite è una forma di comunicazione ostile, l'importante è che non vengano attivate contromanovre poichè allora inizia l'escalation simmetrica, occorre chiarire che le trappole della comunicazione sono micidiali.
Quando si và alla ricerca del come sanare una disputa, il mediatore deve avere chiaro qual'è il problema, quali sono gli obiettivi che gli individui vogliono raggiungere, dare priorità agli obiettivi più importanti.
Per realizzare un buon lavoro di mediazione, il mediatore deve riuscire a creare un clima di fiducia interpersonale ed è della massima importanza creare nel setting un' atmosfera d'incoraggiamento attraverso uno schema concettuale cui riferire plausibilmente, la spiegazione di comportamenti e degli stati soggettivi dell'individuo.
Altra cosa molto importante è una sorta di rituale consistente nelle procedure dei protocolli di mediazione.

Tutte le volte che l'equilibrio omeostatico viene disturbato il sistema tende a riguadagnarlo attraverso movimenti di autoregolazione. Ancora, quando il comportamento dell'uno indica un cambiamento, l'altro interviene con un comportamento che tende a limitare tale cambiamento.
Attraverso diversi studi, oggi, si è avuto modo di venire a conoscenza che i risultati comportamentali sono determinati sia dalle condizioni inziali che dalla natura del processo che si va a valutare.

Appare chiaro che non ci è consentito stabilire quale dei comportamenti può essere considerato causa dell'altro, in quanto nella realtà ognuno dei due determina ed è determinato dall'altro, pertanto, un modo diverso dai nessi causali lineari sempre presenti nel pensiero dell'individuo e nel di lui linguaggio, è quello di imparare a ragionare in modo cibernetico con nessi circolari, dove non vi è nè inizio nè fine.
Il concetto di causa ed effetto va riveduto e corretto poichè il comportamento di ciascuno delle parti è determinato da quello degli altri che a sua volta è determinato da quello del primo.

Nella realtà il sistema è codeterminato da situazioni ove il torto e la ragione non stanno sempre da una parte.
A mio avviso il modo corretto di concepire cosa avviene in un sistema è quello di considerare il circuito di retroazione nel sistema in cui la condotta di ognuno è correlata a quella di tutti gli altri.
E' importante, durante il mio lavoro di mediatore e di terapeuta, decifrare quali sono le regole del sistema, esaminare le metaregole, quali sono i conflitti che sorgono relativamente al diritto di porre le regole.

Una fase molto importante è la decodifica: osservo lo stile comunicativo, verbale e non verbale degli individui, qual'è lo stile che adottano nell'inviare e ricevere messaggi. cerco di capire chi è nella situazione up e chi in quella down, cerco sempre di rimanere obiettiva, di scoprire cosa tendono a nascondermi. Spesso adotto la stadegia dell'assurdo, essa di solito provoca l'effetto previsto: fare stringere alleanze tra gli individui in disputa.
E' stato condotto un lavoro presso un'azienda di computer dove gli attori sono stati da una parte l'imprenditore, dall'altra gli altri membri della società e le maestranze. La richiesta è venuta da parte dell'imprenditore che era molto arrabbiato sia con il gruppo societario che con le maestranze. Poichè riteneva di non riuscire a detenere la leader-ship era da un anno circa che tentava di uscire dalla empasse. Aveva già fatto dei tentativi, aveva assunto un commercialista esterno ed uno psicologo.

Analisi dei conflitti: quando sono stata chiamata per iniziare una eventuale mediazione, sia l'imprenditore che i membri della società e le maestarnze erano in una situazione di alta tensione, il conflitto era molto alto, tutti ritenevano d'avere ragione, perche a loro dire agivano bene; trovavano alquanto strani i cambiamenti che avrebbe voluto attuare l'imprenditore.
L'incontro è avvenuto in una grande sala dello stabilimento: erano presenti tutti i membri della società (cinque persone), tutti gli impiegati interni ed esterni in tutto circa quarata persone.
Ad ognuno è stato dato un foglio nel quale oltre all'indicazione del nome e del tipo di mansione svolta presso l'azienda, si chiedeva loro quanto fosse soddisfacente lavorare presso la stessa.
Dopo i convenevoli e le presentazioni ha avuto inizio il lavoro.

