"Le dimensioni della solidarietà"
II° Rapporto sul volontariato sociale italiano

Relazione introduttiva di Renato Frisanco
(Roma, 11.2.1999)


Indice:

Cosa rappresenta questa pubblicazione?

Perché la scelta del titolo "Le dimensioni della solidarietà"?

Con quale metodo è stata condotta la rilevazione?

Con quale definizione di organizzazione di volontariato?

Una banca dati in evoluzione

Conclusioni


Cosa rappresenta questa pubblicazione?

Rappresenta l'apice e il risultato di un complesso e faticoso impegno della Fondazione per aggiornare e completare la propria Banca Dati nata come impegno statutario e già alimentata con la prima rilevazione censimento condotta nel 1993.
Si tratta di dar conto di un itinerario di indagine durato due anni (1996-98), dalla fase di impostazione ad oggi e che ha mobilitato una notevole quantità di risorse economiche e un ragguardevole numero di risorse umane, circa 300 persone organizzate in gruppi regionali.
E' un volume necessariamente più ricco di informazioni di quello che è stato il primo rapporto sul volontariato sociale italiano pubblicato 4 anni fa, dato il mutare dello scenario, delle esigenze e delle nuove opportunità di lettura e interpretazione del fenomeno:
I) si arricchisce di un duplice apporto sul piano dell'interpretazione dei dati cogliendone gli aspetti di differenziazione che sono anche la ricchezza del volontariato:

  1. sia individuando una classificazione, una tipologia di organizzazioni di volontariato che non fosse però solo nominalistica, ma statisticamente significativa;

  2. sia leggendo il volontariato in controluce con i fenomeni sociali del territorio, e quindi descrivendo la geografia del volontariato.

II) E’ propria di questo secondo rapporto anche una duplice lettura comparata del fenomeno:

  1. in termini diacronici, dando conto del suo andamento tra la prima e la seconda rilevazione;

  2. tentando di confrontare il volontariato organizzato del nostro paese con quello che si conosce in alcuni tra i principali paesi europei; da cui emerge la specificità italiana nel contesto europeo anche in considerazione dei diversi sistemi di welfare.

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Perché la scelta del titolo "Le dimensioni della solidarietà" ?

Vuol dar conto di una operazione di ricerca che aveva l'ambizione di coprire l'universo del fenomeno attraverso una rilevazione quantitativa condotta su tutte le organizzazioni di valenza solidaristica, siano esse iscritte o non, ai registri regionali. In tal senso è al momento la rilevazione più attendibile e credibile oltre che dotata di un'autonoma, esplicita e articolata definizione di organizzazione di volontariato. Non risente, ad esempio, come nel caso dell'ISTAT che prende in considerazione solo le organizzazioni, sic et simpliciter, iscritte ai registri regionali del volontariato (il volontariato istituzionalizzato), dei non omogenei filtri all'ingresso nel registro forniti dalle diverse Regioni. La definizione da noi adottata, se pur sta dentro la definizione della 266/91 la supera nella misura in cui non la vincola a tutti i requisiti previsti dalla legge. Non si poteva, per fare un esempio, non considerare il volontariato che fa capo alla Croce Rossa (160 mila volontari in tutta Italia con circa 300 sedi) solo perché non disponeva, fino a un anno fa, del requisito dell'eleggibilità degli organi di governo. Così come non si poteva ignorare la realtà del volontariato micro-territoriale delle organizzazioni informali o semiinformali delle parrocchie o di altre realtà laiche ma autonome. Avrebbe voluto dire perdere di vista una parte del fenomeno che è come è, per scelta e per vocazione, non per difetto. Al contrario, nella nostra definizione di organizzazione di volontariato non rientrano i gruppi finalizzati esclusivamente all'auto-mutuo aiuto che pur si possono iscrivere ai registri pubblici di alcune Regioni, avendo noi optato per una nozione di solidarietà nei confronti di terzi. Oppure, e soprattutto, le Bande o i cori municipali che pur in alcune regioni vengono ammessi all’iscrizione.
Possiamo infine dire che non si tratta solo di una operazione quantitativa ma ha anche una connotazione qualitativa se è vero che vi è una quantità che fa qualità: le oltre 10.500 organizzazioni che hanno permesso la compilazione di un questionario alquanto denso di domande costituiscono un numero così ragguardevole da essere realmente rappresentativo del fenomeno che si comincia a intravvedere nella sua grandezza naturale.

