L’indagine condotta dalla Fondazione Italiana per il Volontariato nel 1997 fornisce un quadro completo e attendibile sulla realtà del volontariato sociale italiano:
- per l’estensione del campione (10.516 organizzazioni);
- per la notevole eterogeneità delle organizzazioni considerate (iscritte e non iscritte nei Registri regionali del volontariato previsti dalla legge n.266/1991);
- per i campi di intervento (organizzazioni attive in campo socio-assistenziale, sanitario, educativo, ambientale, culturale etc.).
La scala nazionale di questa indagine e la completezza dei dati raccolti consentono per la prima volta in questo paese con un grado elevato di accuratezza scientifica, di delineare le caratteristiche fondamentali del fenomeno.
1. La diffusione e le differenze sul territorio
l volontariato è un fenomeno consolidato e distribuito su tutto il territorio nazionale, che riflette tuttavia le differenze e le disuguaglianze del nostro paese.
Le organizzazioni censite dalla Fondazione sono, al termine del 1997, 12.909 (di cui 10.516 hanno fornito le informazioni richieste). Esiste quindi circa un’organizzazione volontaria ogni 3500 cittadini del nostro paese. Esse rivelano un’anzianità media di 21 anni, con punte di maggiore anzianità in Liguria e Toscana (poco meno di 40 anni di vita) (tab. 1)
Tab. 1. Numero di organizzazioni e anzianità
Regioni |
Organizzazioni |
media anni |
Piemonte |
603 |
24,46 |
Valle d'Aosta |
63 |
17,44 |
Lombardia |
1.823 |
22,41 |
Liguria |
503 |
38,48 |
Trentino-Alto Adige |
283 |
21,98 |
Veneto |
506 |
13,79 |
Friuli-Venezia Giulia |
243 |
16,31 |
Emilia-Romagna |
1.251 |
20,00 |
Toscana |
930 |
38,96 |
Umbria |
190 |
16,42 |
Marche |
444 |
20,77 |
Lazio |
634 |
16,91 |
Abruzzo |
157 |
15,52 |
Molise |
52 |
6,73 |
Campania |
430 |
12,11 |
Puglia |
647 |
13,68 |
Basilicata |
64 |
11,20 |
Calabria |
77 |
12,57 |
Sicilia |
744 |
15,06 |
Sardegna |
872 |
19,59 |
Italia |
10.516 |
21,34 |
Oltre un decimo delle organizzazioni volontarie (1075) opera in modo continuativo da cinquanta anni e oltre il 50% ha superato la soglia dei dieci anni continuativi di attività: un
traguardo non così scontato per organismi che si affidano quasi esclusivamente all’impegno volontario e gratuito dei loro membri. D’altra parte, resta pur vero che quasi
metà delle organizzazioni (4891) ha meno di 10 anni di vita.
Il fenomeno quindi mostra due volti: da un lato quello di una realtà associativa forte e stabilmente insediata nel territorio; dall’altro quello di una realtà fluida e
dinamica, capace di dotarsi di forme organizzative nuove ed inedite.
Si conferma fenomeno diffuso a livello nazionale, insediato in modo capillare sul territorio. Praticamente tutti i centri oltre gli 80.000 abitanti del nostro paese ospitano almeno
un’organizzazione volontaria. Organizzazioni sono presenti anche nell’80% dei centri compresi tra 20.000 e 80.000 abitanti (con punte oltre il 90% nel centro e nel nord del paese) e
nel 25% dei centri con meno di 20.000 abitanti. Le regioni in cui il volontariato è maggiormente diffuso sul territorio sono l’Emilia Romagna e la Toscana (dove sono presenti
organizzazioni volontarie rispettivamente nel 69% e nel 65% dei comuni).
Osservando la distribuzione per grandi aree geografiche, emergono tuttavia notevoli disparità. Oltre metà delle organizzazioni opera nelle regioni settentrionali del paese,
mentre nel mezzogiorno è presente soltanto il 29% dei gruppi.
