next essay indice volumeStudi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36


Claudio Natoli , Gramsci in carcere: le campagne per la liberazione, il partito, l'Internazionale


3. Il 23 marzo 1933 il settimanale della Concentrazione antifascista « la Libertà» , che usciva a Parigi, riportava la notizia che, secondo informazioni provenienti dall'Italia, Gramsci sarebbe morto in prigione:

Il suo nome - scriveva il giornale - si iscrive nel piú puro martirologio dell'antifascismo. Era una squisita intelligenza ed un carattere di ferro, in un corpo fragile. Coltissimo, fu lo spirito che diresse l'« Ordine nuovo» , il piú intellettuale dei giornali comunisti. Contro di lui si sferrò piú cieca e feroce la brutalità degli aguzzini, che oggi, finalmente, ha ragione di lui nella morte54.

L'articolo non suscitava alcuna reazione immediata da parte dei comunisti italiani. Il settimanale dei gruppi di lingua italiana nel Pcf « La Vie Proletarienne» non pubblicava alcun accenno alle condizioni di Gramsci né nel numero del 23 marzo, né in quello uscito nella settimana successiva. A rompere il silenzio era invece il 26 marzo il quotidiano del Pcf « L'Humanité» , che in un allarmato articolo, pur non escludendo del tutto la notizia della morte, scriveva che il « piú amato dei capi del Partito comunista italiano» stava « per morire nelle galere fasciste» . Seguivano una forte denuncia dell'« omicidio premeditato» perpetrato dal regime fascista ed eseguito lentamente attraverso la condanna a vent'anni di prigione e la privazione delle cure indispensabili nel carcere di Turi, e un accostamento dei destini di Th&aumllmann e di Gramsci, che anche in prigione erano rimasti « presenti nella lotta che il proletariato conduce, classe contro classe, contro la borghesia» e della cui vita venivano ritenuti responsabili Hitler e Mussolini55.

Anche nei giorni successivi « L'Humanité» tornava ripetutamente sull'argomento: il 27 marzo ci si appellava alla « solidarietà degli operai francesi e degli altri paesi» per salvare Gramsci « se ancora si è in tempo» , e si sollecitava la sua liberazione attraverso la concessione immediata della libertà condizionale56. Il giorno successivo si denunciava che su Gramsci incombeva la stessa sorte del deputato comunista Lo Sardo deceduto nel carcere di Turi per mancanza di cure, e si sosteneva che solo la liberazione immediata poteva salvargli la vita. Si invitavano pertanto i lavoratori francesi ed emigrati a inviare ordini del giorno di protesta all'ambasciata italiana in Francia, perché solo la solidarietà operaia internazionale avrebbe potuto costringere il governo fascista a liberare Gramsci applicando le leggi da esso stesso emanate57. Il 30 marzo in un altro articolo si tornava a chiedere la concessione della libertà condizionale per le disperate condizioni di salute di Gramsci e si rinnovava l'appello agli operai francesi ed emigrati a organizzare azioni di protesta contro l'assassinio di « questo militante [...] la cui coscienza non si indebolisce, malgrado la morte lenta che lo trascina nella tomba» . 58Infine, il 2 aprile il quotidiano del Pcf dava notizia di una protesta inviata dalla sezione italiana del Sri all'ambasciata italiana a Parigi contro l'assassinio premeditato di Gramsci e di altri militanti della classe operaia, accompagnata dall'impegno a « strappare ai loro boia le vittime del fascismo» . 59Agli articoli de « L'Humanité» seguivano nuove prese di posizione nell'ambito dell'emigrazione antifascista italiana. Il 1° aprile l'« Avanti!» , organo del Psi affiliato alla Ios, scriveva a proposito di Gramsci che ci si trovava di fronte « ad un delitto fascista» contro cui « doveva sollevarsi l'indignata protesta del proletariato del mondo intero» , e che bisognava esigere « la verità su Gramsci e la libertà di Gramsci» , se egli, come tutti si auguravano, fosse stato « ancora in vita» . 60E a distanza di qualche giorno anche « la Libertà» , pur prendendo atto dell'infondatezza delle notizie sulla morte, tornava a denunciare la lenta agonia di Gramsci nel carcere di Turi61.

Era a questo punto che anche il centro estero del Pcd'I rompeva il silenzio fino a quel momento ufficialmente mantenuto a proposito di Gramsci. In un articolo pubblicato il 5 aprile su « La Vie Proletarienne» si denunciava che Gramsci era in « imminente pericolo di vita» e si trovava in carcere in condizioni di estremo esaurimento, senza la possibilità di curarsi, di nutrirsi adeguatamente e di prendere sonno:

Solo l'immediata liberazione - concludeva l'articolo - può salvare Gramsci. Il proletariato deve imporre al fascismo la liberazione di Gramsci. Da ogni riunione operaia, da ogni cantiere, da ogni officina deve giungere ai rappresentanti degli assassini fascisti l'espressione della volontà degli operai italiani immigrati in Francia di impedire questo nuovo delitto contro il proletariato italiano.
Antonio Gramsci deve essere liberato. Gli operai italiani in Francia chiederanno conto ai rappresentanti fascisti della vita di Gramsci.
Nelle manifestazioni antifasciste del 9 e del 21 aprile la liberazione di Antonio Gramsci deve essere reclamata da migliaia di lavoratori62.

Era l'inizio di una campagna per la liberazione di Gramsci che avrebbe dovuto essere condotta in Italia e nell'emigrazione. L'annuncio avveniva a dieci giorni di distanza da una decisione in tal senso adottata il 27 marzo dalla segreteria del Pcd'I.

Si può affermare che il centro estero non aveva previsto prima di quella data di condurre alcuna iniziativa che avesse al centro la liberazione di Gramsci. Alla fine del 1932 si era svolto a Mosca il congresso mondiale del Sri, che aveva sanzionato l'allineamento dell'organizzazione, già da anni in atto, alla linea generale « classe contro classe» . La sezione italiana non si era discostata da questo orientamento generale: al centro degli interventi dei delegati era stata posta l'organizzazione in Italia di proteste di massa, il collegamento con le agitazioni sociali, la lotta contro la socialdemocrazia e per il rovesciamento del fascismo e del capitalismo63. D'altra parte, al congresso non si era ritenuto di dedicare una relazione specifica al fascismo e alle condizioni dei detenuti politici in Italia64, ed i nomi di Gramsci, Terracini e Scoccimarro erano emersi in primo piano solo nell'intervento di Germanetto, che aveva proposto la creazione di una commissione internazionale per la difesa delle vittime del fascismo italiano (che non sembra tuttavia sia stata costituita) e un'azione in favore del comunista svizzero Hofmaier65, di cui il congresso aveva richiesto la liberazione66. Per la verità, malgrado l'immagine ufficiale di una crescita organizzativa del Sri, al congresso non si era potuto evitare di constatare il restringimento delle basi di massa del Sri all'area politica e sindacale dei partiti comunisti. Le ragioni di questo fatto, con un procedimento divenuto usuale in questi anni, erano state attribuite non già alla linea generale del Sri (che era stata pienamente riconfermata), bensí alle insufficienze e agli errori delle singole sezioni nazionali. In particolare, una dura critica era stata rivolta alle insufficienze del « lavoro di massa» di quella italiana e alla mancata utilizzazione delle « possibilità legali e semi-legali» soprattutto all'interno dei sindacati fascisti. Nel contempo era stata ribadita l'indicazione di portare in Italia il centro dell'attività del Soccorso rosso trasferendone all'interno la direzione e facendone un'organizzazione autonoma da quella del Pcd'I, radicata « nei grandi centri industriali, nelle grandi fabbriche, specialmente quelle di guerra» .67

