NORMATIVA STATALE
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Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29

Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e
revisione della disciplina in materia di pubblico impiego,
a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421
(coordinato con i decreti legislativi 31 marzo 1998 n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 287)

1. Finalità ed ambito di applicazione

1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi della Comunità Europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici e ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato.

2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti. I princìpi desumibili dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, costituiscono altresì, per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

2. Fonti

1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri:
a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all’atto della definizione dei programmi operativi e dell’assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e a eventuale revisione;
b) ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell’articolo 4, comma 2;
c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, e interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici;
d) garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, anche attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini e attribuzione a un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso;
e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell’utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell’Unione europea.

2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del Codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto legislativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.

3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 49, comma 2. L’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall’entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici pi favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono, incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva

4. (omissis)

5. (omissis)

3. Indirizzo politico-amministrativo; funzioni e responsabilità
(si vedano in proposito l'articolo 51, comma 3, della legge n. 142 del 1990 e l'articolo 45 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare e adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. A essi spettano, in particolare:

a) le decisioni in materia di atti normativi e l’adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo e applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni e atti analoghi a essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti e al Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.

2. Ai dirigenti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e a opera di specifiche disposizioni legislative.

4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro.

4. Potere di organizzazione

1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare l’attuazione dei principi di cui all’articolo 2, comma 1 e la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa.

2. Nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’articolo 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.

3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai principi indicati all’articolo 2, comma 1, anche al fine di proporre l’adozione di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l’adozione delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.

5. Criteri di organizzazione (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1988)

6. Individuazione di uffici e piante organiche

1. Nelle amministrazioni pubbliche l’organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all’articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa informazione alle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 47-bis. Le amministrazioni pubbliche curano l’ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale.

2. (omissis)

3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni amministrazione procede adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.

4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate dall’organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale. Per le amministrazioni dello Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di personale è deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

5. (omissis)

6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo e a quelli previsti dall’articolo 31, non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette

7. Gestione delle risorse umane

1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro.

2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca.

3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.

4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali garantendo altresì l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione.

5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.

6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
(si veda in proposito la Circolare del Ministero dell'interno n. 15700 del 23 settembre 1997)

8 (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

da 9 a 11 (omissis)

12. Ufficio relazioni con il pubblico

1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, individuano, nell'ambito della propria struttura e nel contesto della ridefinizione degli uffici di cui all'articolo 31, uffici per le relazioni con il pubblico.

2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241;
b) all'informazione all'utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti;
c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l'utenza.

3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell'ambito delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato da apposita formazione.

4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano iniziative di comunicazione di pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per l'attuazione delle iniziative individuate nell'ambito delle proprie competenze, si avvalgono del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e servizi, da sottoporre all'approvazione del Presidente del Consiglio dei Ministri.

5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, non si applicano le norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario.

5-bis. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e il personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure e all'incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell'amministrazione e ai documenti amministrativi.

5-ter. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione o dell'ente verifica l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di cui al comma 5-bis, ai fini dell'inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella progressione in carriera del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di una adeguata pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme di pubblicazione.

5-quater. Le disposizioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter, a decorrere dal 1 luglio 1997, sono estese a tutto il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche.
(i commi 5-bis, 5-ter e 5 quater sono stati introdotti dall'art. 3 del d.l. n. 163 del 1995, convertito dalla legge n. 273 del 1995)

12-bis. Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro

1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti, a organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l’efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Pi amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune.

13. Amministrazioni destinatarie

1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo.

da 14 a 18 (omissis)

19. Incarichi di funzioni dirigenziali

1. Per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale e per il passaggio a incarichi di funzioni dirigenziali diverse, si tiene conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente, anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza, applicando di norma il criterio della rotazione degli incarichi. Al conferimento degli incarichi e al passaggio a incarichi diversi non si applica l’articolo 2103, primo comma, del Codice civile.

