Il Castello di Dragonara fu costruito
all'inizio dell' XI
sec., quasi contemporaneamente all'Abbazia della
S.S. Trinità di Venosa. Il Possente
Castello, in pietre squadrate ed abbozzate, si erge sulle
prime pendici
del sub-appennino daùno. Diremmo che fu eretto dalle
medesime maestranze, forse borgognone, per il loro
particolare modo di costruire, dalle volte
molto alte e
oblunghe, con uno speciale tipo di muratura che si
riscontrava in ambedue gli edifizi, in special modo nella
Medioevale Abbazia Templare annessa all'antica,
rimasta incompiuta per la scomparsa dell' " Ordine del
Tempio ". E' possibilissimo che Drogone, fondatore
dell' Abbazia di S.S.Trinità di Venosa, chiamasse
a
Dragonara le medesime maestranze che
avevano
lavorato all' Abbazia per farsi costruire il Castello:
ciò spiegherebbe l'identico, singolare modo di fabbricare
quelle vòlte oblunghe, con uno speciale impasto
di malta,
ciottoli di fiume e mattoni. Particolarità, invero,
da noi non riscontrata in altri edifizi della zona o a
Torremaggiore.Ciò attesta, oltre alla sua antichità,
anche
le singolari arti delle maestranze che furono impiegate
nella sua edificazione. Delle piccole lastre scolpite,
in candido marmo, ornano le scure e sbozzate pietre dei muri
esterni al Maniero. Esse raffigurano soggetti
cari al Medioevo tra cui anche un cavaliere in armatura,
con la lancia in resta, che monta un cavallo al
galoppo. Un' altro particolare curioso
di questo castello, e che ci fa supporre fosse
luogo di investiture
cavalleresche e di cerimonie iniziatiche, è una
Torre
cilindrica, isolata, posta ad una certa
distanza dal
medesimo, però entro la cinta
delle sua mura. Adibita
odiernamente a ovile ruinò, tempo fa, sopra gli
armenti uccidendone diversi. Nonostante la
quasi completa rovina in cui versa
la Torre, si scorgono
ancora su di essa,
affrescate, immagini sacre
policrome incorniciate da una specie
di edicole
sporgenti con mensole e colonnine
susseguentesi, una accanto
all'altra, tutte in giro alla Torre. Segno
evidente che qualcosa di sacro esse custodivano.
Purtroppo tali affreschi oggi sono
tutti scomparsi !
Questo Monumento emblematico , vuoto
all'interno, non aveva nessuna uscita
esterna, salvo quella
praticata in epoca recente per adibirlo a stalla.
La Casata dei di Sangro, dunque, tenne in modo particolare a
questo Maniero Normanno, per legami di
sangue e di storici eventi legati alla loro progenie. Fu
curato e restaurato più volte come
testimonia la
lapide
apposta sopra l'entrata, dal figlio di Don Raimondo,
Vincenzo di Sangro:
D.O.M.
CASTRUM.HOC.SATIS.SUPERQUE.VEUSTUM.DRAGONARIAE.QUONDAM
URBI.MUNIMINI.DATUM
HIC.FERDINADUSI.REX.OBICTUM.PLENI.TUTAMINI.REGNUM
CAROLUM.SANGRIUM.NULLI.VIRTUTE.SECONDUM.TUERI
SARTUM.TECTUMQUE.SERVARI.PRECIBUS.OBTESTAURUS.ENIXIS
CUM.TOT.DIGNA.GLORIAE.INTER.MEMORANDA.PROPRIUS
ABESSET.A.CASU
VINCENTIUS.DUX.ESANGRIA.STIRPE.NATUS.AD
OMNIA.FLORENS.FORMA
AETATE.INGENIO.SARTIS
DAMNAT.RETVITQUE.CENSUS
NE.DIUTURNAM.EXPECTATIONEM.DECIPERET
UT.SIBI.SUISQUE.ET.UTILITATI
TANDEM.FAVERET.REFECIT.ADAUXIT.GENTIUMQUE.OBLEGTAMINE
EXPOLIEIT.
A.
P. V. MDCC
|
Lapide
apposta sopra l'entrata |
|
Nella lapide è citato un episodio
drammatico, riguardante Ferdinando o Ferrante I Re di Napoli e Carlo Di
Sangro. Ora, ci interessa sottolineare quel "D.O.M."
posto con molto rilievo in testa all'epigrafe: esso ha
un significato ben più importante della
formula religiosa in latino con cui viene usto
solitamente per delle
epigrafi funerarie o commemorative, specialmente
in luoghi sacri. Secondo Fulcanelli, e noi
condividiamo
tale asserzione, sono iniziali che quando si ritrovano
poste in un luogo non sacro, in genere sulla "Casa
del Maestro" , denunziano per gli
"addetti ai lavori", un posto o "Centro
particolare" per gli Adepti.
Prima di addentrarci in tali meandri, rimandiamo alla parte storia e leggende.
|