Processo di mediazione
Nella prima fase vi è stata la presa di coscienza del problema attraverso l'ascolto reciproco, posizionamento dei ruoli, raccolta dei dati.
E' stata messa a fuoco la situazione mediante una definizione del problema. L'imprenditore è il maggiore azionista mentre gli altri soci hanno il 10%.
(cifra simbolica).
L'imprenditore chiede la loro collaborazione attraverso l'assunzione delle responsabilità dei vari settori che dirigono, ma tutte le attività decisionali devono essere passate al suo vaglio, chiede ai soci e ai dipendenti il rispetto dell'orario di lavoro, di non agire in autonomia anche se ciò può apparire funzionale al lovoro da svolgere.
Dal canto loro i dipendenti, dopo anni di autonomia, non intendono assolutamente avere regole diverse da quelle che si sono poste.
Nella terza fase vengono proposte delle opzioni, ognuno di loro intende imporre le regole, a chi spetta la metaregola? Viene chiesto all'imprenditore, ai soci e agli impiegati se pensano di fare naufragare nel mare del caos l'azienda.

Tutti sono d'accordo nel rispondere no, tutti vogliono che l'azienda rimanga produttiva, tutti vogliono mantenere il loro posto di lavoro.
Alla lavagna scrivo che tutti hanno un obiettivo comune: lavorare, produrre per l'azienda, nessuno vuole la fine di questa. Il giorno successivo tutti leggono quanto è stato scritto alla lavagna, ad ognuno di loro chiedo se sono d'accordo, tutti rispondono di si. Dico che faremo insieme un gioco: drammatizzeranno una storia.
Si decide per la storia di Cenerentola. Il gioco inizia dopo che ognuno ha dà rappresentare un personaggio. Magicamente la tensione si abbassa, tutti sono dentro la storia. All'imprenditore do il ruolo del banditore: egli dovrà presentarsi davanti a tutti i personaggi formulando la stessa richiesta, alla fine della storia tutti hanno capito, sono pronti per la negoziazione.

La seconda mediazione si è svolta nell'interland catanese presso una struttura scolastica che ha visto protagonisti da una parte la Preside dall'altra i Docenti.
La preside è al suo primo anno di dirigenza presso la struttura, i docenti operano da tanti anni. Il conflitto emerge quando la Preside in modo reiterato fà richieste al corpo docente quando comprende di non essere presa in considerazione, iniziano una serie di incomprensioni che portano entrambi ad un punto senza ritorno.
Le conseguenze di tali incomprensioni si evidenziano nelle classi, la Preside fa una comunicazione, i docenti ne metacomunicano altre. Gli studenti ne escono alquanto disorientati, le famiglie chiedono continuamente chiarimenti alla Preside.

Quando viene richiesta la mia presenza il conflitto ha raggiunto l'acme massimo, la Preside deve indire più di un incontro prima che i docenti si convincano ad essere presenti. Dopo la presentazione e convenevoli ringrazio tutti i presenti ed aggiungo che la loro presenza mi fa capire quanto tengano al loro lavoro, e capisco anche quanto sia difficile per loro trovarsi davanti ad una persona nuova che non sa nulla della vita scolastica, degli alunni, e di loro sia come professionisti che come individui, continuo dicendo che comprendo molto questo nervosismo e questo rifiuto per le regole che la Preside vuole porre, ma comprendo anche la posizione della Preside che è stata mandata lì per fare, ma non può fare perchè loro vogliono che si mantenga tutto come si è sempre fatto; ma come fare per fare e fare bene senza strafare? Si è creato dapprima un gran silenzio poi dei sussurri e degli altri ancora: è iniziato il processo di mediazione.

