Country:
Italy
Language:
Italian
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La delinquenza in Sardegna presuppone l'individuazione di forme criminose
che ricorrono più frequentemente e che possono considerarsi espressioni
tipiche del banditismo sardo:
· Estorsioni
· Incendi
· Ricatti
· Abigeato(furto di bestiame)
· Sequestri di persona
Il banditismo nacque come ribellione e degenerata risposta all'ingiustizia
causata dall'assenza dello Stato nell'isola. Infatti la Sardegna fu sin
dall'età antica sottomessa ad altri popoli, che rivendicarono su
di essa privilegi e monopoli, sfruttandola e abbandonandola a se stessa.
Nel XV° Secolo la Sardegna tentò una rivolta contro il dominatore
di turno (Aragonesi) cercando di ristabilire la propria libertà
di vita e i propri naturali diritti, ma non vi riuscì, ritrovandosi
sempre più debole e stremata.
In questo clima di sfiducia nel 1600/1700 aumentò il numero dei
ladri, dei casi di abigeato e delle attività delittuose. Nei villaggi
circolarono bande armate che depredarono greggi, armamenti, uccidendo
chi oppose resistenza.
Il ceto medio, dissanguato dai tributi, fu costretto a chiedere denaro
e sementi con interessi altissimi agli usurai, nonostante le pene delle
autorità Viceregie.
Così nacque il banditismo, che si manifesta soprattutto nella "Barbagia",
zona centro orientale della Sardegna, caratterizzata da una catena montuosa
utilizzata come rifugio delle libertà per troppo tempo sottratte
ai sardi.
Ed è proprio nelle montagne della Barbagia che si sviluppa una
comunità umana cosi come scrive Manlio Brigaglia, "un'area
culturale in cui il banditismo è da considerarsi pratica non individuale
ma sociale, voluta e accettata da tutta la comunità e che ha come
presupposto la vendetta. Tale pratica della vendetta si fonda su di un
codice, "un ordinamento", legato a tradizioni, e refrattario
a l'ordinamento Statale perché ritenuto incapace e non funzionale
rispetto alla struttura e alle forme di vita proprie della comunità,
(un esempio, nel 1899 furono messi all'asta i beni espropriati a causa
del mancato pagamento delle imposte, con conseguente messa sul lastrico
di circa 120 famiglie sarde, da ciò è comprensibile il risentimento
che ne è derivato nei confronti dello Stato).
Tale ordinamento sancisce diritti e doveri, in modo da qualificare comportamenti
possibili, legittimando l'azione vendicatrice. Uccidere è necessario
per vendicare un'offesa, (per esempio in seguito all'uccisione di un fratello
non vendicarsi è ritenuto una vergogna, un'infedeltà).
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Il sociologo Vilfredo Pareto nel suo "Trattato di Sociologia Generale"
scrisse: "dove è debole l'opera della potestà pubblica
si costituiscono piccoli Stati dentro grandi Stati, piccole società
entro la maggiore, similmente, dove viene meno l'opera della giustizia
pubblica, si sostituisce quella di una giustizia privata".
Nel volume "Violence in Sardinia" gli autori Ferracuti e Wolfgang,
hanno scritto: "L'accettazione e l'impiego esplicito della violenza
in alcuni ambienti socioculturali, quale meccanismo di risoluzione di
problemi in una varietà di situazioni sociali determinerebbe un
conflitto con la cultura dominante (che tende ad escludere il ricorso
alla violenza) nella quale sono incluse le formazioni sub-culturali.
In queste formazioni sub-culturali i valori e le norme orientate verso
la violenza sono trasmessi socialmente sin dal periodo infantile e possono
evolvere in direzione del comportamento criminale nel corso del successivo
sviluppo individuale".
Il codice barbaricino è di tipo consuetudinario, le sue norme tramandate
oralmente, in sardo sono state messe per iscritto dallo studioso Antonio
Pigliaru e si divide in:
· Principi generali
· Le offese
· La misura della vendetta
I principi generali
1) L'offesa deve essere vendicata. Non è uomo d'onore chi si sottrae
al dovere della vendetta, salvo nel caso che, avendo dato con il complesso
della sua vita prova della propria virilità, vi rinuncia per un
superiore motivo morale.
2) La legge della vendetta obbliga tutti coloro che ad un qualsivoglia
titolo vivono ed operano nell'ambito della comunità.
