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Collasso andino: guerra in Colombia, stato d'emergenza in
Ecuador
La Colombia precipita in un caos tristemente
annunciato
La Colombia precipita in un caos tristemente annunciato. Si
compie sotto gli occhi inermi e colpevolmente disattenti
dell'Unione Europea la seconda fase di "Libertà duratura".
Gli accordi di pace sono naufragati sotto la strategia di guerra
e sotto la volontà, da tempo programmata, di controllo
assoluto delle risorse energetiche della regione andina. Gli
errori imputabili alle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane
(Farc) sono solo il pretesto per scatenare una guerra civile che
sta colpendo indiscriminatamente tutte le componenti della
società colombiana. Una guerra scatenata a causa del
fallimento degli accordi di pace fra il governo colombiano e le
Farc, tra l'altro non rappresentativi della maggioranza della
popolazione colombiana, è la dimostrazione di come non
possa esistere pace senza giustizia e verità in un paese
martoriato da cinquanta anni di lotte e di sfruttamento. Gli
avvenimenti che si susseguono in questi giorni in vista delle
elezioni presidenziali rappresentano l'epilogo più
immediato delle attività condotte attraverso il Plan
Colombia dal governo degli Stati Uniti. Il Plan Colombia ha
consentito il coinvolgimento anche dell' Ecuador, paese
confinante, dove sono state militarizzate le frontiere per
impedire l'eventuale ondata di riflusso dei guerriglieri delle
Farc in fuga dalla Colombia.
Dichiarato lo stato d'emergenza in Ecuador
Con questa scusa Noboa, presidente ecuadoriano, ha
contestualmente dichiarato pochi giorni fa lo stato di emergenza
per un altro "problema" e cioè la costruzione
dell'Oleodotto di greggio pesante di 500 km, apparentemente non
legato al Plan Colombia. E' in atto una repressione di tutte le
lotte degli indigeni, dei campesinos e degli ambientalisti
dell'Ecuador che si oppongono al progetto criminale
dell'Oleodotto, in cui è coinvolta anche la multinazionale
italiana ENI. Avevamo da tempo affermato come il Plan Colombia
avrebbe avuto tra i suoi catastrofici effetti quello di
destabilizzare una regione come quella delle Ande, già
storicamente instabile.
Le fumigazioni dei campi effettuate nella zona di confine fra
Colombia ed Ecuador, il Putumayo, che stanno distruggendo
l'economia indigena e contadina a causa degli effetti tossici
delle sostanze utilizzate, hanno portato alcuni ecuadoriani a
denunciare davanti al giudice Roberts di Washington la Dyn Corp,
impresa statunitense collegata alla CIA che si occupa
direttamente delle fumigazioni e di molto altro (tra cui
l'addestramento di mercenari in suolo latino americano). La Dyn
Corp, denunciata per l'utilizzo dell'erbicida tossico Round Up
Ultra, ha fatto sapere che il giudice statunitense Roberts non
può giudicare su un caso che riguarda "la sicurezza
nazionale e la politica estera degli Stati Uniti". Questo
l'atteggiamento del paese che ha tracciato la linea del bene e
del male e che si sottrae così sfacciatamente a qualsiasi
regola o tribunale. Nel frattempo ai bombardamenti nella ex-zona
di distensione a sud della Colombia, il Caguan, fanno seguito le
minacce lanciate dalle Autodefensas Colombiane, i paramilitari,
che stanno terrorizzando le popolazione del nord-est del
Paese.
Minacciati i popoli di Cubarà e Boyacà
Uno dei capi dei paramilitari, Castano, ha inviato in piena
impunità un fax alle popolazioni di Cubarà e
Boyacà per avvertirli che tutti coloro che si opporranno
al loro controllo rischiano la morte. Fra queste popolazioni ci
sono gli indigeni U'wa e le organizzazioni sociali, contadine,
studentesche e delle donne. La successione e la
sistematicità del tutto, appare troppo precisa per essere
casuale. Come mai viene lasciata mano libera ai paramilitari che
si muovono con l'aiuto del governo di Bogotà e con
l'addestramento statunitense? E' un finto mistero. Come un
"mistero" è il vertiginoso aumento del numero di
paramilitari in circolazione in Colombia, oltre quindicimila,
nonostante il governo si fosse impegnato a combattere il
fenomeno.
Fernando Tapias, capo delle forze armate colombiane e Miguel
Saona, capo dei militari ecuadoriani, si sono già
incontrati per discutere la gestione dei 640 km di frontiera
comune. L'utilizzo delle forze armate statunitensi nel porto
ecuadoriano di Manta e di altre stazioni peruviane e colombiane,
indicano quali siano le reali mire del governo di Washington: il
controllo della produzione di petrolio. E' in atto una strategia
programmata e precisa per mettere fuori combattimento non solo le
guerriglie, ma soprattutto quei settori della società
civile colombiana ed ecuadoriana che stanno combattendo contro lo
sfruttamento, le violazioni dei diritti e per la pace dei loro
paesi e per colpire tutti quei soggetti che a livello
internazionale stanno sostenendo queste lotte.
Un'azione violenta con un obiettivo preciso: far credere
all'opinione pubblica mondiale che tutto ciò che si muove
in maniera alternativa alla politica statunitense sia
riconducibili al terrorismo. Un'operazione di comunicazione di
massa gigantesca che tende a legittimare la repressione o
l'annientamento di vecchi e nuovi "nemici" di Washington.
A questo punto l'Unione Europea si trova ad un bivio: spostare lo
sguardo altrove - sempre che alla fine rimanga qualcosa da poter
guardare... -, oppure impegnarsi per ricostituire un tavolo di
pace più ampio e rappresentativo del precedente e per
promuovere un piano alternativo al Plan Colombia, non più
basato sull'acquisto e l'utilizzo di armi o sull'impiego di
erbicidi tossici, al fine di impedire la "balcanizzazione" di
tutta la zona andina.
Per quanto ci riguarda continueremo con maggior forza le nostre
campgne italiane per difendere e diffondere la cultura e la
filosofia del poplo U'wa, le culture dei popoli indigeni di tutta
la Colombia e le loro orgnazizzazioni come la ONIC, continueremo
a sotenere i sindacati dei contadini e dei lavoratori,
continueremo a sostenere e promuovere il lavoro e el
mobiltiazioni della organizzazione indigena della CONAIE in
ecuador e, soprattutto, continueremo la nostra battaglia contro
l'ENI e la BNL per costringerli ad uscire dal progetto dell'OCP
in Ecuador, che viola i diritti delle comunità locali, la
Costuituzione ecuadoriana, le Convenzioni Internazionali, i
parametri della Banca Mondiale e che è il principale
responsabile dell'aumento della violenza.
Giuseppe De Marzo, per il comitato di solidarietà ed
appoggio al popolo Uwa e per la campagna contro l'OCP.
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