Pakistan: Entrare in Pakistan da questa regione è sempre un’incognita e seguire le strade da noi percorse può portare ad avventure assolutamente non volute ma che una volta vissute difficilmente si dimenticheranno.

Strano posto il Beluchistan, si presenta come un deserto per poi diventare roccia nera e pietraie e trasformarsi ancora in montagne quasi verdi, con gole strettissime e valli solcate da larghi fiumi e in altura altopiani di sabbia, dove la prima cosa che faresti, è quella di ficcarti sotto uno dei rari alberi godendone l’ombra pagando poi lo scotto di un’inevitabile bucatura. Verso est cambia sia il paesaggio che diventa sub tropicale, che la temperatura che diventa letteralmente insopportabile. Il fondo stradale è ora di terra che si trasforma in un micidiale fango vischioso, laddove il sole non riesce ad asciugare le abbondanti acque monsoniche.

E’ qui in Beluchistan dove più d’ogni altro luogo ho apprezzato a pieno le caratteristiche del Dominator.

               

Inizia il tratto di montagna ed iniziano i primi guai, la strada è in sostanza ad una corsia e si guida a sinistra, i camion che vengono dal senso opposto ti obbligano a buttarti fuoristrada se non vuoi essere investito, questo è possibile solo grazie all’agilità delle moto. Una jeep completamente fuori corsia investe frontalmente uno di noi.

La fortuna ci assiste, a 15km c’è un piccolo ospedale, ci dividiamo due su di un pick up con il ferito e due a fare la guardia alle moto. I rari camionisti che si fermano c’esortano ad andare via il prima possibile da quel luogo, terra incontrastata di predoni.

C’è tensione. Dopo alcune ore ritornano gli altri, risultato dell’incidente, mano ingessata tre punti al naso e tre ad un braccio. Organizziamo il trasporto della moto e del pilota su di un camioncino fino a Quetta, capoluogo del Beluchistan. Bisogna arrivare prima che cali la notte, ma la strada è piena d’insidie ed è ormai il tramonto, così all’uscita di una curva a velocità sostenuta uno di noi non vede (e sfido chiunque a farlo) due cunette prima della ferrovia.

Ho visto la moto girare su se stessa tre volte, lanciare una fiammata di scintille sull’asfalto, catapultare il suo pilota a destra e fortunatamente la tanica colma di benzina a sinistra.

Tanta paura ma solo escoriazioni, ci abbracciamo. Si rimette in sesto la moto e si riparte.

Dopo alcune ore le lontane luci di Quetta ci sembrano un miraggio.

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