Biografia completa!

 

La biografia completa di Charlie "Bird" Parker scritta da Arrigo Pollillo, nel suo libro Jazz.

Charlie Parker, Parte 2.

 

da Jazz di Arrigo Polillo, ottobre 1997, Mondadori (edizione aggiornata a cura di Franco Fayenz).

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Sfortunatamente, poiché era anche uno splendido musicista di jazz, fece proseliti, della qual cosa ebbe più volte occasione di rammaricarsi. Sul suo esempio, le droghe "dure" cominciarono a dilagare fra i jazzmen, facendo decine di vittime fra chi si illudeva di riuscire, col loro aiuto, a suonare come lui. Ci sarebbero voluti diversi anni perché l'eroina passasse di moda: nel tempo in cui Parker dominò incontrastato fra gli uomini del jazz, non c'era orchestra, bianca o negra, o mista, che non avesse nelle se file qualche junkie, come sono chiamati in gergo i tossicomani
Un junkie poteva dare grossi dispiaceri o quanto meno creare situazioni molto imbarazzanti al suo caporchestra e al suo manager, e in questo Parker non fu secondo a nessuno. Se ne dovette accorgere a sue spese anche Dizzy Gillespie quando, alla fine del 1945, fu inviato, alla testa di un quintetto di cui Bird era il personaggio più in vista, alla conquista di Hollywood. Si è già visto che Hollywood, lungi dall'essere conquistata dalla nuova musica, accolse con ostilità i boppers venuti da New York: il locale in cui questi si esibivano, il Billy Berg's, fu pieno solo le prime sere, quando i giovani jazzmen di Los Angeles si fecero un dovere di andare ad ascoltare i colleghi di cui tanto avevano sentito parlare negli ultimi mesi. Chi arrivava richiamato dal nome di Bird, rischiava, del resto, di non vederlo affatto: molte volte il sassofonista non compariva neppure nel locale, cosi che Dizzy dovette assumere un secondo sassofonista, nella persona di Luky Thompson, perché il conto dei suoi uomini tornasse, almeno dal punto di vista numerico.
Chi ascoltò Parker in quelle settimane, rimase impressionato dai continui sbalzi di forma e di umore del sassofonista, che poteva fare della musica eccellente, apparire sereno, cordiale, e, subito dopo, mostrarsi aggressivo, irrascibile, e pessimo musicista. Gli riusciva difficile trovare la droga, più difficile che a New York: il suo problema era questo. Glielo risolse una volta per tutte Dean Benedetti, un ex sassofonista che aveva per lui una vera venerazione e che lo seguiva dovunque andasse per ascoltarlo e registrare i suoi assoli. Aveva smesso definitivamente di suonare dopo averlo sentito una volta e ora, per guadagnarsi da vivere, si era ridotto a fare lo spacciatore di stupefacenti, che in parte tuttavia finivano nelle sue vene. Fu Benendetti che trovò il "contatto", cioè l'uomo che avrebbe procurato a Bird l'eroina con la necessaria regolarità: un tipaccio soprannominato Moose the Mooche, a cui Charlie avrebbe dimostrato la sua gratitudine intitolando a lui un suo pezzo e cedendogli il 50% delle royalties che gli sarebbero spettate in virtù del contratto che stipulò poi con la Dial, la casa discografica di Ross Russell.
In febbraio il gruppo di Gillepie terminò la scrittura al Billy Berg's e si accinse lietamente a tornare a New York, ma Charlie mancò all'appuntamento coi colleghi. Fu cercato dovunque ma non fu trovato: si seppe poi che aveva venduto il biglietto di viaggio aereo e che aveva trovato una scrittura al Finale, un locale situato a Little Tokyo, un quartiere di Los Angeles già abitato dagli immigrati giapponesi che, intanati in un campo di concentramento durante la guerra, avevano dovuto lasciare il posto ai negri.
In breve il Finale divenne, grazie a Parker, il centro jazzistico più avanzato e più vivo dell'Ovest: ogni sera i jazzmen residenti o di passaggio in California vi si affollavano per ascoltare l'ormai famoso sassofonista e per animare delle jam session. A detta di Ross Russell, che fu un abituale frequentatore del locale in quei mesi, il jazz che vi si faceva era quanto di meglio si potesse ascoltare, nel 1946, da una costa all'altra degli Stati Uniti.
Fu lì che Ross Russll, che già aveva organizzato una seduta di incisione con George Handy, Parker, Gillespie e altri, senza poi trovarsi in mano nulla di pubblicabile, si convinse che Bird era l'uomo che gli occorreva per la sua nuova etichetta di dischi. Del valore di Parker si erano seri perfettamente conto anche Norma Granz, che aveva utilizzato anche Bird e Dizzy nei suoi concerti; ma Granz non aveva anvora progetti precisi per quanto riguardava la produzione dei dischi e Russell lo precedette.
