La biografia completa di Charlie "Bird" Parker scritta da Arrigo Pollillo, nel suo libro Jazz.
Charlie Parker, Parte 3.
da Jazz di Arrigo Polillo, ottobre 1997, Mondadori (edizione aggiornata a cura di Franco Fayenz).
Da New York arrivò, per stargli vicina, la devota Doris, che per mantenersi
in California trovò un lavoro da cameriera; non incontrò Chan
perché questa se ne eta già andata via da maggio, dopo uno dei
tanti litigi con Charlie.
Dopo sei mesi di degenza la competente commisione decise che Parker avrebbe
potuto essere dimesso dall'ospedale. Era ora, perché questi da tempo
in buone condizioni di salute, fremeva di impazienza, e inviava lettere ora
imploranti, ora minacciose a Russell perché venisse a tirarlo fuori da
lì.
Ricominciò a suonare al fianco di McGhee, e riprese a bere. Fece però
del suo meglio per restare lontano dalle droghe, e per qualche tempo ci riuscì.
Poi decise di tornare a New York. Solo lì, nella 52a Strada, si poteva
guadagnare decentemente, ed era lì che i riflettori erano puntati. Negli
ultimi mesi erano stati puntati soprattutto su Dizzy Gillespie, e questo non
gli andava gi. <<Lui conosce il proprio valore - scrisse in quei giorni
Chan a Russell - ed è risentito perché Diz fa tutti quei soldi.>>
Prima di lasciare la California, Parker prese ancora parte a due sedute di incisione
per la Dial. Nella prima suonò assieme al trio di Erroll Garner, con
cui registrò tra l'altro due pezzi bellissimi, Cool blues e Bird's
next, basato sulle armonie dell'inevitabile I got rhythm; nella seconda,
accanto a McGhee, Marmarosa, Wardell Gray, Barney Kessel e un paio d'altri,
incise quattro nuove esecuzioni, pure molto felici: Cheers, Carvin'
the Bird, Stupendous, costruita sugli accordi di 'So wonderful,
e Relaxin' at Camarillo, che, per usare le parole di Kenny Clarke, <<dimostra
il modo particolare in cui Bird sente il blues. E che egli sa del blues più
di qualsiasi altro musicista...>>.
Fu un finale in bellezza; e dì che quest'ultima seduta era incominciata
sotto i peggiori auspici. Bird era arrivato in studio mezzo istupidito, con
due ore di ritardo, trascinato da Howard McGhee che, dopo molto cercare, lo
aveva trovato profondamente addormentato, completamente vestito, nella vasca
da bagno.
Tornato a New York, Bird costituì subito un quintetto col giovanissimo
Miles Davis alla tromba, Duke Jordan al piano, Tommy Potter al contrabbassso
e Max Roach, che si era ormai affermato come il miglior batterista dell'ultima
leva. Il gruppo esordì al Three Deuces, alternandosi col trio di Lennie
Tristano, e un paio di mesi più tardi incise le sue prime facce per la
Savoy: Donna Lee (sugli accordi del vecchio Indiana), Chasin'
the Bird, Cheryl e Buzzy, a cui altre si aggiunsero presto.
In settembre la Carnegie Hall fu testimone del grande reincontro fra Bird e
Dizzy, che non avevano più suonato insieme dai giorni del Billy Berg's.
Più che un incontro fu uno scontro, un duello, che mandì in visibilio
gli hipster e che fu clandestinamente registrato per essere in seguito pubblicato
su disco, sotto etichetta Roost e prima ancora sotto un'etichetta "pirata".
Gli ultimi mesi del 1947 videro Bird attivissimo negli studi di incisione, sotto
le bandiere della Dial, il cui titolare, più che mai deciso a far rispettare
il contratto dal suo artista "esclusivo", aveva ritenuto opportuno
trasferirsi a New York. Soprattutto le prime due sedute, organizzate in ottobre
e in noembre, diedereo frutti saporiti. Basterà ricordare le incisioni
- quasi tutte disponibili in più versioni - di Bongo bop, Dexterity,
Bird of Paradise (un camuffamento di All the things you are),
Scrapple from the Apple, Out of Nowhere, Klactoveesedstene
e soprattutto di Don't blame me e Embraceble you, due esmpi da
manuale di sensibile e originale trattamento di un tema di ballad. Meno brillanti,
ma pur sempre soddisfacenti, furono i risultati dell'ultima seduta, che si svolse
in dicembre e produsse fra l'altro Quasimodo, Bird feathers e
Crazeology.
Quando anche questi brani furono impressi sulla cera, Russell poté fare
un bilancio della produzione parkeriana per la sua etichetta: contò trentaquattro
facce di disco a 78 giri, realizzate nel corso di sette sedute. Fece anche il
conto dei tradimenti del suo scritturato in pochi mesi: il suo contratto esclusivo
era stato violato quattro volte.
Ormai Charlie Parker poteva fare a meno della Dial e della paziente assistenza
di Ross Russell. Gli facevano la corte quelli dei dischi della Savoy e Norman
Granz, che lo voleva nuovamente fra le stelle del suo Jazz at the Philarmonic
e negli studi di incisione, a registrare per la Mercury. Se lo contendevano
i locali jazzistici, a cominciare da quelli di New York: il Three Deuces, l'Onyx
e il Royal Roots. Anche il grosso degli appassionati del jazz avevano ormai
capito quanto valesse: la vittoria da lui riportata, all'inizio del 1948, nel
referendum indetto tra i lettori del "Metronome", che lo elessero
al primo posto fra gli altosassofonisti, ne era la prova.