2. Tutti gli incarichi di direzione degli uffici delle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, sono conferiti a tempo determinato, secondo le disposizioni del presente articolo. Gli incarichi hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a sette anni, con facoltà di rinnovo. Sono definiti contrattualmente per ciascun incarico, l'oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell'incarico, salvi i casi di revoca di cui all'articolo 21, nonché il corrispondente trattamento economico, quest'ultimo è regolato ai sensi dell’articolo 24 e ha carattere onnicomprensivo.

3. Gli incarichi di segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con d.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo unico di cui al successivo articolo 23 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.

4. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale sono conferiti con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo unico di cui all’articolo 23 o, in misura non superiore a un terzo, a dirigenti del medesimo ruolo unico ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.

5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera c).

6. Gli incarichi di cui ai commi precedenti possono essere conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del 5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, o provenienti dai settori della ricerca; della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.

7. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione, disciplinate dall’articolo 21, ovvero, nel caso di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui al comma 2 dell’articolo 24.

8. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui al comma 3 possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati entro novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Decorso tale termine, gli incarichi per i quali non si sia provveduto, si intendono confermati fino alla loro naturale scadenza.

9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai titoli e alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.

10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall’ordinamento. La modalità per l’utilizzazione dei predetti dirigenti, sono stabilite con il regolamento di cui all’articolo 23, comma 3.

11. (omissis)

12. Per il personale di cui all’articolo 2, comma 4, il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà a essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore.

20. Verifica dei risultati.

1 > 7 (abrogati dall'articolo 10 del d. lgs. n. 286 del 1999)

8. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, le operazioni di cui al comma 2 sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal Consiglio dei Ministri per i dirigenti generali. I termini e le modalità di attuazione del procedimento di verifica dei risultati da parte del Ministro competente e del Consiglio dei Ministri sono stabiliti rispettivamente con regolamento ministeriale e con d.P.R. da adottarsi entro sei mesi, ai sensi dell'art. 17, legge 23 agosto 1988, n. 400.

9. 10. 11. (abrogati dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

21. Responsabile dirigenziali

1. I risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione o il mancato raggiungimento degli obiettivi, valutati con i sistemi e le garanzie determinati con i decreti legislativi di cui all’articolo 17 della legge n. 59 del 1997, comportano per il dirigente interessato la revoca dell’incarico, adottata con le procedure previste dall’articolo 19, e la destinazione ad altro incarico, anche tra quelli di cui all’articolo 16, comma 10 presso la medesima amministrazione ovvero presso altra amministrazione che vi abbia interesse.

2. Nel caso di grave inosservanza delle direttive impartite dall’organo competente o di ripetuta valutazione negativa, ai sensi del comma 1, il dirigente, previa contestazione e contraddittorio, può essere escluso dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato, per un periodo non inferiore a due anni. Nei casi di maggiore gravità, l’amministrazione può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le disposizioni del Codice civile e dei contratti collettivi.

3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono adottati previo conforme parere di un comitato di garanti, i cui componenti sono nominati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Il comitato è presieduto da un magistrato della Corte dei conti, con esperienza nel controllo di gestione, designato dal presidente della Corte dei conti; di esso fanno parte un dirigente della prima fascia del ruolo unico di cui all’articolo 23, eletto dai dirigenti del medesimo ruolo con le modalità stabilite dal regolamento di cui al comma 3 del medesimo articolo e collocato fuori ruolo per la durata del mandato, e un esperto scelto dal presidente del Consiglio dei ministri, tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell’organizzazione amministrativa e del lavoro pubblico. Il parere viene reso entro trenta giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere. Il comitato dura in carica tre anni. L’incarico non è rinnovabile.

4. In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi di cui all’articolo 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ai fini di cui al presente articolo la valutazione dei risultati negativi viene effettuata nelle forme previste dall’articolo 20.

5. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche dirigenziali delle forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia e delle Forze armate.

22 (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

23 (omissis)

24. Trattamento economico

1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite alle connesse responsabilità. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita, ai sensi dell’articolo 3, con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti, ferma restando comunque l’osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro del Tesoro.

2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 19, con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione, e i relativi importi.

3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico a essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.

4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dal comma 4 dell’articolo 2, la retribuzione è determinata ai sensi dei commi 5 e 7 dell’articolo 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216.

