RELAZIONE: Avv. Stefano Pisano


La disciplina sanzionatoria relativa all'emissione di assegni privi di copertura e postdatati.

L'assegno bancario è disciplinato dal R.D. n. 1736 del 21 dicembre 1933 e dalla legge n. 386 del 15 dicembre 1990, come modificata dalla D.lvo n. 507 del 30 dicembre 1999.

Secondo l'orientamento prevalente, in dottrina ed in giurisprudenza, l'assegno bancario è un ordine di pagamento, stilato in forma cambiaria, ed equiparato al contante. Quanto a flessibilità, il suo utilizzo, infatti, può avvenire per qualsiasi tipo di transazione e senza vincolo di importo, con il limite dell'apposizione della clausola "non trasferibile" prescritta dalla legge antiriciclaggio per gli assegni di importo superiore ai venti milioni.

In virtù della funzione di strumento di pagamento, l'assegno è disciplinato in maniera differente rispetto alla cambiale al fine di prevenire e reprimere l'utilizzazione di assegni per scopi diversi da quello tipico.

Il R.D. n. 1736 del 1933, all'art. 1, indica gli elementi essenziali che deve avere un assegno bancario e cioè: 1. la denominazione di assegno bancario contenuta nel contesto del titolo; 2. l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata; 3. il nome del trattario che, a pena di nullità del titolo, deve essere un banchiere (cfr. art. 3 L.A. fatta eccezione per gli assegni emessi o pagabili al di fuori del territorio dello Stato); 4. l'indicazione del luogo di pagamento; 5. l'indicazione della data e del luogo in cui l'assegno è emesso; 6. la sottoscrizione del traente.

Stabilisce l'art. 2 della L.A. che "il titolo nel quale manchi alcuno dei requisiti indicati nell'articolo precedente non vale come assegno bancario".

L'indicazione della data di emissione costituisce, quindi, un requisito essenziale. Dalla data di emissione decorrono i termini per la presentazione al pagamento; per l'azione di regresso e per la levata del protesto.

Sul piano fiscale, agli assegni bancari si applica un'imposta fissa di bollo in misura ridotta, purché essi siano emessi con l'osservanza dei requisiti di cui ai nn. 1,2, 3 e 5 dell'art. 1 L.A., e siano quindi in regola con le disposizioni che prescrivono, tra l'altro, l'apposizione della data di emissione (cfr. art. 15, tariffa all. A, parte I, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 642).

Come è noto, capita sovente nella pratica che l'assegno sia emesso privo della data o post datato, cioè con l'indicazione di una data successiva a quella di emissione effettiva.

La Suprema Corte si è più volte pronunciata in relazione alla validità di un assegno privo di data ed è orientata nel ritenere che l'assegno senza data è un titolo nullo ed ha valore solo come promessa di pagamento (cfr. 1988 c.c.), al contrario dell'assegno post datato, che è soltanto un titolo irregolare in quanto la legge ne consente il pagamento a vista.

L'assegno privo di data, dunque, non è protestabile e non rappresenta un titolo esecutivo.

Peraltro, è noto a tutti che l'emissione di un assegno privo di data ha nella pratica scarsa rilevanza poiché è superata dall'uso di procedere al riempimento del titolo da parte dell'impiegato dell'istituto di credito o dall'avvertimento da parte di quest'ultimo al beneficiario affinché provveda al riempimento.

Molto più frequente nella pratica è l'emissione di un assegno post datato. L'emissione di un assegno post datato è atto vietato dalla legge, secondo quanto disposto dall'art. 121 L.A.

Fa eccezione l'ipotesi in cui la post datazione, in ogni caso non superiore ai quattro giorni, sia giustificata dal periodo di tempo necessario per la consegna del titolo al destinatario o da altra materiale impossibilità di presentazione.

Tuttavia, la post datazione configura un'ipotesi di mera irregolarità dell'assegno, priva di effetti sulla validità del titolo poiché l'apposizione sull'assegno di una data successiva rispetto a quella di effettiva emissione non esclude che il titolo possa essere presentato immediatamente al pagamento. Difatti, l'assegno post datato è suscettibile di essere negoziato immediatamente e risulta, quanto alla natura e agli effetti giuridici, del tutto equivalente all'assegno che reca la data di effettiva emissione.

