|
Introduzione
La mediazione sociale riguarda i rapporti tra individui e le relazioni
intercorrenti tra essi, che si sono interrotte per una serie di motivi
o non sono mai esistite.
Un tipo di relazione interrotta o mancata è dato dalla situazione
di numerose ragazze e donne che sono sfruttate e abbandonate, alle quali
viene tolto anche il diritto di scelta.
Nonostante i tempi odierni siano emancipati ed evoluti, la maternità
indesiderata di una ragazza può essere ancora un problema difficile
da superare per i genitori e anche per la comunità intorno, come
se una cultura difficile da abbattere scarichi su queste ragazze sensi
di colpa e responsabilità.
Ancor più se questa gravidanza è il risultato di una violenza
subita in famiglia.
Spesso la soluzione si riduce ad una sola: l'aborto dalla mammana oppure,
per le meno indifese, nei centri ospedalieri.
Inizia così il lungo travaglio che non riguarda solo il pre-aborto,
ma soprattutto ciò che segue.
La decisione di vita o non vita è per ogni donna una scelta drammatica
che trova i maggiori ostacoli nella propria coscienza e nel senso materno
che è insito in ciascuna. E in ogni caso è una scelta che
comporta grosse difficoltà a livello sociale e materiale, oltre
che morale. E il più delle volte risulta essere una scelta "non
scelta", perché dettata dall'assenza degli affetti più
cari, quelli della famiglia d'origine e/o del compagno della ragazza,
il padre del bambino.
Nel 1996 la direttrice di un centro di accoglienza per madri in difficoltà
mi riferiva queste parole:" La cosa che fa soffrire di più
queste ragazze è la solitudine, l'abbandono, il senso di colpa
per gli aborti. Ma anche l'odio, il rancore verso i genitori, verso chi
le ha lasciate, verso chi le ha sfruttate. E poi la mancanza di un lavoro,
la difficoltà nel trovarlo (in base ai dati Istat del 1998 i disoccupati
in Italia sono 2.745.000, la maggior parte nel Sud, e le donne in cerca
di un lavoro sono più degli uomini, 1.431.000 contro 1.313.000).
Tutti questi sentimenti le conducono alla poca stima verso se stesse.
E' un compito difficile - continua la direttrice - quello di ricostruirle.
D'altra parte, non c'è mai da parte di noi assistenti un intervento
forzato che porti le donne a rinunciare all'aborto: il rispetto totale
della libertà di ciascuna ospite è inviolabile".
Il conflitto che queste donne vivono è palese e i vissuti implicati
in storie di questo tipo riguardano almeno tre parti: la donna, la sua
famiglia, il suo compagno. E i vissuti non sono coincidenti o sovrapponibili,
ma sono tre storie differenti, ciascuna delle quali ha il diritto di essere
raccontata e di essere ascoltata dai protagonisti della vicenda, in modo
che i bisogni di ciascuno vengano esternati e chiarificati.
Dati Ministero della Sanità
Il Ministero della Sanità ha presentato al Parlamento il 6 agosto
1999 la Relazione sulla attuazione della legge n°194 del 22 maggio
1978 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria della gravidanza) in riferimento all'art.16 che prevede la
raccolta dei dati di tutte le Regioni sull'attuazione della legge e sugli
effetti anche in riferimento al problema della prevenzione. La Relazione
contiene i dati preliminari 1998 e i dati assoluti 1997.
Per l'anno 1998 sono disponibili i valori totali, preliminari, di tutte
le Regioni. I dati riportati nella tabella 1 si riferiscono alle Regioni
di intervento. Sono state notificate 138219 IVG (Interruzione Volontaria
di Gravidanza), con una riduzione dell'1.6% rispetto al dato definitivo
del 1997 (140525 IVG).
Per quanto riguarda il tasso di abortività, cioè il numero
di aborti su mille donne in età feconda, risulta essere pari a
9.7 su 1000 donne in età compresa tra i 15/49 anni, con un decremento
dell'1.0% rispetto ai dati del 1997 (Tab. 2).
In particolare, i dati della tabella 3, riferiti al 1997 riportano, secondo
fonti Istat, il numero delle donne di età compresa tra i 15/49
anni, il numero dei bambini nati vivi e il numero di IVG. Tali dati consentono
di rilevare il tasso di abortività, che è del 9.8 per mille
donne, mentre il rapporto di abortività, che evidenzia la proporzione
tra il numero dei bambini abortiti e quelli concepiti, è di 265.7
per mille nati vivi.
Nella tabella 4 sono riportati i tassi di abortività per età
e regione, nella quale si evidenzia che il tasso di abortività
è maggiore nella fascia d'età che va dai 20 ai 39 anni.