Queste direttive in parte si inserivano in una linea di stretta continuità con gli anni precedenti, ma in parte lasciavano intravedere alcuni spunti (soprattutto in merito all'utilizzazione delle possibilità legali) che potevano essere interpretati come un invito ad individuare nuovi metodi nel « lavoro di massa» e a recuperare un terreno di iniziativa specifica del Soccorso rosso. Era questa la strada che la sezione italiana aveva deciso di intraprendere, uniformandosi del resto a un indirizzo piú generale che il centro estero aveva adottato nella seconda metà del 1932. In una riunione dell'Up del Pcd'I tenutasi il 27 gennaio 1933 si era sottolineata la necessità di modificare i metodi di lavoro del Sr diversificandone la struttura organizzativa da quella del partito e sviluppando al massimo le forme di agitazione legali o semilegali68. Queste direttive erano state fissate in una riunione comune tra l'Up e la sezione del Sr svoltasi lo stesso giorno. In questa sede si era deciso di intensificare una campagna speciale sul confino e sulle carceri, già avviata sul bollettino « L'informazione italiana» , e si era sottolineato che il principale compito del Sr era quello di « migliorare ed estendere l'assistenza alle vittime politiche» utilizzando anche tutte le forme di lavoro e di agitazione legali o semilegali « suscettibili di influenzare le grandi masse e indirizzarle verso le vittime politiche e il loro aiuto» . 69Questo indirizzo era recepito da un documento sulla organizzazione della sezione italiana del Sr definitivamente approvato nella seconda metà di marzo del 1933. Esso individuava « il motivo fondamentale dell'attuale debolezza della sezione italiana del SRI» nei suoi « scarsi contatti con le masse» e criticava la « mentalità settaria che nulla potesse essere organizzato se non in forma cosí illegale come il Partito comunista, e che, perciò, nessun'altra organizzazione potesse esistere senza diventare un doppione del Partito stesso» . La sezione del Sr doveva quindi abbandonare il modello basato sulla « rigidità organizzativa» , sulla « stretta disciplina» e sul « lavoro politico quotidiano» tipico del partito, per divenire un'organizzazione piú larga basata su comitati locali composti da lavoratori « che anche saltuariamente svolgono un qualunque lavoro organizzato per la difesa delle vittime» . In questa ottica dovevano essere privilegiate le « forme di aiuto elementari, particolarmente l'aiuto alle famiglie delle vittime, che non possono in alcun modo essere colpite come reato» , avendo come obiettivo sia la difesa dei condannati dal Tribunale speciale, sia dei lavoratori protagonisti di scioperi e di manifestazioni di protesta. Si trattava inoltre di organizzare iniziative collettive di protesta e di solidarietà a favore di detenuti ammalati e contro prevaricazioni e sevizie nei confronti dei carcerati, in occasione di arresti di elementi particolarmente conosciuti, di processi e di condanne, facendo pervenire da parte delle famiglie alle autorità petizioni per l'amnistia totale, per l'abolizione del Tribunale speciale e del confino, e, in determinate occasioni, organizzando davanti alle carceri e ai tribunali, manifestazioni per la liberazione degli arrestati70.

Le nuove direttive per il lavoro del Sr, pur rimanendo tutte interne alla politica della « svolta» e pur confermando i compiti politici generali dell'organizzazione, si caratterizzavano tuttavia per il tentativo di restituire ad essa una funzione autonoma che non ricalcasse meccanicamente i metodi e le parole d'ordine del partito. In precedenza, la segreteria del Pcd'I aveva preso due importanti deliberazioni riguardanti l'organizzazione dei collettivi all'interno delle carceri fasciste e l'avvio di una campagna per la liberazione delle vittime politiche. Della situazione nelle carceri l'Up del Pcd'I si era occupato in una riunione svoltasi il 7 marzo 1933, durante la quale, tra l'altro, Athos Lisa, compagno di prigionia di Gramsci ed espatriato subito dopo la concessione dell'amnistia, aveva informato sulle condizioni del carcere di Turi, sulle posizioni di Gramsci e sui contrasti intervenuti nel collettivo comunista ed era stato incaricato, su proposta di Togliatti, di preparare un rapporto dettagliato71. Il memoriale sarebbe stato in effetti redatto, ma non risulta che sia stato oggetto di ulteriori discussioni: rinchiuso negli archivi, sarebbe rimasto rigorosamente segreto al di fuori della cerchia piú ristretta del gruppo dirigente e sarebbe stato reso pubblico per la prima volta solo nel dicembre 1964, a pochi mesi di distanza dalla morte di Togliatti72.

Con ogni probabilità da questa stessa riunione vennero fissate le direttive sui collettivi comunisti nelle prigioni che furono poi, il 20 marzo, definitivamente approvate dalla segreteria73. Il documento finale tracciava alcune direttive generali per i « compagni carcerati, per la loro condotta di fronte ai regolamenti carcerari e per le forme e i limiti della loro organizzazione» : e ciò al fine di corrispondere al dovere di ogni comunista condannato di « organizzare la propria vita individuale e la vita collettiva (ove ciò è consentito) in modo da opporre una difesa costante a tutti gli elementi di distruzione fisica che il regime carcerario sviluppa, per ritornare presto o tardi al Partito nelle migliori condizioni fisiche possibili, e moralmente e politicamente sano» . In questo contesto si prendeva decisamente posizione contro gli scioperi della fame e altre forme di protesta collettiva per la modifica dei regolamenti carcerari messe in atto dai detenuti « senza un appoggio delle masse nel paese» , in quanto inadatte a ottenere risultati positivi e anzi suscettibili di scatenare repressioni e di portare alla dissoluzione di collettivi che avevano realizzato « una solida comunità di vita e di studio» . La strada che veniva invece indicata era quella di un'azione « condotta a mezzo di tutte le vie legali» per esigere il rispetto del regolamento e delle disposizioni ministeriali piú favorevoli ai condannati politici, che non costituiva alcun « atto contrario ai nostri principi » . Seguiva una serie di indicazioni riguardanti l'azione da svolgere nei confronti dei detenuti politici non comunisti, la vigilanza contro la provocazione e la lotta contro gli oppositori della linea del Pcd'I e dell'Ic, nonché la struttura e le finalità dei collettivi come canale per l'educazione politica e l'assistenza materiale ai comunisti incarcerati, con un esplicito invito a lasciare, una volta garantito un fondo comune, un « margine di libertà personale ai compagni tanto dal punto di vista della organizzazione della loro vita carceraria quanto dal punto di vista dei mezzi che essi utilizzano [...] per fornirsi di questo o quello oggetto o alimento che desiderano» , a correggere le tendenze esasperatamente egalitarie e a esercitare « una mutua comprensione dei bisogni di ciascuno, - bisogni per varie ragioni differenti» . Su questo punto si può forse leggere in trasparenza una presa di distanza dalle polemiche sollevate contro Gramsci da alcuni compagni di prigionia del carcere di Turi. Ma ai fini del nostro discorso, i punti piú rilevanti del documento erano quelli che riguardavano le pratiche per la concessione della libertà ai detenuti politici, che è opportuno citare per esteso:

10° - Coloro che inoltrano domanda di grazia, o sottoscrivono domande di grazia avanzate da loro congiunti, debbono essere esclusi dal collettivo, e il fatto denunziato al C.C. del P.
11° - Il C.C. del Partito ritiene essere pienamente [giustificato] che i compagni facciano tutto quanto è in loro potere per utilizzare le vie giuridiche e legali, quali esse siano, allo scopo di esigere la revisione dei processi, le diminuzioni di pena, ecc.
Poiché è stabilito, a norma di legge, che si può ottenere la libertà condizionata dopo avere scontata una parte della pena, i compagni debbono richiedere questa libertà condizionata, dando come condizione che essi non si occuperanno di politica militante, ma senza fare mai nessuna rinuncia ai principi 74.