La giurisprudenza ha avuto occasione di precisare, anche di recente (cfr. Cass. Pen., sez. V., n. 2908/1999), che l'assegno bancario è un titolo di credito formale ed astratto che prescinde dal rapporto sottostante e pagabile a vista. La destinazione alla circolazione è un attributo intrinseco dell'assegno, non sopprimibile per volontà del privato, in quanto la norma tutela non solo l'interesse del singolo creditore - beneficiario del titolo -, ma anche quello dei terzi e l'interesse pubblico alla sicura trasmissibilità del titolo.

Tale disciplina è inderogabile e, dunque, la pattuizione diretta a trasformare l'assegno da mezzo di pagamento a strumento di garanzia, è irrilevante, anche se non più penalmente sanzionata.

Quali sono, quindi, i rischi ai quali va incontro colui che emette un assegno post datato ?. Se viene posto all'incasso prima della data indicata quale data di emissione, certamente una violazione della legge sul bollo. A carico del traente di un assegno post datato, infatti, si prevede l'applicazione dell'imposta proporzionale di bollo stabilita per le cambiali (12 per 1000), come previsto dall'art. 121 L.A., oltre all'irrogazione delle sanzioni pecuniarie per la trasgressione della relativa disciplina (da 2 a 10 volte l'imposta non corrisposta), contemplate dall'art. 25 del d.p.r. n. 642/1972, come modificato dal d.lgs 18 dicembre 1997, n. 463. Sotto il profilo sanzionatorio, l'emissione di assegni post datati rileva ove siano configurabili gli illeciti, prima penali ora solo amministrativi, rappresentati dall'emissione di assegni senza autorizzazione e senza provvista.

E' frequente, infatti, nella pratica che al momento della presentazione del titolo, che coincide con la data di emissione apposta sull'assegno successiva rispetto all'effettiva data di traenza, sia stata revocata dal trattario l'autorizzazione ad emettere assegni o manchi la provvista.

L'art. 1 della legge 386/1990, come modificato nel 1999, prevede in tale caso la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 12.000.000, che può essere elevata fino a 24.000.000, nel caso di reiterazione delle violazioni o qualora l'importo dell'assegno sia superiore ai venti milioni.

L'art. 2 della medesima legge stabilisce che chiunque emetta un assegno bancario o postale, che non venga pagato in tutto o in parte per difetto di provvista, sia punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1.000.000 a lire 6.000.000, fino ad un massimo di lire 12.000.000 nel caso di reiterazione delle violazioni o se l'importo dell'assegno sia superiore a lire venti milioni.

Accanto alle sanzioni pecuniarie sono previste delle sanzioni amministrative accessorie quali il divieto di emettere assegni bancari e postali e, nei casi più gravi, l'interdizione dall'esercizio di un'attività professionale o imprenditoriale, dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l'incapacità di contrattare con la P.A., per una durata non inferiore ai due mesi, né superiore ai due anni, come disciplinato dagli art. 5 e 6 della legge 386/1990.

Competente per l'applicazione delle sanzioni è il prefetto del luogo di pagamento dell'assegno ed il procedimento non si discosta da quello generalmente previsto per l'applicazione delle sanzioni amministrative con possibilità di impugnare il provvedimento che dispone la sanzione di fronte al giudice di pace, nonché di presentare deduzioni e scritti difensivi nel corso del procedimento.

La riforma della disciplina sanzionatoria, avvenuta con il D.lvo n. 507 del 30 dicembre 1999, solo apparentemente è più favorevole rispetto alle sanzioni penali precedentemente vigenti poiché, a fronte dell'abrogazione delle norme penali, piuttosto blande, che avevano una scarsa efficacia deterrente, ha introdotto delle norme sanzionatorie di carattere amministrativo certamente più onerose per il traente.

Giova ricordare che l'emissione di assegni senza autorizzazione era punita con la reclusione da tre mesi ad un anno, mentre l'emissione senza provvista era sanzionata con la multa da lire trecentomila a lire cinquemilioni o con la reclusione fino a otto mesi. Ciò consentiva, nei casi più gravi e qualora l'importo degli assegni c.d. scoperti fosse particolarmente elevato, di patteggiare con il pubblico ministero una pena di alcuni mesi, spesso sostituita con la corrispondente pena pecuniaria, secondo l'equazione un giorno di reclusione = lire 75.000. Il ricorso al rito alternativo del patteggiamento consentiva, inoltre, di ottenere gli effetti tipici di tale istituto, quali la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta dei privati, e l'impossibilità di applicare le pene accessorie. Queste ultime rappresentate dal divieto di emettere assegni bancari e postali per un periodo da uno a due anni e dalla pubblicazione della sentenza di condanna. Con il risultato che l'imputato per la violazione della disciplina sanzionatoria degli assegni bancari, poteva subito dopo il processo tornare a casa propria, passando per l'istituto di credito dal quale otteneva un nuovo carnet di assegni, non essendo stato interdetto dall'emisssione. Benefici, quindi, non di poco conto specialmente se rapportati alle pene accessorie di natura amministrativa introdotte dalla disciplina del 1999.

