Introduzione

3 WMF ITALIA 2000

Relazioni Mancate:
il problema delle ragazze-madri.
La Mediazione come valido strumento in cui accogliere il disordine.

MARCELLA LALLAI


ABSTRACT

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Country:
Italy

Language:
Italian


La maternità indesiderata di una ragazza è ancora oggi un problema difficile da superare per i genitori e anche per la comunità intorno, soprattutto se la gravidanza è il risultato di una violenza subita in famiglia. Una cultura difficile da abbattere, scarica su queste ragazze sensi di colpa e responsabilità nella scelta di vita o non vita. Spesso si tratta di una "non scelta", perché dettata dalla assenza degli affetti più cari, quelli della famiglia d'origine e del compagno della ragazza, il padre del bambino. Il conflitto che queste donne vivono è palese e i vissuti implicati riguardano almeno tre parti: la donna, la sua famiglia, il suo compagno. Spesso il conflitto, che ha spezzato e interrotto i rapporti tra queste tre parti, non viene sviscerato e pertanto viene negato, e il dolore di quel conflitto sarà sempre loro compagno. E' importante non negare la storia del conflitto e ripristinare le relazioni interpersonali attraverso la ripresa del dialogo che era stato interrotto o non era mai esistito, per creare un nuovo dialogo indirizzato e finalizzato verso il futuro.

 


Insegnante, mediatrice, formatrice, formatrice di mediatori, responsabile del "Servizio di Mediazione" (Cagliari), collaboratrice col CE.RI.UM.

 

RELAZIONI MANCATE:
IL PROBLEMA DELLE RAGAZZE-MADRI.
LA MEDIAZIONE COME VALIDO STRUMENTO IN CUI ACCOGLIERE IL DISORDINE

 
 


Introduzione

La mediazione sociale riguarda i rapporti tra individui e le relazioni intercorrenti tra essi, che si sono interrotte per una serie di motivi o non sono mai esistite.
Un tipo di relazione interrotta o mancata è dato dalla situazione di numerose ragazze e donne che sono sfruttate e abbandonate, alle quali viene tolto anche il diritto di scelta.
Nonostante i tempi odierni siano emancipati ed evoluti, la maternità indesiderata di una ragazza può essere ancora un problema difficile da superare per i genitori e anche per la comunità intorno, come se una cultura difficile da abbattere scarichi su queste ragazze sensi di colpa e responsabilità.
Ancor più se questa gravidanza è il risultato di una violenza subita in famiglia.
Spesso la soluzione si riduce ad una sola: l'aborto dalla mammana oppure, per le meno indifese, nei centri ospedalieri.
Inizia così il lungo travaglio che non riguarda solo il pre-aborto, ma soprattutto ciò che segue.

La decisione di vita o non vita è per ogni donna una scelta drammatica che trova i maggiori ostacoli nella propria coscienza e nel senso materno che è insito in ciascuna. E in ogni caso è una scelta che comporta grosse difficoltà a livello sociale e materiale, oltre che morale. E il più delle volte risulta essere una scelta "non scelta", perché dettata dall'assenza degli affetti più cari, quelli della famiglia d'origine e/o del compagno della ragazza, il padre del bambino.
Nel 1996 la direttrice di un centro di accoglienza per madri in difficoltà mi riferiva queste parole:" La cosa che fa soffrire di più queste ragazze è la solitudine, l'abbandono, il senso di colpa per gli aborti. Ma anche l'odio, il rancore verso i genitori, verso chi le ha lasciate, verso chi le ha sfruttate. E poi la mancanza di un lavoro, la difficoltà nel trovarlo (in base ai dati Istat del 1998 i disoccupati in Italia sono 2.745.000, la maggior parte nel Sud, e le donne in cerca di un lavoro sono più degli uomini, 1.431.000 contro 1.313.000). Tutti questi sentimenti le conducono alla poca stima verso se stesse. E' un compito difficile - continua la direttrice - quello di ricostruirle. D'altra parte, non c'è mai da parte di noi assistenti un intervento forzato che porti le donne a rinunciare all'aborto: il rispetto totale della libertà di ciascuna ospite è inviolabile".
Il conflitto che queste donne vivono è palese e i vissuti implicati in storie di questo tipo riguardano almeno tre parti: la donna, la sua famiglia, il suo compagno. E i vissuti non sono coincidenti o sovrapponibili, ma sono tre storie differenti, ciascuna delle quali ha il diritto di essere raccontata e di essere ascoltata dai protagonisti della vicenda, in modo che i bisogni di ciascuno vengano esternati e chiarificati.

