Nella valle ritrovata

il biotopo della “Sgalara”

di Umberto Fusini


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La strada di fondovalle Savena è ormai diventata un’arteria di uso abituale.
Infatti, a considerare la quantità dei suoi fruitori, occasionali e non, siano
essi veloci pendolari alle prese con orari da rispettare o semplici sportivi
che, pedalando, ritemprano nel “verde” le tensioni accumulate, fanno sembrare
questa strada come se fosse sempre esistita. Ma non è stato così, le discussioni
anche aspre che ci furono all’inizio dei lavori, che per la verità non furono
mai ufficializzati secondo un iter canonico, spesso portarono al limite dello
scontro gli “ambientalisti” e i “progressisti”: sicuramente, in certi momenti,
il limite del confronto democratico venne oltrepassato, perché gli “ultrà”
sono sempre esistiti.
Io ero - anche allora giustamente - dalla parte degli
sconfitti, come spesso mi accade.

Il panorama che si vede oggi su questa strada venendo da valle verso monte, appena superate le gole di Scascoli (la Little Big Horn degli ambientalisti d³allora), con lo scenario che ì diventato abituale per tutti, era visto da pochi. Le gole, notevole baluardo, chiudevano la precaria viabilitð che arrivava fin l¿, creata a uso e consumo di chi lavorava il cos¿ detto materiale lapideo, i cavatori di ghiaia (chissð perch¸, a sentirlo dire o scrivere, dð sempre la sensazione di un³attivitð al limite della legge). Quando si arrivava nei pressi delle gole, si parcheggiava il mezzo e poi a piedi lungo il corso del Savena che in quel punto era molto stretto, si risaliva fin dove uno voleva. Ma pochissimi lo facevano. Chi osava, trent³anni fa, era sicuramente fra i cosiddetti Àalternativi”. Un po³ come i figli dei fiori californiani, solo che qui si va pi› in piccolo. Anzich¸ a centinaia di chilometri dalla civiltð, si era a poche leghe dalla cittð.

Non ì che la valle a monte delle gole di Scascoli fosse vergine, le cave di ghiaia, di sabbiella e gli impianti per la loro lavorazione gið c³erano, ma i mezzi arrivavano da monte e avevano praticamente una viabilitð tutta loro. Era, per la quasi totalitð delle persone, una valle che non esisteva. Il tratto della valle dalle gole di Scascoli fino all³incrocio per Loiano e Monzuno ì la parte pi› luminosa. Bella, larga, con le sponde che scendono quasi sempre in maniera dolce verso il letto del Savena, fanno s¿ che il sole possa compiere un ottimo lavoro, e in questo tratto, dove la mano pesante dell³uomo di un tempo lavorÜ nel togliere la ghiaia anche dall³alveo, oggi si puÜ ammirare un piccolo ambiente di grande interesse naturalistico. Þ la piccola palude fra il Savena e la localitð Sgalara (toponimo di un vecchio rudere), che rimane sulla sinistra idrografica. Punto ricco di storia della civiltð contadina. Di fronte, sul lato destro, ci sono i resti del grande mulino di Scascoli e l¿, proprio sul torrente, esistono ancora i resti di quello che fu l³unico ponte sospeso, degno di questo nome, di tutto il corso del Savena. Costruito nel 1914(1), collegava la parte sinistra e i relativi abitanti al mulino che allora era punto strategico e vitale di tutta la valle. La palude della ÀSgalara”, in territorio del comune di Loiano, ì piccola solo di dimensioni, ma ì notevole per la sua ricchezza naturalistica.

Þ un biotopo di grande valore, tanto che ì rientrato anche nel programma del Progetto Pellegrino (LIFE NATURA Æ98), progetto proposto dalla Provincia di Bologna e promosso dalla Comunitð Europea. In questo S.I.C. (Sito d³Importanza Comunitaria) sono stati eseguiti lavori di Àripristino e tutela di ambienti idonei alla riproduzione di anfibi rari e minacciati”. Il cartello posto sul palo all³imbocco dell³area lo mette bene in evidenza. Come sempre ogni stagione produce i suoi frutti, e questo biotopo andrebbe visitato almeno una volta per stagione. L³inverno, che lo spoglia della vegetazione e lo ricopre di neve, lo addolcisce e mette in risalto certi particolari che non si possono notare durante l³anno e ne lascia comprendere meglio l³intera morfologia. Poi la primavera che come al solito promuove la rinascita di tutto: non solo si potranno osservare nelle pozze di acqua gelida e cristallina le ovature a palla della Rana agile o i grandi cordoni neri del Rospo comune, ma anche, sul terreno umido, le fioriture di specie rare.

La pi› sorprendente, per la scarsitð della sua distribuzione in provincia, ì il Campanellino (Leucojum vernum). Altre ne seguiranno all³inizio dell³estate, fra le quali spicca un³orchidea, la Epipactis palustris, spesso usata per la sua delicata bellezza e raritð come immagine di prima pagina in libri di fiori spontanei. Anche gli uccelli qui non sono i Àsoliti”. Il Martin pescatore (Alcedo atthis) ì riuscito a trovare in questo ambiente una delle ultime zone che gli offre la possibilitð di nidificare. Queste sporadiche Àfrecce multicolori” che ci passano davanti e ci lasciano allibiti per la loro bellezza, non sono altro che gli esemplari rimasti fra i tanti che sono stati presi a fucilate e che ancor oggi, imbalsamati, sono tenuti bene in vista sul mobile della sala bella di casa. Con l³estate la maggior parte delle piante termina il proprio ciclo vitale che si concluderð in autunno con i frutti. Per il resto prosegue, manifestandosi in tanti modi, il ciclo delle vite che hanno fatto della palude il proprio Àhabitat” ideale. Il silenzioso Àpopolo della notte” vi lascia spesso segni inequivocabili della propria presenza: impronte di ungulati quali Cinghiali e Caprioli, le buche Àigieniche” del Tasso... A volte il rinvenimento di aculei di Istrice tradisce, di giorno, la loro attivitð notturna. Tornerð, con l³autunno, il lento e nascosto movimento degli uccelli migratori. Le Rondini (Hirundo rustica) e i Balestrucci (Delichon urbica), che seguono come d³abitudine le aste fluviali, arrivano dal nord per valicare le nostre colline e montagne, e quando le condizioni lo permettono si fermano sui canneti della palude per un breve ristoro. Certo anche altri migratori usano la medesima tecnica, ma come i piccoli passeriformi, sono meno visibili. Presenze sempre pi› frequenti sono durante il giorno gli ardeidi, gli aironi, l³Airone cenerino (Ardea cinerea) e verso sera e al mattino presto la Nitticora (Nycticorax nycticorax). Quando le foglie cominceranno a ingiallire in modo sempre pi› vistoso per poi cadere al suolo, tutto, come nei documentari che si rispettano, tornerð ciclicamente a ripetersi.

Certo questo biotopo ì stupendo, ma poco accessibile. Se il fatto da un lato puÜ aiutarlo a rimanere maggiormente protetto, dall³altro ne rende difficile l³utilizzo per la didattica. Una soluzione, che ha almeno due aspetti positivi, potrebbe essere quella di restaurare o ripristinare il vecchio ponte sospeso. Farebbe da ottimo congiungimento pedonale ed escluderebbe altri mezzi, mantenendo in vita un pezzo di storia: una tale testimonianza, anche se ì solo simbolica, riveste un grande valore.

 

Note (1) D.Benni G. Vianello, Il torrente Savena la sua valle i suoi mulini, Monzuno 2001, p. 204.

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