Se rapportiamo il numero delle organizzazioni alle dimensioni della popolazione, la differenza emerge con ancora maggiore evidenza: nelle regioni settentrionali e centrali si registra infatti
un numero di organizzazioni per 100.000 abitanti addirittura doppio di quello esistente nelle regioni meridionali (tab. 2)
Tab. 2. Organizzazioni, volontari e ore di volontariato per 100.000 abitanti
Regioni |
Organizzazioni |
volontari |
ore di volontariato |
Piemonte |
14.0 |
503 |
3.579 |
Valle d'Aosta |
52.8 |
2.144 |
11.257 |
Lombardia |
20.3 |
7.069 |
5.324 |
Liguria |
30.5 |
1.155 |
8.950 |
Trentino-Alto Adige |
30.8 |
1.791 |
14.114 |
Veneto |
11.4 |
380 |
2.809 |
Friuli-Venezia Giulia |
20.5 |
645 |
4.467 |
Emilia-Romagna |
31.8 |
1.175 |
8.448 |
Toscana |
26.4 |
1.295 |
10.926 |
Umbria |
22.9 |
476 |
3.622 |
Marche |
30.7 |
1.029 |
5.961 |
Lazio |
12.2 |
315 |
2.422 |
Abruzzo |
12.3 |
304 |
1.958 |
Molise |
15.7 |
452 |
2.649 |
Campania |
7.4 |
271 |
2.002 |
Puglia |
15.8 |
329 |
2.869 |
Basilicata |
10.5 |
303 |
2.543 |
Calabria |
3.7 |
123 |
1.268 |
Sicilia |
14.6 |
398 |
3.237 |
Sardegna |
52.4 |
175 |
12.418 |
Italia |
18.3 |
632 |
4.769 |
Si tratta di un fenomeno che presenta una distribuzione geografica fortemente sbilanciata a sfavore delle regioni tradizionalmente più povere del paese. Da un punto di vista generale, si
può dunque affermare che la distribuzione del volontariato nel paese confermi, invece che ridurre, le disuguaglianze territoriali esistenti.
Ciò è ribadito dal fatto che esiste una precisa correlazione positiva tra la diffusione del volontariato ed indicatori territoriali che segnalano condizioni medio-alte di
benessere socio-economico e maggiore presenza di servizi pubblici rivolti alla popolazione in difficoltà. Viceversa, non viene registrata una significativa relazione tra la diffusione
del volontariato ed indicatori relativi alla presenza nel territorio di condizioni particolari di bisogno sociale (disoccupazione, forte incidenza della popolazione anziana, concentrazione di
comportamenti devianti etc).
Si può affermare in via preliminare che la diffusione del volontariato risponde più a fattori di offerta che a fattori di domanda: è l’esistenza di un tessuto civile
ricco e di politiche sociali forti, più che quella di emergenze sociali non compiutamente affrontate dallo stato, che sollecita la crescita del volontariato.
2. Organizzazione e strutturazione
Il volontariato organizzato si configura come un insieme costituito da realtà locali, di modesta dimensione e fondate esclusivamente sull’impegno umano dei volontari, ma inserite in strutture nazionali e dotate di un grado elevato di strutturazione interna.
Emerge un elevato grado di strutturazione (tab. 3): l’87% delle organizzazioni si è dotata di uno statuto e il 50% anche di un regolamento interno; il 60% prevede al suo interno un unico organo dirigente, mentre ben il 36% articola le responsabilità interne sino a prevedere due organismi decisionali, uno a carattere più politico (il consiglio direttivo o di amministrazione) ed uno di tipo più tecnico.
Tab. 3. Presenza di strumenti di regolazione interna delle organizzazioni (%)
strumenti di regolazione |
% |
atto costitutivo |
70,9 |
statuto |
86,9 |
regolamento interno |
50,6 |
un organo direttivo |
60,0 |
organo direttivo + organo esecutivo |
36,2 |
Il volontariato è costituito, dunque, da organizzazioni strutturate, che superano presto la fase spontaneistica delle origini e si dotano di una articolata struttura interna. Questo
processo di strutturazione, tuttavia, non conduce ineluttabilmente alla burocratizzazione come si verifica confrontando i cambiamenti intervenuti nelle stesse organizzazioni osservate nel 1993
e nel 1997. Le organizzazioni volontarie, infatti, sembrano in grado, quando i vincoli della struttura entrano in conflitto con le esigenze reali, di attuare massicci processi di
semplificazione della struttura interna (abolendo regolamenti e livelli decisionali intermedi), che restituiscono all’organizzazione la dinamicità e la snellezza di cui spesso
necessita.