Non sembra dubbio che proprio a quest'ultima questione, su cui il centro estero si era già pronunciato sin dalla fine di gennaio75, si riferisse il verbale della segreteria del Pcd'I del 27 febbraio, in cui, sulla scorta delle informazioni fornite da Sraffa sul contenuto dei colloqui tra Tania e Gramsci a Turi, si prendeva atto di una comunicazione di Gramsci « che è uguale a decisione già presa da noi» . 76Non vi è invece alcun indizio che già allora il centro estero stesse preparando una campagna politica per la liberazione di Gramsci, ed anzi la documentazione archivistica sembrerebbe indicare il contrario. È vero che nello stesso giorno la segreteria del Pcd'I discusse della organizzazione di una campagna per la liberazione delle vittime politiche77, ma il suo contenuto non riguardava specificamente la figura di Gramsci. La campagna, negli intendimenti del centro estero, avrebbe dovuto, infatti, costituire la prima sperimentazione di nuove forme di agitazione legale o semilegale in Italia, sulla base dei nuovi orientamenti che avrebbero dovuto informare l'azione del Sr. In una lettera della segreteria alla frazione del Sr del 14 marzo si proponeva cosí di « organizzare una campagna di petizioni per l'amnistia generale a tutti i carcerati e confinati politici» , che avrebbe dovuto « essere organizzata in modo del tutto legale» . L'iniziativa avrebbe dovuto essere presa da persone che se ne assumessero la responsabilità di fronte alle autorità e avrebbe dovuto apparire « del tutto spontanea, e, per ogni caso singolo, indipendente da altri casi analoghi» . Le petizioni avrebbero dovuto essere inviate direttamente a Mussolini al fine di non prestarsi all'accusa di antifascismo, pur non contenendo nulla che potesse essere interpretato come « ossequio al fascismo» e che fosse « in contraddizione coi nostri principi e col nostro scopo di mobilitare in tutti i modi le masse contro il fascismo» :

Una azione simile - proseguiva la lettera - potrebbe partire dalle famiglie delle vittime, allargarsi ai loro amici, ottenere dapprima adesioni di disoccupati - che non hanno paura di essere licenziati, per conseguenza della firma - ed estendersi poi anche nelle officine; potrebbe ottenere un gran numero di firme di donne le quali trovano ingiuste ed inumane le persecuzioni contro gli antifascisti, che si impietosiscono delle gravi condizioni delle famiglie delle vittime; qualche intellettuale potrebbe nel suo ambiente fare altrettanto. Per questa via si potrebbe arrivare sino a qualche fascista e simpatizzante fascista che aderisce. Firme di operai fascisti malcontenti potrebbero essere raccolte ed avrebbero una enorme importanza politica.
Da parte di intellettuali si potrebbe anche lavorare su di una rivendicazione piú limitata, come la liberazione condizionata di coloro che hanno scontato piú della metà della pena; liberazione che è prevista dal codice.

L'iniziativa avrebbe dovuto in definitiva costituire un « importante atto politico» e « una via per la quale portare il Sr ad un lavoro di massa che esca dal solito guscio clandestino» , in una situazione che avrebbe visto in Italia « una tendenza generale delle masse alle azioni legali e nel senso di presentare delle petizioni alle autorità» , ed in cui fra gli stessi fascisti vi sarebbe stato « dissenso sulle questioni dell'amnistia, che taluni proponevano piú larga ed altri piú ristretta» . Per questi motivi, non si escludeva che si potesse « ottenere un risultato materiale positivo» se si fosse riusciti a « raccogliere in alcuni mesi delle decine di migliaia di firme» .78

La risposta della sezione del Sr era stata improntata, non senza validi motivi, a una notevole cautela. In una lettera alla segreteria datata 24 marzo si faceva notare la difficoltà di redigere le petizioni in una forma che non scadesse nel pietismo e che non fosse apologetica nei confronti del fascismo, e soprattutto che non suonasse come una indiretta domanda di grazia. Si proponeva pertanto di « iniziare l'esperimento con qualcuna delle basi piú sicure» , inviando una serie di fac-simile tutti diversi e facendoli recapitare per posta o a mano accompagnati « da istruzioni del come sviluppare e portare a termine l'iniziativa» , riservandosi in seguito di allargarla79. Ma proprio a questo punto la notizia della morte di Gramsci diffusa da « la Libertà» aveva conferito un contenuto nuovo all'iniziativa. Nella già citata riunione della segreteria del Pcd'I del 27 marzo, Togliatti, dopo aver riferito delle piú recenti notizie ricevute a proposito di Gramsci, proponeva di « fare campagna es.[tero] e in.[terno] con la parola della liberazione condizionata anticipata» . 80Sulle motivazioni di questa scelta forniva ulteriori elementi una nuova lettera della segreteria, con ogni probabilità redatta da Togliatti, alla sezione del Sr, datata 30 marzo. Nell'accettare l'invito alla prudenza e le proposte concrete avanzate da quest'ultima a proposito delle petizioni, si precisava:

Una domanda intanto che può essere fatta da chiunque senza tema che questo sia cadere nel pietismo o venir meno alle direttive del partito è quella de[ll]a liberazione condizionata, sulla base del codice penale nuovo [...] Come sapete la I.C. non solo è d'accordo che queste domande vengano fatte, ma ci ha chiesto di condurre una campagna pubblica per l'applicazione generale di questo articolo. Si è incominciato con Gramsci. [B]isogna continuare e generalizzare la cosa. Forse sarebbe [utile] che, dopo aver agitato il caso Gramsci, si agitasse individualmente, anche nella stampa estera, il caso di qualche altro detenuto che si trovi in cattive condizioni di salute. Precisiamo ancora che per la liberazione condizionale, e per le eventuali condizioni che vengano poste, la opinione del Partito e della I.C. è la seguente: tutti i compagni sono autorizzati ad accettare e firmare la condizione di non dare attività, è invece vietato accettare una qualsiasi rinuncia ai principii81.

Lo svolgimento della prima fase della campagna Gramsci merita alcune considerazioni. Anzitutto, come si è visto, essa assunse all'inizio una forma indiretta e si svolse tra il 26 marzo e il 2 aprile sulle colonne de « L'Humanité» , per poi interrompersi ed essere ripresa dopo diversi giorni dal settimanale dei comunisti italiani in Francia. A distanza di una settimana, il 12 aprile, « La Vie Proletarienne» tornava sull'estrema gravità delle condizioni di Gramsci, definito « capo della classe operaia italiana e internazionale» , e sul lento assassinio che veniva perpetrato dal regime attraverso la detenzione carceraria ed ogni sorta di vessazioni che ogni giorno peggioravano il suo stato di salute. L'appello all'iniziativa della classe operaia internazionale per la liberazione immediata di Gramsci e l'invito ai lavoratori italiani emigrati a manifestare la loro protesta ai rappresentanti del governo fascista in Francia si collegavano qui non già con la richiesta della libertà condizionale, bensí con la lotta contro il fascismo tedesco e con l'azione per salvare Th&aumllmann, nell'ambito della preparazione del Congresso operaio antifascista che si sarebbe svolto a Parigi alla sala Pleyel all'inizio del mese di giugno82. Nello stesso senso, il Congresso dei comitati proletari antifascisti della regione parigina, riunito negli stessi giorni, votava al termine dei lavori un ordine del giorno « di solidarietà coi rivoluzionari tedeschi e per la liberazione di Antonio Gramsci e di tutte le vittime della reazione» . 83Infine, un appello per la liberazione di Gramsci appariva anche su « L'Unità» , il giornale clandestino specificamente rivolto verso l'Italia:

La parola d'ordine « Liberate Gramsci!» deve diventare la parola di tutti gli operai, di tutti i contadini, di tutti i lavoratori. Bisogna portare questa parola in tutte le officine, in tutti i villaggi. Bisogna [...] manifestare per la liberazione di Gramsci.
« Liberate Gramsci!» : echeggi questo grido di lotta in tutte le fabbriche, in tutti i villaggi, sulla bocca di tutti i proletari, di tutti gli antifascisti, in tutta Italia!84

È importante precisare, tuttavia, che nei giorni successivi si assistette ad una brusca battuta d'arresto nella campagna per Gramsci, che, se si astrae da alcuni episodi a livello locale, si protrasse per l'intero mese di aprile. Ciò che piú colpisce è non solo il silenzio degli organi di stampa del partito, ma anche di quelli piú specificamente collegati all'attività del Sr. Il caso di « Azione antifascista» , una rivista illustrata edita dai patronati italiani in Francia, l'organizzazione preposta alla solidarietà verso i detenuti antifascisti tra i lavoratori emigrati, appare in questo senso emblematico. La rivista era nata proprio in vista della preparazione del Congresso operaio antifascista e si proponeva di « tenere accesa tra i lavoratori emigrati la fiaccola della solidarietà verso i militanti antifascisti caduti nelle mani del fascismo» , nel quadro della costruzione di un comune fronte di lotta delle masse lavoratrici « al di sopra delle differenze di principio» : per questo tra i collaboratori e redattori figuravano i nomi di esponenti non comunisti che avevano « chiaramente preso posizione per l'unità del fronte di lotta, contro la guerra e contro il fascismo» . Il primo numero di « Azione antifascista» , uscito nell'aprile 1933, poneva in primo piano questo (apparente) segnale di apertura al fronte unico, ma conteneva anche una sorprendente omissione: esso ospitava, infatti, contributi dei socialisti di sinistra Eugenio Bianco e Cesare Campioli e dei repubblicani Raffaele Rossetti e Pietro Montasini, valorizzandone l'adesione al Congresso, conteneva articoli sulla Germania nazista, sull'Urss, sulle carceri e il confino in Italia, ma evitava qualsiasi riferimento alla figura di Gramsci85.