Dati Ministero della Sanità

Il Ministero della Sanità ha presentato al Parlamento il 6 agosto 1999 la Relazione sulla attuazione della legge n°194 del 22 maggio 1978 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza) in riferimento all'art.16 che prevede la raccolta dei dati di tutte le Regioni sull'attuazione della legge e sugli effetti anche in riferimento al problema della prevenzione. La Relazione contiene i dati preliminari 1998 e i dati assoluti 1997.
Per l'anno 1998 sono disponibili i valori totali, preliminari, di tutte le Regioni. I dati riportati nella tabella 1 si riferiscono alle Regioni di intervento. Sono state notificate 138219 IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza), con una riduzione dell'1.6% rispetto al dato definitivo del 1997 (140525 IVG).

Per quanto riguarda il tasso di abortività, cioè il numero di aborti su mille donne in età feconda, risulta essere pari a 9.7 su 1000 donne in età compresa tra i 15/49 anni, con un decremento dell'1.0% rispetto ai dati del 1997 (Tab. 2).
In particolare, i dati della tabella 3, riferiti al 1997 riportano, secondo fonti Istat, il numero delle donne di età compresa tra i 15/49 anni, il numero dei bambini nati vivi e il numero di IVG. Tali dati consentono di rilevare il tasso di abortività, che è del 9.8 per mille donne, mentre il rapporto di abortività, che evidenzia la proporzione tra il numero dei bambini abortiti e quelli concepiti, è di 265.7 per mille nati vivi.
Nella tabella 4 sono riportati i tassi di abortività per età e regione, nella quale si evidenzia che il tasso di abortività è maggiore nella fascia d'età che va dai 20 ai 39 anni.
Si può notare la differenza con i Paesi Europei e con gli Stati Uniti, dove al contrario il tasso di abortività per età è più elevato in generale e raggiunge la percentuale più alta nella fascia d'età 20/24 anni (Tab.5)
Le donne che ricorrono all'aborto legale in Italia sono in prevalenza coniugate. I livelli di abortività volontaria, secondo la ripartizione geografica e lo stato civile, mostrano la forte eterogeneità del fenomeno nel territorio italiano, con una maggiore prevalenza coniugate nelle Regioni meridionali e insulari (tab.6).

Nel confronto internazionale i valori percentuali italiani, riferiti alle donne nubili, sono al di sotto di quelli dell'Europa occidentale (tab.7).
La tabella 8 mette in evidenza che le donne tra i 30/49 anni ricorrono all'IVG nelle prime settimane gestazionali (1°-8° settimana), mentre vi è un aumento di richiesta di IVG nelle successive settimane gestazionali (9°-10° settimana) da parte delle donne dai 15 ai 19 anni e anche minori di 15 anni.
Nel contesto sardo rileviamo che nelle ragazze di età inferiore ai 15 anni e di età compresa tra i 15 e i 19 anni la richiesta di IVG è molto alta, soprattutto tra la 9° e la 12° settimana (Tab. 9).
Per quanto riguarda le minorenni, l'assenso dei genitori si è verificato nel 65.4% dei casi, mentre nel 34.2% dei casi vi è stato il ricorso al giudice tutelare (tab.10).
La scelta da parte delle donne di ricorrere all'IVG talvolta nasce da situazioni drammatiche e a volte crudeli., che non sempre sono evidenti: si tratta comunque di donne sbandate, giovani e meno giovani, che si trovano improvvisamente di fronte ad una realtà spesso più grande di loro, senza un partner o una famiglia che le sostenga e spesso senza possibilità di scegliere per sé.

Periodicamente i giornali riportano notizie di gravidanze e aborti da parte di minorenni. Tra le tante, quella pubblicata dal "Corriere della Sera" l'8 agosto 2000, in cui Sofia, una ragazza di appena 16 anni, racconta la sua esperienza di aborto, accompagnata dalla madre, a 14 anni. Dice:" Mi sentivo un'altra persona. Ho vissuto questa esperienza come se stessi guardando da estranea un bruttissimo film. Nessuno mi ha chiesto nulla. Erano gentili, ma distaccati ".
Le strutture che oggi vengono offerte a donne che vivono questi drammi sono sicuramente valide.
Sono luoghi in cui ciascuna donna è aiutata a buttarsi alle spalle un passato pietoso e le umiliazioni subite, ma il conflitto, quello che ha spezzato e interrotto i rapporti con la famiglia di origine e/o con il partner, non sempre viene sviscerato e il dolore di quel conflitto sarà sempre loro compagno, così come quello dei genitori e degli altri vissuti coinvolti nella storia. E' importante non negare la storia del conflitto e ripristinare le relazioni interpersonali.