Si può notare la differenza con i Paesi Europei e con gli Stati
Uniti, dove al contrario il tasso di abortività per età
è più elevato in generale e raggiunge la percentuale più
alta nella fascia d'età 20/24 anni (Tab.5)
Le donne che ricorrono all'aborto legale in Italia sono in prevalenza
coniugate. I livelli di abortività volontaria, secondo la ripartizione
geografica e lo stato civile, mostrano la forte eterogeneità del
fenomeno nel territorio italiano, con una maggiore prevalenza coniugate
nelle Regioni meridionali e insulari (tab.6).
Nel confronto internazionale i valori percentuali italiani, riferiti alle
donne nubili, sono al di sotto di quelli dell'Europa occidentale (tab.7).
La tabella 8 mette in evidenza che le donne tra i 30/49 anni ricorrono
all'IVG nelle prime settimane gestazionali (1°-8° settimana),
mentre vi è un aumento di richiesta di IVG nelle successive settimane
gestazionali (9°-10° settimana) da parte delle donne dai 15 ai
19 anni e anche minori di 15 anni.
Nel contesto sardo rileviamo che nelle ragazze di età inferiore
ai 15 anni e di età compresa tra i 15 e i 19 anni la richiesta
di IVG è molto alta, soprattutto tra la 9° e la 12° settimana
(Tab. 9).
Per quanto riguarda le minorenni, l'assenso dei genitori si è verificato
nel 65.4% dei casi, mentre nel 34.2% dei casi vi è stato il ricorso
al giudice tutelare (tab.10).
La scelta da parte delle donne di ricorrere all'IVG talvolta nasce da
situazioni drammatiche e a volte crudeli., che non sempre sono evidenti:
si tratta comunque di donne sbandate, giovani e meno giovani, che si trovano
improvvisamente di fronte ad una realtà spesso più grande
di loro, senza un partner o una famiglia che le sostenga e spesso senza
possibilità di scegliere per sé.
Periodicamente i giornali riportano notizie di gravidanze e aborti da
parte di minorenni. Tra le tante, quella pubblicata dal "Corriere
della Sera" l'8 agosto 2000, in cui Sofia, una ragazza di appena
16 anni, racconta la sua esperienza di aborto, accompagnata dalla madre,
a 14 anni. Dice:" Mi sentivo un'altra persona. Ho vissuto questa
esperienza come se stessi guardando da estranea un bruttissimo film. Nessuno
mi ha chiesto nulla. Erano gentili, ma distaccati ".
Le strutture che oggi vengono offerte a donne che vivono questi drammi
sono sicuramente valide.
Sono luoghi in cui ciascuna donna è aiutata a buttarsi alle spalle
un passato pietoso e le umiliazioni subite, ma il conflitto, quello che
ha spezzato e interrotto i rapporti con la famiglia di origine e/o con
il partner, non sempre viene sviscerato e il dolore di quel conflitto
sarà sempre loro compagno, così come quello dei genitori
e degli altri vissuti coinvolti nella storia. E' importante non negare
la storia del conflitto e ripristinare le relazioni interpersonali.
La Mediazione come valido strumento in cui accogliere il disordine
L'idea dell'apertura di uno sportello di mediazione all'interno di una
casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà nasce
in seguito a una serie di incontri, avvenuti presso il Servizio di Mediazione(*),
tra i mediatori dello studio, vari professionisti (psichiatri, psicologi,
psicoterapeuti, psico-oncologi, psicologi del lavoro, educatori, facilitatori
di gruppo, insegnanti) e associazioni, quali Alcolisti Anonimi e Al-anon.
L'obiettivo degli incontri, che si svolgono con frequenza più o
mensile, è di diffondere la cultura della Mediazione e non limitare
la sua pratica alla mediazione familiare, ma ampliare il suo campo d'azione.
Tali incontri hanno portato ad una collaborazione con alcuni professionisti
con i quali si sono potuti operare degli interventi in ambito sociale,
socio-educativo, scolastico e comunitario.
In riferimento all'ambito sociale, questi incontri hanno favorito l'ipotesi
dell'apertura di uno sportello di mediazione presso una casa di accoglienza
per ragazze-madri e donne in difficoltà.
La mediazione, infatti, viene vista come valido strumento in cui ristabilire
la comunicazione e l'ascolto tra la donna e la famiglia e/o il compagno,
che sono i vissuti implicati nel conflitto. La centralità della
comunicazione consiste nel creare tra le persone punti di contatto che
permettano di originare un processo dinamico di interazione, in cui tutti
i partecipanti non enuncino semplicemente qualcosa a qualcuno, ma sviluppino
una comunicazione verbale che sia circolare, nel senso che ci sia uno
scambio da uno a un altro.