C'è da chiedersi a questo punto quali fattori abbiano indotto il centro estero del Pcd'I ad arrestare bruscamente la campagna in favore di Gramsci. Da un'attenta lettura degli appelli e dei documenti preparatori del Congresso operaio antifascista predisposti dal comitato promotore emerge un crescente impegno nella campagna sull'incendio del Reichstag e un continuo riferimento alla figura di Th&aumllmann, ma non compare mai il nome di Gramsci. Del resto, la preparazione del Congresso sarebbe stata sempre piú dominata dalla scelta di concentrare il fuoco contro il « nemico principale» costituito dal nazionalsocialismo tedesco, con uno spostamento di accenti dalla lotta antifascista a quella contro la guerra86, lasciando nell'ombra il ruolo del fascismo italiano. Si sarebbe pertanto cercato di circoscrivere per quanto possibile la campagna per Gramsci in un ambito nazionale, sotto la responsabilità diretta dei comunisti italiani. Accanto a questi condizionamenti, è possibile che sull'orientamento del centro estero abbia influito anche il timore che una campagna politica all'estero potesse interferire negativamente sulle iniziative per il trasferimento in clinica di Gramsci e per il ricorso al Tribunale speciale intraprese da Sraffa e da Tania immediatamente dopo la visita di Arcangeli. Sta di fatto che nella seconda metà di aprile al centro dell'attività del gruppo dirigente del Pcd'I vi fu la preparazione del Congresso operaio antifascista e lo sviluppo di trattative con le altre forze dell'emigrazione italiana in Francia per una loro eventuale adesione, in un clima pesantemente viziato da strumentalismi e riserve mentali che dettero luogo a polemiche di notevole intensità.

La primavera 1933, sotto l'impatto dell'avvento del nazismo al potere, vedeva in Francia i primi passi di un processo difficile e travagliato di revisione critica e autocritica nell'ambito delle forze della sinistra, che avrebbe aperto la strada nel corso dell'anno successivo alla svolta verso l'unità d'azione e il fronte popolare. In questa delicata fase di passaggio, di particolare importanza fu la formazione di un'opinione pubblica antifascista, che fu favorita in modo determinante dall'impegno politico degli intellettuali progressisti e dall'opera di denuncia e di chiarificazione degli esponenti piú prestigiosi della cultura tedesca che avevano scelto la via dell'emigrazione. Se nel movimento socialista il confronto teorico-politico si svolse in campo aperto ed investí, parallelamente all'emergere nella Ios di una corrente di sinistra attorno all'austromarxismo, la riflessione sulla catastrofe tedesca, il rapporto tra capitalismo e democrazia, i limiti delle esperienze socialiste di governo e la ricerca dell'unità d'azione delle forze del movimento operaio, all'interno dell'Ic la dialettica tra rinnovatori e conservatori poté svolgersi solo in modo sotterraneo e fu pesantemente condizionata dalla riaffermazione sino alla metà del 1934 della linea « classe contro classe» . Una funzione precorritrice essenziale fu assolta in questo contesto da Willi M&uumlnzenberg e dagli intellettuali tedeschi emigrati in Francia. La campagna sull'incendio del Reichstag e per la liberazione di Dimitrov e dei suoi compagni, la pubblicazione del Libro bruno, l'organizzazione del Controprocesso di Londra, costituirono il terreno per una denuncia estremamente lungimirante dei caratteri di oppressione e di barbarie del regime nazista, del rogo dei libri, dei pogrom antiebraici, del sistema del terrore e dei campi di concentramento, nonché della minaccia che esso costituiva per la pace e la libertà dei popoli dell'Europa intera. Ciò costituí la base per la crescita di un movimento di protesta e di solidarietà che coinvolse l'intellettualità progressista in Europa e negli stessi Stati Uniti, dirigenti politici e personalità di orientamento liberaldemocratico e socialista, giuristi e avvocati di fama internazionale, e che aprí la strada già alla fine del 1933 alle prime forme di unità d'azione tra comunisti e socialisti87. Nella campagna per l'incendio del Reichstag coesistettero nel movimento comunista due orientamenti tutt'altro che coincidenti: il primo, impersonato da M&uumlnzenberg e dai suoi collaboratori e poggiante sui comitati costituiti in Francia e in altri paesi dopo l'avvento al potere di Hitler, volto a conferire al movimento antifascista un significato di lotta generale per la libertà e a costruire su questo terreno una vasta politica delle alleanze tra le diverse componenti del movimento operaio e altre forze democratiche e progressiste; il secondo, sostenuto dal Sri e dal movimento di Amsterdam contro la guerra guidato da Barbusse e piú direttamente ispirato dalle direttive dell'Ic, che, dopo una iniziale apertura verso la Ios e verso il fronte unico, tese sempre piú a porre al centro della campagna la contrapposizione tra fascismo e comunismo e l'identificazione assoluta con l'Urss, mantenendo inalterata la linea dello scontro frontale con la socialdemocrazia e rifiutando ogni contenuto di tipo democratico.

Era questa la piattaforma politica del Congresso operaio antifascista. Indetto all'inizio di marzo dai sindacati rossi di Germania, Italia e Polonia con un appello a costruire il fronte unico di tutti i lavoratori per combattere il fascismo e per condurre la lotta per la difesa dei salari, dei sussidi di disoccupazione, per la libertà di sciopero e di organizzazione, il Congresso indicava nel rovesciamento del capitalismo l'unica via possibile per sconfiggere il fascismo e denunciava con estrema durezza la politica della collaborazione con la borghesia dei capi socialdemocratici, a cui si attribuiva la responsabilità dell'avvento al potere di Hitler88. Si trattava di una proposta che, al pari della risposta dell'Ic all'appello unitario della Ios del 19 febbraio, non prefigurava alcun nuovo terreno d'incontro con i partiti socialisti e non conteneva alcun accenno autocritico rispetto alla linea seguita dai comunisti in Germania e negli altri paesi. La dissoluzione della Spd veniva infatti interpretata, in piena coerenza con la linea « classe contro classe» , come l'indice di una crisi inarrestabile che avrebbe investito l'intera Ios e che, parallelamente all'acutizzarsi della crisi del capitalismo, alla fascistizzazione dei regimi borghesi e al trionfo del socialismo in Urss, avrebbe spinto verso il comunismo le grandi masse lavoratrici. La preparazione del Congresso, le cui effettive forze promotrici divennero ben presto il Pcf e movimento di Barbusse, costituí un momento di forte denuncia contro il terrore nazista in Germania, ma finí per riprodurre le parole d'ordine dell'Ic, escludendo o emarginando quelle componenti intellettuali e politiche impegnate nel senso di un ampio fronte antifascista e di un profondo rinnovamento della strategia di entrambe le Internazionali operaie.