La prima seduta di incisione per la Dial diede frutti eccellenti: Moose the Mooche, Yardbird suite (un pezzo che aveva già figurato nel repertorio dell'orchestra di McShann) e ancor più A night in Tunisia e una ingegnosa parafrasi di How high the moon intitolata Ornithology dimostrano che Parker attraversava allora un periodo di grazia. Che non durò a lungo, però. In seguito a una incursione della polizia, il Finale - dove la droga si smerciava e si consumava in quantità - fu chiuso, e Parker e altri musicisti rimasero senza lavoro: cessò anche il rifornimento della "roba". Per dirla in termini di gergo, era venuta l'ora del panico per i junkies che bazzicavano a Little Tokyo, e quella della galera per Moose the Mooche, che si rivolse poi a Russell, inviandogli una forbita lettera dal penitenziario di San Quintino, per far valere i suoi diritti sulle royalties dei dischi di Bird.
Per qualche tempo di Parker non si seppe più nulla. Lo ritrovò Howard McGhee, i lvaloroso trombettista che era arrivato a Hollywood un paio di anni prima col complesso di Hawkins. Charlie si era ridotto a vivere in un'autorimessa adattata in qualche modo ad abitazione. Privato della droga aveva cercato di sostituirla con l'alcool, con risultati catastrofici. McGhee lo aiutò come poté, offrendogli ospitalità nella casetta in cui abitava assieme alla moglie, e permettendogli di lavorare nuovamente al Finale, che rilevò lui stesso, per gestirlo a proprio rischio. Con Parker e con McGhee suonavano allora il bassista Red Callender, il batterista Roy Porter e Dodo Marmarosa, un altro degli eccellenti pianisti italo-americani che illustrarono la storia del bebop. Anche Norman Granz diede una mano al sassofonista facendolo apparire più volte in concerto col suo Jazz At Philarmonic.
Alla fine di Luglio, Russell, assilato da tempo da Parker, si lasciò convincere a riunire attorno a lui un complessiono per una nuova seduta di incisione. Al suo fianco, a far da moderatore, volle mettere il savio McGhee, e nella cabina di controllo dello studio volle che fosse presente anche uno psichiatra. Quel giorno avrebbe potuto succedere qualunque cosa. Lo temevano tutti, anche Elliot Grennard, un giornalista del "Billboard" venuto per assistere alla registrazione.
Cominciò così la più drammatica seduta di incisione della storia del jazz, tante volte raccontata. La raccontò anche Grennard, che vari mesi dopo pubblicò una novella intitolata "Sparrow's last jump", che vinse un premio letterario. Sparrow, il Passero, era Bird, naturalmente.
Parker stava male, sudava copiosamente e non riusciva a controllare i suoi movimenti. Di tanto in tanto, improvvisamente, il suo sassofono si impennava, puntando verso il soffitto. Registrò con fatica Max is making wax. Il medico gli diede delle pastiglie, ma non servì a nulla. Poi, su richiesta di Charlie, fu inciso Lover man.
<<Ci fu una lunga introduzione di piano, che sembrò interminabile, da parte di Jimmy Bunn, che scandiva il tempo in attesa del sassofono - raccontò anni dopo Ross Russell -. Charlie aveva mancato l'entrata. Con alcune battute di ritardo, finalmente entrò. La sonorità di Charlie si era rinfrancata. Era stridente, piena di angoscia. In essa c'era qualcosa che spezzava il cuore. Le frasi erano strozzate dall'amarezza e dalla frustazione dei mesi passati in California. Le note che si susseguivano avevano una loro triste, solenne grandiosità. Sembrava che Charlie suonasse con automatismo, non era più un musicista pensante. Quelle erano le dolorose note di un incubo, che venivano da un profondo livello sotterraneo. Ci fu un'ultima strana frase, sospesa, incompiuta e poi silenzio. Quelli nella cabina di controllo erano un poco imbarazzati, disturbati, e profondamente commossi.>>
Quell'esecuzione di Lover man sarebbe rimasta negli annali del jazz.
Russell esitò a lungo prima di pubblicarla. Si decise a farlo soltanto dopo che la novella di Grennard attirò l'attenzione del pubblico su quella seduta. Parker, dal canto suo, non gli perdonò mai di avere stampato un disco pieno di pecche come quello, e non fu contento finché nonincise, anni dopo, una nuova versione di Lover man. Ma la seconda esecuzione, tecnicamente corretta, non è paragonabile alla prima; fallosa, certo, ma carica di pathos, addirittura straziante. Un deforme capolavoro del jazz.
Altri due pezzi malamente riusciti, The gypsy e Bebop, conclusero la disastrosa seduta. Per Perker, affranto dalla fatica, fu chiamato un taxi, che ,o condusse all'alberghetto in cui alloggiava. Un amico lo mise a letto e poi lo lasciò. Con un po' di riposo si sarebbe rimesso in sesto, pensava.
Ma Bird era fuori di senno. Lo videro scendere nell'atrio dell'albergo completamente nudo; ci fu un violento alterco, poi, un poco più tardi la scena si ripeté identica. Charlie fu chiuso in camera. Mezz'ora dopo si dovettero chiamare i pompieri, e quindi la polizia, perché lui, ormai furioso, aveva appiccato il fuoco al letto. Nella confuisione che seguì, Parker, sempre nudo e molto agitato, fu messo quieto con un colpo di sfollagente, fu avvolto in una coperta e portato via. Russell riuscì a trovarlo soltanto dopo dieci giorni di ricerche, quando già la voce della sua morte si era sparsa nella comunità jazzistica della città. L'avevano messo nel reparto psichiatrico della prigione della contea. Di lì lo trasferirono al Camarillo, un manicomio situato a un centinaio di chilometri da Los Angeles.

[continua]