3) Titolare del dovere della vendetta è il soggetto offeso, come
singolo o come gruppo, a seconda che l'offesa è stata intenzionalmente
recata ad un singolo individuo in quanto tale o al gruppo sociale, nel
suo complesso organico, sia immediatamente sia mediatamente.
4) Nessuno che vive ed opera nell'ambito della comunità può
essere colpito dalla vendetta per un fatto non previsto come offensivo.
Nessuno può essere altresì tenuto responsabile di un'offesa
se al momento in cui ha agito non era capace di intendere e di volere,
nel quel caso rispondono i moralmente responsabili.
5) La responsabilità è o individuale o collettiva a seconda
che l'evento offensivo consegua all'azione di un singolo individuo o a
quella di un gruppo organizzato operante in quanto tale. Il gruppo organizzato
sia sulla base di un vincolo naturale sia per effetto di sopravvenuti
rapporti sociali, risponde dell'offesa quando questa è cagionata
da un singolo membro del gruppo con iniziativa individuale nel caso in
cui il gruppo medesimo, posto di fronte alle conseguenze dell'azione offensiva,
esprima, in modi e forme non equivoci, attiva solidarietà nei confronti
del colpevole in quanto tale.
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6) La responsabilità di chiunque si trova nella condizione di ospite
è solo personale e deriva dalle eventuali azioni od omissioni di
lui, in rapporto ai doveri particolari del suo stato.
7) La vendetta deve essere eseguita solo allorché si è
conseguita oltre ogni dubbio possibile la certezza circa l'esistenza della
responsabilità a titolo di dolo da parte dell'agente.
8) L'offesa si estingue:
a) quando il reo lealmente ammette la propria responsabilità assumendo
su di se l'onere del risarcimento richiesto dall'offeso o stabilito con
lodo arbitrale;
b) quando il colpevole ha agito in stato di necessità, ovvero per
errore o caso fortuito ovvero perché costretto da altri mediante
violenza cui non poteva sottrarsi. In quest'ultimo caso risponde dell'offesa
l'autore della violenza.
9) L'applicazione della legge della vendetta è altresì
sospesa nei confronti di chi, pur fondatamente sospettato, chiede e ottiene
di essere sottoposto alla prova del giuramento onde essere liberato. In
tal caso il giuramento deve essere prestato secondo la seguente formula:
<<Giuro di non aver fatto ne veduto ne consigliato; e di non conoscere
persona alcuna che abbia fatto, veduto o consigliato>>. E però
ammessa, previo accordo, l'omissione della seconda parte della formula.
Il giuramento liberatorio ha valore identico agli effetti della presente
norma, sia che venga effettuato in presenza di terzi convocati in qualità
di testimoni; ovvero in forma solennissima, secondo le consuetudini locali.
10) L'inadempimento fraudolento degli oneri derivanti dall'applicazione
di quanto è indicato all'art. 8,a); ovvero il giuramento che risulti
falso alla luce di ulteriori prove intervenenti a confermare le responsabilità
del colpevole, costituiscono aggravante specifica. Nel caso del falso
giuramento l'offesa è ulteriormente aggravata se il giuramento
è stato reso in forma solenne.
Le offese
11) Un'azione determinata è offensiva quando l'evento da cui dipende
l'esistenza di essa offesa è preveduto e voluto allo scopo di ledere
l'altrui onorabilità e dignità.
12)Il danno patrimoniale in quanto tale non costituisce offesa né
motivo sufficiente di vendetta. Il danno patrimoniale costituisce offesa
quando, indipendentemente dalla sua entità, è stato prodotto
con specifica intenzione di offendere, ovvero è stato realizzato
in circostanze tali da implicare, per se medesimi, sufficiente ragione
di offesa, ovvero quando in esso sia presente l'esplicita volontà
di recare danno effettivo.
13) Le circostanze dell'offesa sono oggettive e soggettive. Le circostanze
oggettive dell'offesa concernono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto
e il modo dell'azione. Le circostanze soggettive concernono l'intensità
del dolo o le condizioni e qualità del colpevole ovvero i rapporti
esistenti o esistiti tra il colpevole e l'offeso.