Il centro estero del Pcd'I prese parte attiva a questa campagna esercitando uno sforzo organizzativo non indifferente soprattutto nell'emigrazione francese, ma riflettendone fedelmente l'orientamento generale. Facendo seguito all'appello lanciato dall'Ic il 6 marzo, il Cc del Pcd'I aveva invitato le direzioni dei partiti socialista, massimalista, repubblicano e i gruppi di Gl costituiti in Italia ad un'azione comune per la difesa delle condizioni immediate delle classi lavoratrici e per la « soppressione del Tribunale Speciale e delle leggi eccezionali, per l'abolizione del confino, per l'amnistia completa e integrale a tutti i carcerati politici» . 89La proposta era inizialmente rivolta verso l'Italia e, dato lo stato di disgregazione delle forze antifasciste e degli stessi gruppi comunisti nel paese, aveva un carattere essenzialmente agitatorio né si proponeva di aprire la strada a intese politiche piú ampie. Essa si era intrecciata con l'avvio della campagna per il Congresso operaio antifascista, la cui piattaforma escludeva anch'essa ogni reale apertura nei confronti dei socialisti e di altre forze antifasciste. L'iniziativa era tuttavia venuta a cadere in un delicato momento di transizione dell'antifascismo democratico e socialista: l'avvento al potere di Hitler aveva infatti accelerato la crisi politica della Concentrazione antifascista in atto sin dal 1932 sotto la spinta del rinnovamento programmatico promosso da Gl e della « rifondazione classista» verso cui si orientava, sulla base di una revisione critica del riformismo tradizionale, il Psi di Nenni e di Saragat. Il centro estero del Pcd'I sembrò puntare per una lunga fase, prolungatasi sino alla metà del 1934, soprattutto sui fattori meramente disgregativi di questo processo. La sua preoccupazione principale fu di rafforzare « l'influenza del Partito comunista» , di impedire « la costituzione di un blocco intermedio di partiti tra il Pc e la Concentrazione» e di favorire la « polarizzazione delle forze attorno a due programmi opposti, quello del fronte unico proletario e quello riformista del blocco reazionario con la borghesia» . 90Ne conseguí il tentativo di suscitare l'adesione di singole personalità e di gruppi di base degli altri partiti antifascisti al Congresso operaio antifascista e di contrapporre l'iniziale disponibilità dimostrata dalle direzioni massimalista e repubblicana al rifiuto opposto dal partito di Nenni, che sottolineava polemicamente le conseguenze devastanti e la mancata revisione della politica del socialfascismo, pur criticando apertamente la capitolazione della socialdemocrazia tedesca e pronunciandosi a favore di una « trattativa diretta» per il fronte unico tra le due Internazionali. La polemica del Pcd'I contro la Ios e segnatamente contro il Psi raggiunse in questo contesto accenti esasperati:

Nell'agosto del 1914 - scriveva « L'Unità» - la socialdemocrazia crollò davanti all'imperialismo, si inginocchiò davanti ad esso, rinnegò i principi dell'internazionalismo proletario e della lotta di classe per entrare nell'« unione sacra» con gli imperialismi di ogni paese. Oggi la socialdemocrazia si inginocchia davanti al fascismo. I socialdemocratici tedeschi, seguendo l'esempio di D'Aragona e di Rigola, si accordano con Hitler.
Questo crollo della socialdemocrazia non è altro che la conseguenza di tutta la politica seguita da anni dai partiti socialdemocratici, e in prima linea dalla socialdemocrazia tedesca. Alla unità delle forze operaie sul terreno della lotta di classe i socialdemocratici hanno sempre preferito l'unità con i borghesi, la collaborazione con i governi piú reazionari, che essi presentavano ai lavoratori come un « male minore» del fascismo. In questo modo i socialdemocratici, non solo hanno spezzato l'unità della classe operaia, ma sono diventati uno strumento nelle mani della borghesia, parte integrante dell'apparato reazionario e fascista dello Stato borghese91.

Tutto ciò non poteva che sottrarre respiro politico e restringere le basi della partecipazione al Congresso. All'inizio di maggio la nuova direzione del partito repubblicano revocava la propria adesione, mentre si accendeva un'aspra polemica col partito massimalista che spingeva il centro estero del Pcd'I a fare appello diretto alla base contro i propri dirigenti, accusati di sabotare il fronte unico92. La campagna per il Congresso finí cosí col ridursi all'area ristretta dei gruppi comunisti di lingua italiana nel Pcf, mentre estremamente limitato fu il coinvolgimento di militanti e di gruppi di altre correnti politiche (alla metà di maggio non si era andati oltre qualche gruppo anarchico e una trentina di sezioni della Lidu e dei due partiti socialisti). 93Se nella seconda metà di aprile i momenti salienti della mobilitazione furono l'invio di proteste alle rappresentanze diplomatiche tedesche in Francia, le contestazioni alle celebrazioni del Natale di Roma presso i consolati fascisti e la partecipazione alla giornata del 1° maggio, a partire da questa data si assistette al rilancio della campagna per la liberazione di Gramsci.

Il fatto nuovo di questa seconda fase della campagna fu il coinvolgimento diretto della direzione del Sri, che sollecitò le « principali sezioni nazionali a convocare meetings e a inviare delegazioni ai consolati italiani per chiedere la liberazione di Gramsci» . 94Ma, come già avvenuto alla fine di marzo, una influenza rilevante fu esercitata da una nuova iniziativa sorta nell'emigrazione francese al di fuori del centro estero del Pcd'I. Il 21 aprile, dalle colonne del periodico trockista « La Verité» , l'opposizione dei tre aveva invitato l'Up del Pcd'I a organizzare una grande manifestazione per il trasferimento in clinica di Gramsci e per la sua liberazione, a costituire un comitato unitario di tutti i partiti antifascisti e ad organizzare una campagna internazionale a favore di tutti i prigionieri politici95. La proposta veniva ripresa da « la Libertà» e dall'« Avanti!» , che il 6 maggio lanciava un nuovo « grido di allarme» sulle condizioni di Gramsci « che si spegne lentamente nella infermeria del reclusorio» , e aderiva « senza riserve alla iniziativa della opposizione comunista italiana» , accusando nel contempo Togliatti di boicottare la campagna in odio al gruppo che l'aveva promossa96.

È piú che probabile che questa presa di posizione abbia indotto il gruppo dirigente del Pcd'I a riprendere immediatamente l'iniziativa, anche se la documentazione archivistica rivela che il centro estero stava già programmando la ripresa della campagna. Il primo atto in questa direzione fu la pubblicazione del memoriale Arcangeli, che apparve su « L'Humanité» dell'8 maggio 1933. Esso era accompagnato da una nota di commento che sottolineava che la vita di Gramsci era « terribilmente in pericolo» e che egli non sarebbe sopravvissuto ad « una seconda crisi» dopo la perdita di conoscenza che lo aveva colpito il 7 marzo, ed invitava alla lotta per la sua immediata liberazione97. A due giorni di distanza, il quotidiano del Pcf in una breve notizia corredata da una foto di Gramsci tornava a citare il memoriale Arcangeli riguardo all'impossibilità per Gramsci di sopravvivere « alle condizioni attuali della sua detenzione» , denunciava che « se egli non verrà liberato entro pochi giorni, la morte avrà compiuto la sua opera» e rinnovava l'appello ad esigere « insieme ai nostri compagni italiani la liberazione di Gramsci» . 98Infine, il memoriale Arcangeli era al centro di un terzo articolo, pubblicato l'11 maggio. In esso si sosteneva che salvare Gramsci era divenuto « uno degli obiettivi immediati di ogni lotta operaia in Italia» si faceva riferimento alla diffusione nel paese di molti volantini dovuti « all'iniziativa spontanea delle masse» e alla mobilitazione sempre piú forte in atto tra gli operai italiani emigrati:

Il certificato medico che ci ha trasmesso la moglie del nostro compagno - aggiungeva l'articolo - insieme alle notizie piú allarmanti sulla sua salute - che abbiamo pubblicato negli ultimi giorni, dimostra in modo eclatante quanto la liberazione di Gramsci sia urgente!
Devono esservi condizioni di estrema gravità se Arcangeli, grande ufficiale dell'ordine della Corona d'Italia, professore all'Università di Pisa, personalità molto in vista della medicina e del fascismo riconosce che « Gramsci non potrà a lungo sopravvivere nelle condizioni attuali » .
Ma il trasferimento in clinica che anche questo medico è obbligato a consigliare non basterà, senza la liberazione, a salvare Gramsci dalla morte che incombe su di lui.
Sarebbe anche una vergognosa commedia se si trattasse anche di quelle cliniche collegate ai penitenziari di cui si conoscono i metodi e i risultati.
Si impone la liberazione immediata! Essa è possibile [...] anche sulla base dell'articolo 176 del codice fascista (liberazione condizionale).
Ma solo l'azione congiunta degli operai italiani e della solidarietà internazionale potrà imporla!
Raddoppiamo i nostri sforzi!99

