ACQUA | |
ARIA Per una "accettabile" qualità dell'ambiente è
fondamentale la qualità dell'aria per la sua influenza diretta ed
indiretta sugli organismi presenti. Gli esseri viventi, infatti, 
sono continuamente sottoposti all'azione di sostanze presenti
nell'atmosfera che possono costituire  un rischio per la salute.
Nella maggior parte dei casi non è  un'esposizione momentanea anche
se acuta a causare danni immediati all'organismo; tuttavia
un'esposizione continua a lungo termine può indurre, sia negli uomini
che in ogni altro essere vivente, delle patologie anche molto gravi.
L'aria, ma anche l'ambiente stesso modificato dall'inquinamento
atmosferico (piogge acide, effetto serra,..), possono provocare effetti
biologici ancora più pericolosi mediante un processo di scambio diretto
con gli organismi animali e vegetali (ad es. attraverso il contatto con
la cute, le mucose, l'apparato respiratorio). | |
GAS E VAPORI | Sostanze alle stato aeriforme che a seguito del loro stato fisico possono penetrare facilmente nell'apparato respiratorio e nel sangue: la sostanza può essere disciolta senza subire trasformazioni (ad es.:solvente), reagire chimicamente con altre sostanze (ad es.: monossido di carbonio),oppure può andare incontro a reazioni metaboliche che possono portare ad una eliminazione della tossicità della sostanza, o dare origine a composti a tossicità ancora più elevata. |
AEROSOL E POLVERI | AEROSOL: Particelle solide o liquide che rimangono in sospensione per lungo tempo grazie allo loro dimensioni estremamente ridotte;possono essere suddivisi in: |
FUMI: hanno origine dai processi di combustione e  la loro pericolosità dipende dalla composizione e dalla persistenza in atmosfera; | |
NEBBIE: quelle provocate da attività umane, contenenti idrocarburi, solventi, pesticidi ecc.., possono essere estremamente tossiche se le concentrazioni raggiunte sono elevate; | |
SMOG: aerosol composto di fumo e nebbia, che si forma in particolari aree geografiche; | |
POLVERI: particelle solide di origine naturale o artificiale, che possono provocare danni all'apparato respiratorio a seconda della loro composizione chimica e delle loro dimensioni. | |
Un'ulteriore classificazione degli inquinanti può essere fatta in base alla loro produzione: | |
INQUINANTI PRIMARI | Inquinanti naturali o artificiali che mantengono in atmosfera la stessa composizione chimica che avevano alla sorgente:particelle, anidride solforosa ed anidride solforica, monossido di carbonio, anidride carbonica, idrocarburi, piombo, vanadio,ecc... |
INQUINANTI SECONDARI | Inquinanti che derivano da reazioni chimiche, che possono essere attivate dall'energia solare, tra inquinanti primari o tra un inquinante primario ed un componente atmosferico. |
L'emissione di sostanze inquinanti naturali o antropiche in atmosfera può provocare variazioni di clima su piccola e vasta scala; il parametro climatico maggiormente influenzato è la temperatura. Le emissioni antropiche hanno un effetto di tipo locale, in particolare nelle zone ad alta densità di popolazione e di attività umane; in questo caso il problema principale è rappresentato dalla presenza di barriere naturali ed artificiali che impediscono da diffusione su vasta scala degli inquinanti e ne causano una concentrazione in aree limitate. Gli effetti su larga scala dell'inquinamento atmosferico maggiormente noti sono le piogge acide, l'"effetto serra" e il "buco dell'ozono". | |
LEGISLAZIONE | |
     PRECEDENTE |
 
Di seguito viene riportata la normativa di riferimento riguardante l'inquinamento, dell'acqua (falde,fiumi e mari). In questa pagina viene riportato il testo del ed i riferimenti alle norme più importanti, per il settore.
(Normativa nazionale)
INQUINAMENTO
INQUINAMENTO MARINO
Per l'inquinamento marino dovuto ad idrocarburi si fa
riferimento alle Convenzioni Internazionali che vengono ratificate dallo
Stato Italiano.
L. 185/1977, L.
504/1978, L.662/1980, L.438/1982, L.501/1983. Per la difesa del
mare si veda la L.979
del 31 Dicembre 1982. la L.
220 del 28 Febbraio 1992. Per gli scarichi termici in mare: L. 502 del
6 dicembre 1993
per l'eutrofizzazione: L.
283 del 4 Agosto 1989, D.M.
