Se esiste un dato certo che si può estrapolare dai recenti eventi di guerra, questo è sicuramente il mancato funzionamento, o meglio la vera e propria crisi, delle organizzazioni internazionali. L’emergenza internazionale legata all’Iraq ha sicuramente evidenziato le carenze, i problemi mai risolti e le contrapposizioni all’interno dell’ONU e dell’Unione Europea.
In particolare, nell’ambito delle Nazioni Unite, ancora una volta il gioco dei “veti” da parte dei membri permanenti (USA, GB, Russia, Cina e Francia) ha impedito che si riuscisse a trovare una soluzione diplomatica alla questione. Alla luce di queste vicende viene spontaneo chiedersi se oggi, all’inizio del III millennio, abbia ancora senso che in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, tra i quindici membri partecipanti, debbano ancora esserci 5 Paesi dotati di privilegi ormai anacronistici, quali la presenza permanente e, soprattutto, il cosiddetto potere di veto. L’esercizio di quest’ultimo è infatti una delle cause principali dei mancati accordi sulle deliberazioni da adottare da parte della più importante Organizzazione mondiale.
Se a New York le cose non vanno bene per la Comunità internazionale, anche da questa parte
dell’Atlantico siamo molto lontani dalla manifestazione di una volontà che sia espressione
comune di tutti i Paesi dell’Unione Europea. Quest’ultima ha riscosso indubbiamente grandi
successi da un punto di vista strettamente economico. Basti pensare, da ultimo, alla “rivoluzione”
che essa è stata in grado di realizzare attraverso l’adozione di una moneta comune, sia
pure, anche in questo caso, con qualche dissenso che non aveva motivo di esistere, come quello del
Regno Unito. Ma dal punto di vista politico, la rigidità e la contrapposizione di interessi
delle Nazioni facenti parte dell’Unione hanno decretato sicuramente un insuccesso clamoroso
dell’Organizzazione europea.
Difficilmente gli organi politici dell’ex CEE sono riusciti a trovare un accordo sulle questioni
importanti e urgenti. Ciò ha chiaramente compromesso la stessa identità dell’Unione
di cui fa parte anche il nostro Paese. Questi problemi hanno motivazioni giuridiche che non tutti
conoscono. Infatti, la funzione legislativa in ambito UE è attribuita al Consiglio dei Ministri
dell’Unione, il quale è formato dai rappresentanti degli Esecutivi nazionali. Il Parlamento
europea, che viene eletto dal nostro voto ogni cinque anni, ha sostanzialmente funzioni esclusivamente
consultive, perché si limita a fornire pareri, anche se spesso vincolanti, sulle proposte di
legge decise dal Consiglio. Questa circostanza per la quale le “leggi” europee (Regolamenti,
Decisioni e Direttive) sono emanate da un organo che è espressione dei Governi nazionali e
non delle Assemblee liberamente elette dal popolo, non è senza ripercussioni nel processo di
graduale unione politica dell’Europa. Ci sono molte remore da parte degli addetti ai lavori,
ma anche da parte degli osservatori politici imparziali, ad affidare poteri più stringenti
agli organi dell’UE, quando un atto comunitario potrebbe essere emanato da una maggioranza ristretta
di Ministri, essi stessi espressione delle maggioranze parlamentari nazionali. E’ una considerazione
importante, soprattutto se si pensa al fatto che generalmente i Provvedimenti
dell’Unione Europea entrano direttamente in vigore negli ordinamenti giuridici degli Stati
membri senza la necessità di un atto interno di ricezione.
Un articolo sul ruolo delle organizzazioni internazionali inserita da SteveRound il : 15/04/2003