5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell’ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di cui all’articolo 2, commi 4 e 5 del presente decreto, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell’articolo 1, comma 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334.

6. (omissis)

7. I componenti spettanti in base a norme speciali ai dirigenti del ruolo unico o equiparati sono assorbiti nel trattamento economico attribuito ai sensi dei commi precedenti.

8. Ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio le risorse che si rendono disponibili ai sensi del comma 7 confluiscono in appositi fondi istituiti presso ciascuna amministrazione, unitamente agli altri compensi previsti dal presente articolo.

9. Una quota pari al 10 per cento delle risorse di ciascun fondo confluisce in un apposito fondo costituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Le predette quote sono ridistribuite tra i fondi di cui al comma 8, secondo criteri diretti ad armonizzare la quantità di risorse disponibili.

25, 26 e 27 (omissis)

27-bis. Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali

1. Le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’articolo 3 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.

2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono, entro due mesi dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni e i provvedimenti adottati in attuazione del medesimo comma alla presidenza del Consiglio dei ministri che ne cura la raccolta e la pubblicazione.

28. Accesso alla qualifica di dirigente

1. L’accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle amministrazioni statali, anche a ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami.

2. In sede di programmazione del fabbisogno di personale di cui all’articolo 39 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, sono determinati i posti di dirigente da coprire con due distinte procedure concorsuali, cui possono rispettivamente partecipare:

a) i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell’articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni;
b) i soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica e la Scuola superiore della Pubblica amministrazione. Sono ammessi, altresì, soggetti in possesso della qualifica di dirigente in strutture private, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno cinque anni le funzioni dirigenziali.

3. Con regolamento governativo di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, sentita la Scuola superiore della pubblica amministrazione, distintamente per i concorsi di cui alle lettere a) e b) del comma 2:

a) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici;
b) le modalità di svolgimento delle selezioni.

4. I vincitori dei concorsi di cui al comma 1, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 29, comma 5. Tale ciclo comprende anche l'applicazione presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Per i vincitori dei concorsi di cui alla lettera a) del comma 2, il regolamento può prevedere che il ciclo formativo, di durata complessivamente non superiore a dodici mesi, si svolga anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.

5. Ai vincitori dei concorsi di cui al comma 1, sino al conferimento del primo incarico, spetta il trattamento economico appositamente determinato dai contratti collettivi.

6. I concorsi di cui al comma 2 sono indetti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Gli enti pubblici non economici provvedono a bandire direttamente i concorsi di cui alla lettera a) del comma 2.

7. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso delle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e dei Vigili del fuoco.

29 (omissis)

30 (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

31 (omissis)

32 (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

33. Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse

1. Nell’ambito del medesimo comparto le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza.

2. Il trasferimento di personale fra comparti diversi avviene a seguito di apposito accordo stipulato fra le amministrazioni con il quale sono indicate le modalità e i criteri per il trasferimento dei lavoratori in possesso di specifiche professionalità, tenuto conto di quanto stabilito ai sensi del comma 3.

3. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dai commi precedenti.

33-bis Temporaneo servizio all'estero (omissis)

34. Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività

1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’articolo 2112 del Codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.

35. Eccedenze di personale e mobilità collettiva

1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223 e in particolare il comma 11 dell’articolo 4 e i commi 1 e 2 dell’articolo 5.

2. Il presente articolo trova applicazione quando l’eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell'arco di un anno. In caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8.

3. La comunicazione preventiva di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223 viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. La comunicazione deve contenere l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all’interno della medesima amministrazione; del numero, della collocazione, delle qualifiche del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione delle proposte medesime.

4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede all’esame delle cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L’esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell’ambito della Provincia o in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all’esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall’amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.

5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del consiglio, con l’assistenza dell’Aran, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.

6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell’ambito della Provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell’articolo 33.

7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.

8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro, e il lavoratore ha diritto a una indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento ... dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

35-bis. Gestione del personale in disponibilità

1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi.

2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica della presidenza del Consiglio forma e gestisce l’elenco avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l’elenco di cui al comma 3.