La pubblicazione del memoriale Arcangeli costituisce un episodio che è stato oggetto di molte congetture, ma che fino ad oggi non era mai stato chiarito. Sulla base di una nuova documentazione inedita tratta dagli archivi del Comintern di Mosca è ora possibile fare luce per la prima volta su molti aspetti di questa controversa vicenda. L'iniziativa rischiava di compromettere irrimediabilmente la pratica già avviata in Italia per ottenere una piú favorevole applicazione dell'amnistia e quindi la libertà condizionale per Gramsci, ed inequivocabili indicazioni in questo senso pervennero effettivamente a Sraffa dal sen. Mariano D'Amelio100. In una lettera a Sraffa del 24 maggio, non priva di autocensure e di reticenze, Togliatti avrebbe scritto che la « mia opinione è che la pubblicazione della dichiarazione è stata uno sbaglio grossolano, perché potrà avere come conseguenza la rottura dei collegamenti tra Antonio e la moglie e altre persecuzioni» . 101In precedenza, la segreteria del Pcd'I, riunita il 9 maggio, aveva giudicato l'iniziativa « un atto che compromette la campagna per G.» , aveva deliberato lo scioglimento immediato dell'ufficio Agitprop e aveva incaricato Dozza di fare una « ricerca delle responsabilità» . 102I nuovi documenti disponibili permettono di fare luce sullo svolgimento dell'inchiesta e sulle circostanze della pubblicazione del memoriale, e di chiarire il fatto sorpendente che anche dopo le deliberazioni della segreteria i contenuti della campagna su « L'Humanité» non fossero in alcun modo modificati. L'iniziativa della pubblicazione deve essere attribuita a Giuseppe Berti, che aveva avuto dal centro estero la responsabilità di coordinare e dirigere la campagna per Gramsci e che fin dai primi di maggio ne stava preparando la ripresa. È quanto risulta chiaramente da un carteggio tra lo stesso Berti, Nicola Potenza (Vasta) e la segreteria del Pcd'I, che è opportuno pubblicare integralmente. In una lettera indirizzata l'11 maggio alla segreteria e ai suoi collaboratori Vasta e Danesi (Velio Spano), cosí Berti ricostruiva lo svolgimento dei fatti103:

Cari compagni,
martedí 9, appena cioè voi mi faceste notare l'inopportunità della pubblicazione della diagnosi di Arca[n]geli io mi recai immediatamente all'uffi[c]io Apo e comunicai: 1) che quella pubblicazione fatta in quella forma era un nostro errore grave, comunicai che bisognava assolutamente evitare di poggiare la campagna sul nome di costui e che bisognava evitare di menzionarlo persino, 2) mi feci dare il testo della seconda nota già inviata da Vasta e Danesi all'Humà [ sic], tolsi ogni accenno ad Arcangeli, aggiunsi quello che doveva essere aggiunto, la corressi e la feci ribattere a macchina da Danesi in mia presenza in maniera che il testo fosse chiaro e non desse luogo a equivoci, 3) disposi perché Danesi si recasse immediatamente alla redazione dell'Humà col nuovo testo riferendo a Ferrat le ragioni che ci obbligavano a tenere conto di una serie di consid[e]razioni cospirative nel fare la campagna per Gramsci.
Questo il giorno 9.
Il giorno 10 vedo pubblicata la foto di Gramsci con alcune righe di illustrazione le quali dimostravano come l'Humà non avesse tenuto in conto le vive raccomandazioni che a nome nostro Danesi avrebbe dovuto esporre a Ferrat.
Il giorno 10 stesso, impegnato tutto il giorno in una riunione, appena libero alle 17 mi sono recato in segr. ho fatto in doppia copia la lettera a Vasta e Danesi di cui ho lasciato copia negli uffici della segr. stessa e sapendo che alle 19 Stefania aveva appuntamento con Danesi le ho dato la lettera in questione. Non sono andato io personalmente perché alle 18 avev[o] u[n] appuntamento per recarmi alla riunione della segr. dei gruppi in cui bisognava d[ec]idere delle questioni importanti: giornale legale ecc. Tuttavia ho telefonato poco dopo le 18 alla redazione della Humà per avvisare Ferrat che sarebbe venuto da lui nella serata un amico italiano e per pregarlo di tenere in massima considerazione le cose che gli avrebbe detto perché la cattiva impostazione di una campagna per Gramsci non ci avrebbe giovato: naturalmente non ho spiegato di piú per telefono.
Nel biglietto di cui la segr. ha copia dicevo a Danesi di recarsi per la seconda volta alla redazione dell'Humà subito nella serata stessa per insistere secondo le disposizioni che aveva ricevute.
Oggi 11 apro l'Humà e vedo che viene pubblicato non il testo corretto e rifatto nel [qua]le nessun accenno di nessun genere vi era riguardante l'Arcangeli ma il testo primitivo senza nessuna modificazione salvo una frase in cui si accenna al fatto che queste notizie sarebbero state trasmesse a noi dalla moglie di Antonio.
Ordino adesso che l'Apo sospenda l'invio di qualsiasi nota di qualsiasi genere all'Humà e che sia ritirato il dossier esistente in ufficio sulla campagna per Gramsci.
Jacopo

La lettera di Berti suscitava nello stesso giorno una duplice risentita risposta da parte di Nicola Potenza. La prima, rivolta direttamente a Jacopo, era la seguente104:

La tua vecchia esperienza di lavoro di partito dovrebbe farti capire che i nervi, non solo non aiutano a risolvere le difficoltà, ma le aggravano.
« Ordino adesso che l'Apo sospenda qualsiasi nota di qualsiasi genere all'Huma e che sia ritirato il dossier esistente in ufficio sulla campagna Gramsci» è una battuta finale che non rivela che il tuo malumore.Tu sai che se c'è un responsabile della pubblicazione del certificato, questo responsabile sei tu.
Quanto ai ripari abbiamo fatto per filo e per segno quanto - dopo il richiamo della segreteria - tu ci hai detto di fare.
Ferrat si è impegnato formalmente... e poi l'Humà ha fatto il contrario; c'è da prendersela con noi?
Sospendere la campagna è un errore di cui assumi tu solo la responsabilità.
Io stavo preparando una nota annunciante il Congresso della solidarietà convocato dai Patronati.
Ci porterà certamente danno ritardare questo annuncio mentre gli avversari allargano la loro speculazione.
Ma per farlo aspetto tuoi « ordini» .
Vasta
Ps. Consegno a Vitello il dossier Gramsci.

La seconda lettera, indirizzata alla segreteria, nel ribadire le responsabilità personali di Berti, forniva in allegato la documentazione atta a chiarire gli antecedenti dell'episodio105:

Cari compagni,
come vi abbiamo comunicato ieri, l'Huma è tornata ieri - e di nuovo oggi - sulla diagnosi, contro le espresse indicazioni trasmesse la sera del 9 da Danesi a Ferrat che si era impegnato a seguirle.
Nella lettera in data di oggi, indirizzata a Segr. e a Vasta e Danesi, Jacopo racconta come si sono svolte le cose e conclude con un « ordine» a noi di sospendere la campagna sull'Huma.
Nella quarta riga della lettera in questione Jacopo aggiunge a penna nella nostra copia e certo anche nella vostra la parola « nostro» alla frase: « era un ... errore grave» ; riconoscendo cosí che era stato lui a volere la pubblicazione della diagnosi. Vi accludo copia del biglietto di Jacopo in data 3 Maggio e copia della mia risposta alla sua lettera di oggi.
Ripeto anche a voi che sospendere la campagna, nel momento in cui si trattava di parlare del fronte unico dei Patronati, qui, in difesa di Gramsci e degli altri condannati, mi pare un grave errore.
Vasta
P.S. [...]

