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Albertina Vittoria, I diari di Luigi Federzoni. Appunti per una biografia

5. Se le carte private di Federzoni non offrono documentazione su quello che potrebbe essere l'aspetto probabilmente piú interessante della sua biografia politica, vale a dire il rapporto con Vittorio Emanuele III, una testimonianza molto significativa la contengono invece per quanto riguarda il rapporto con Umberto II65. Un rapporto anzitutto di «fedeltà» e «devozione» - rafforzate dall'esito del referendum istituzionale -, ma anche di collaborazione e di informazioni politiche. Federzoni rivide Umberto di Savoia quando giunse a Lisbona ed ebbe con lui un lungo colloquio sulla situazione politica del paese e sulle modalità in cui si era giunti al referendum e al suo risultato66. La frequentazione riprese nel periodo in cui Federzoni visse in Portogallo e fu mantenuta successivamente quando tornò in Italia: qui infatti - scriveva il 2 aprile 1951 - «piú che mai io e i miei ci consideriamo al servizio di Vostra Maestà e della causa della Patria e della Monarchia».

Federzoni non svolse in Italia attività politica e si rifiutò di iscriversi al partito monarchico, ritenendo - scriveva il 3 giugno 1954 - che «quanti ebbero responsabilità di governo durante il Ventennio fascista debbano astenersi da ogni attività militante nella presente vita pubblica del Paese; e particolarmente coloro che cooperarono al rovesciamento della dittatura». Ma seguí con attenzione le vicende interne del paese e dei diversi partiti - con la convinzione in lui sempre piú radicata che il «caos» determinato dal sistema politico italiano fosse dovuto alla mancanza di un organismo istituzionale rappresentativo quale la monarchia - e in particolare quelle riguardanti le formazioni monarchiche. Il suo impegno si esplicò soprattutto nei confronti del re in esilio ed è confermato dalla collaborazione prestata per la stesura di documenti, messaggi, lettere - «minute per il Signore» come sono indicate in piú occasioni67 -; alcune elaborate assieme a Umberto II, quando Federzoni si trovava in Portogallo o negli incontri che ebbe - a Cascais o in Francia - anche dopo il ritorno in Italia, altre inviate dall'Italia tramite i ministri e collaboratori della Real Casa68.

Un altro aspetto significativo della collaborazione di Federzoni consisteva nei rapporti svolti periodicamente - soprattutto tra il '48 e il '52 - sulla situazione politica italiana e quella interna ai partiti, offrendo tra l'altro un interessante spaccato degli sviluppi del nostro sistema politico.

I temi ricorrenti nelle minute di Federzoni sono due: la sfiducia del paese nei confronti dei partiti al governo e il clima favorevole per la monarchia, da un lato; la confusa situazione e la polemiche interne ai partiti, la cui aggressività è spesso letta come ostilità e timore verso la monarchia sabauda, dall'altro. Soprattutto la politica di De Gasperi era intesa come «controffensiva» nei confronti del Msi e del movimento monarchico, cosí come Federzoni riferí in un'udienza da Pio XII:

Sire - scriveva il 16 giugno 1949 -,

Ieri sono stato ricevuto da P., al quale non ho mancato di esporre ampiamente e con molta franchezza le impressioni già note a V.M. e particolarmente ciò che riguarda il piú accentuato atteggiamento di ostilità dei d.c. verso il movimento m.: non ho taciuto neanche la dolorosa sorpresa prodotta in tutti coloro che sono estranei alle correnti settarie dai virulenti attacchi di taluni sacerdoti sardi alla M. e alle stesse Persone Auguste di V.M. e di S.M. la Regina. Ho rilevato come un complesso di fatti incresciosi determini non solo il distacco dalla d.c. di una parte notevole delle masse che la appoggiarono, ma anche una polarizzazione di larghe zone dell'opinione pubblica in senso già visibilmente anticlericale.

Il Personaggio ascoltò paziente e quasi silenzioso il lungo discorso, interrompendomi solo tre o quattro volte per eccepire la estraneità del Vaticano allo svolgimento della politica cosí del Governo come del partito che questo rappresenta. All'atto del congedo, Egli fu - come sempre - pieno di benignità. Riportai, uscendo, l'impressione di un mesto e rassegnato isolamento.

Uno spazio consistente delle lettere è naturalmente occupato dalle vicende interne al Pnm, dai suoi rapporti con le altre formazioni monarchiche e con il Movimento sociale italiano - la «convergenza» con il quale, «automatica», «se pure non voluta», viene indicata già in una lettera del 10 agosto 1949 -, dai suoi contrasti interni, dalla lotta fra Covelli e Lauro. In questo contesto, era l'Unione monarchica italiana a rappresentare per Federzoni l'organismo che, meglio di un partito, avrebbe potuto garantire l'impegno per l'affermazione della causa monarchica: il suo «programma di concentramento indifferenziato di monarchici inscritti ad altri partiti o non aderenti ad alcun partito» non riusciva tuttavia - come notava in una lettera del 4 marzo 1953 - a tradursi in una precisa funzione politica.

