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Generalmente la valutazione della mediazione (Umbreit 1994, Umbreit, Warner,
Roberts 1996) si basa sui criteri del consenso/rifiuto di soddisfazione/
insoddisfazione rispetto a gruppi sperimentali e di controllo intervistati
a breve e medio termine con questionario a risposte chiuse.
Nel nostro caso abbiamo ampliato alcuni criteri di verifica del percorso
di mediazione, per adattarli alla nostra impostazione teorico-metodologica
di tipo strategico-interazionista (Ciacci, 1983; De Leo,1991; Patrizi,1998)
e alla fase di sperimentazione che andavamo verificando. Durante la sperimentazione
infatti, abbiamo incontrato una serie di difficoltà legate a una
nuova concezione della giustizia e del suo intervento che risultava sconosciuta
o poco familiare agli utenti, e che inoltre non era di facile coordinazione
con i tempi, gli spazi e le prassi operative del sistema giudiziario minorile
attuale.
Il nodo più rilevante che abbiamo riscontrato è stato il
consenso alla mediazione da parte delle vittime di reato. Queste magari
svolgevano con noi una fase piuttosto lunga di pre-mediazione, fatta di
diversi incontri, ma poi per ragioni diverse non accettavano l'idea di
incontrare direttamente o indirettamente l'autore di reato. Nonostante
ciò, nei nostri follow-up informali durante i colloqui separati
con entrambe le parti e in quelli svolti immediatamente dopo abbiamo osservato
che anche se il percorso di mediazione in senso stretto non si era compiuto,
il nostro lavoro sembrava avere inciso sul conflitto interpersonale e
su quello del microcontesto socio-familiare delle parti.
Riteniamo infatti che il percorso di mediazione, seguendo un funzionamento
sistemico (Cirillo 1990), pur se interrotto, produce comunque dei cambiamenti
nella direzione di una riduzione delle tensioni, attivando nuovi significati
e nuove aperture rispetto al reato e al danno subito, nella direzione
dell'attivazione di responsabilità consapevoli e reciproche e nel
senso dell'empowerment (De Leo, 1996;Bruscaglioni, 1994).
La Sezione di Mediazione Penale Minorile di Roma ( Scardaccione G., Baldry,
A. C., Scali M., 1998; Scali, Volpini 1999a, 1999b) ha svolto quindi una
verifica della sua sperimentazione relativa al periodo 97-99 includendo
il criterio della comunicazione tra utenti, sistema mediazione e sistema
della giustizia; e quello degli effetti del percorso di mediazione.
Attualmente la nostra attività è in una fase di riprogettazione
assieme all'USSM, al Comune e al Tribunale per i Minorenni di Roma per
l'avvio di una fase di intervento vero e proprio. Anche in funzione di
questo, e' stata condotta una valutazione dei risultati ottenuti fino
ad oggi.
Nel presente contributo in particolare verranno brevemente messi in evidenza
e commentati alcuni principali criteri utlizzati e alcuni risultati di
ricerca. Innanzi tutto sono stati analizzati 20 fascicoli dei casi inviati
alla sezione contenenti una scheda informativa di alcuni dati anamnestici
del minore e della vittima, di informazioni relative all'invio del caso,
al lavoro di équipe e all'intervento con gli utenti.
I fascicoli sono stati analizzati attraverso l'analisi del contenuto con
l'analisi delle frequenze percentuali e con un commento descrittivo.
Dei 20 fascicoli aperti, abbiamo lavorato direttamente su 15 casi, mentre
abbiamo fatto consulenza al servizio in 2 casi e in tre situazioni è
avvenuta soltanto la presentazione da parte dell' USSM perché successivamente
non è stato possibile procedere per irreperibilità delle
vittime.
Le vittime inviate sono17 e 20 sono gli autori di reato. Delle prime
il 23,5% (4) sono straniere e dei secondi il 30% (6) degli autori sono
stranieri.
La scelta di lavorare con soggetti stranieri è dovuta principalmente
al fatto di tentare di offrire un'opportunità a questa tipologia
di utenza che non sempre usufruisce delle risorse innovative e promozionali
del processo penale minorile (D.P.R. 448/'88).