La Mediazione come valido strumento in cui accogliere il disordine

L'idea dell'apertura di uno sportello di mediazione all'interno di una casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà nasce in seguito a una serie di incontri, avvenuti presso il Servizio di Mediazione(*), tra i mediatori dello studio, vari professionisti (psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, psico-oncologi, psicologi del lavoro, educatori, facilitatori di gruppo, insegnanti) e associazioni, quali Alcolisti Anonimi e Al-anon.
L'obiettivo degli incontri, che si svolgono con frequenza più o mensile, è di diffondere la cultura della Mediazione e non limitare la sua pratica alla mediazione familiare, ma ampliare il suo campo d'azione. Tali incontri hanno portato ad una collaborazione con alcuni professionisti con i quali si sono potuti operare degli interventi in ambito sociale, socio-educativo, scolastico e comunitario.
In riferimento all'ambito sociale, questi incontri hanno favorito l'ipotesi dell'apertura di uno sportello di mediazione presso una casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà.

La mediazione, infatti, viene vista come valido strumento in cui ristabilire la comunicazione e l'ascolto tra la donna e la famiglia e/o il compagno, che sono i vissuti implicati nel conflitto. La centralità della comunicazione consiste nel creare tra le persone punti di contatto che permettano di originare un processo dinamico di interazione, in cui tutti i partecipanti non enuncino semplicemente qualcosa a qualcuno, ma sviluppino una comunicazione verbale che sia circolare, nel senso che ci sia uno scambio da uno a un altro.
Il processo di mediazione mira a ristabilire la comunicazione che per queste donne e per i loro familiari e/o compagni significa "rientrare" in contatto tra loro. Una comunicazione nella quale emergano sia gli aspetti cognitivi sia quelli emotivi, in modo che vengano acquisite conoscenze, opinioni, atteggiamenti, percezioni e sentimenti di ciascun individuo rispetto all'altro.
L'ascolto e il sapere ascoltare sono, contemporaneamente, complementari e consequenziali alla competenza della comunicazione.
Nella vita di queste donne ha un ruolo importante la famiglia d'origine, la quale ha fornito loro un' impronta caratteristica dal momento che i fattori culturali derivano soprattutto dal contatto coi membri familiari. La consuetudine, che deriva da un modello di comportamento in cui ogni azione viene ripetuta e cristallizzata secondo uno schema fisso, e il conseguente processo di abitualizzazione, sono in realtà naturali per l'essere umano, la cui attività si traduce in procedimenti operativi che diventano routine quotidiana e che consentono all'uomo di realizzare un'economia in termini di energia.

In base a tali azioni abitualizzate, la mediazione viene vista come strumento attraverso il quale la donna non perpetui più gli schemi genitoriali che la famiglia ha proiettato in lei. Le difficoltà, legate ad una relazione mancata e/o interrotta, non sono evidentemente risolvibili attraverso un semplice confronto diretto tra le parti. In una situazione di conflittualità, infatti, le persone hanno una grande difficoltà a parlare tra loro, perché non sono più abituate a dialogare e ogni volta che tentano di farlo generalmente finiscono per attaccarsi tra loro. Questo è normale, perché il comportamento che le persone assumono durante una lite è, in genere, un comportamento che le porta o ad evitare il coinvolgimento emotivo, per stare lontani dal dolore che è inevitabile in un conflitto, o, al contrario, a competere e a dominare sull'altro senza che ci sia una cosciente assunzione di responsabilità. Pertanto, ciò che accade è che uno prende il sopravvento sull'altro: quello più aggressivo dice "io vinco, tu perdi", mentre quello più remissivo reagisce stando in silenzio passivo. E in questi casi uno vince e l'altro perde.
Con il processo di mediazione la figura del "terzo uomo" garantisce che le necessità di ciascuno vengano soddisfatte attraverso il vicendevole ascolto, l'accettazione di punti di vista differenti, l'individuazione del problema, che sta alla base del conflitto, come elemento in comune e non individuale.
A seguito di un processo di mediazione, nel caso di relazioni interrotte, non ci sarà più il precedente assetto, ma le parti troveranno nuove formule strutturali e organizzative relative alla situazione contingente.

In questo senso, l'apertura di uno sportello di mediazione all'interno di una casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà mira a porre l'attenzione non solo sulla donna, ma anche sul bambino e/o sul futuro nascituro. La mediazione, quindi, è vista anche come prevenzione dell'abbandono, della sofferenza, della devianza, della violenza. Accanto all'attività di prevenzione dei consultori, è opportuno operare interventi mirati anche al bambino e "pensare alla mediazione come a una modalità cognitivamente più aperta e disponibile a passare dal momento distruttivo a quello curativo, ad accogliere il disordine che le società odierne esprimono" (A. Ceretti).