La maggior parte delle organizzazioni volontarie opera su base locale (tab. 4). Soltanto il 25% opera su scala provinciale e sono circa 500 (pari al 5% circa) le organizzazioni attive su scala
nazionale. È quindi evidente il forte radicamento locale del volontariato e il privilegiamento per azioni condotte su scala ridotta, all’interno di un territorio delimitato e
conosciuto.
Tab. 4. Scala territoriale di iniziativa delle organizzazioni
scala territoriale |
% |
% cumulata |
quartiere |
12,0 |
12,0 |
comune |
43,4 |
55,4 |
più comuni |
18,9 |
74,3 |
provincia |
15,6 |
89,9 |
regione |
5,5 |
95,4 |
nazionale |
4,6 |
100,0 |
L’orientamento localistico tuttavia non implica che le organizzazioni costituiscano degli organismi isolati sul territorio. Emerge infatti il forte grado di affiliazione verticale del
volontariato italiano.
Ben 6.000 organizzazioni, pari al 58% del totale, sono affiliate ad un organismo più ampio, che opera su scala extra-locale. Vale a dire che circa tre organizzazioni volontarie su
cinque operano sulla base di un legame verticale con un organismo da cui sono funzionalmente o gerarchicamente dipendenti.
Il forte grado di connettività del volontariato è ancora più significativo se si considera che più di un terzo delle organizzazioni (il 35%) è affiliato a
soltanto 14 organismi sovra-locali. Tra questi rientrano organizzazioni note a gran parte degli italiani, come l’Avis (l’Associazione volontari italiani del sangue), la
Società SanVincenzo, l’Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze), la Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia, i gruppi volontari della Croce Rossa
Italiana, l’Auser (Associazione Autogestione Servizi), l’ Avo (Associazione Volontari Ospedalieri), la Lega Ambiente e il WWF.
Nonostante la diffusione dei legami affiliativi, le organizzazioni del volontariato italiano sono in gran parte di piccolissima dimensione. L’organizzazione mediana è
costituita da soli 16 volontari: un livello aggregativo che consente rapporti faccia-a faccia tra tutti i componenti ma che naturalmente non facilita la realizzazione di servizi su scala ampia.
Ben un terzo delle organizzazioni non raggiunge i 10 componenti, mentre soltanto il 15% supera la soglia dei 50 componenti.
Realtà di dimensione modesta, dunque, che privilegiano l’impegno volontario rispetto a quello professionale. Soltanto il 12% delle organizzazioni inserisce, al fianco dei
volontari, alcuni lavoratori retribuiti. Ancora meno (il 7%) utilizzano obiettori di coscienza.Si tratta dunque in grande prevalenza di organizzazioni di volontariato puro, che restano
profondamente ancorate alle opzioni della gratuità e della spontaneità come garanzie principali della qualità e dell’affidabilità del lavoro svolto. Ciò
spiega perché il volontariato non costituisca in alcun modo, come invece alcuni vorrebbero, un ambito ricco di opportunità occupazionali.
Nel complesso le 10.516 organizzazioni censite coinvolgono 363.000 volontari, che producono un ammontare complessivo di lavoro pari a circa 60.000 lavoratori a tempo pieno. I lavoratori
retribuiti inseriti in questo piccolo esercito sono meno di 5.000, e contribuiscono a determinare soltanto il 7% circa dell’ammontare complessivo di lavoro svolto dalle organizzazioni di
volontariato; pressoché equivalente è il contributo degli obiettori di coscienza.
La scarsa presenza di lavoratori retribuiti costituisce, se si confronta il nostro paese con il resto dell’Europa, una peculiarità nazionale. Negli altri paesi dell’Unione
Europea è senz’altro più frequente trovare organizzazioni miste, che combinano, secondo vari mix, lavoro volontario e lavoro retribuito. Stando ai dati disponibili, ad
esempio, il 50% delle organizzazioni inglesi con volontari sono miste; in Svezia la percentuale arriva soltanto al 30% ma resta più che doppia rispetto a quella italiana; in Spagna
addirittura due terzi delle organizzazioni sembrano utilizzare in modo combinato volontari e professionisti retribuiti. Il caso italiano, dunque, sembra caratterizzarsi per l’esistenza di
un tessuto associativo meno professionalizzato e maggiormente affidato alla buona volontà e alla disponibilità dell’impegno volontario.