295 del 22 Giugno 1989
Per le costruzioni idrauliche restano in vigore il R.D. 523/1904 (Testo unico sulle opere idrauliche), il R.D. 1775/1933 (testo unico sulle acque e gli impianti elettrici)
Per le acque di balneazione: D.P.R. 470 del 8 Giugno 1982, L. 322 del 25 Giugno 1985 in attuazione della Dir. CEE 160 del 1976, L. 271 del 15 Luglio 1988.
GESTIONE RISORSE IDRICHE
Approfondimenti
La nuova normativa sulle acque: il D.Lgs. 152 del 11 maggio 1999. Le norme abrogate dal nuovo decreto
Il consumo umano: il Decreto Presidente della Repubblica 24 Maggio 1988 n°236
La risorsa idrica: la legge 36 del 1994 (legge Galli)
NORMATIVA COMUNITARIA ( principali direttive dell'Unione Europea recepite dallo Stato Italiano)
Il Presidente della Repubblica,
-visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
-vista la direttiva
91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento
delle acque reflue urbane;
-vista la direttiva 91/676/CEE del Consiglio
del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti
agricole;
-vista direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva
91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'allegato I;
-vista
la legge 22 febbraio 1994, n. 146 recante disposizioni per l'adempimento
di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee
Legge comunitaria 1993 ed in particolare l'Art.36 e 37;
-vista la legge
6 febbraio 1996, n. 52 recante disposizioni per l'adempimento agli
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee
Legge comunitaria 1994 ed in particolare l'Art.6;vista la legge 24 aprile
1998 n. 128 recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee Legge comunitaria
1995-1997- ed in particolare l'Art.17;
-vista la legge 5 gennaio 1994,
n. 36 e successive modifiche ed integrazioni;
-visto il decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche ed
integrazioni;
-vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;
-visto il
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
-visto il decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;
-vista la legge 18
maggio 1989, n. 183;
-visto il Regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775;
-vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 15 gennaio 1999;
-sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome;
-acquisiti i pareri delle commissioni competenti per
materia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
-vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
21 aprile 1999;
-Su proposta del Ministro per le politiche comunitarie
e del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri per le politiche
agricole, dei lavori pubblici, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, della sanità, delle finanze, per gli affari regionali,
per la funzione pubblica, dei trasporti e della navigazione, di grazia e
giustizia, degli affari esteri, del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica
Emana il seguente decreto legislativo:
TITOLO
I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
Art.1 Finalità
1. Il presente decreto definisce
la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e
sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre
l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b)
conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni
di quelle destinate a particolari usi;
c) (*) perseguire usi
sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle
potabili;
d) mantenere la capacità naturale di auto depurazione dei
corpi idrici nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali
ampie e ben diversificate.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza
attraverso i seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di
qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
b) la
tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di
ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di
sanzioni.
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo
Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi
di qualità del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di
fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito
del servizio idrico integrato di cui alla legge 5 gennaio 1994, n.
36;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione
dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f)
l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al
riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
3. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal
presente decreto nel rispetto di quelle disposizioni in esso contenute
che, per la loro natura riformatrice costituiscono principi fondamentali
della legislazione statale ai sensi dell'Art.117, comma 1, della
Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione al presente decreto
secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di
attuazione.
