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Mentuccia e Rosmarino

di Claudia Angeletti

La gattina stava nascosta nel cespuglio di menta dove l'aveva lasciata la madre. Nascosta permodo di dire, perche' emetteva dei richiami lancinanti che dicevano, come il grido delle ochette selvatiche di Konrad lorenz: "Io sono qui, tu dove sei?". In realta' la gattina era cieca e la madre l'aveva abbandonata perche' sapeva che non sarebbe sopravvissuta, in quanto avrebbe potuto essere facilmente preda di qualche animale randagio: Anche i gatti pero' nascono sotto una buona o cattiva stella. Maria Paola era convinta che fossero stati l'aria profumata di profumo di mimosa, il tepore primaverile, le prime gemme sui rami a indurla a cambiare il proprio itinerario abituale; ma se non fosse passata in quel momento attraverso il parco, non avrebbe assistito alla scena e scoperto quel dramma. Maria paola, impietosita, aveva raccolto la micina e se l'era infilata sotto la giacca dova la piccina s'era acquietata. Il fatto che la gatta fosse cieca era solo uno dei problemi che le si affacciavano alla mente, problemi di fronte ai quali una persona di buon senso si sarebbe decisa a rimettere la micina nel cespuglio per poi darsi alla fuga. Quello principale era Roberto, che rivestiva ufficialmente il ruolo di capofamiglia e non aveva nessuna simpatia per i felini. Come da copione, quando Maria Paola arrivo' a casa, Roberto le apri' la porta, fisso' con l'aria piu' feroce del mondo la gattina, tenuta nelle mani a coppa come fosse un'offerta votiva. La porta venne richiusa. Maria Paola rimase in attesa sul pianerottolo. Dopo qualche minuto, un occhio la osservo' attraverso lo spioncino e verifico' che lei fosse ancora li', con la gattina stretta al petto. Altri dieci minuti e la porta si riapri' mentre una voce diceva bellicosamente: "Abbiamo gia' un cane. I gatti non gli piacciono. Succederebbe il finimondo". Il cane trippa era un cane festoso che cercava sempre di fare amicizia con i gatti, facendoli gonfiare come palle e ricevendone insulti e sputacchi, ma era sensibile alle atmosfere e, in quel frangente se ne stava dietro alle gambe del padrone occhieggiando quel mucchietto di pelo che emetteva pigolii. "Probabilmente senza la madre morira'", argomentava intanto Maria Paola. "Come possiamo abbandonarla? Oppure vai tu dal veterinario a farla sopprimere?". Di fronte a questa orrenda ipotesi, fece subito la sua comparsa un piattino di latte, che la gattina spolvero' in pochi minuti, decisa a vivere a dispetto delle previsioni. Trippa intanto osservava con interesse, tenendosi ad una certa distanza dall'ospite misterioso, in attesa della presentazione ufficiale. Mentuccia dormi' in una scatola, ma era solo una fase transitoria perche' due giorni dopo, quando si fu ormai rinfrancata, usci' dalla sua culla e raggiunse il letto di Roberto e Maria Paola, dove si arrampico' faticosamente in cerca di calore e sicurezza. Con il passare dei giorni Mentuccia prese contatto con il nuovo ambiente. Si orientava con un radar misterioso che suppliva alla mancanza della vista; supero' la prova lettiera, individuandola in un angolo della stanza e usandola puntualmente. C'era pero' qualcosa che non poteva essere sostituito: la mancanza della madre nella prima infanzia. Le cure materne, infatti, non hanno soltanto una funzione pratica, ma trasmettono un messaggio d'amore. La soluzione giunse sotto forma di un'altra gattina, Rosmarino, che prese baldanzosamente possesso della casa, cane incluso. Trippa divenne immediatamente suo umile schiavo. Di fronte a Mentucia, che stava silenziosa nella sua cesta, Rosmarino rimase perplessa. Si vedeva chiaramente fluttuare un fumetto sopra la sua testa. "Questa gatta e' un'imbranata, scusate. Con rispetto parlando, non sa neppure coprire con la sabbia i suoi bisogni e tutti i gatti sanno, senza che nessuno glielo spieghi, che e' fondamentale occultare le tracce per difendersi da possibili nemici: e' la legge della foresta. A parte la questione del bon ton. Non siamo mica cani!". Rosmarino decise quindi all'istante di prendersi cura della gatta piu' grande e si installo' nella sua cesta, leccandola e ravvivandole il pelo. La notte dormivano abbracciate. Da quel momento divennero inseparabili. Ormai e' trascorso qualche anno. Mentuccia ha imparato a giocare. Rosmarino le tende regolarmente agguati balzandole addosso all'improvviso da qualche angolo, ma non riesce mai a sorprenderla, perche' grazie alle sue capacita' di percezione, Mentuccia intuisce l'attacco un frazione di secondo prima che l'assalto venga sferrato. poi corrono per la casa come saette, travolgendo il cane, che vorrebbe partecipare ai giochi e si mette sulla loro strada. Nessuno mai immaginerebbe che una delle due gatte e' cieca.