Quali caratteristiche ha il volontario-tipo del nostro paese? E’ mediamente un individuo ‘normale’, pienamente inserito nella vita sociale e lavorativa, che svolge
l’attività volontaria a margine delle altre occupazioni quotidiane, in una misura dunque necessariamente circoscritta (tab. 5)
Il volontario impegnato è un adulto di età media appena al di sopra dei 40 anni, egualmente rappresentato per quanto concerne la variabile di genere - a conferma del carattere
"misto" del volontariato - prevalentemente dotato di istruzione superiore (58,5%) e in condizione occupazionale (53 su 100). L’impegno medio settimanale è quindi di cinque ore:
soltanto un volontario ogni cinque supera la soglia delle otto ore settimanali di impegno.
Tab. 5. Profilo dei volontari attivi nelle organizzazioni
profilo dei volontari |
% |
% cumulata |
età: |
|
|
fino a 18 anni |
3,1 |
3,1 |
da 19 a 29 anni |
27,3 |
30,4 |
da 30 a 45 anni |
31,5 |
61,9 |
da 46 a 65 anni |
29,6 |
91,5 |
oltre 65 anni |
8,5 |
100,0 |
sesso: |
|
|
maschi |
49,7 |
49,7 |
femmine |
50,3 |
100,0 |
posizione professionale: |
|
|
occupati |
45,0 |
45,0 |
disoccupati/inoccupati |
8,5 |
53,5 |
ritirati dal lavoro |
18,7 |
72,2 |
casalinghe |
13,5 |
85,7 |
studenti |
14,3 |
100,0 |
titolo di studio: |
|
|
licenza elementare |
8,0 |
8,0 |
licenza media |
34,0 |
42,0 |
diploma scuola superiore |
43,9 |
85,9 |
laurea |
14,1 |
100,0 |
ore settimanali di impegno: |
|
|
fino a 3 ore |
36,4 |
36,4 |
da 4 a 5 ore |
18,2 |
54,6 |
da 6 a 8 ore |
25,6 |
80,2 |
oltre 8 ore |
19,8 |
100,0 |
3. Attività e rapporto con il sistema dei servizi pubblici
Il volontariato costituisce prevalentemente un’infrastruttura prevalentemente "leggera" di un sistema di servizi sociali di tipo ancora residuale, che è cresciuta ai margini dell’intervento pubblico, senza grandi risorse finanziarie ma intessendo sul territorio una fitta rete di collaborazioni con il servizio pubblico.
Il volontariato italiano opera prevalentemente nel campo dei servizi di Welfare. I settori maggiormente presidiati sono quelli dei servizi socio-assistenziali e dei servizi sanitari. Insieme questi due campi assorbono ben il 75% delle organizzazioni volontarie. Il restante quarto svolge interventi esclusivamente o prioritariamente in campo educativo, nella protezione civile, nella tutela dei beni culturali e ambientali, nella promozione sportiva (tab. 6)
Tab. 6. I settori di intervento del volontariato organizzato
tipologia: |
v.a. |
% |
socio-assistenziale |
4.572 |
43,5 |
sanitario |
2.776 |
26,4 |
attività educative |
740 |
7,0 |
tutela e promozione |
673 |
6,4 |
protezione civile |
515 |
4,9 |
cultura |
493 |
4,7 |
ambiente |
481 |
4,6 |
sport-attività ricreative |
266 |
2,5 |
totali |
10.516 |
100,0 |
Di conseguenza anche i soggetti che maggiormente beneficiano dell’attività di volontariato rientrano nelle categorie deboli della popolazione italiana: in primis, persone in
condizione di sofferenza fisica (malati, malati terminali, malati mentali etc), soggetti disabili e non autosufficienti, poveri ed emarginati, devianti, anziani soli, famiglie in
difficoltà etc. (tab. 7)
Si tratta in generale di gruppi sociali a forte rischio di esclusione sociale, che soltanto in parte sono già destinatari di interventi pubblici di tipo assistenziale.