Il contenuto del biglietto di Berti del 3 maggio, secondo la copia allegata da Nicola Potenza, era il seguente106:

Vasta
Ti passo:
I°) diagnosi del Gra-Uff. Arcangeli sulla malattia di Gramsci
2°) alcune lettere di Gramsci.
Bisogna sulla base delle notizie che passo riprendere subito la campagna. Fare fare a Danesi ma tu controlla tutto. Tieni conto che i tre stanno scatenando una campagna su questa faccenda. Mi pare che la diagnosi possa pubblicarsi per intero.
Jac.

La proposta di Berti di sospendere la campagna per la liberazione di Gramsci non venne accolta dal centro estero del Pcd'I. Al contrario, essa incontrò nella seconda metà di maggio una crescente risonanza, intrecciandosi con la preparazione del Congresso operaio antifascista e coinvolgendo non solo l'emigrazione italiana, ma anche i comunisti francesi, gli intellettuali antifascisti, il Sri. È bene precisare che da parte del gruppo dirigente del Pcd'I non vi fu alcun tentativo di allargare le basi politiche dell'iniziativa. Sebbene Nenni fosse impegnato in prima persona nella campagna promossa da M&uumlnzenberg sull'incendio del Reichstag e avesse fatto approvare in un'imponente manifestazione tenutasi alla sala Bullier il 19 maggio un indirizzo di protesta contro il « lento ed infame assassinio di Gramsci» , 107e sebbene la direzione del Psi si fosse associata « alla campagna promossa dai comunisti per la liberazione di Antonio Gramsci» facendo appello a « tutti i lavoratori ed agli uomini liberi perché sia intensificata la campagna internazionale per la libertà di tutte le vittime politiche» , 108l'atteggiamento del centro estero rimase di radicale chiusura109. Anche se rigorosamente limitata all'area di influenza comunista, la campagna Gramsci acquistò tuttavia in questa seconda fase un'estensione e una partecipazione senza precedenti. Nei giorni 7-8 maggio la conferenza dei gruppi comunisti di lingua italiana della regione parigina, allargata ai delegati delle altre regioni della Francia, aveva deliberato di « concentrare immediatamente i nostri sforzi nella preparazione del Congresso Operaio Antifascista e nell'azione di massa in difesa di Gramsci» , che avrebbero dovuto svolgersi « sul terreno della lotta e delle manifestazioni di protesta delle grandi masse e sotto l'egida del fronte unico antifascista rivoluzionario» . 110Nelle settimane successive si succedettero decine di riunioni, di comizi e di manifestazioni indette spesso in comune col Pcf, in cui ai temi piú generali del Congresso si associò la richiesta della liberazione di Th&aumllmann e di Gramsci111. Secondo un rapporto della sezione italiana del Sr, alla data del 31 maggio comizi in favore di Gramsci si erano svolti a Montauban, Lens, Daumensil (con 200 intervenuti e un ordine del giorno inviato all'ambasciata d'Italia), Saint-Denis e Rosselange (1.000 partecipanti), Livry-Gargan (130), Tolosa (300), Lione (1.500, di cui 400 italiani). 112Anche durante la tradizionale sfilata del 28 maggio al Muro dei Federati, indetta dal Pcf in ricordo della Comune di Parigi, che aveva visto la partecipazione di circa 70.000 persone e una significativa presenza di lavoratori italiani e di altre nazionalità, era echeggiata la richiesta della liberazione di Th&aumllmann, Dimitrov e Gramsci113. Nella già citata lettera a Piero Sraffa del 24 maggio, Togliatti poteva cosí scrivere che avevano « avuto luogo in tutto il paese diecine e diecine di comizi, con una vasta partecipazione di massa» , che la campagna aveva assunto « aspetti popolari e si svilupperà certamente ancora» , e che la pubblicazione del memoriale Arcangeli, una volta avvenuta, aveva avuto « ripercussioni assai notevoli e favorevoli» in tutti gli ambienti114. La campagna aveva inoltre travalicato l'ambito ristretto dell'emigrazione italiana. Il 12 maggio anche la « Rundschau» aveva pubblicato il memoriale Arcangeli e lanciato un appello al proletariato internazionale a sviluppare la piú vasta campagna di protesta per la liberazione di Gramsci:

Gramsci - si leggeva - il capo piú amato del proletariato rivoluzionario d'Italia e uno dei piú eminenti capi dell'Internazionale Comunista, che malgrado una grave malattia già da oltre sei anni langue nelle prigioni fasciste, è condannato alla morte se la classe operaia internazionale non riesce all'ultimo minuto a strapparlo ai carnefici fascisti115.

A pochi giorni di distanza, il 23 maggio, si svolgeva a Parigi alla sala Brunin una manifestazione indetta dalle sezioni italiana e francese del Sri con la partecipazione di molte centinaia di persone, in maggioranza operai. Erano presenti anche una ventina di ex carcerati e deportati italiani accolti al canto dell'Internazionale. Parlarono Duclos a nome della direzione del Pcf, il cui intervento fu dedicato soprattutto a una « critica severa e serrata della politica dei capi socialdemocratici» , un rappresentante del Sr italiano, che dette lettura di un manifestino in difesa di Gramsci che sarebbe stato diffuso dagli operaio di Milano, un operaio del Psi, un operaio massimalista e il repubblicano Rossetti, che portarono la loro adesione al Congresso operaio antifascista. Infine prese la parola un compagno di prigionia di Gramsci (con ogni probabilità Athos Lisa), che ne mise in risalto il « coraggio incrollabile malgrado le minacce e le persecuzioni dei suoi carnefici» , e l'ex deputato comunista al Landtag di Prussia Schwenk, che denunciò la politica hitleriana contro gli operai tedeschi portata avanti « grazie anche al tradimento socialdemocratico» . Dopo aver votato l'adesione al Congresso di Parigi l'assemblea designò un comitato per la liberazione di Gramsci e degli altri prigionieri antifascisti, composto da R. Rolland, H. Barbusse, Francis Jourdain, Gabrielle Duchêne, Leo Wanner, W. M&uumlnzenberg, Jules Mallard, Gaston Bergery, Paul Langevin, Athos Lisa, Raffaele Rossetti, l'anarchico Gino Carboni, e i socialisti Eugenio Bianco e Cesare Campioli116. La composizione del comitato e il contesto in cui esso era stato costituito non contraddicevano lo schema del fronte unico « dal basso» (i socialisti e i repubblicani italiani e gli altri membri non comunisti avevano aderito individualmente al Congresso antifascista europeo in aperta polemica con i partiti di appartenenza). E tuttavia l'iniziativa avrebbe potuto costituire un primo passo verso una piattaforma e un'azione piú ampia, anche sul piano internazionale. È sintomatico che la « Rundschau» , commentando la manifestazione di Parigi, scrivesse che « analoghe manifestazioni devono essere convocate a Vienna, Praga, Bruxelles, negli Stati Uniti, a Londra e nei paesi scandinavi» e che « anche nei paesi del fascismo il nome di Gramsci deve risuonare nelle proteste» .117


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Claudio Natoli , Gramsci in carcere: le campagne per la liberazione, il partito, l'Internazionale (1932-1933)


54 Gramsci morto in prigione?, in « la Libertà» 23 marzo 1933.

55 Mussolini assassine Gramsci dans la prison de Turi di Bari, in « L'Humanité» , 26 marzo 1933.

56 Il faut arracher à la mort notre camerade Gramsci!, ivi, 27 marzo 1933.

57 Arrachons Antonio Gramsci à la mort, ivi, 28 marzo 1933.

58 Antonio Gramsci ne s'alimente plus!, ivi, 30 marzo 1933.

59 Lib&eacuterons Gramsci qu'assassinent les bourreaux aux ordres du Duce!, ivi, 2 aprile 1933.

60 Che succede nelle galere mussoliniane, in « Avanti!» , 1° aprile 1933.

61 La lenta agonia di A. Gramsci nel reclusorio di Turi, in « la Libertà» , 6 aprile 1933.

62 Il fascismo vuole assassinare Gramsci, in « La Vie Proletarienne» , 5 aprile 1933.

63 Cfr. IG, Fondo Soccorso rosso(d'ora innanzi SR), microfilm, f. 539, op. 1, fasc. 7.

64 Cfr.10 ans de lutte contre la terreur blanche, le fascisme, la guerre. Congr&eacutes Mondial du Secours Rouge International. Moscou - Novembre 1932. R&eacutesolutions, Paris, s.d., pp. 7-8.