Art.2 Definizioni
Ai fini del
presente decreto si intende per:
a) "abitante equivalente": il
carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno
a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al
giorno;
b) "acque ciprinicole": le acque in cui vivono o possono vivere
pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i
pesci persici e le anguille;
c) "acque costiere": le acque al di fuori
della linea di bassa marea o del limite esterno di un estuario;
d)
"acque salmonicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci
appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e)
"estuario": l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere
alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti
con decreto del Ministro dell'ambiente; in via transitoria sono fissati a
cinquecento metri dalla linea di costa (*);
f) "acque dolci": le acque
che si presentano in natura con una bassa concentrazione di sali e sono
considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di
produrre acqua potabile;
g) "acque reflue domestiche": acque reflue
provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti
prevalentemente dal metabolismo umano e da attività
domestiche;
h) "acque reflue
industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o
installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di
beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di
dilavamento;
i) "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il
miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero
meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e
provenienti da agglomerato;
l) "acque sotterranee": le acque che si
trovano al di sotto della superficie del terreno, nella zona di
saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m)
"agglomerato": area in cui la popolazione, ovvero le attività economiche
sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile, e cioè
tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici
ambientali conseguibili la raccolta e il convogliamento delle acque reflue
urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso un
punto di scarico finale;
n) "applicazione al terreno": l'apporto di
materiale al terreno mediante spandimento sulla superficie del terreno,
iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati
superficiali del terreno;
"n-bis) "utilizzazione agronomica": la
gestione di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione residuate
dalla lavorazione delle olive, ovvero di acque reflue provenienti da
aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro produzione
all'applicazione al terreno di cui alla lettera n), finalizzata
all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute,
ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo;";
o) "autorità
d'ambito": la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi
dell'art. 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
"o-bis)
"gestore del servizio idrico integrato": il soggetto che in base alla
convenzione di cui all'articolo 11 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
gestisce i servizi idrici integrati e, soltanto fino alla piena
operatività del servizio idrico integrato, il gestore esistente del
servizio pubblico;";(2)
p) "bestiame": si
intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto;
q) "composto
azotato": qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l'azoto allo stato
molecolare gassoso;
r) "concimi chimici": qualsiasi fertilizzante
prodotto mediante procedimento industriale;
s) "effluente di
allevamento": le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di
deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato;0
t)
"eutrofizzazione": arricchimento delle acque in nutrienti, in particolare
modo di composti dell'azoto ovvero del fosforo, che provoca una
proliferazione
delle alghe e di forme superiori di vita vegetale,
producendo una indesiderata perturbazione dell'equilibrio degli organismi
presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
u)
"fertilizzante": fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre
1994, n.748, ai fini del presente decreto è fertilizzante qualsiasi
sostanza contenente, uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per
stimolare la crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di
allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di cui alla
lettera v);
v) "fanghi": i fanghi residui, trattati o non trattati,
provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
z)
"inquinamento": lo scarico effettuato direttamente o indirettamente
dall'uomo nell'ambiente idrico di sostanze o di energia le cui conseguenze
siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse
viventi e al sistema ecologico idrico, compromettere le attrattive o
ostacolare altri usi legittimi delle acque;
aa) "rete fognaria": il sistema di condotte per la raccolta e il
convogliamento delle acque reflue urbane;
"aa-bis) "fognature
separate": la rete fognaria costituita da due condotte, una che canalizza
le sole acque meteoriche di dilavamento e può essere dotata di dispositivi
per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, l'altra che
canalizza le altre acque reflue unitamente alle eventuali acque di prima
pioggia";
ab) "scarico": qualsiasi immissione diretta tramite condotta
di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque
superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria,
indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a
preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque
previsti all'art.40;
ac) "acque di scarico": tutte le acque reflue
provenienti da uno scarico;
"cc-bis)
"scarichi esistenti": gli scarichi di acque reflue urbane che alla data
del 13 giugno 1999
sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo
previgente ovvero di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i
quali alla stessa data siano già state completate tutte le procedure
relative alle gare di appalto e all'assegnazione lavori; gli scarichi di
acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio
e conformi al regime autorizzativo previgente; gli scarichi di acque
reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e
già autorizzati".
ad) "trattamento appropriato": il trattamento delle
acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento
che dopo lo scarico garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai
relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni del
presente decreto;
ae) "trattamento primario": il trattamento delle
acque reflue urbane mediante un processo fisico ovvero chimico che
comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri
processi a seguito dei quali il BOD5 delle acque reflue in arrivo sia
ridotto almeno del 20% prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle
acque reflue in arrivo siano ridotti almeno del 50%;
af) "trattamento
secondario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo
che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni
secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti di
cui alla tabella 1 dell'allegato 5;
ag) "stabilimento industriale" o,
semplicemente, "stabilimento": qualsiasi stabilimento nel quale si
svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione,
la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui alla
tabella 3 dell'allegato 5 ovvero qualsiasi altro processo produttivo che
comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
ah) "valore limite
di emissione": limite di accettabilità di una sostanza inquinante
contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, ovvero in peso per
unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in peso per unità di
tempo;
ai) "zone vulnerabili": zone di territorio che scaricano
direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o
zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza
di tali tipi di scarichi.
Art.3 Competenze
1. Le competenze
nelle materie disciplinate dal presente decreto sono stabilite dal decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e dagli altri provvedimenti statali e
regionali adottati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59.
2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le autorità di bacino, l'Agenzia nazionale e le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente assicurano l'esercizio delle competenze già spettanti alla data di entrata in vigore della legge 15 marzo 1997, n. 59, fino all'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.