Tab. 7. Le aree di intervento delle organizzazioni di volontariato (con indicazione delle tre prime opzioni in ordine di priorità)
|
in totale priorità |
||||
tipologia: |
v.a. |
% |
1 |
2 |
3 |
area della sofferenza psicofisica |
|
|
|
|
|
malati |
3.951 |
37,6 |
26,3 |
3,6 |
2,7 |
malati mentali |
585 |
5,6 |
0,9 |
0,7 |
1,1 |
malati terminali |
503 |
4,8 |
0,6 |
0,9 |
0,7 |
sieropositivi-malati di AIDS |
474 |
4,5 |
0,5 |
1,1 |
0,5 |
totale area(*) |
4.954 |
43,8 |
28,5 |
|
|
area della disabilità |
|
|
|
|
|
handicappati fisici |
1.962 |
18,7 |
6,2 |
6,9 |
3,1 |
handicappati psichici |
1.365 |
13,7 |
2,4 |
4,3 |
1,3 |
anziani non autosufficienti |
1.474 |
14,0 |
1,6 |
5,5 |
3,0 |
totale area(*) |
2.942 |
28,0 |
10,3 |
|
|
area della esclusione |
|
|
|
|
|
poveri |
1.813 |
17,2 |
6,3 |
2,3 |
2,3 |
immigrati |
1.262 |
12,0 |
2,3 |
1,8 |
1,7 |
profughi |
448 |
4,3 |
0,3 |
0,6 |
0,5 |
nomadi |
442 |
4,2 |
0,3 |
0,5 |
0,5 |
senza tetto |
471 |
4,5 |
0,4 |
0,8 |
0,5 |
totale area(*) |
2.486 |
23,7 |
9,7 |
|
|
area della devianza |
|
|
|
|
|
tossicodipendenti |
763 |
7,3 |
2,8 |
0,7 |
0,5 |
alcoolisti |
524 |
5,0 |
0,8 |
0,6 |
0,6 |
detenuti ed ex-detenuti |
473 |
4,5 |
0,7 |
0,4 |
0,5 |
prostituzione |
139 |
1,3 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
devianza in generale |
769 |
7,3 |
1,1 |
1,2 |
1,2 |
contesti a rischio |
493 |
4,7 |
0,6 |
0,6 |
0,8 |
totale area(*) |
1.941 |
18,5 |
6,0 |
|
|
area della famiglia |
|
|
|
|
|
donne |
378 |
3,6 |
0,9 |
0,5 |
0,4 |
ragazze madri |
694 |
6,6 |
1,3 |
0,7 |
0,8 |
coppie e famiglie |
1.443 |
13,7 |
2,9 |
3,4 |
2,9 |
totale area |
1.294 |
12,3 |
7,3 |
3,1 |
0,8 |
area degli ambiti della partecipazione civica |
|
|
|
|
|
protezione civile |
1.076 |
10,2 |
4,4 |
2,6 |
1,0 |
beni ambientali |
1.027 |
9,8 |
4,1 |
3,5 |
0,8 |
beni culturali |
740 |
7,0 |
2,3 |
1,8 |
1,3 |
difesa degli animali |
410 |
3,9 |
1,0 |
1,3 |
0,9 |
totale area(*) |
2.025 |
19,3 |
11,8 |
|
|
area dei gruppi anagrafici |
|
|
|
|
|
anziani |
3.081 |
29,3 |
11,2 |
8,1 |
4,6 |
minori 0-12 |
1.850 |
17,6 |
5,4 |
3,9 |
3,2 |
adolescenti 14-17 |
1.788 |
17,0 |
2,5 |
6,2 |
2,9 |
giovani 18-29 |
1.443 |
13,7 |
1,9 |
2,5 |
4,1 |
altro |
197 |
1,9 |
0,7 |
0,6 |
0,2 |
(*) I totali di area sono calcolati sulle organizzazioni indipendentemente dal fatto che abbiano fornito una o più risposte alle categorie di utenza o ambiti considerati.