Il processo di mediazione mira a ristabilire la comunicazione che per
queste donne e per i loro familiari e/o compagni significa "rientrare"
in contatto tra loro. Una comunicazione nella quale emergano sia gli aspetti
cognitivi sia quelli emotivi, in modo che vengano acquisite conoscenze,
opinioni, atteggiamenti, percezioni e sentimenti di ciascun individuo
rispetto all'altro.
L'ascolto e il sapere ascoltare sono, contemporaneamente, complementari
e consequenziali alla competenza della comunicazione.
Nella vita di queste donne ha un ruolo importante la famiglia d'origine,
la quale ha fornito loro un' impronta caratteristica dal momento che i
fattori culturali derivano soprattutto dal contatto coi membri familiari.
La consuetudine, che deriva da un modello di comportamento in cui ogni
azione viene ripetuta e cristallizzata secondo uno schema fisso, e il
conseguente processo di abitualizzazione, sono in realtà naturali
per l'essere umano, la cui attività si traduce in procedimenti
operativi che diventano routine quotidiana e che consentono all'uomo di
realizzare un'economia in termini di energia.
In base a tali azioni abitualizzate, la mediazione viene vista come strumento
attraverso il quale la donna non perpetui più gli schemi genitoriali
che la famiglia ha proiettato in lei. Le difficoltà, legate ad
una relazione mancata e/o interrotta, non sono evidentemente risolvibili
attraverso un semplice confronto diretto tra le parti. In una situazione
di conflittualità, infatti, le persone hanno una grande difficoltà
a parlare tra loro, perché non sono più abituate a dialogare
e ogni volta che tentano di farlo generalmente finiscono per attaccarsi
tra loro. Questo è normale, perché il comportamento che
le persone assumono durante una lite è, in genere, un comportamento
che le porta o ad evitare il coinvolgimento emotivo, per stare lontani
dal dolore che è inevitabile in un conflitto, o, al contrario,
a competere e a dominare sull'altro senza che ci sia una cosciente assunzione
di responsabilità. Pertanto, ciò che accade è che
uno prende il sopravvento sull'altro: quello più aggressivo dice
"io vinco, tu perdi", mentre quello più remissivo reagisce
stando in silenzio passivo. E in questi casi uno vince e l'altro perde.
Con il processo di mediazione la figura del "terzo uomo" garantisce
che le necessità di ciascuno vengano soddisfatte attraverso il
vicendevole ascolto, l'accettazione di punti di vista differenti, l'individuazione
del problema, che sta alla base del conflitto, come elemento in comune
e non individuale.
A seguito di un processo di mediazione, nel caso di relazioni interrotte,
non ci sarà più il precedente assetto, ma le parti troveranno
nuove formule strutturali e organizzative relative alla situazione contingente.
In questo senso, l'apertura di uno sportello di mediazione all'interno
di una casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà
mira a porre l'attenzione non solo sulla donna, ma anche sul bambino e/o
sul futuro nascituro. La mediazione, quindi, è vista anche come
prevenzione dell'abbandono, della sofferenza, della devianza, della violenza.
Accanto all'attività di prevenzione dei consultori, è opportuno
operare interventi mirati anche al bambino e "pensare alla mediazione
come a una modalità cognitivamente più aperta e disponibile
a passare dal momento distruttivo a quello curativo, ad accogliere il
disordine che le società odierne esprimono" (A. Ceretti).
Progetto per l'apertura di uno sportello di Mediazione all'interno di
una casa di accoglienza per ragazze-madri e donne in difficoltà
Il progetto nasce dall'esigenza di creare un luogo fisico in cui sia
possibile realizzare concretamente le riflessioni oggetto di questo lavoro.
Si tratta di un progetto alla prima formulazione in cui si è cercato
di individuare le principali aree di intervento unitamente alle modalità,
ma proprio perché in germe, presenta necessariamente alcuni punti
di carattere teorico e giuridico frammentari e lacunosi.
Il progetto, come già osservato, scaturisce dall'esperienza concreta
del Servizio di Mediazione sviluppata dal confronto e dalla collaborazione
con diversi operatori sociali, nel campo dell'aiuto alle donne in difficoltà,
e nel rispetto dei competenti ruoli di ciascuno di essi.
Spazi normativi
I promotori si avvarranno della Legge n°285 del 28 agosto 1997 che
istituisce un "Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza finalizzato
alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale
per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita,
lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia
e dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse più confacente
ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria
" (art.
1).