Nell'aprile di quell'anno, Bird prese parte, col suo quintetto, alla sua ultima
seduta di incisione per la Savoy, incidendo un magistrale blues intitolato Parker's
mood, oltre agli eleganti Barbados, Ah-Leu-Cha e altre cose
più o meno riuscite. Norman Granz, che aveva già spiccatissimo
il gusto per gli accostamenti inediti, pensò invece di presentarlo in
differenti e più elaborati contesti, oltre che nei concerti del JATP.
Anzitutto sovrappose il suo sassofono a un complesso arrangiamento scritto da
Neal Hefti ed eseguito da una grande formazione da lui diretta: il pezzo che
ne risultò, Repetition, fu poi inserito, insieme con un'altra
esecuzione parkeriana, The Bird, in un lussuoso album intitolato "The
Jazz Scene". Successivamente volle coinvolgerlo in qualche esperimento
di Afro-Cuban bop con l'orchestra di Machito, a cui altri avrebbero fatto seguito.
Alla fine del 1948, nel corso di una scrittura al Royal Roost, gli uomini del
quintetto di Parker, che erano rimasti uniti per parecchi mesi (se non si tiene
conto dell'uscita di Duke Jordan, poi rimpiazzato da Al Haig), cominciarono
ad avvertire l'usura della difficile convivenza col loro arrogante leader. Miles
Davis se ne andò improvvisamente (<<Bird ti fa sentire alto trenta
centimetri>> si sfogò con Russell), seguito da Max Roach. Dei rimpiazzi,
solo il trombettista McKinley Dorham, allora agli inizi e non ancora noto col
soprannome di Kenny, meritava attenzione.
Qualche mese dopo, nel maggio 1949, Bird fece la sua prima apparizione in Europa,
essendo stato invitato da Charles Delaunay al grande festival jazz da lui organizzato
a parigi, alla Salle Pleyel. In America si parlò di un grande successo,
che invece mancò del tutto. Parker suonò male e si comportò
peggio. Chi scrive annotò, allora, in una corrispondeza da Parigi: <<...
Parker ha rappresentato per tutti una profonda delusione. Ci aspettavamo un
musicista di viva intelligenza, dinamico e brillante con la sua musica (quella
musica che, come ha dimostrato chiaramente il festival, ha affascinato i musicisti
di tutto il mondo) e abbiamo avuto sott'occhio lo spettacolo penoso di un goffo
ragazzone perennemente inebetito dall'alcool o da qualcosa di peggio>>.
Al ritorno in patria, Charlie si trovò senza il suo abituale recapito
perché il Royal Roost aveva chiuso i battenti. In suo luogo c'era per
i boppers il Bop City, e a fine anno si aprì per loro un nuovo tempio:
era situato anch'esso a Brodway, nei pressi della 52a Strada e si chiamà
Birdland in onore di Charlie Parker, che fu simbolicamente rappresentato da
tanti fringuelli che cinguettavano nelle numerose gabbie appese al soffitto.
Naturalemnte Bird fu l'ospite d'onore nella serata inaugurale del locale, dove
tornò spesso negli anni successivi, ma dove anche, per un certo tempo,
gli fu vietato l'ingresso per aver combinato troppi guai.
Quando il Birdland fu inaugurato la stagione d'oro del bop poteva considerarsi
conclusa. Ora si preferiva parlare di cool jazz, che sostanzialmente era un
bop addolcito e arricchito, visto soprattutto attraverso l'ottica dei bianchi.
Non per nulla, nel presentare il nuovo locale, il "Metronome" scrisse:
<<... la politica [musicale del Birdland] verrà limitata al cool
jazz; niente bluese, niente swing, niente eccetto la musica rilassata tipizzata
da Charlie Parker, in onore del quale il Birdland è stato battezzato>>.
La frase del "Metronome", che era una rivista specializzata, letta
in gran parte da musicisti di jazz, era molto discutibile, per più di
una ragione, ma è rivelatrice. Quando fu scritta, il bop spigoloso e
dissacratore delle origini pareva lontano, e anche Parker era visto come un
dispensatore di musica cool, e cioè quieta, fresca, carezzevole. Si spiega
così la decisione, presa poco prima da Norman Granz e da Billy Shaw,
l'agente di Parker, con l'entusiastica adesione di quest'ultimo, di presentarlo
su disco e anche in concerto con un orchestra in cui gli archi dominavano. Questa
fu riunita per la prima volta in studio di registrazione, per la Mercury, in
novembre: era costituita da tre violini, una viola, un violoncello, arpa, oboe,
corno inglese e da una sezione ritmica jazzistica. Furono incise famose ballads,
fra cui April in Paris, Summertime, Everything happens to me
e Just friends, la quale ultima, per lo splendido assolo del sassofonista,
spicca nettamente nella serie dei "Parker with strings", che fu ripresa
nell'estate successiva, e ancora, nel 1952.
Benché, da allora in poi, si esibisse spesso con un'orchestra d'archi,
Bird non congedò subito il suo complesso regolare, cioè il quintetto,
in cui era entrato da poco un nuovo trombettista, Red Rodney, un giovanotto
bianco nelle cui vene scorreva, come in moltissimi jazzmen, sangue ebreo, irlandese
e italiano, ma che, per una tourneé nel Sud che il gruppo intraprese
quell'anno, dovette, per non provocare i razzisti del Sud, fingersi negro. Negro
albino, per la precisione, ribattezzato perciò Albino Red.
[continua]