Le principali prestazioni fornite dai gruppi di volontariato conferma questa interpretazione. Esse sono: l’ascolto, l’animazione e l’intrattenimento, il sostegno
educativo, l’assistenza sociale, l’accompagnamento, l’assistenza morale e religiosa. Tutte attività a forte contenuto relazionale e che al contempo non richiedono
un’organizzazione ‘pesante’ per essere realizzate (tab. 8).
Nonostante l’importante funzione sociale esercitata, le risorse finanziarie delle organizzazioni sono alquanto limitate. In media ogni organizzazione ha entrate finanziarie in un anno
pari a circa 10 milioni di lire. Un valore naturalmente minimo se confrontato con i servizi prestati. Almeno un terzo delle organizzazioni non supera i 5 milioni di entrate annue, mentre meno
del 10% oltrepassa i 100 milioni.
Tab. 8. Le prestazioni delle organizzazioni di volontariato in ordine di frequenza ( %)
tipologia delle prestazioni |
% sul totale org.ni |
ascolto |
36,9 |
animazione socio-culturale/intrattenimento |
36,0 |
educazione, insegnamento |
30,3 |
assistenza sociale |
26,6 |
accompagnamento |
26,3 |
assistenza morale-religiosa |
24,1 |
prevenzione |
23,4 |
visite |
21,8 |
ricerca, studio, documentazione |
20,2 |
sostegno economico |
19,2 |
assistenza sanitaria |
18,9 |
promozione/difesa dei diritti |
17,6 |
assistenza domiciliare |
17,6 |
trasporto malati e soccorso |
16,5 |
raccolta sangue |
14,3 |
rieducazione |
13,0 |
ascolto telefonico |
13,1 |
assistenza legale |
12,0 |
educazione alla mondialità |
10,6 |
promozione della donazione |
9,7 |
formazione professionale |
8,3 |
riabilitazione |
6,6 |
patronato e segretariato sociale |
6,5 |
servizio mensa |
6,1 |
promozione di adozioni e affidi |
5,6 |
servizio lavanderia e guardaroba |
5,2 |
altre |
8,6 |
n° medio di prestazioni indicate |
4.5 |
Nel complesso il volontariato svolge un’importante funzione di servizio che completa e talvolta sostituisce le politiche sociali pubbliche. Questa funzione non implica, se non per una minoranza di organizzazioni, una forte dipendenza dal finanziamento pubblico (tab. 9). Ciò non significa tuttavia estraneità, perché in effetti l’indagine segnala l’esistenza di una fitta rete di collaborazioni operative intessuta sul territorio tra organizzazioni volontarie e servizi pubblici. Se da un lato dunque il volontariato costituisce, al momento attuale, una forza sociale autonoma dallo stato, al suo interno è ben viva la spinta a cercare un terreno comune di azione con le politiche pubbliche (tab. 10). Ciò non significa di per sè una generalizzata iscrizione ai registri regionali del volontariato istituiti con la legge 266/91 dato che poco meno della metà delle organizzazioni non risultano registrate, pur crescendo significativamente la quota percentuale di quelle "istituzionalizzate" rispetto alla precedente rilevazione (tab. 10)
Tab. 9. Tipologia delle entrate delle organizzazioni
tipo di entrate |
% |
% cumulata |
soltanto entrate private |
47,6 |
47,6 |
prevalenza entrate private |
24,2 |
71,8 |
parità entrate pubbliche e private |
4,3 |
76,1 |
prevalenza entrate pubbliche |
19,3 |
95,4 |
soltanto entrate pubbliche |
4,6 |
100,0 |
Tab. 10. Collegamenti delle organizzazioni con il servizio pubblico (%)
tipo di legame con il servizio pubblico |
1992 |
1997 |
iscrizione al registro regionale del volontariato |
24,8 |
51,8 |
convenzione con amministrazioni pubbliche |
22,0 |
31,9 |
rapporto di collaborazione con servizi pubblici |
-- |
46,7 |
attività svolta entro strutture ospedaliere pubbliche |
30,0 |
29,9 |
attività svolta entro scuole e Centri di Formazione Professionale |
16,4 |
20,8 |
4. Dalla tradizione religiosa alla solidarietà civile
Il volontariato costituisce un’area della società civile che nasce in stretto contatto con la tradizione religiosa del nostro paese, ma che progressivamente sta assumendo un orientamento sempre più improntato ai valori della solidarietà civile.