3. Per le altre amministrazioni, l’elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, alle quali sono affidate i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale. Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2.

4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all’indennità di cui al comma 8 dell’articolo 35 per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto nell’articolo 35. Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall’amministrazione di appartenenza all’ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità.

5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi del precedente articolo o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale in particolare mediante mobilità volontaria.

6. Nell’ambito della programmazione triennale del personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco.

7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzati per la formazione e la riqualificazione del personale nell’esercizio successivo.

8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 e successive modificazioni e integrazioni, relative al collocamento in disponibilità presso gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto.

36. Reclutamento del personale

1. L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.

2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all’articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato dall’articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle forze dell’ordine, del corpo nazionale dei Vigili del fuoco e del personale della polizia municipale deceduto nell’espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.

3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità, e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.

4. Le determinazioni relative all’avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l’avvio delle procedure è subordinato alla previa deliberazione del Consiglio dei ministri adottata ai sensi dell’articolo 39, comma 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate dal presidente del Consiglio dei ministri. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per l’accesso alle varie professionalità.

6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all’articolo 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53.

7. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal Codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro e degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, dall’articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall’articolo 3 del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall’articolo 16 del decreto legge 16 maggio 1994 n. 299 convertito con modificazioni nella legge 19 luglio 1994 n. 451, dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina.

8. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa, è riconosciuto altresì il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

36-bis. Norme sul reclutamento per gli enti locali

1. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazione organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati nell’articolo 36.

2. Nei Comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per l’assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o stagionali secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell’articolo 36.

36-ter. Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei concorsi pubblici

1. A decorrere dal 1 gennaio 2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche pi diffuse e di almeno una lingua straniera.

2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'articolo 28 definisce il livello di conoscenza richiesto e le modalità per il relativo accertamento.

3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono stabiliti i livelli di conoscenza, anche in relazione alla professionalità cui si riferisce il bando, e le modalità per l'accertamento della conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce altresì i casi nei quali il comma 1 non si applica.

37 (omissis)

38 e 39 (abrogati dall'articolo 11, comma 7, della legge n. 59 del 1997)

40 e 41 (abrogati dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

42 (omissis)

43 e 44 (abrogati dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

da 45 a 54 (omissis)

55. Disciplina del rapporto di lavoro

1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni dell'art. 2, commi 2, 3 e 4.

2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.

56. Disciplina delle mansioni

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non pi di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini precedenti, solo l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.

4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.

5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.

57 (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

58. Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi

1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli da 89 a 93 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, agli articoli da 68 a 70 della legge 11 luglio 1980, n. 312, e successive modificazioni, all'art. 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed all'art. 1, comma 9, del decreto-legge 30 dicembre 1992, n. 510. La disciplina stabilita dall'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, si applica, in quanto compatibile, all'esercizio di attività professionale da parte del personale medico delle amministrazioni dello Stato non appartenente a corpi militari o di polizia.

2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati.

3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il termine di centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono emanate norme dirette a determinare gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.

4. Decorso il termine, di cui al comma 3, l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative.

5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione.

6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del presente decreto legislativo, compresi quelli di cui all’articolo 2, commi 4 e 5 dello stesso decreto legislativo, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti:

a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
c) dalla partecipazione a convegni e seminari;
d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso di essi distaccati o in aspettativa non retribuita.

7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti, che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le pi gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato a incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le pi gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l’importo previsto come corrispettivo dell’incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell’amministrazione conferente, è trasferito all’amministrazione di appartenenza del dipendente a incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell’articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 1997, n. 140. All’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni provvede il ministero delle Finanze, avvalendosi della Guardia di Finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del ministero delle Finanze.

10. L’autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all’amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l’incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L’amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l’autorizzazione è subordinata all’intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l’amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall’intesa se l’amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell’amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l’autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.

11. Entro il 30 aprile di ciascun anno i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell’anno precedente.

12. Entro il 30 giugno di ciascun anno le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l’elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell’anno precedente, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L’elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell’autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell’amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell’anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.

13. Entro lo stesso termine di cui al comma precedente le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all’anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11.