In questa sperimentazione abbiamo inoltre scelto di lavorare anche con
soggetti recidivi che sono il 35% (7) del totale. La maggioranza delle
vittime il 58,8% (10) non ha denunciato e/o subito reati in precedenza.
Autore e vittima si conoscevano nel 37,5% (6) dei casi, ed erano sconosciuti
nel 18,75% (3), mentre risultano marginali i reati all'interno dello stesso
gruppo dei pari o con rapporto di parentela 13,5% (2). Per quanto riguarda
la tipologia di reato la maggior parte dei casi sono lesioni gravi nel
37,5% dei casi (6), mentre i furti sono il 18,75% (3).I tipi di provvedimento
all'interno del quale abbiamo prevalentemente lavorato sono stati l'art.28,
art.30, art.47 .Il momento processuale in cui è avvenuto l'invio
è in prevalenza in funzione del rinvio a giudizio, il 53,3% (8)
mentre il 40% (6) è stato inviato in fase di esecuzione della pena.
I criteri utilizzati per la griglia di analisi dei fascicoli comprendono
1) la qualità del rapporto instaurata tra utenti ed operatori della
sezione, 2) la qualità del rapporto instaurata con i servizi della
giustizia, 3) la percezione del percorso di mediazione, 4) l'elaborazione
del reato 5) i risultati ottenuti
1) Questo livello è stato ulteriormente scomposto in :
analisi della domanda dell'utenza:
a) sostegno psicologico
b) ascolto
c) riflessione sul senso e il significato della mediazione
d) mediatori come "intermediari" con il sistema della giustizia
relazioni instaurate con i mediatori :
a) senso di accoglienza degli operatori verso gli utenti
b) chiarezza e soddisfazione per le informazioni ricevute
c) emozioni legate al rapporto con gli operatori per il lavoro svolto
Le aspettative nei confronti degli operatori dell'équipe non sono
mai espresse in modo esplicito e chiaro, ma emergono implicitamente nella
domanda degli utenti.
Uno spazio in cui parlare è ritenuto rilevante, in particolare
da parte delle vittime e le loro famiglie.
Alcuni familiari degli autori di reato ritengono invece utile un ascolto
del figlio che gli permetta di non irrigidirsi rispetto ai fatti commessi.
Nella domanda degli utenti emerge l'esigenza di essere informati e di
riflettere sul senso della mediazione rispetto alla possibilità
di incontrare per esempio l'autore di reato per avere spiegazioni sul
reato subito. Nel caso degli autori di reato questo tipo di riflessione
permette di approfondire la loro disponibilità e motivazione per
questo intervento.
Un altro ruolo importante attribuito ai mediatori è quello di potere
essere dei referenti che pongono domande all'altra parte, o che sondano
la disponibilità dell'altro ad un incontro di mediazione.
Gli aspetti relazionali che le vittime hanno colto degli operatori sono
di disponibilità all'ascolto, espressa in tre casi esplicitamente,
e negli altri casi rilevabile dal bisogno manifestato dalle vittime di
parlare dell'accaduto.
Molto apprezzata è stata la chiarezza espressa rispetto al "contratto"
di percorso, anche se non sempre condiviso dalle parti.
I vissuti riguardanti il rapporto con i mediatori sono per lo più
impliciti. In tre casi gli utenti hanno riferito di essere stati sostenuti
per affrontare più serenamente il processo, oppure di avere recuperato
uno stile di vita nuovamente "normale" . In un altro caso, viene
espresso il dispiacere per la conclusione del rapporto con le mediatrici.
2) Il rapporto degli utenti con il Tribunale per i Minorenni e con l'Ufficio
di Servizio Sociale della Giustizia minorile è stato scomposto:
Per la vittima
a) vissuti legati al momento processuale
b) richiesta di assistenza alle udienze
c) garanzia di risposte adeguate al reato subito
d) valutazione positiva e negativa nei confronti del processo penale minorile
Per l'autore di reato
a) vissuti legati al processo
b) sicurezza della risposta giudiziaria
Le vittime esprimono in larga maggioranza una forte domanda di giustizia,
con aspettattive rispetto al processo minorile, anche se c'è la
consapevolezza di un minor peso della vittima rispetto all'autore di reato
nel sistema minorile.