Posto a confronto con gli altri paesi europei, il volontariato italiano possiede una fisionomia più leggera e meno professionalizzata, ed appare meno dipendente dal finanziamento
pubblico. È questo l’effetto di una storia segnata all’origine dal forte peso di una tradizione cattolica estranea all’intervento pubblico e dal carattere residuale
dell’intervento socio-assistenziale dello stato. Per lungo tempo le organizzazioni volontarie hanno infatti svolto un ruolo di supplenza e di concorrenza nei confronti dello stato;
soltanto gli ultimi venti anni vedono un progressivo avvicinamento del volontariato ai valori del Welfare e della solidarietà civile.
Un chiaro segnale della profonda trasformazione cui è soggetto il volontariato del nostro paese è l’attenuazione progressiva del peso della tradizione cattolica. Nel
periodo intercorrente tra il 1993 e il 1997 le organizzazioni di esplicita ispirazione cattolica diminuiscono percentualmente, passando dal 40.4% al 36.3%. Parallelamente aumentano notevolmente
(di 12 punti percentuali) le organizzazioni che si dichiarano non confessionali (tab. 11)
Tab. 11. Matrice ideale dichiarata dalle organizzazioni di volontariato: confronto 1993-1997 (%)
matrice ideale dichiarata |
1993 |
1997 |
cattolica |
40,4 |
36,3 |
religiosa non cattolica |
2,1 |
2,5 |
aconfessionale |
57,5 |
61,2 |
totale |
100,0 |
100,0 |
Se a questo aspetto si collega il fatto che nello stesso periodo aumenta il collegamento e la collaborazione con le istituzioni pubbliche, si può concludere che nel corso degli anni
novanta il volontariato del nostro paese abbia rafforzato il suo orientamento civile. Sempre più frequentemente l’azione delle organizzazioni volontarie, in altri termini, intende
iscriversi all’interno di un orizzonte di cittadinanza civile.
A ciò corrisponde, inevitabilmente, anche un cambiamento progressivo nelle forme d’azione, che sempre di più non si qualificano esclusivamente in termini assistenziali ma
assumono anche finalità preventive e di recupero sociale. Sempre di più le organizzazioni cercano di evitare un ruolo di tamponamento delle emergenze sociali e qualificano la loro
azione in senso preventivo ed educativo.
5. Una differenziata tipologia di organizzazioni
Le organizzazioni di volontariato sono significativamente segnate dalla loro identità (da quello che dichiarano di essere, come adesione ad una matrice ideale), da quello che realizzano in termini di interventi e servizi (livello di gestione) e dal rapporto che hanno con il pubblico.
In altri termini è possibile interpretare il volontariato organizzato sulla base di questi 3 principali assi che costituiscono altrettante strutture di differenziazione del fenomeno. L’attribuzione alle organizzazioni dei caratteri propri di questi assi ha permesso di differenziarne cinque profili tipici caratterizzati da una elevata disomogeneità ma piuttosto coesi al loro interno (tab. 12)
Tab. 12. Tipologia dei profili del volontariato organizzato
n. descrizione |
v.a. |
% |
iscritte ai registri regionali |
1° Organizzazione laica di base |
2.829 |
26,9 |
41,8 |
2° Organizzazione cattolica di base |
1.624 |
15,4 |
21,1 |
3° Organizzazione specialistica |
1.893 |
18,0 |
70,9 |
4° Organizzazione reticolare |
2.354 |
22,4 |
51,7 |
5° Organizzazione gestionale |
1.816 |
17,3 |
75,3 |
totali |
10.516 |
100,0 |
51,8 |
1° Tipo: l’organizzazione laica di base (26,9%): si tratta di un piccolo gruppo di soli volontari, non convenzionato con il pubblico. Le attività che svolgono si
imperniano su poche prestazioni a beneficio di una categoria di destinatari o di un ambito di intervento, in particolare la salvaguardia e valorizzazione dei beni ambientali e culturali nei cui
confronti sono i più vocati e la tutela e promozione dei diritti.