Con il passare degli anni e man mano che si andavano definendo i contrasti interni tra le diverse forze monarchiche, da un lato, e l'alleanza del Pnm con il Msi - avvenuta secondo Federzoni «in condizioni d'inferiorità organizzativa» (6 aprile 1952) -, dall'altro, la figura di Umberto II veniva sempre piú elevata al di sopra delle parti e dei conflitti politici immediati. Al momento in cui si concretizzò la spaccatura tra Lauro e Covelli con la nascita del Partito monarchico popolare, Federzoni ribadiva la necessità che Umberto II rimanesse estraneo alla contesa e non legittimasse nessuna delle due forze politiche: «Deluda Vostra Maestà entrambe le parti, poiché è il Re di tutti gli Italiani, non il Re di un partito, e meno che mai di un sottopartito» (3 giugno 1954)69. Cosí come rimarcava qualche anno dopo, commentando i risultati delle elezioni amministrative della primavera 1956:

Il vero disastro, purtroppo, è stato quello del PNM; e la sola lode che può farsi oggi all'on. Covelli è di non avere, che io sappia, tentato di negarlo. Cosí il partito monarchico ufficiale ha pagato il fio dei tanti errori commessi, i quali si possono riassumere nel supremo gravissimo errore di essere stato sempre troppo partito e troppo poco monarchico. Per buona sorte la Maestà Vostra, coi suoi due messaggi preelettorali, ha prevenuto saviamente il pericolo di una eventuale interpretazione della catastrofe covelliana come catastrofe della causa monarchica, mettendo bene in chiaro che il Re è il Re di tutti gli Italiani, e non soltanto dei tesserati dell'on. Covelli [...] (2 giugno 1956).

Con questo spirito, nella convinzione che la monarchia fosse un'istituzione superiore e non un partito, Federzoni svolgeva la sua opera di collaborazione con il re in esilio e si impegnava personalmente in un'attività di studio e di rapporti: la sua «fede» monarchica si traduceva in una difesa della dinastia sabauda attraverso la ricostruzione della propria biografia e il lavoro storico.

All'interno dell'Unione monarchica italiana Federzoni si occupò della costituzione di un Comitato di divulgazione storica - di cui fu presidente, coadiuvato dal segretario Mario Viana -, che aveva lo scopo - come scriveva a Umberto il 21 gennaio 1957 - di «promuovere e coordinare la difesa contro tutte le deformazioni faziose degli avvenimenti concernenti la Monarchia di Savoia». Con Mario Viana progettò una rivista, «Indipendenza», che avrebbe dovuto essere un «periodico d'alta cultura, atto a orientare vecchi e giovani [...] su questioni di storia, di diritto pubblico, di politica sociale ecc.» (25 settembre 1958).

Un impegno su questo versante - che occupa un posto di rilievo tra le sue carte, con dattiloscritti, appunti, ritagli ecc. - fu quello relativo alla storia del Regno d'Italia, cui Federzoni si dedicò per una pubblicazione, che tuttavia non si concretizzò, per la Utet70. Il dattiloscritto intitolato Aurora della patria potrebbe essere parte di questo lavoro71. L'opera avrebbe dovuto rappresentare - come scriveva il suo autore a Umberto II - «una rivendicazione totale dell'opera della Monarchia Sabauda, e pertanto costituirà essa medesima un modesto servizio, che, se Dio mi concederà ancora vita e vigore fisico e mentale, potrò rendere alla Corona e alla storia» (12 settembre 1959).

Una finalità storica e al tempo stesso politica: come scriveva in una lettera in cui si poneva come mediatore tra l'ex sovrano e Mario Missiroli per la pubblicazione sul «Corriere della sera» delle memorie di Vittorio Emanuele III, occorreva «far comprendere agli italiani quale spaventoso errore fu il rovesciamento della Monarchia; bisogna farli pentire di averlo cagionato e tollerato; dimostrare loro quale prezioso bene essi abbiano, per cecità o per leggerezza, respinto e distrutto» (Lussemburgo, 26 maggio 1957):

Non vi è dubbio che la rivelazione documentaria della vera, veggente e generosa anima italiana del Re Vittorio Emanuele III all'immenso pubblico del «Corriere della Sera» significherebbe l'automatica demolizione della calunniosa leggenda creatasi intorno a quella eccelsa Personalità; leggenda settaria che i nemici della Dinastia propalarono e sfruttarono per potere perfidamente privare la Patria del presidio insostituibile - la Monarchia Sabauda - della sua unità e della sua indipendenza (ibidem)72.