14. Al fine della verifica dell’applicazione delle norme di cui all’articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della Funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d’ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti.

15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi 11, 12, 13 e 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9.

16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.

58-bis. Codice di comportamento

1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 47-bis del presente decreto, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini.

2. Il codice viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente all’atto dell’assunzione.

3. Le pubbliche amministrazioni formulano all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni indirizzi, ai sensi dell’articolo 46, comma 2 e dell’articolo 73, comma 5 del presente decreto, affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi principi vengano coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.

4. Per ciascuna magistratura e per l’Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano, entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un codice etico che viene sottoposto all’adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. Decorso inutilmente detto termine, il codice è adottato dall’organo di autogoverno.

5. Entro il 31 dicembre 1998 l’organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione, verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 47-bis e le associazioni di utenti e consumatori, l’applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell’adozione di uno specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.

6. Sull’applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.

7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo.

59. Sanzioni disciplinari e responsabilità

1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.

3. Salvo quanto previsto dagli articoli 20, comma 1, e 58, comma 1 e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente a opera dei codici di comportamento di cui all’articolo 58 bis, la tipologia e l'entità delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.

4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.

5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell'addebito al dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi quindici giorni.

6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta, ma in tal caso non è pi suscettibile di impugnazione.

7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dipendente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, può impugnarla dinanzi al collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante tale periodo la sanzione resta sospesa.

8. Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti dell'amministrazione e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei dipendenti, che, di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo, l'amministrazione richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne garantiscano l'imparzialità.

9. Pi amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento nel rispetto dei princìpi di cui ai precedenti commi.

10. (omissis)

59-bis. Impugnazione delle sanzioni disciplinari

1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui all’articolo 69-bis del presente decreto, con le modalità e con gli effetti di cui all’articolo 7, commi 6 e 7, della legge 20 maggio 1970, n. 300.

60. Orario di servizio e orario di lavoro

1. L'orario di servizio si articola di norma su sei giorni, dei quali cinque anche nelle ore pomeridiane, in attuazione dei princìpi generali di cui al titolo I e al fine di corrispondere alle esigenze dell'utenza. Sono fatte salve le particolari esigenze dei servizi che richiedano orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana e quelle delle istituzioni scolastiche.

2. L'orario di lavoro, nell'ambito dell'orario d'obbligo contrattuale, è funzionale all'orario di servizio.

61. Pari opportunità (omissis)

62. (abrogato dall'articolo 43 del d. lgs. n. 80 del 1998)

63. Finalità (omissis)

64. Rilevazione dei costi (omissis)

65. Controllo del costo del lavoro (omissis)

66. Interventi correttivi del costo del personale (omissis)

67. Commissario del Governo (omissis)

68. Controversie relative ai rapporti di lavoro

1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.

2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelari. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.

3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall’Aran o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all’articolo 45 e seguenti del presente decreto.

4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2 commi 4 e 5 del presente decreto, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessiª.

5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 il ricorso per Cassazione è ammesso anche per violazione o falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di cui all’articolo 45.

68-bis. Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi

1. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all’articolo 68, è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo sottoscritto dall’Aran - ai sensi dell’articolo 45 e seguenti del presente decreto legislativo, il giudice, con ordinanza non impugnabile nella quale indica la questione da risolvere e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria, dell’ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all’Aran, e fissa, non prima di centoventi giorni, una nuova udienza di discussione.

2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l’Aran convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull’interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa. All’accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell’articolo 53. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione, in mancanza di accordo la procedura si intende conclusa.

3. Se non interviene l’accordo sull’interpretazione o la modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo, se necessario, distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa. La sentenza è impugnabile, soltanto con ricorso per Cassazione, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza. Il ricorso per Cassazione sospende il processo. Oltre che nei casi di cui all’articolo 360 del Codice di procedura civile, il ricorso è ammesso anche per violazione o falsa applicazione delle disposizioni dei contratti o accordi collettivi.

4. In pendenza del giudizio di Cassazione, possono essere sospesi i processi, la cui definizione dipende dalla medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi.

