HERMES  -  ERMES  -  ERMETE  -  MERCURIO

Mercurio - Opera del Giambologna, lo scultore preferito dalla famiglia dei Medici, attivo in Italia tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo - Firenze, Museo del Bargello.

Statua di Hermes dello scultore Prassitele

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermes è senza dubbio il più simpatico, il più umano tra gli dei olimpici. Non ha la spocchia di tanti altri dei, è sempre servizievole, sereno, burlone; ma è anche ingegnoso e sa trarre sé e altri dagli impicci. Che poi sia anche ladro, bugiardo e imbroglione, non collima molto con l'idea che ci siamo fatti del divino, ma lo rende tanto vicino a noi comuni mortali.

 

Nel 24° dialogo degli dei, Luciano fa fare a Hermes uno scanzonato autoritratto: "Può esservi in cielo, o madre, un dio più disgraziato di me? ... La mattina, infatti, appena alzato, ho da spazzare la sala da pranzo e da rifare i letti; quando è tutto in bell'ordine, devo star vicino a Giove, portar su e giù le sue ambasciate correndo avanti e indietro come un postino e appena tornato su, ancor polveroso, servire l'ambrosia. E prima che venisse quassù quel giovinetto (Ganimede) per coppiere, io versavo anche il nettare. Ma la cosa peggiore che, fra tutti, capita a me solo, è che neppure la notte posso riposare, ma bisogna che io accompagni giù le anime a Plutone, conduca i morti e assista al giudizio. Così non mi bastano i lavori del giorno, stare nelle palestre, fare il banditore nei parlamenti e insegnare l'arte della parola: mi toccaDioscuri anche farmi in quattro con quest'altra faccenda dei morti.

I figli di Leda (i Dioscuri Castore e Polluce), un giorno per ciascuno, stanno in cielo e nell'Ade; per me invece è necessario che io faccia ogni giorno le une e le altre cose; mentre i figli di Alcmena e di Semele (Eracle e Dioniso), nati da misere femminette, se la spassano senza pensieri, io figlio dell'Atlantide Maia devo fare il servitore a loro. Ecco, appena ritornato da Sidone, dalla figlia di Cadmo, dove Giove mi ha mandato per vedere che cosa facesse la fanciulla, non mi ha lasciato tirare neppure il fiato, che mi ha rimandato di nuovo ad Argo a vedere Danae; e 'di là', mi dice, 'passa in Beozia e da un'occhiata ad Antiope'. Insomma, io non ne posso più: se fosse possibile, mi piacerebbe tanto essere venduto, come avviene degli schiavi sulla terra".

Questo sfogo non è che un'invenzione di quel bello spirito di Luciano - perché da altre fonti non risulta che Hermes fosse dispiaciuto di ficcare il naso negli affari altrui - ma dà una sintesi delle numerose incombenze del dio.

 

ZeusMa procediamo con ordine.

Anche Hermes è il frutto di un amore extraconiugale di Zeus, il quale, innamoratosi della ninfa Maia, le fece assidue visite notturne in una grotta sul monte Cillene (donde l'epiteto di Cillenio per Hermes).

 

 

lui, il rapido messaggero degli dei, nato da Maia, 

che in amore si diede a Zeus, la ninfa dalle trecce stupende. 

Era onesta e stava lontana dalla compagnia degli dei, 

abitava in grotta ombrosa, dove spesso di notte 

il Cronide veniva a trovare la ninfa dalle trecce stupende, 

mentre Era s'abbandonava al dolce sonno.

(4° Inno Omerico)

 

Lyra

LyraE' al mondo solo da poche ore e già gli viene una delle sue geniali idee: sull'uscio della grotta trova una tartaruga, la uccide, la vuota, la copre di pelle di bue, aggiunge due bracci fatti con corna d'ariete, tende su tutto delle corde fatte di budella di pecore ed ecco inventata la lyra.