Nella prima fase vengono ascoltati tutti, Docenti e Preside, questa spiega quanto sia importante per lei creare sinergie di lavoro, quanto siano necessarie per il suo lavoro le riunioni e tutte quelle strategie funzionali al servizio.Anche i Docenti dal canto loro desiderano continuare ad esprimere la loro professionalità, ma non intendono accettare cambiamenti, articolazioni di orario. Ridefinisco in positivo la situazione e dico che tutti hanno lavorato cercando di non perdere le posizioni del passato, la Preside dal canto suo chiede collaborazione per mettere a frutto il lavoro, ma per motivi diversi si è creato il caos. Il conflitto raggiunge note alte tutti si sono sentiti perseguitati, la Preside odiata si è sentita addosso la veste del brutto e cattivo.

E' stato allora che ho raccontato la storia della scuola del caos.
C'era una volta in un paese lontano una scuola dove ogni docente si recava quando desiderava, ognuno di loro pretendeva di decidere gli orari delle lezioni, delle riunioni. Gli alunni in un primo momento avevano cercato di seguire un pò tutti i docenti, il direttore. Alla fine erano scappati via rifiutandosi di frequentare la scuola del caos.Al termine della storia Docenti e Preside si sono ritrovati d'accordo, le regole sono importanti poichè permettono il raggiungimento del benessere ed il perdurare di esso.

La terza mediazione, si è svolta in una zona centrale di Catania presso uno studio professionale dove i patners sono stati, da un lato la professionista manager, dall'altra altri professionisti collaboratori ed impiegati. Il conflitto è scoppiato quando nello studio è stata assunta una nuova professionista. Tutti si sono sentiti autorizzati a mettere le regole e darle una parte del loro lavoro, farsi sostituire ed altro. Questa situazione aveva creato una grossa empasse, tutti arrivavano in ritardo adducendo che tanto in studio c'è la nuova. Questa situazione aveva fatto scoppiare la professionista manager, la quale più di una volta aveva perso la pazienza e con ognuno di loro aveva mostrato disappunto. Il lavoro veniva fatto male a scapito della clientela. Questo la manager non poteva accettarlo. Dopo avermi contattata mi spiega che avverte una sorta d'impotenza,vorrebbe licenziare
tutti, ma ciò sarebbe poco funzionale.
Convoco le parti presso il mio centro un sabato mattina, torto collo, tutti accettano.
All'incontro non partecipa, su mia richiesta, la nuova venuta. Ha inizio la prima fase: dopo le presentazioni comunico che l'obiettivo dell'incontro è mettere ai voti il licenziamento della nuova venuta. Attraverso l'analisi del conflitto viene messa in evidenza la situazione di disagio che ha scatenato involontariamente la nuova professionista, sentimenti di aggressività, di potere, sono finite le regole, ognuno ha agito senza rispettare gli altri e le regole del lavoro. La manager i collaboratori e impiegati rimangono sbalorditi non si aspettavano una simile opzione, scruto le loro faccie interrogative tutti si alleano contro di me. Sia la manager che tutti gli altri iniziano a tessere lodi nei confronti del nuovo elemento.
Tutti si sono accorti di quanto è buona, gentile e pronta a dare una mano. Non si merita certo questo ben servito. I loro sguardi pieni di rimprovero mi vogliono spingere fuori ed è allora che propongo loro di pensare a qualcosa di diverso poichè attualmente il disagio in studio è di tutti. Occorre trovare un'alternativa per evitare il licenziamento, l'invito è di concentrarsi e focalizzare le idee per trovare delle opzioni diverse.
Ci lasciamo con l'impegno di rivederci il sabato successivo . La negoziazione ha avuto inizio, i canali della comunicazione sono stati ripristinati. Il conflitto è stato abbassato, sono pronti a rimodulare le regole ad assumersi le proprie responsabilità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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