 

 

La gatta dei bassifondi.

Ernest Thompson Seton

da Grandi storie di gatti, editore Armenia

La gattina dei bassifondi non aveva ancora sei settimane, ma era sola nel vecchio deposito di roba vecchia. la madre era andata a cercare il cibo nei bidoni dei rifiuti la notte prima, e non erapui' tornata; cosi', quando giunse la seconda sera, aveva molta fame. Un istinto primordiale la spinse a muoversi dalla vecchia scatola e ad andare alla ricerca di qualcosa da mangiare. Facendosi silenziosamente strada tra la spazzatura, annuso' tutto quello che pareva commestibile, ma senza trovare cibo. Alla fine raggiunse i gradini di legno che portavano al negozio seminterrato di animali di Jap Malee, all'estremita' del deposito. La porta era leggermente aperta, e lei entro'. Un uomo di colore, seduto su una scatola, in un angolo, la osservo' con curiosita'. La gattina oltrepasso' alcuni conigli, che non la considerarono minimamente. Arrivo' accanto a una gabbia dalle sbarre larghe, poi punto' direttamente alla mangiatoia, solo per essere catturata in un baleno dalla volpe. Emise un "miao" talmente spaventato che l'uomo balzo' in piedi e sputo' con tanta forza sul muso della volpe che questa la lascio' andare e torno' nel suo angolo, sbattendo gli occhi, torva e impaurita. L'uomo tiro' fuori la gattina. Lei trotterello' in cerchio per un po', poi si rianimo' e, qualche minuto dopo, quando Jap Malee torno', stava gia' facendo le fusa sulle ginocchia dell'uomo di colore. Kitty era ormai adulta. Era una bella gatta tigrata. Aveva striature nere su un manto grigio e le quattro macchie bianche, sul naso, sulle orecchie e sulla punta della coda, le conferivano una certa distinzione. Era diventata esperta nel procurarsi il cibo, eppure aveva ugualmente passato qualche giorno senza mangiare e non era ancora riuscita a catturare un passero. Era molto sola, ma una nuova forza stava entrando nella sua vita. Un giorno di settembre era stesa al sole, quando un gattone nero le si avvicino', lungo la sommita' del muro. Dall'orecchio mozzo lo riconobbe subito come un vecchio nemico. Si acquatto' nascondendosi. Egli scelse il percorso cautamente, diretto verso un riparo alla fine dello spiazzo; stava proprio attraversando il tetto quando sbuco' un gatto giallo. Il gattone nero lo guardo' minaccioso e brontolo', imitato dall'altro. Le code sferzarono l'aria; le gole possenti emisero dei borbottii. Si avvicinarono, le orecchie all'indietro, i muscoli tesi. Ora i loro nasi non distavano che pochi centimetri; erano in posizione obliqua, pronti ad attaccare, ognuno in attesa della mossa dell' avversario. Si guardavano torvamente in silenzio, immobili come statue, fatta eccezione per l'agitarsi della punta della coda. Il nero arretro' e il guerriero giallo avanzo, avventandoglisi contro al pari di un demonio. E come si rotolavano, mordendo e graffiando, soprattutto il giallo! E come si buttavano, e si afferravano e si stringevano! Continuarono a lottare uno sopra all'altro, anche se il giallo sembrava prevalere, finche' non caddero dal tetto, fra le varie grida provenienti dalle finestre. Durante la caduta nello spiazzo, non persero un solo secondo: si graffiarono e si artigliarono per tutto il tempo. E prima di separarsi, ne presero abbastanza, soprattutto il gatto nero, che alla fine si arrampico' sul un muro e, sanguinando e borbottando, scomparve, mentre di finestra in finestra corse la notizia che il "nero di Cayley" era stato battuto dall' "Orange Billy". O il gatto giallo era un abile perlustratore oppure Kitty dei bassifondi non si nascose molto bene, perche' la scopri' e lei non fece alcun tentativo per scappare. Non c'e' niente come la vittoria in guerra che possa conquistare il cuore femminile: da allora il gattone giallo e Kitty divennero ottimi amici, non vivevano assieme ne' si spartivano il cibo - i gatti non arrivano a tanto - ma riconoscevano vicendevolmente particolari privilegi. Quando ormai erano giunte le brevi giornate di ottobre, nella vecchia scatola accadde qualcosa. Se Orange Billy fosse arrivato, avrebbe visto cinque gattini acciambellati fra le zampe della mamma, la piccola Kitty dei bassifondi.