De jure condendo, è necessario ricordare un progetto di legge, presentato da un gruppo di deputati fin dal 1996 (atto Camera 2590) e discusso in Commissione Finanze nel marzo del 2000 che prevede la legalizzazione dell'assegno post datato allo scopo di "porre in essere un provvedimento correttivo" rispetto ad un fenomeno che, pur connotato da profili di irregolarità, è assai diffuso negli usi. In breve, si può ricordare che il progetto di legge istituisce la figura dell'assegno post datato, caratterizzato, dall'apposizione sia della data di emissione che di quella di riscossione, che non potrà superare i 180 giorni dalla prima. L'assegno post datato, secondo questo progetto, dovrà essere assoggettato ad un'imposta erariale in termini percentuali sull'importo del titolo, qualora venga presentato per l'anticipazione allo sconto presso una banca in data anteriore a quella indicata per la riscossione. Sarà pagabile a vista, con decorrenza dalla data di riscossione fissata nel titolo, con l'introduzione di sanzioni penali per l'emissione di assegni post datati privi della data di riscossione o emessi in difetto di provvista.

Tale progetto risolverebbe il problema dello sconto degli assegni post datati, caratterizzato da una prassi bancaria, consolidata benché irregolare, che permette di ottenere gli effetti tipici dello sconto cambiario ricorrendo anziché a titoli cambiari all'assegno post datato, utilizzato quale strumento di pagamento posticipato. Il cliente presenta infatti assegni post datati da scontare, il cui importo viene anticipato dalla banca, la quale attende che gli stessi giungano a successiva scadenza, previa deduzione dell'interesse e salvo buon fine del titolo. Il rapporto così configurato, è oggi certamente irregolare, posto che l'assegno è sempre pagabile a vista, e consente alla banca di ottenere delle competenze, sotto forma di spese di commissioni e simili, che non sono dovute, trattandosi di una normale apertura di credito in conto corrente disciplinata dagli art. 1842 e segg. del codice civile, sebbene garantita dai titoli post datati.

Tuttavia, tale progetto di legge è stato aspramente osteggiato dalla Banca d'Italia, che, in un'audizione informale presso la Commissione Finanze a Montecitorio, ha rilevato che la proposta contrasta con gli obblighi assunti dal nostro Paese con l'adesione alla Convenzione Internazionale di Ginevra del 19 marzo 1931, a norma della quale l'assegno è sempre pagabile a vista. Le norme proposte, infatti, trasformerebbero la delegatio solvendi in una delegatio promittendi e snaturerebbero, in modo irrimediabile, la causa solutoria dell'assegno bancario, facendo venir meno la certezza della provvista presso l'istituto trattario, e assimilando di fatto l'assegno alla cambiale. Quest'ultima, peraltro, vedrebbe ulteriormente penalizzata la sua funzione in considerazione della previsione, nel progetto legislativo, di un trattamento fiscale più vantaggioso rispetto alla cambiale nel caso in cui l'assegno venga presentato allo sconto. Proprio in relazione alla prassi dello sconto di assegni post datati, le istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia in materia di controlli interni, stabiliscono che le banche devono astenersi dall'acquistare tali assegni a garanzia di operazioni di affidamento, salvo che per l'immediato incasso.


L'introduzione di nuove sanzioni penali contrasta, inoltre, con la tendenza del nostro legislatore alla depenalizzazione e alla sostituzione delle sanzioni penali con sanzioni di natura amministrativa. Da alcuni anni nel nostro ordinamento si tende, infatti, ad alleggerire il carico del giudice penale depenalizzando le condotte incriminatrici che vengono progressivamente sostituite con nuove forme di tutela civile, amministrativa e fiscale. Si può, dunque, concludere evidenziando che, come spesso avviene, le vecchie norme sono, quantomeno per il reo e per l'avvocato che ahimé lo difende, più favorevoli rispetto alle nuove, nonostante il legislatore ci voglia far credere che la depenalizzazione rappresenti una grande conquista.

 

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