65 Cfr. IG, SR, bob. 14, f. 539, op. 1, d. 14. In precedenza i nomi di Gramsci, Terracini e Camilla Ravera, erano comparsi, insieme a molti altri, nella proposta per il Presidium d'onore del congresso.

66 Un appello del congresso mondiale del Soccorso Rosso per le vittime del fascismo, in « L'Unità» , n. 2, gennaio 1933.

67 Dal verbale della riunione dell'Up del Pcd'I con la sezione del Sr del 27 gennaio 1933, in IG, SR, bob. 35, IV, f. 706, fo. 64-66.

68 Cfr. il verbale dell'Up del Pcd'I del 27 gennaio 1933, in IG, Pcd'I 1921-1943(d'ora innanzi APC), fasc. 1123, fo. 19-21.

69 Dagli interventi di Grieco e di Togliatti alla riunione citata alla nota 67, fo. 70-71.

70 Direttive alle frazioni comuniste nel Soccorso Rosso e a tutti i membri del Partito per l'organizzazione della Sezione del SRI, in IG, APC, fasc. 1173, fo. 24-29.

71 Cfr. il verbale dell'Up del Pcd'I del 7 marzo 1933, in IG, APC, fasc. 1123, fo. 39. Sui contrasti verificatisi a Turi Togliatti aveva dichiarato: « È bene che L. finalmente abbia informato su di essi. E ciò non perché il centro del p. debba esaminarli singolarmente, a scopo di intervento retrospettivo, ma perché esso deve avere conoscenza precisa di ciò che avviene nei carceri. Sulle questioni politiche discusse a T. le cose che dice L. non consentono di capire bene il contenuto delle discussioni. I compagni facciano delle domande per iscritto e L. stenda per iscritto un rapporto dettagliato» .

72 Il testo del rapporto fu pubblicato in « Rinascita» 12 dicembre 1964, con una presentazione di F. Ferri.

73 Cfr. il verbale della segreteria del Pcd'I del 20 marzo 1933, in IG, APC, fasc. 1126, fo. 12.

74 Alcune direttive ai « collettivi» delle prigioni, in IG, APC, fasc. 1128, fo. 11-14.

75 La segreteria del Pcd'I aveva deciso fin dal 30 gennaio, a proposito della libertà condizionata, di comunicare « per via interna, non pubblicamente, che la domanda può e deve essere fatta da tutti» (IG, APC, fasc. 1126, fo. 53).

76 Dal verbale della segreteria del Pcd'I del 27 febbraio 1933, in IG, APC, fasc. 1126, fo. 5.

77 Cfr. ibidem.

78 La lettera in IG, APC, fasc. 1173, fo. 21.

79 La risposta della sezione del Sr, ivi, fo. 22.

80 Cfr. il verbale della segreteria del Pcd'I del 27 marzo 1933, in IG, APC, fasc. 1126, fo. 30.

81 La lettera della segreteria in IG, APC, fasc. 1173, fo. 23.

82 Salviamo Gramsci e Th&aumllmann, in « La Vie Proletarienne» , 12 aprile 1933.

83 Il congresso europeo antifascista si riunisce per organizzare la lotta internazionale dei lavoratori contro il fascismo, ivi, 12 aprile 1933.

84 Liberate Gramsci!, in « L'Unità» , n. 6, aprile 1933.

85 « Azione antifascista» , organo della solidarietà dei lavoratori verso le vittime del fascismo, n. 1, aprile 1933.

86 In proposito si vedano Rassemblement, in « Front Mondial» , n. 3, marzo 1933; Une le&ccedilon à tirer, ivi, n. 4, aprile 1933; Fascisme et guerre, Guerre et fascisme, ivi, n. 5, maggio 1933.

87 Su questi aspetti si vedano B. Gross, Willi M&uumlnzenberg, Michigan State University Press, 1974; G. Badia, Feu au Reichstag, Paris, 1982; G. Badia, et al., Les bannis de Hitler, Paris, 1984.

88 Cfr. l'appello F&uumlr gemeinsamen Kampf des internationalen Proletariats gegen Faschismus, in « Rundschau» , 11 marzo 1933, pp. 89-90.

89 Agli operai socialisti, massimalisti, repubblicani! Alla direzione dei partiti socialista, massimalista, repubblicano!, in « L'Unità» , n. 5, marzo 1933.

90 Dalla risoluzione sul fronte unico approvata dall'Up del Pcd'I il 4 maggio 1933, in IG, APC, fasc. 1123, fo. 65.

91 I lavoratori di tutto il mondo organizzano il fronte unico per la lotta rivoluzionaria contro il fascismo, in « L'Unità» , n. 6, aprile 1933.

92 Cfr. Ercoli, Discorso ai massimalisti, in « Bandiera rossa» , 3 giugno 1933.

93 Cfr. la relazione della segreteria centrale alla terza conferenza dei gruppi comunisti italiani nel Pcf, in « La Vie Proletarienne» , 21 maggio 1933.

94 Information sur la campagne Gramsci. Il documento, datato 11 maggio 1933 e redatto per il Sri, in IG, APC, fasc. 1174, fo. 1-2.

95 Pour la vie de Antonio Gramsci, in « La V&eacuterité» , 21 aprile 1933.

96 Antonio Gramsci muore. Difendiamo la vita dei carcerati politici!, in « Avanti!» , 6 maggio 1933.

97 Il faut arracher notre camerade Gramsci au bourreaux fascistes de Turi di Bari!, in « L'Humanité» , 8 maggio 1933.

98 Gramsci en danger de mort!, ivi, 9 maggio 1933.

99 « Gramsci ne pourra survivre longtemps dans les conditions actuelles!» declare le professeur Arcangeli, ivi, 11 maggio 1933.

100 Cfr. la lettera inviata dal padre a Piero Sraffa il 25 maggio 1933, pubblicata in P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, cit., pp. 156-157.

101 Ivi, p. 155.

102 I verbali della segreteria in IG, APC, fasc. 1126, fo. 39.

103 La lettera è conservata negli Archivi del Comintern presso il Rossijskij centr chranenija i izuc&Egraveenija dokumentov novejs&Egraveej istorii (RCChIDNI) di Mosca, f. 513, op. 1, d. 1134, l. 86.

104 Ivi, l. 87.

105 Ivi, l. 84.

106 Ivi, l. 85.

107 Per la liberazione di Gramsci, in « Avanti!» 20 maggio 1933.

108 Per Gramsci e Pertini e per tutte le vittime politiche, ivi, 20 maggio 1933.

109 Una losca manovra socialdemocratico-trotskista, in « La Vie Proletarienne» , 21 maggio 1933.

110 La risoluzione della conferenza, ivi, 21 maggio 1933.

111 Cfr. Le masse lavoratrici esigono la liberazione di Antonio Gramsci, ivi, 21 maggio 1933; Pour arracher Gramsci à la mort la mobilitation s'intensifie dans l'&eacutemigration italienne en France, in « L'Humanité» , 18 maggio 1933; Arrachons Gramsci à la mort!, ivi, 22 maggio 1933; Les immigr&eacutes italiens pour la defense de Gramsci, ivi, 31 maggio 1933.

112 Cfr. IG, SR, bob. 36A, IV, fasc. 705, fo. 28.

113 Cfr.75.000 travailleurs au Mur!, in « L'Humanité» , 28 maggio 1933.

114 Cfr. P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, cit., p. 155.

115 Rettet Antonio Gramsci!, in « Rundschau» , 12 maggio 1933, p. 399.

116 Au meeting du SRI les travailleurs parisiens ont exigé la liberation de Gramsci, in « L'Humanité» , 26 maggio 1933.

117 Wir m&uumlssen den Genosse Gramsci retten!, in « Rundschau» , 26 maggio 1933, p. 511.