 

Ma intanto si fa sentire la fame ed Hermes pensa ad una bella scorpacciata di carne. Con l'immediatezza di passaggio Apollodall'idea alla realizzazione che è uno dei tratti caratteristici di Hermes, egli - ancora pargoletto - scappa di casa per rubare nientemeno che cinquanta buoi dalla mandria di Apollo, suo fratellastro. Per sviare le ricerche, l'astuto Hermes inverte gli zoccoli delle bestie in modo che le orme sembrino di portare verso la mandria e non allontanarsene, ed egli stesso cammina a ritroso. Porta il frutto dell'abigeato nei pressi della grotta materna, uccide, scuoia e prepara due giovenche e nasconde accuratamente i rimanenti capi. Dopo di che, rientrato attraverso il buco della serratura nella grotta, si adagia nuovamente nella culla facendo il bambino innocente. Ma la vigile mamma subodora l'imbroglio e gli predice un sacco di botte da parte di Apollo. Hermes, tuttavia, non abbandona la commedia dell'innocenza.

Intanto Apollo, accortosi della sparizione dei buoi, ma fuorviato dalle orme invertite, si arrovella per venire a capo dell'enigma, finché non viene messo sulla traccia giusta da un vecchio contadino che ha visto passare il piccolo Hermes con le bestie. Apollo si precipita alla grotta di Maia, ma Hermes ha nascosto tanto bene i capi di bestiame che Apollo non riesce a produrre le prove del reato. Le sue accuse rivolte ad Hermes cozzano contro l'atteggiamento di innocente ingiustamente angariato che questi continua a mantenere imperterrito. Per tagliar corto, Apollo strappa Hermes dalla culla e lo porta sull'Olimpo, dove a cospetto di Zeus rinnova furente le sue accuse contro il neonato che insiste a protestarsi innocente.

La scena ha del comico e Zeus sbotta in una sonora risata, ma infine impone a quel piccolo manigoldo di restituire ad Apollo il maltolto. Siccome davanti all'onnipotente Zeus non si può nicchiare, Hermes porta Apollo al nascondiglio dei buoi, ma astutamente fa come per caso intravedere la cetra ad Apollo, il quale ne rimane talmente entusiasta che in cambio di essa lascia ad Hermes la mandria. Anzi, va ancora più in là, e gli promette eterna amicizia. Prima però, per precauzione, gli fa promettere con un solenne giuramento che mai più gli avrebbe rubato qualcosa di suo. Con Hermes non si sa mai, meglio andare sul sicuro.

 

Sì, perché Hermes non si lascia sfuggire nessuna occasione e la sfrutta immediatamente. Ma non lo fa soltanto nel proprio interesse: è colui che anche ai mortali offre le buone occasioni e sta a loro avvantaggiarsene, siano essi ladri, commercianti, sportivi o amanti.

Nel prologo alla commedia Anfitrione, Plauto fa dire al dio: "Voi volete che io vi faccia guadagnare bene quando comprate e vendete le vostre merci e che in ogni circostanza io vi aiuti; voi volete che tutti i vostri affari, tutte le vostre operazioni riescano bene, sia in patria che all'estero, e che buoni ed ampi profitti vengano continuamente ad accrescere i vostri traffici, quelli già iniziati e quelli che inizierete".

Ma l'occasione è ambivalente: Hermes non ne incarna soltanto quella propizia, ma anche l'opposta: può far scomparite il guadagno, dissolversi la ricchezza, allontanare la persona amata. Come dio delle greggi, può moltiplicarne i capi, ma può anche scemarli.

 

Per volgere un'occasione a proprio profitto, occorre spesso avere una facile parlantina. Perciò, Ermete è anche il nume della facondia: è il patrono degli araldi, imbonitori e oratori e aiuta sotto questo profilo nuovamente mercanti e innamorati, per quanto fasulle possano essere le loro parole. È Ermes che a Pandora "infuse in petto l'eloquio brillante, le menzogne e gli astuti discorsi, giusta il volere di Zeus dal cupo fragore e infine le diede voce l'Araldo divino (Esiodo, Le opere e i giorni, 77 e ss.).