"3. In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea o pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente o in inottemperanza agli obblighi di informazione, il presidente del consiglio dei ministri, su proposta dei ministri competenti, esercita i poteri sostitutivi in conformità all'articolo 5 del dlgs 31 marzo 1998, n. 112 fermi restando i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità, nonché quanto disposto dall'articolo 53. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono posti a carico dell'ente inadempiente.".
4. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'Art.17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previaintesa con la Conferenza Stato e regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
5. Ai sensi dell'Art.20 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con decreto dei Ministri competenti per materia, si provvede alla modifica degli allegati al presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dal presente decreto.
6. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.
7. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza Stato e regioni. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.
8. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
9. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti
interessate all'attuazione del presente decreto in particolare in sede di
elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela.
TITOLO II: OBIETTIVI DI
QUALITÀ
Capo I: Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo
di qualità per specifica destinazione
Art.4 Disposizioni generali
1. Al fine
della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il
presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per
i corpi idrici significativi e gli obiettivi (*) di qualità per specifica
destinazione per i corpi idrici di cui all'Art.6, da garantirsi su tutto
il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate
3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle acque di cui all'Art.44, misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi
superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale
corrispondente allo stato di "buono" come definito nell'Allegato 1;
b)
sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato"
come definito nell'Allegato 1;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì
per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'Art.6 gli obiettivi
di qualità per specifica destinazione di cui all'allegato 2, salvo i
termini di adempimento previsti dalla normativa previgente;
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi; quando i limiti più cautelativi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale, il rispetto degli stessi decorre dal 31 dicembre 2016.
6. Il piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione
7. Le regioni possono altresì definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.
Art.5 Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di
qualità ambientale
"1. Entro il 30 aprile 2003, sulla base
dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai
sensi degli artt. 42 e 43, le regioni identificano per ciascun corpo
idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente
a una di quelle indicate nell'allegato 1.".
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'Art.4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell'autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale per icorpi idrici sovraregionali, assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato "sufficiente" di cui all'allegato 1.
4. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato "buono" entro il 31 dicembre 2016.
5. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) il corpo idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza
dell'attività umana che rendono manifestamente impossibile o
economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato
qualitativo;
b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto
non è perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica
del bacino di appartenenza;
c) l'esistenza di circostanze impreviste o
eccezionali, quali alluvioni e siccità.
6. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 5, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché i medesimi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi idrici all'interno dello stesso bacino idrografico.
7. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
Art.6 Obiettivo di qualità per specifica
destinazione
1. Sono acque a specifica destinazione
funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci
che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei
pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'Art.4, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'allegato 2, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel piano di tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Relativamente alle acque di cui al comma 2 Le regioni predispongono apposito elenco che provvedono ad aggiornare periodicamente
Capo II: Acque a specifica
destinazione
Art.7 Acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile
1. Le acque dolci superficiali per essere
utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono
classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3 secondo le
caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla tabella
1/A dell'allegato 2.
2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai seguenti trattamenti:
a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b)
Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c)
Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione
edisinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della sanità, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche,
chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite
imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via
eccezionale, solo nel caso in cui non sia possibile ricorrere ad altre
fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte
ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità
delle acque destinate al consumo umano.
Art.8 Deroghe
1. Per le acque superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare
ai valori dei parametri di cui alla tabella 1/A dell’allegato 2:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente
ai parametri contraddistinti nell’Allegato 2 tabella 1/A dal simbolo (o)
in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche
particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono
naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le
categorie A1, A2 e A3;
d) nel caso di laghi poco profondi e con acque
quasi stagnanti, per i parametri indicati con un asterisco nell’Allegato
2, tabella 1/A, fermo restando che tale deroga è applicabile unicamente ai
laghi aventi una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare
le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano
acque di scarico.
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto
pericolo per la salute pubblica.
Art.9 Acque di balneazione
1. Le acque
destinate alla balneazione devono rispondere ai requisiti di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470, e
successive modifiche.
2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai
sensi del decreto Presidente della Repubblica n. 470 del 1982 le regioni,
entro l’inizio della stagione balneare successiva a quella dell’entrata in
vigore del presente decreto e, successivamente, prima dell’inizio della
stagione balneare, con periodicità annuale, comunicano al Ministero
dell’ambiente, secondo le modalità indicate con il decreto di cui
all’Art.3, comma 7, tutte le informazioni relative alle cause ed alle
misure che intendono adottare.