Quasi tutte le vittime sono piuttosto sfiduciate verso il processo minorile
soprattutto rispetto alla risposta giudiziaria. Il momento dell'udienza
risulta particolarmente delicato per questi soggetti perché è
in questo momento processuale che sentono di non essere né sostenute
né ascoltate rispetto al danni subiti.
Gli autori di reato, in particolare se di origine straniera, temono la
sanzione e ne hanno paura, anche per il dispiacere (in un caso) di lasciare
i propri familiari.
Nei gravi reati come omicidio o lesioni gravi, il minore si affida alla
giustizia per avere una risposta certa rispetto ai fatti commessi. In
questi casi, almeno due i minori hanno rifiutato la messa alla prova a
favore di una risposta che fosse più accettabile per la vittima
e il suo senso di giustizia.
3) Il rapporto degli utenti (vittima e autore di reato) con la mediazione
è stato analizzato dal punto di vista della mediazione come strumento
per avere dei vantaggi :
Per la vittima
a) essere maggiormente informati sul processo minorile ed assumervi un
ruolo attivo
b) ottenere risposte alle proprie domande legate al reato
c) ristabilire una comunicazione anche indiretta con il reo
d) avere un senso di garanzia e legittimazione maggiore
e) avere maggiore senso di giustizia
Per l'autore di reato
a) favorire la buona riuscita del processo e dell'intervento penale
b) responsabilizzare l'autore di reato rispetto all'azione commessa
Le vittime generalmente non hanno una percezione differenziata e immediatamente
consapevole dei vantaggi che può produrre il percorso di mediazione.
La maggior parte di loro considera in particolare i vantaggi rispetto
al processo minorile, piuttosto che rispetto al reo.
Gli autori di reato, non hanno espresso particolare utilità della
mediazione sul piano della legittimazione o del senso di giustizia, mentre
erano molto interessati alla possibilità di riconciliazione con
la vittima di reato, in particolare nei casi di gravi reati dove è
più forte il bisogno di scusarsi per il danno causato.
4a) L'elaborazione dell'azione reato da parte della vittima:
a) Vissuti
b) Riconoscimento di un proprio ruolo attivo nella dinamica del reato
c) Cambiamento del proprio stile di vita dopo il reato
d) Coinvolgimento della famiglia e della comunità a seguito del
reato
e) Cambiamento del proprio stile di vita
f) Capacità di riflessione sul reato
g) Richiesta di riparazione e risarcimento
Spesso sono le famiglie, in particolare le madri delle vittime a farsi
portavoce dei vissuti relativi al danno subito dai figli. Le emozioni
prevalenti sono la rabbia e il dolore, che in almeno tre casi, permangono
per molto tempo. Il vissuto di chiusura è presente per i fatti
sentiti come gravi, anche se non sono tali da un punto di vista del codice
penale.
Nella nostra esperienza, in nessun caso le vittime si rendono disponibili
ad una riattivazione della comunicazione con i minori autori di reato,
almeno esplicitamente. In particolare sono curiose e bisognose di avere
delle spiegazioni in merito ai fatti da parte di chi li ha commessi direttamente,
anche se non sono stati tali da richiedere un incontro di mediazione diretta.
La capacità di riflettere sul reato viene osservato direttamente
dalle vittime, che si rendono conto di avere raggiunto un maggior senso
di sicurezza e di non avere più paura del reo.
4b) L'elaborazione dell'azione reato da parte dell'autore.
a) vissuti legati al reato
b) coinvolgimento della famiglia e della comunità dopo il reato
c) consapevolezza del danno
d) desiderio/rifiuto di svolgere attività riparatorie nei confronti
della vittima
e) maggiore capacità di riflessione del reato commesso
Il reato e le sue conseguenze produce vissuti diversi che variano anche
a seconda della tipologia dei fatti commessi.
Il coinvolgimento dei sistemi significativi di riferimento del minore,
comporta una sorta di gruppo di auto aiuto (Madanes,1997) nel senso dell'apertura
e dell'elaborazione dei fatti.
A differenza di quanto evidenziato per le vittime, gli imputati, si aspettano
di incontrarle anche se ciascuno con motivazioni diverse. In un caso un
reo considera l'incontro diretto come un momento per esporre le proprie
ragioni. In altri casi incontrare la vittima significa avere la possibilità
di spiegarsi e scusarsi per l'accaduto.