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14) Pertanto il danno patrimoniale costituisce offesa nei seguenti casi:
a) furto di bestiame quando esso pur rientrando nella normale pratica
dell'abigeato è stato consumato: 1) da un nemico; 2) da chi è
stato compagno d'ovile dell'offeso e conosce per tanto l'organizzazione
tecnica dell'ovile medesimo; 3) dal titolare dell'ovile confinante; ovvero
se è stato reso possibile dalle loro complicità od omertà;
b) furto della capra da latte destinata alla alimentazione del complesso
famigliare;
c) furto di un maiale destinato all'ingrasso per motivo di economia famigliare;
d) furto o sgarrettamento di una vacca destinata in dono al neonato, alla
sposa, all'orfano;
e) furto o sgarrettamento di un cavallo ovvero di un giogo di buoi destinati
alla normale pratica del lavoro;
f) distruzione vandalica del bestiame ovino, bovino, equino;
g) incendio doloso;
h) pascolo abusivo entro un terreno recintato, consumato con scopo provocatorio
ovvero a titolo di dispetto;
i) ingiusta divisione patrimoniale, che consegue ad un comportamento sleale
posto in essere con il deliberato disegno di recare un danno effettivo
a persona non in condizioni di fare valere al giusto momento le proprie
ragioni, per una qualsivoglia circostanza di fatto;
l) esercizio esoso delle proprie ragioni effettuato con intenzione di
offendere.
15) Quando più persone concorrono all' esecuzione materiale di
un fatto elencato nell'art. 14, non ne risponde chiunque vi abbia partecipato:
a) non essendo a titolo personale nelle condizioni espressamente previste
per quanto concerne i casi preveduti dalla lett. a);
b) non essendo a conoscenza della particolare natura o destinazione della
cosa, nei casi di alle lettere b), c), d), e);
c) avendo agito per esecuzione di mandato ricevuto, senza altra partecipazione
che di natura tecnica al verificarsi dell'evento, nei casi di cui alle
lettere f), g), h);
Non risponde altresì dell'offesa colui il quale, in ordine al caso
di cui alla lettera i), abbia agito in buona fede perché tratto
in errore da terzi.
16) Inoltre costituisce offesa:
a) il passaggio provocatorio di un nemico attraverso un terreno chiuso;
b) l'ingiuria, quando l'offesa al decoro di una pecora o di un gruppo
è recata con attribuzione di un fatto determinato ma falso, tale
da ledere l'onorabilità della persona o del gruppo cui il fatto
medesimo venga attribuito;
c) la diffamazione e la calunnia, quando concorrono le stesse circostanze
previste per la ingiuria;
d) la rottura di una promessa di matrimonio. In questo caso è aggravata
quando il fatto è in sé privo di giustificazione; ovvero
allorché l'azione è stata posta in essere in circostanze
tali da compromettere pubblicamente l'onere della promessa sposa e insieme
la dignità e l'onere della famiglia cui essa appartiene. Costituisce
altresì offesa ulteriormente aggravata la rottura della promessa
di matrimonio quando il colpevole abbia agito con lo scopo di menomare
l'onore della promessa sposa ovvero di offendere la di lei famiglia;
e) la non giustificata rottura o il mancato adempimento di un patto stabilito
per qualunque motivo a fine nelle debite forme. L'offesa è aggravata
se il soggetto recedente si avvale del vantaggio a lui derivante dalla
qualità di socio per recare o favorire chi intende recare un danno
all'altra parte. L'offesa è ulteriormente aggravata quando il recesso
ovvero l'inadempienza sono stati posti in essere allo scopo di recar danno;
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f) la delazione, ove non sia effettuata dalla parte lesa ma avvenga a
scopo di lucro ovvero a titolo di dispetto. L'offesa è aggravata
quando viene recata con confidenza all'autorità di pubblica sicurezza
invece che all'autorità giudiziaria;
g) la falsa testimonianza resa da persona non legittimata dalla qualità
di parte lesa. La falsa testimonianza non offende quando è prestata
da chi esercita la professione di teste falso ovvero da chi dichiara il
falso a favore dell'imputato indipendentemente dalla colpevolezza o non
colpevolezza di quest'ultimo;
h) ogni azione posta in essere contro la persona ospitata. In tal caso
titolare della vendetta è la persona o il gruppo ospitante;
i) l'offesa del sangue;
17) Costituisce offesa ogni azione intesa a produrre un fatto di natura
offensiva quando l'evento non si verifica, ove ciò sia dipeso dalla
mutata volontà dell'agente e tuttavia gli atti compiuti
esprimono in modo idoneo e non equivoco la volontà di recare offesa.