5. L’Aran e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall’articolo 419 c.p.c. e qualora siano intervenute sono legittimate a impugnare la sentenza ai sensi del comma 3. Possono, in ogni caso, presentare memorie sia nel giudizio di merito che in quello per Cassazione.

6. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle parti del giudizio di merito entro il termine perentorio di giorni sessanta dalla comunicazione della sentenza della Corte di Cassazione. In caso di estinzione del processo per qualsiasi causa, la sentenza della Corte conserva i suoi effetti.

7. Quando in altri processi è richiesta l’applicazione delle medesime clausole di contratti o accordi collettivi sulle quali la Corte si è pronunciata ai sensi del presente articolo, il giudice, se non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, decide sulla questione con sentenza, impartendo, ove necessario, distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa. La sentenza è impugnabile solo con ricorso per Cassazione, ai sensi del comma 3.

8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del presente articolo, può condannare la parte soccombente a norma dell’articolo 96 Codice di procedura civile anche in assenza di istanza di parte.

69. Tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali

1. Per le controversie individuali di cui all’articolo 68, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’articolo 410 Codice di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti collettivi ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all’articolo 69-bis, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.

2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.

3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all'articolo 69-bis, commi 2 e 3, o che la domanda giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del tentativo sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Si applica il comma secondo e quinto dell’articolo 412-bis del Codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata proposta la domanda in violazione dell’articolo 410 Codice di procedura civile, con l’atto di riassunzione o con memoria depositata in Cancelleria almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d’ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all'articolo 308 del codice di procedura civile.

3-bis. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica ed il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede, mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le Commissioni di conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la tempestiva realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato.
(il comma 3-bis è stato introdotto dall'articolo 45, comma 22, della legge 23 dicembre 1998, n. 448)

69-bis. Collegio di conciliazione

1. Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’articolo 69 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi a un collegio di conciliazione istituito presso l’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cui circoscrizione si trova l’ufficio cui il lavoratore è addetto ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di conciliazione è promosso dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione è composto dal direttore dell’Ufficio o da un suo delegato, che la presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell’amministrazione.

2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata all’Ufficio presso il quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all’amministrazione di appartenenza.

3. La richiesta deve precisare:
a) l’amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura;
c) l’esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima a un’organizzazione sindacale.

4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l’amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso l’Ufficio osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per l’amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.

5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente a una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le disposizioni dell’articolo 2113 del Codice civile, commi primo, secondo e terzo.

6. Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, il Collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.

7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.

8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al primo comma, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell’articolo 420, commi primo, secondo e terzo del Codice di procedura civile, non può dar luogo a responsabilità amministrativa.

70. Integrazione funzionale del Dipartimento della funzione pubblica ... (omissis)

71. Aspettativa per mandato parlamentare (omissis)

72. Norma transitoria (omissis)

73. Norma finale

1. (omissis)

2. In attesa di una organica normativa nella materia, restano ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, l'esercizio delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad ordini o albi professionali. Il personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale.

3. (omissis)

4. Il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali è disciplinato dai contratti collettivi previsti dal presente decreto.

5. (omissis)

6. (omissis)

6-bis.(omissis)

74. Norme abrogate

1. (omissis)

2. Sono abrograte le disposizioni del capo I, titolo I, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 e successive modificazioni e integrazioni ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli da 4 a 12, nonché 15, 19, 21, 24 e 25, che, nei limiti di rispettiva applicazione, continuano ad applicarsi al personale dirigenziale delle carriere previste dall'articolo 15, comma 1, secondo periodo del presente decreto, l’articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72, il d.P.R. 5 dicembre 1987, n. 551, nonché le altre disposizioni del medesimo decreto n. 748 del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto legislativo.

3. A far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo, ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, non si applicano gli articoli da 100 a 123 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e le disposizioni ad essi collegate. Dalla stessa data sono abrogati gli articoli 22 della legge 29 marzo 1983, n. 93, e 51, commi 8, 9 e 10, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché tutte le restanti disposizioni in materia di sanzioni disciplinari per i pubblici impiegati incompatibili con le disposizioni del presente decreto.

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