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Con quale metodo è stata condotta la rilevazione?

Il metodo della rilevazione adottato dalla FIVOL ha comportato l’impegno di un numero considerevole di persone proprio per la sua unicità. Si tratta infatti di una rilevazione realizzata, non per via epistolare e burocratica - per quanto anche questo metodo possa essere plausibile - ma faccia a faccia e avvalendosi della fitta trama di relazioni e di raccordi con organizzazioni di volontariato di primo e secondo livello (basti pensare alle oltre 10.000 consulenze di vario tipo fornite dalla FIVOL in questi anni), con Enti Locali, Regioni, Istituti universitari, Centri di Servizi che si andavano costituendo, Osservatori Caritas ecc. Ciò ha permesso un reclutamento di rilevatori motivati e buoni conoscitori del campo e dell'unità di analisi.
L'aspetto relazionale con il mondo del volontariato è imprescindibile, e oggi in particolare attraverso collegamenti e sinergie operative con i Centri di Servizio, proprio perché la FIVOL non agisce solo come istituto di ricerca ma come soggetto operatore di servizi e realizzatore di progetti per la valorizzazione e lo sviluppo del movimento del volontariato.

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Con quale definizione di organizzazione di volontariato?

La definizione dell’unità di analisi considera solo i gruppi organizzati, operanti in Italia, dotati di propria autonomia e identità e strutturati per operare con continuità.
In altri termini, l’unità di analisi considerata, corrisponde a quel soggetto collettivo dotato dei seguenti criteri organizzativi e distintivi:

  1. possedere un livello minimo di strutturazione interna, con una composizione di almeno 5 volontari attivi, una definizione degli obiettivi e dei valori condivisi tramite un documento scritto o la chiara identificazione del gruppo; la presenza di un responsabile riconosciuto come tale e l’esistenza di un riferimento logistico (un indirizzo) del gruppo o di un suo referente;

  2. perseguire gli obiettivi della propria azione in modo continuativo - con almeno un anno di operatività effettiva - non sporadico e non strumentale ad altre finalità (educative, di acquisizione di competenze e professionalità);

  3. esplicare la propria azione con autonomia decisionale, anche se in accordo con la programmazione di altro soggetto pubblico o privato;

  4. realizzare i propri obiettivi attraverso personale totalmente o prevalentemente composto da soggetti volontari - almeno per quanto concerne il gruppo operativo - che si impegnano spontaneamente e gratuitamente;

  5. essere soggetta all'obbligo della non distribuzione di eventuali profitti ai propri soci o ai membri degli organi direttivi;

  6. orientare la propria azione in Italia per la promozione e l’incremento della solidarietà nazionale e internazionale.

  7. operare solidaristicamente o direttamente a favore di terzi in stato di svantaggio, di bisogno o di non riconoscimento dei diritti, oppure per la qualità della vita della popolazione generale o di una specifica porzione di essa a rischio di disagio o appartenente ad area caratterizzata da degrado con una finalità di utilità sociale. Quindi per il miglioramento del benessere collettivo come nel caso della tutela di beni culturali o del patrimonio naturale e ambientale (difesa o recupero di tali beni a vantaggio di collettività che ne rischiano o subiscono la perdita).

  8. costituire un’unità operativa, un gruppo di base, anche se può svolgere, seppure non esclusivamente, funzioni di coordinamento (secondo livello).