2° Tipo: l’organizzazione cattolica di base: piccolo gruppo di soli volontari, informale e localistico (15,4%). Rivela una forte dipendenza dalla istituzione Chiesa ed una
sostanziale estraneità rispetto alle amministrazioni pubbliche. È anche decisamente la componente più informale e meno articolata in termini di organi di governo e di
funzioni organizzative interne. Realizza interventi di medio-bassa complessità in ambito socio-assistenziale per più categorie di utenza di cui le più tipiche sono quelle
dell’emarginazione grave ("poveri e senza tetto", "anziani auto e non sufficienti", "immigrati, profughi e nomadi").
3° Tipo: l’organizzazione specialistica: convenzionata e affiliata (18%). Anche in virtù di una più consolidata esperienza rivelano un rapporto fiduciario con
gli Enti locali, così che in quasi 8 casi su 10 ha stipulato una convenzione con il pubblico, per lo più una Azienda Unità Sanitaria Locale, al fine di realizzare servizi o
interventi in ambito sanitario. In particolare quello della promozione della donazione o la gestione della raccolta del sangue, di scarsa complessità gestionale e in riferimento ad un
unica utenza o categoria di beneficiario diretto (la popolazione) o indiretto (il malato). Costituisce il tipo in assoluto più dipendenti da un’organizzazione gerarchica nazionale,
da cui la cospicua quota giuridicamente riconosciute e la scarsa propensione ai collegamenti orizzontali (altre organizzazioni di volontariato o di terzo settore).
4° Tipo: l’organizzazione reticolare: autonoma ma sinergica e polivalente (22,4%). È il tipo di più recente formazione e sembra anche rappresentare le nuove
tendenze del fenomeno del volontariato organizzato. Si distingue per la forte propensione alla collaborazione e al collegamento con le altre realtà che fa da contraltare alla assoluta
autonomia e indipendenza, pur ricercando fattivi rapporti con Enti locali o loro servizi, con altre forze del terzo settore. Inoltre aderiscono più di tutti a coordinamenti e
federazioni. Rivela un collegamento con le stesse imprese, da cui riceve anche qualche finanziamento, e, soprattutto, con le scuole in cui veicola messaggi di tipo preventivo e
solidaristico.
L’attività che esplicano si estende in più ambiti di intervento, in cui sviluppa un ampio spettro di prestazioni, soprattutto in campo socio-assistenziale, anche attraverso
la gestione di servizi complessi e costosi, soprattutto nell’area della devianza.
5° Tipo: l’organizzazione gestionale: grande, semiprofessionalizzata e convenzionata (17,3%). Questo profilo di organizzazione si riscontra maggiormente nel Centro-Nord del
paese. Ha avuto uno sviluppo costante nel tempo con una impennata significativa nel decennio ‘75-’85. Ampiamente connotato per matrice laica, piuttosto strutturato e formalizzato,
questo profilo si distingue da tutti gli altri per due aspetti: la componente remunerata e professionalizzata che incorpora e l’affidabilità per l’ente locale. Da qui la
stipula di convenzioni per la gestione di servizi mediamente complessi e la collaborazione con i servizi pubblici. È evidente quindi l’importanza delle entrate di fonte pubblica,
pur non rinunciando ad altri proventi privati quale indicatore di una buona immagine acquisita da questa realtà operativa. L’essere un’organizzazione che si avvicina
all’idea di impresa sociale, data la gestione di servizi anche complessi che una parte di esse realizza, la induce inevitabilmente e con dispiego di capacità comunicazionali a fare
attività di promozione per l’acquisizione congiunta sia di risorse umane che di fondi. Ciò determina altresì una loro maggior apertura alle imprese, sia per la
realizzazione di progetti che per l’acquisizione di finanziamenti. Si tratta dell’organizzazione peculiarmente più connotata dai grandi numeri per tutti gli standard di
attività e di produzione in vari campi di attività del Welfare e nella protezione civile.
Si conferma così sostanzialmente l’eterogeneità del mondo organizzato del volontariato come espressione naturale di questo fenomeno in rapporto alle differenziate istanze
ed esigenze della società odierna.