Progetto per l'apertura di uno sportello di Mediazione all'interno di una casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà

Il progetto nasce dall'esigenza di creare un luogo fisico in cui sia possibile realizzare concretamente le riflessioni oggetto di questo lavoro.
Si tratta di un progetto alla prima formulazione in cui si è cercato di individuare le principali aree di intervento unitamente alle modalità, ma proprio perché in germe, presenta necessariamente alcuni punti di carattere teorico e giuridico frammentari e lacunosi.
Il progetto, come già osservato, scaturisce dall'esperienza concreta del Servizio di Mediazione sviluppata dal confronto e dalla collaborazione con diversi operatori sociali, nel campo dell'aiuto alle donne in difficoltà, e nel rispetto dei competenti ruoli di ciascuno di essi.

Spazi normativi

I promotori si avvarranno della Legge n°285 del 28 agosto 1997 che istituisce un "Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria…" (art. 1).
La mediazione si svolgerà in particolare modo rispetto agli spazi normativi previsti dall'articolo 4, comma 1, lettera i che, rispetto alle finalità della legge, di cui all'art.3, prevede l'attuazione di "Servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento delle difficoltà relazionali".

Svolgimento della Mediazione

Il processo generico di mediazione è stabilito in base a precise sequenze, nessuna delle quali può essere messa in atto indipendentemente, in quanto ciascuna è legata all'altra. Ciò nonostante, si ritiene che lo sviluppo di ogni processo di mediazione abbia una vita a sé con proprie peculiarità e caratteristiche che originano processi di mediazione mai uguali ad un altro e in cui interagiscono parti che sono necessariamente portati verso un'autoevoluzione.
Si terrà conto comunque delle seguenti fasi: 1) ammissione del problema da parte delle persone coinvolte; 2) accettazione delle parti dell'intervento del mediatore; 3) decisione delle parti di lavorare insieme al fine di raggiungere una soluzione; 4) il mediatore raccoglie i dati e si assicura che tutte le informazioni siano comprese dai componenti la lite; 5) condivisione del problema come comune e non individuale; 6) creazione di opzioni; 7) il mediatore aiuta le parti ad individuare opzioni partendo ciascuno dai propri interessi e non dalle posizioni di ciascuno; 8) contrattazione delle soluzioni e accettazione delle stesse da parte di tutte le persone coinvolte; 9) stesura dell'accordo.
E' di fondamentale importanza il primo incontro in cui si illustra ai partecipanti il funzionamento della mediazione e si dà loro l'opportunità di porre domande in modo tale che possano decidere se la mediazione può risultare loro utile oppure no.
La conclusione del processo prevede la stesura e la sottoscrizione di un accordo, che contempla nuove regole di funzionamento, concordato dalle parti in lite.


Destinatari della mediazione

La mediazione verrà promossa nei confronti delle ragazze-madri e delle donne ospiti della casa di accoglienza e dei loro familiari, e anche nei confronti di ragazze-madri e donne esterne alla casa che si trovano in difficoltà nei loro rapporti con la famiglia e/o con il compagno.
Il gruppo di lavoro sarà formato dai mediatori del Servizio di Mediazione, che si occuperanno del processo di mediazione, e dagli operatori sociali, che gestiscono la casa di accoglienza. L'attività di tutti i promotori mira ad operare l'accoglienza e la ricerca di un'intesa, anche nei casi più difficili che sottendono a problemi delicati (si pensi ai casi di donne abusate in famiglia) in cui necessariamente dovranno intervenire figure professionali quali avvocati, medici, psicologi, assistenti sociali.
La sede dello sportello di mediazione sarà ubicata all'interno della struttura della casa di accoglienza in un ambiente che rispetti l'esigenza della neutralità, proprio della mediazione, e che non crei confusione tra i ruoli dei diversi operatori.
La realizzazione di tale progetto offre alle donne e madri in difficoltà e alle loro famiglie una concreta possibilità di guardare al futuro in maniera costruttiva.


Bibliografia

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CERETTI A., Progetto per un ufficio di mediazione penale presso il tribunale per i minorenni di Milano, in La sfida della mediazione a cura di G.V. Pisapia e D. Antonucci, Cedam, Padova, 1997
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THÉRY I., Le Demariage, Editions Odile Jacob, Paris, 1993
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