La misura della vendetta
18) La vendetta deve essere proporzionata, prudente o progressiva. S'intende
per vendetta proporzionata un'offesa idonea a recare un danno maggiore
ma analogo a quello subito; s'intende per vendetta prudente un'azione
offensiva posta in essere dopo la conseguita certezza circa la esistenza
della responsabilità dolosa dell'agente e successivamente al fallito
tentativo di pacifica composizione della vertenza in atto, ove le circostanze
della offesa originaria rendono ciò possibile; s'intende per vendetta
progressiva un'azione offensiva posta in essere con prudenza e tuttavia
adeguantesi con l'impiego di mezzi sempre più gravi o meno gravi
all'aggravarsi od all'attenuarsi progressivo dell'offesa originaria, anche
in conseguenza dell'eventuale verificarsi di nuove circostanze che aggravino
ovvero attenuino l'offesa originaria o del progressivo concorrere nel
tempo di nuove ragioni di offesa.
19) Sono mezzi normali di vendetta, tutte le azioni previste come offensive
a condizione che siano condotte in modo da rendere lealmente manifesta
la loro natura specifica.
20) Costituisce altresì strumento di vendetta il ricorso all'
autorità giudiziaria quando oltre la certezza morale sulla responsabilità
dolosa dell'agente si è conseguita una ragionevole certezza sulla
sufficienza processuale delle prove raggiunte; e il danno derivante dall'esito
del processo si può prevedere sufficientemente adeguata alla natura
dell'offesa secondo i principi della legge sulla vendetta in generale.
21) Nella pratica della vendetta, entro i limiti della graduazione progressiva,
nessuna offesa esclude il ricorso al peggio sino al sangue. Parimenti
nessuna offesa esclude la possibilità di una composizione pacifica,
allorché il comportamento complessivo del responsabile rende ciò
possibile.
22) La vendetta deve essere esercitata entro ragionevoli limiti di tempo,
a eccezione della offesa del sangue che mai cade in prescrizione.
23) L'azione offensiva posta in essere a titolo di vendetta costituisce
a sua volta motivo di vendetta da parte di chi ne è stato colpito,
specie se condotta in misura non proporzionata ovvero non adeguata, ovvero
sleale. La vendetta del sangue costituisce offesa grave anche quando è
stata consumata allo scopo di vendicare una precedente offesa di sangue.
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Perchè Banditi? E' questa la domanda che si è posto Manlio
Brigaglia nel suo libro "Sardegna perche banditi".
Cosa spinge questa comunità verso queste attivita criminose? Lo
stato di necessità, ossia "S'APPRETTU" in cui una persona
può venirsi trovare in un determinato momento. Colui che riesce
ad uscire indenne da una situazione di difficoltà possiede la virtù
della "BALENTIA", cioè l'unica virtù di colui
che vale, di colui che ruba, per migliorare la sua condizione sociale
e poi non fa più del male a nessuno.
Il sequestro di persona viene considerato come una forma tipica del banditismo
contemporaneo (Pigliaru), in una società che muta anche nelle zone
immutabili, a causa del penetrare anche in Barbagia della società
del consumismo (Brigaglia).
Per la comunità Barbaricina il furto del bestiame e paragonato
al sequestro di persona , rubare una persona è sempre rubare, anche
se più grave.
Sequestrare una persona significa essere disposti a tutto in un tempo
in cui rubare il bestiame non è più conveniente, in un tempo
in cui per guadagnare quanto un sequestro occorre rubare tutta la vita
il bestiame, ed è più facile nascondere una persona piuttosto
che cento pecore. (Da un'intervista di Pigliaru a dei pastori barbaricini).
Il più antico sequestro risale al 1884, quando furono rapiti due
commercianti francesi.
Con questo nuovo corso del banditismo sardo, cadde l'abigeato infatti
dai 1428 casi di furto di bestiame nel 1960 si arrivò ai 379 casi
del 1969.
La virtù della Balentia, ha ispirato poeti e letterati come Sebastiano
Satta, Michele Pira e Grazia Deledda, che hanno esaltato la figura del
bandito come un ribelle e giustiziere idealizzato dalla fantasia popolare,
in lotta contro uno Stato che da lui esige solo tributi, e per questo
costretto a rubare, uccidere e a nascondersi nelle montagne dove vivrà
braccato sino alla morte.