Proprio con questa finalità, Federzoni riprese in mano il proprio libro di memorie, Italia di ieri per la storia di domani, per la stesura definitiva, come affermava esplicitamente in una lettera del 25 marzo 1956:

[...] ho interrotto temporaneamente la mia grossa opera storica intorno al Regno d'Italia (1861-1946), commessami dall'Utet, per un altro pesante lavoro, cioè allestire il testo riveduto e integrato delle mie memorie di ex-condannato a morte, scritte fra il 1943 e il 1945. Esse significheranno nella mia intenzione una rivendicazione totale della Monarchia di fronte agli iniqui addebiti mossi ad essa da repubblicani e da repubblichini.

Nelle carte private di Federzoni del secondo dopoguerra si può - come si è detto - ritrovare un filo unitario di ricostruzione della propria biografia nell'ottica della difesa della monarchia sabauda e del suo ruolo positivo nella storia d'Italia: anche le vicende del regime fascista e la parte che Federzoni vi ebbe sono intese in questo senso, e la propria autodifesa è condotta sul presupposto della fedeltà alla nazione - e quindi alla Corona - prima che al regime politico.

La corrispondenza con Umberto II - seppur limitata alle minute di Federzoni - costituisce quindi un documento importante non solo delle idealità che furono alla base della sua azione politica, ma anche dello stretto legame con la Casa sabauda. Un legame che dovrebbe essere verificato anche per il periodo precedente, per quei momenti - cui si è accennato - in cui il ruolo di Federzoni fu di grande importanza per la stabilizzazione del regime e, quindi, per la sua caduta. Dalla documentazione di altri archivi - e primo fra tutti quello dei Savoia, purtroppo non accessibili - e da ulteriori ricerche potranno venire nuove conferme: con le carte ora possedute dall'Archivio storico dell'Istituto della Enciclopedia italiana, si possono intanto porre solide basi per una biografia di Luigi Federzoni.


Albertina Vittoria, I diari di Luigi Federzoni. Appunti per una biografia


65 La documentazione era conservata da Ferdinando Sciacca ed è stata donata dal figlio Giovanni - con la generosità già ricordata - in copia all'Archivio (fasc. 30): essa consiste per la maggior parte nelle minute manoscritte (alcune dattiloscritte) di Federzoni a Umberto di Savoia. Purtroppo non sono conservate lettere di Umberto, ma solo numerosi biglietti di auguri per le festività e di ringraziamenti, nonché biglietti e brevi missive di Maria José. Per le citazioni da questo fascicolo d'ora in poi si indicherà nel testo solo la data delle minute.

66 L'incontro è raccontato con dovizia di particolari nel primo quaderno del Giornale di un viaggiatore, alla data del 22 giugno 1946. La descrizione del re ormai in esilio dà idea di quanto profonda fosse l'ammirazione di Federzoni: «È nato re, è stato educato per essere re. Intelligente, pronto e pur riflessivo, non ha un gesto, non ha una mezza parola che stonino: è superiore al padre anche in questo, forse perché è esente da quel complesso di inferiorità fisiche che hanno originato l'acredine e la tortuosità di Vittorio Emanuele III» (p. 88).

67 In particolare sono conservate le stesure (manoscritte di Federzoni, con diversi rifacimenti, appunti e suggerimenti di Umberto) dell'intervista di Umberto II a R. Cantalupo, apparsa in «Governo», 17 giugno 1950; della lettera ai deputati e senatori monarchici del 12 aprile 1949; del messaggio augurale per il congresso del Pnm [1949]; del messaggio agli italiani per il nuovo anno, del dicembre 1950; del messaggio ai triestini in occasione dell'accordo provvisorio per la questione di Trieste, 20 ottobre 1954; dei messaggi per la ricorrenza dell'incontro di Teano, 26 ottobre 1956 e 1957; di una minuta di lettera per Achille Lauro [1949]. Da altre minute di Federzoni si intuisce anche il suo rapporto di mediazione, ad esempio con l'editore Rizzoli (che in un colloquio avuto a Milano gli «dichiarò insistentemente la sua incrollabile fede monarchica e l'intenzione di continuare a propagarla nella sfera sempre piú vasta del pubblico che segue i giornali da lui fondati»; minuta del 2 aprile 1951), e con Mario Missiroli - di cui si vedrà piú avanti - per la pubblicazione delle memorie di Vittorio Emanuele III sul «Corriere della sera». La lettera ai parlamentari del Pnm dell'aprile 1949, pubblicata in «Italia monarchica», n. 15, 14 aprile 1949, è citata da D. De Napoli, Il movimento monarchico in Italia dal 1946 al 1954, Napoli, Loffredo, 1980, p. 65.