Inoltre con la seconda rilevazione è stato possibile un più accurato, sistematico e rigoroso controllo di qualità dei dati raccolti con i questionari: controlli di pertinenza (aderenza alla definizione di volontariato), coerenza (tra serie di dati) e qualità (accuratezza e appropriatezza delle informazioni) - che hanno richiesto un lavoro suppletivo di 4 mesi. Inoltre si sono dipanate alcune ambiguità definitorie che erano proprie della prima rilevazione e che rendono ora più attendibile il risultato della seconda.

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Una Banca dati in evoluzione

Questa operazione di rilevazione va oltre i risultati consegnati al volume che viene oggi presentato.

a) un lavoro permanente e quotidiano di rilevazione
La Banca dati supera oggi le 13.000 unità. Parte delle 2.000 organizzazioni, note alla Banca dati dal 1993 e non aggiornate per vari motivi nel 1997 lo sono state nel 1998; continua con ritmo quotidiano lo sforzo di identificare nuove realtà, di confrontare fonti, di interpellare i soggetti di secondo livello sul territorio, di operare confronti con i registri regionali del volontariato, per un lavoro di completamento o meglio di approssimazione alle dimensioni dell'universo. Si tratta di un lavoro che non sarà mai chiuso perché le organizzazioni di volontariato sono realtà dinamiche che nascono, muoiono e si trasformano come ogni altra organizzazione sociale.

b) perfezionamento dell'apparato definitorio
Stiamo inoltre operando per un perfezionamento della definizione di "organizzazione di volontariato" fin qui utilizzata, esplicitando ancora meglio alcuni indicatori misurabili di pertinenza con le categorie fondamentali assunte. Sappiamo che la comunità scientifica non si è mai occupata di darne una definizione operativa, per cui le ricerche su queste organizzazioni a livello locale o nazionale assumendo dissimili definizioni sono scarsamente confrontabili.
Si tratta altresì di riprecisare e puntualizzare ancora meglio i criteri di inclusione ed esclusione rispetto alla banca dati, estendendo il concetto di intervento a favore di terzi (impegno a favore della comunità). Si tratta quindi di fare un’ulteriore chiarezza sull’idoneità all'ingresso in Banca dati, ovvero sui criteri di inclusione-esclusione di alcune tipologie di associazioni culturali o sociali (AGESCI, Archeocleb, Intercultura, ecc.) riducendo al minimo il margine di discrezionalità del rilevatore-ricercatore. Così come di superare incertezze rispetto ad alcune organizzazioni al cui interno operano diverse formazioni di volontariato talvolta rappresentati da un unico questionario, tal'altra da più questionari; come di accettare nella banca dati alcune organizzazioni che associano ad una funzione operativa una di coordinamento o di secondo livello. E altre ancora: le organizzazioni che puntano sulla difesa degli animali sono dentro o fuori il volontariato di solidarietà?
L’idea della FIVOL è quella, in prospettiva, di non perdere di vista anche il volontariato del mutuo aiuto e quello delle ONG di cooperazione visto che non vi sono al riguardo specifiche banche dati attive rispetto alla solidarietà corta e a quella internazionale, quando questa non ha ricadute a livello dei territori e dei soggetti del nostro paese.