La mediazione si svolgerà in particolare modo rispetto agli spazi
normativi previsti dall'articolo 4, comma 1, lettera i che, rispetto alle
finalità della legge, di cui all'art.3, prevede l'attuazione di
"Servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori
al fine del superamento delle difficoltà relazionali".
Svolgimento della Mediazione
Il processo generico di mediazione è stabilito in base a precise
sequenze, nessuna delle quali può essere messa in atto indipendentemente,
in quanto ciascuna è legata all'altra. Ciò nonostante, si
ritiene che lo sviluppo di ogni processo di mediazione abbia una vita
a sé con proprie peculiarità e caratteristiche che originano
processi di mediazione mai uguali ad un altro e in cui interagiscono parti
che sono necessariamente portati verso un'autoevoluzione.
Si terrà conto comunque delle seguenti fasi: 1) ammissione del
problema da parte delle persone coinvolte; 2) accettazione delle parti
dell'intervento del mediatore; 3) decisione delle parti di lavorare insieme
al fine di raggiungere una soluzione; 4) il mediatore raccoglie i dati
e si assicura che tutte le informazioni siano comprese dai componenti
la lite; 5) condivisione del problema come comune e non individuale; 6)
creazione di opzioni; 7) il mediatore aiuta le parti ad individuare opzioni
partendo ciascuno dai propri interessi e non dalle posizioni di ciascuno;
8) contrattazione delle soluzioni e accettazione delle stesse da parte
di tutte le persone coinvolte; 9) stesura dell'accordo.
E' di fondamentale importanza il primo incontro in cui si illustra ai
partecipanti il funzionamento della mediazione e si dà loro l'opportunità
di porre domande in modo tale che possano decidere se la mediazione può
risultare loro utile oppure no.
La conclusione del processo prevede la stesura e la sottoscrizione di
un accordo, che contempla nuove regole di funzionamento, concordato dalle
parti in lite.
Destinatari della mediazione
La mediazione verrà promossa nei confronti delle ragazze-madri
e delle donne ospiti della casa di accoglienza e dei loro familiari, e
anche nei confronti di ragazze-madri e donne esterne alla casa che si
trovano in difficoltà nei loro rapporti con la famiglia e/o con
il compagno.
Il gruppo di lavoro sarà formato dai mediatori del Servizio di
Mediazione, che si occuperanno del processo di mediazione, e dagli operatori
sociali, che gestiscono la casa di accoglienza. L'attività di tutti
i promotori mira ad operare l'accoglienza e la ricerca di un'intesa, anche
nei casi più difficili che sottendono a problemi delicati (si pensi
ai casi di donne abusate in famiglia) in cui necessariamente dovranno
intervenire figure professionali quali avvocati, medici, psicologi, assistenti
sociali.
La sede dello sportello di mediazione sarà ubicata all'interno
della struttura della casa di accoglienza in un ambiente che rispetti
l'esigenza della neutralità, proprio della mediazione, e che non
crei confusione tra i ruoli dei diversi operatori.
La realizzazione di tale progetto offre alle donne e madri in difficoltà
e alle loro famiglie una concreta possibilità di guardare al futuro
in maniera costruttiva.
Bibliografia
BOGLIOLO C., BACHERINI A.M., Bambini divorziati, Edizioni Del Cerro,
Pisa, 1998
BONAFÉ-SCHMITT J.P., La mediation: une justice douce, Syros Alternatives,
Paris, 1992
BUZZI I., HAYNES J.M., Introduzione alla mediazione familiare, Giuffrè
Editore, Milano, 1995
BUZZI I., PINNA S., Esperienze pratiche per mediare i conflitti, Punto
di fuga editore, Cagliari, 1999
CARTA S., La vita familiare, Giuffrè Editore, Milano, 1996
CASTELLI S., La mediazione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996
CERETTI A., Progetto per un ufficio di mediazione penale presso il tribunale
per i minorenni di Milano, in La sfida della mediazione a cura di G.V.
Pisapia e D. Antonucci, Cedam, Padova, 1997
CIGOLI V., GULOTTA G., SANTI G., Separazione, divorzio e affidamento dei
figli, Giuffrè Editore, Milano, 1997
COMMAILLE J., DE SINGLY F., La question familiale en europe, L'Harmattan,
Paris, 1997
DE CATALDO NEUBURGER L., GULOTTA G., Sapersi esprimere, Giuffrè
Editore, Milano, 1991
NARDI P., Socializzazione e relazioni interpersonali, in Educazione e
disagio giovanile: elementi di didattica, Formazione per la comunicazione,
Consorzio Interuniversitario, Roma, 1994
THÉRY I., Le Demariage, Editions Odile Jacob, Paris, 1993
THÉRY I., Recomposer une famille, des roles et des sentiments,
Textuel, Paris, 1995
|
|