68 Scriveva ad esempio - per avere un'idea della frequentazione con il re in esilio - il 22 giugno 1952: «Crederei pertanto piú giovevole al servizio che spero potere rendere alla Maestà Vostra (sempre che ciò non contrasti con le Sue intenzioni) rinviare alquanto il mio "rapporto" a un momento, che ritengo abbastanza vicino, in cui la situazione generale sia un po' piú maturata. Verrei ovunque e quando Vostra Maestà volesse chiamarmi».

69 In una minuta del 16 settembre 1954 - che tuttavia non fu spedita, come Federzoni scriveva di suo pugno -, compiva una dettagliata analisi del «crollo» del partito monarchico, che già si era profilato alle elezioni amministrative. Per Federzoni erano stati «due imperdonabili errori politici» «a svalutare il PNM nel sentimento della Nazione»: «1) L'accettazione supina, a cui il PNM si è facilmente piegato, almeno in Parlamento, dell'aggiornamento indefinito della questione istituzionale [...] Sarebbe bastato un periodico richiamo storico e ideologico, magari incidentale, al vitale principio della Monarchia, potere supremo di arbitrato e conciliazione fra le forze politiche, senza del quale lo Stato si riduce in Italia - come vediamo - a una facciata di solenni astrazioni, che neppure riesce a mascherare una realtà di spaventosa decadenza morale, di totale cecità e impotenza politica e di aperte macchinazioni sediziose. La repubblica, come istituto e come fatto concreto, ha la responsabilità dell'odierno caos [...] La Monarchia, per i parlamentari monarchici, sembra un postulato sottinteso [...] 2) Altro non meno funesto errore è stato l'aver fatto del cosí detto "Quadripartito" l'esclusivo bersaglio della polemica monarchica». Per le vicende interne al Pnm e i contrasti fra le diverse componenti del movimento monarchico, cfr. D. De Napoli, Il movimento monarchico in Italia, cit.; L. Scarpa, L'organizzazione dei partiti e movimenti monarchici, in L'arcipelago democratico. Organizzazione e struttura dei partiti negli anni del centrismo (1949-1958), a cura e con introduzione di C. Vallauri, Roma, Bulzoni, 1981, pp. 529-537.

70 Cfr. ad esempio minuta manoscritta di lettera ad A. Frassati, 15 giugno 1958 (fasc. 11); minuta manoscritta di lettera a Umberto di Savoia, 13 maggio 1959: «Entro il 31 dicembre di quest'anno dovrei consegnare all'Utet il testo del Regno d'Italia, dal 1900 al 1946. Sarà un grosso volume, convenientemente documentato e illustrato».

71 Fasc. 37. Si tratta di 15 capitoli dattiloscritti, dall'inizio del regno alla morte di Vittorio Emanuele II, piú altri capitoli sparsi sul periodo umbertino (anni quindi diversi rispetto a quelli indicati dalle minute citate nella nota precedente). Altri appunti, ritagli, articoli e capitoli dattiloscritti in fasc. 77 e 79; in fasc. 78 Illustrazioni per il libro «Regno d'Italia».

72 In questa lettera Federzoni offriva la propria totale disponibilità per il controllo della pubblicazione, affinché nulla venisse stampato «senza l'attento benestare della Maestà Vostra». Della proposta di pubblicare sul «Corriere della sera» le memorie di Vittorio Emanuele III, di cui aveva dato notizia il generale P. Puntoni (cfr. Parla Vittorio Emanuele III, Bologna, Il Mulino, 1993 [I ed. Milano, 1958], pp. 349-350), Federzoni parlò per la prima volta in una lettera del 21 gennaio 1957. La pubblicazione, com'è noto, non si realizzò. In una lettera non spedita si ha notizia dell'imminente pubblicazione del «diario segreto del re» annunciata dal settimanale «Candido»: anche questa non avvenne, come avverte una annotazione di Federzoni sulla minuta, in cui mostrava le proprie rimostranze a Umberto per «l'inaspettata preferenza data al Candido», che avrebbe fatto perdere «un onesto e sincero amico della Causa, il quale era convinto della necessità di ricondurre gli Italiani al culto del nome e dell'opera di Re Vittorio Emanuele III». La lettera non fu spedita perché Federzoni aveva accertato l'estraneità di Umberto all'annunciata pubblicazione del settimanale (4 settembre 1958).