c) modifiche importanti sul piano metodologico
Gli obiettivi che sostengono un progetto di avanzamento e potenziamento della banca dati vanno letti in riferimento alla funzione accordata a tale strumento informativo. Essa si conferma essere quella di favorire la massima visibilità al fenomeno volontariato in tutte le sue espressioni e i suoi campi di intervento al fine di promuoverne la funzione, indicarne traguardi, punti di snodo e aspetti di criticità. Vuol essere quindi un veicolo di conoscenza sul volontariato, sollecitando approfondimenti e nuova ricerca e rispondendo alle richieste di diversi interlocutori (studenti, giornalisti, candidati al volontariato, associazioni), e, al tempo stesso, si propone come occasione di autoosservazione o autoanalisi per chi di questo mondo fa parte.
Sulla base dell'esperienza maturata in queste due rilevazioni, proprio alla luce dei problemi affrontati in questa prima indispensabile fase di costruzione, siamo ora in grado di fare delle scelte metodologiche e di rilevazione che prefigurano nuove prospettive di sviluppo:
1) come quella di tener distinto l'obiettivo del censimento da quello della ricerca optando per un duplice risultato:
a) quello di censire realmente l'esistente rilevando ex-novo o aggiornando alcune essenziali informazioni descrittive di ciascuna organizzazione (dati anagrafici, appartenenze/collegamenti, forma costitutiva, settore di intervento, personale e risorse), riducendo la durata della rilevazione e permettendo quindi di fornire dati temporalmente omogenei per tutte le unità esaminate. E' questa la parte costante della BD;
b) quello di maggior respiro e impegno di ricerca, attraverso un questionario di tipo complesso, che si realizza su di un campione mirato e rappresentativo e tale da garantire un approfondimento del fenomeno mettendo sotto controllo molteplici variabili connotative del suo andamento e della sua evoluzione o esplicative di specifiche tematiche. Si potrà al riguardo pensare anche di operare un vero e proprio monitoraggio su un campione fisso di ORG. di VOL. - diversamente caratterizzate per ciclo di vita, dimensioni, settore di intervento e collocazione geografica - periodicamente osservato al fine di evidenziarne processi e cambiamenti, pur non perdendo di vista realtà nuove ed emergenti del volontariato organizzato.
Inoltre la Fondazione si pone poi l'obiettivo di far sì che la BD rappresenti sempre più anche l'azione volontaria esplicata all'interno dei diversi soggetti del terzo settore (Caritas e altre istituzioni religiose, cooperative, associazioni private senza fine di lucro, fondazioni, IPAB, ONG, patronati ecc.). Questo permette anche di fare chiarezza perché definire il volontario è oggi più arduo di definire che cosa è una organizzazione di volontariato: vi sono al riguardo molteplici definizioni (che non specificano bene quanto, come e per chi viene fatto volontariato): da quella dell'IREF, a quella dell'ISTAT, a quella della DOXA, che danno numeri e tendenze incomparabili tra loro e quindi poco utili a capire il fenomeno dell'azione volontaria che sappiamo non appartiene solo alle organizzazioni di volontariato.

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Conclusioni

Le organizzazioni di volontariato rappresentano istanze di partecipazione, di presenza etica, di impegno politico nel sociale.
Il fenomeno si presenta oggi in evoluzione e in transizione, come ben evidenzia nella sua recente pubblicazione il dott.Tavazza.
In evoluzione, perché è sempre più diffuso, visibile, dinamico, organizzato e complesso e orientato da parametri di modernizzazione nell’offerta di servizi sia in termini operativi, di nuove e più efficaci prestazioni (volte alla rimozione delle cause dei fenomeni, ad un’azione mediatrice, animatrice e di ascolto), che di organizzazione e di gestione di servizi e di tipo infrastrutturale (o per la comunicazione, la formazione).
In transizione, perché è dentro un sistema di welfare in cambiamento che richiede al volontariato di giocare ruoli nuovi e di esercitare più funzioni, senza per questo perdere la sua specificità e originalità.
Non basta più oggi un volontariato che è testimonianza e coltura di solidarietà, che è "dar voce a chi non ha voce", che è anticipatore di nuove risposte e servizi, che è stimolo critico per le istituzioni, serve anche un volontariato che abbia capacità di proposta politica, che diventi interlocutore delle pubbliche istituzioni, che le difenda dal loro stesso degrado o inefficienza se è il caso (e per questo non ha bisogno di stipulare convenzioni) e, infine, che lavori in rete in un territorio animato da esso stesso, come organizzazione intermedia tra il cittadino e le istituzioni.

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