Un esempio di come questa virtù della "Balentia" è
venuta meno, lo ricordiamo con il rapimento di Farouk Kassam, un bambino
di otto anni rapito nel 1992 a cui è stato inferto il taglio dell'orecchio
sinistro, e ai genitori è stata inviata una foto del piccolo in
ginocchio e sanguinante.
I suoi rapitori per 5 mesi hanno potuto agire indisturbati, confidando
nel timore e nel rispetto di tutta la comunità. In generale infatti
le tecniche di cattura e di trasferimento degli ostaggi maturano in una
lunga tradizione di abigeato, di custodia, di coperture, sostegni e complicità
senza le quali il sequestro non sarebbe possibile.
Questo misto di paura e di complicità viene definito da Manuzzo,
scrittore e giornalista, "OMERTA'", che risucchia l'omertoso
dalla parte dei sequestratori. La nostra isola, dice Manuzzo, sarà
finalmente libera da questa piaga quando la gente romperà il silenzio.
Alla testa di questa rottura devono porsi Nuoro e la Barbagia.
Infatti con il rapimento del piccolo Farouk, la comunità montana
del Nuorese ha diffuso un documento in cui esprimeva condanna per i rapitori
del bambino, esortando tutta la comunità a fare il vuoto attorno
ai banditi per sconfiggere ogni forma di complicità spregevole
che tradizionalmente facevano da battistrada a queste bande di criminali.
Per quell'occasione, "Radio Barbagia" emittente della Curia
Nuorese ha aperto i microfoni alle telefonate della popolazione.
All'appello hanno risposto soprattutto le donne che hanno esortato: "Come
potrete spendere i soldi del ricatto?" "Come avrete la forza
di far studiare i vostri figli con questi soldi?" "Non potrete
godervi quei soldi perché noi vi controlleremo". All'appello
rispondono anche i bambini che incoraggiano Farouk a tenere duro.
I bambini hanno avuto un ruolo da protagonisti in questa vicenda, in quanto
hanno avuto il merito di smuovere le coscienze di tutta l'Italia attraverso
disegni, messaggi e poesie di tutti i bambini d'Italia, che sono arrivati
alla scuola elementare di Abbiadoni (un Villaggio tra Arzachena e Porto
Cervo) e dove si è allestita una mostra grazie alla sensibilità
delle maestre di Farouk.
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Tra i messaggi ricordiamo i più significativi:
"Rapitori trattate bene Farouk, non siate violenti e qualche volta
giocate con lui"
Tra le poesie ricordiamo quella di Roberto, intitolata "libertà":
"Sono libero, sono fortunato, posso giocare, posso fare ciò
che desidero lui non è libero, è rinchiuso, è legato,
è triste, non si può muovere, non può giocare, gli
manca la libertà."
Un disegno mostra: un padre, una madre, la sorellina, e un bambino che
cerca disperatamente di restare aggrappato al collo del suo papà.
Il giornalista e scrittore Sergio Zavoli in quell'occasione ha proposto
di stendere lenzuola bianche, come segno di solidarietà nei confronti
della famiglia Kassam, in tutta l'Italia senza distinzione tra nord e
sud , tra ricchi e poveri, tra atei e credenti.
"I teli bianchi avrebbero la forza di un segno, di un evento, umano
e civile, in cui far prevalere l'amore collettivo, dar voce all'indignazione
più grande."
Il rapimento di Farouk si è concluso con il suo rilascio dopo cinque
mesi di prigionia, e tra i motivi del suo rilascio non è da escludere
l'ipotesi di una mediazione tenuta però all'oscuro ai mass media,
così come avveniva in passato, in cui grazie ad una persona ritenuta
imparziale dalle parti si riusciva a porre fine alle faide, alla resa
del bandito e al rilascio degli ostaggi.
BIBLIOGRAFIA:
"La società in Sardegna nei secoli"- Autori vari-
"Il banditismo in Sardegna"- Antonio Pigliaru-
"Sardegna perché banditi"- Manlio Brigaglia-
"Trattato di sociologia generale"- Vilfredo Pareto-
"Violence in Sardinia"- Ferracuti, Wolfgang-
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