Erma

A Hermes erano dedicate lungo le vie e sui crocicchi le Erme, colonne quadrangolari portanti in cima la sua testa. In origine si trattava di mucchi di sassi, ai quali ogni viandante ne aggiungeva uno; la colonna al centro era in principio un simbolo fallico, ma piuttosto come segno di potenza anziché di fecondità. (Per quanto Hermes s'interessasse ad amori e amanti, non lo faceva sotto l'aspetto puramente sessuale, ma per combinare i casi). Ma quei mucchi di sassi avevano anche uno scopo pratico: indicavano la giusta via e indicare la via è un altro dei compiti d Ermes.

 

Come signore delle strade e delle porte, ha calzari dorati ai piedi:

Ali son queste d'incorruttibil auro, ond'ei, volando, 

l'immensa terra e il mar ratto trascorre collo spiro de' venti.  

(Iliade, XXIV)

 

È Ermes che accompagna Priamo attraverso le linee greche quando questi si reca da Achille per implorarne la restituzione della salma di Ettore.

È lui che dà utili informazioni ad Ulisse, quando questi si precipita da Circe per vendicare i compagni.

È nuovamente lui che porta Era, Atena e Afrodite da Paride affinché aggiudichi il pomo alla più bella. Ma quella volta potrebbe anche averlo allettato l'idea di assistere allo spogliarello. Ermes è infatti un estimatore del bel sesso; al cospetto di Afrodite e Ares, intrappolati da Efesto, non manca di dire che non gli dispiacerebbe di trovarsi al posto di Ares pur di stare fra le braccia di Afrodite. Si racconta che Afrodite, apprezzando questo complimento, si sia poi concessa ad Ermes e ne sarebbe nato l'Ermafrodito.

 

Hermes è però anche colui che accompagna le anime dei morti all'Ade, meritandosi l'epiteto di Psicopompo ("accompagnatore, guida delle anime"). Ma anche in questo caso la sua funzione è doppia: riaccompagna quei pochi che hanno avuto il permesso di ritornare alla luce, come Persefone o Euridice. 

Per la sua dimestichezza con gli Inferi è chiamato anche Ctonio.

Anubi, antichissima divinità egizia protettrice dei defunti. Siccome il dio egizio Anubi aveva una funzione analoga nel regno dei morti, si arrivò più tardi ad immaginare l'ibrido di Ermanubi. Ermanubi

 

Nella figura di Hermes si nota un che di estraneo alla cerchia degli dei olimpici.

È certamente un sopravvissuto della vecchia generazione di divinità. L'astuzia, tratto così caratteristico di Hermes-Mercurio, è assente negli altri olimpici, mentre l'aggettivo "scaltro" viene usato per Crono e Prometeo, tipici rappresentanti dei culti sconfitti.

Inoltre, Ermete ha anche qualcosa di magico: possiede la cappa che lo rende invisibile, la bacchetta magica che addormenta o risveglia gli uomini, nonché i calzari alati, di cui si è già parlato. La figura, pure magico-fiabesca, di Perseo ha molto in comune con Ermes.

Ermes giunge come uno spirito: improvvisamente è presente. 

"È entrato Hermes" si soleva dire quando in una riunione calava un improvviso silenzio.

 

In considerazione delle sue qualità magiche da un lato e della sua destrezza dall'altro, si finì per ascrivere ad Hermes l'invenzione dell'alfabeto, dei pesi e delle misure. Siccome per gli Egizi l'inventore delle stesse cose era il loro dio Thoth, si andava col tempo formando una certa confusione fra le identità dei due dei.

 

Dal momento che Ermes era uno sfruttatore delle occasioni propizie, non deve meravigliate il fatto che generò numerosi figli senza mai contrarre matrimonio. In genere i suoi figli gli somigliano: Autolico è un ladro e spergiuro matricolato, che per di più rende invisibile quanto tocca (ma, forse, non è che un'allusione alle sue mani lunghe); Mirtillo per una notte d'amore è pronto a tradire il suo padrone; Echione fa l'araldo degli Argonauti. Altri figli di un certo rilievo sono Eudoro e Dafni.

 

Da notare, infine, che anche il dio Pushan della mitologia indù presenta notevoli analogie con Hermes.

 

Hermes

                      

 

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