4) Il livello dei risultati della mediazione è stato scomposto
in:
a) consenso alla mediazione
b) nodi critici del percorso di mediazione
c) effetti della mediazione
Il consenso alla mediazione è stato dato da la maggioranza dei
rei e da una parte esigua della viitime su cui si è lavorato in
termini di mediazione indiretta.
La fase di pre-mediazione ha riscontrato dei livelli critici che in molti
casi ha portato ad interrompere il lavoro di mediazione.
I nodi critici principali hanno riguardato nel 23,6% (4)la non disponibilità
della vittima alla mediazione, la gravità del reato nel 17, 6%
(3), la presenza di un procedimento amministrativo di risarcimento da
parte della vittima, parallelo al lavoro di mediazione 11,8% (2).
In fase di pre-mediazione abbiamo riscontrato una articolata tipologia
di effetti: efffetti sulla relazione tra le parti 20% (3), effetti sulla
dinamica processuale 13,3% (2), effetti sull'autore del reato 40,0% (6),
effetti sulla vittima nel 13,3% (2) dei casi, ed effetti sulla dinamica
inter e intrafamiliare nel 14,4% (2). Tutti gli effetti vanno nella direzione
di una riduzione della conflittualità fra le parti direttamente
coinvolte e fra i sistemi allargati di cui fanno parte. Nel caso di due
autori di reato stranieri, gli effetti della mediazione hanno avuto un
effetto anche all'interno della propria famiglia, si è potuto così
parlare del reato e considerare i "danni" indiretti che hanno
coinvolto le relazioni sociali delle famiglie di quei minori
Per concludere ci sembra utile sottolineare che la mediazione è
un percorso complesso che include dei vantaggi e produce effetti non solo
per coloro che concludono il percorso attraverso un incontro diretto,
ma anche per coloro, che per differenti ragioni e complesse ragioni che
non sono oggetto di questo contributo (De Leo, 1998), si sentono di intraprendere
quest'ultima fase di lavoro.
Bibliografia
Bruscaglioni M. , Formazione empowerment , Adultità, 2, pp. 33-44,
1994.
Ciacci M. , L'interazionismo simbolico, Bologna, Il Mulino, 1983.
Cirillo S. Il cambiamento nei contesti non terapeutici, Raffaello Cortina,
Milano, 1990.
De Leo G., La devianza minorile, Roma, NIS, 1990.
De Leo G., Psicologia della responsabilità, Roma-Bari, La Terza,
1996.
De Leo G. I possibili significati della mediazione penale nella cultura
dei servizi dentro e fuori il mondo della giustizia, in La mediazione
penale. Ipotesi di intervento nella giustizia minorile, Milano, Giuffrè,
1998.
Madanes C., "Storie di psicoterapia", in P. Watzlawick , G.
Nardone (a cura di), Terapia breve strategica, R. Cortina, Milano, 1997.
Patrizi P. Verso una processualità interattiva delle responsabilità,
in Psicologia giuridica della responsabilità a cura di Gulotta
G., Zettin M.Giuffrè, Milano, 1998.
Scali M., Volpini L., "Le principali caratteristiche dell'intervento
della Sezione di Mediazione Penale Minorile", Minorigiustizia,.2.,
pp. 150-162, 1999a.
Scali M., Volpini L., "La mediazione nell'esperienza della Sezione
di Mediazione Penale Minorile di Roma", Ecologia della mente, vol.
22, n. 1, pp. 71-86, 1999b
Scardaccione G., Baldry, A. C., Scali M., La mediazione penale. Ipotesi
di intervento nella giustizia minorile, Milano, Giuffrè, 1998.
Nardone G., Watzlawick P., L'arte del cambiamento: manuale di terapia
strategica e ipnoterapia senza trance, Ponte alla Grazie, Firenze, 1990.
Umbreit M.S. Victim meets Offender, Criminal justice System Press, 1994.
Umbreit M.S. Mediation of criminal conflict in England: an assessment
of services of coventry and Leeds, Center of Restorative Justice and Mediation,
Minnesota, 1996.
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