Art.10 Acque dolci idonee alla vita dei
pesci
1. Ai fini della designazione delle acque
dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita
dei pesci, sono privilegiati:
a) i corsi d’acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e
riserve naturali dello Stato nonché di parchi e riserve naturali
regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri
corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque
dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza
internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971,
resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica del 13 marzo
1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese
nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province
autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n.157;
d) le acque
dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie,
presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e
produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare
o in via di estinzione, ovvero in quanto sede di complessi ecosistemi
acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e
tradizionali forme di produzione ittica, che presentano un elevato grado
di sostenibilità ecologica ed economica.
2. Sono escluse dall’applicazione del presente Art.e degli articoli 11, 12 e 13, le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l’allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l’allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
3. Le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla tabella 1/B dell’allegato 2, sono classificate, entro quindici mesi dalla designazione, come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
4. La designazione e la classificazione ai sensi dei commi 1 e 3 sono effettuate dalle regioni, ricorrendone le condizioni, devono essere gradualmente estese sino a coprire l’intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare nell’ambito del medesimo, tratti come "acqua salmonicola" e tratti come "acqua ciprinicola".
5. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Art.11 Successive designazioni e
revisioni
1. Le regioni sottopongono a revisione la
designazione e la classificazione di alcune acque dolci idonee alla vita
dei pesci in funzione di elementi imprevisti o sopravvenuti.
Art.12 Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita
dei pesci
1. Le acque designate e classificate si
considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti
riportati nella tabella 1/B dell’allegato 2.
2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportati nella tabella 1/B dell’Allegato 2, le autorità competenti al controllo accertano se l’inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi e propongono all’autorità competente le misure appropriate.
3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.
Art.13 Deroghe
1. Per le acque dolci
superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei
pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati
nella tabella 1/B dell’allegato 2, dal simbolo (o), in caso di circostanze
meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al
rispetto dei parametri riportati nella medesima tabella, per arricchimento
naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza
intervento diretto dell’uomo.
Art.14 Acque destinate alla vita dei
molluschi
1. Le regioni designano, nell’ambito delle
acque marine costiere e salmastre, che sono sede di banchi e popolazioni
naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione
e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per
contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura
direttamente commestibili per l’uomo.
2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell’esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della provincia e il Sindaco, nell’ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Art.15 Accertamento della qualità delle acque destinate
alla vita dei molluschi
1. Le acque designate ai
sensi dell’Art.14 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla
tabella 1/C dell’allegato 2.
2. Qualora le acque designate non risultano conformi ai requisiti di cui alla tabella 1/C dell’allegato 2, le regioni stabiliscono programmi per ridurre l’inquinamento.
3. Se da un campionamento risulta che uno o più valori di parametri di cui alla tabella 1/C dell’allegato 2, non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l’inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento. In tali casi le regioni adottano misure appropriate.
Art.16 Deroghe
1. Per le acque
destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai
requisiti alla tabella 1/C dell’allegato 2, in caso di condizioni
meteorologiche o geografiche eccezionali.
Art.17 Norme sanitarie
1. Le attività di
cui agli articoli 14, 15 e 16 lasciano impregiudicata l’attuazione delle
norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e
di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
TITOLO III:
TUTELA
DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
Capo I: Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione
dall’inquinamento e di risanamento e salvaguardia degli usi
sostenibili
Art.18 Aree sensibili
1. Le
aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'allegato
6.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate aree
sensibili:
a) i laghi di cui all'allegato 6, nonché i corsi d'acqua a
esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b)
le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di
Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide
individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa
esecutiva con dpr 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere
dell'Adriatico nordoccidentale dalla foce dell'Adige al confine
meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua a essi
afferenti per
un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa.
3. Resta fermo
quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di
Venezia.
4. Sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato 6 e
sentita l'autorità di bacino, le regioni, entro un anno dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, possono designare ulteriori aree
sensibili ovvero individuano all'interno delle aree indicate nel comma 2,
i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni,
sulla base dei criteri previsti dall'allegato 6, delimitano i bacini
drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali
aree.
6. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione delle
aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono
all'inquinamento
delle aree sensibili.
7. Le nuove aree
sensibili identificate ai sensi dei commi 4 e 6 devono soddisfare i
requisiti dell'articolo 32 entro sette anni
dall'identificazione.".
Art.19 Zone vulnerabili da nitrati di origine
agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i
criteri di cui all’allegato 7/A-I.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell’allegato 7/A-III.
3. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati disponibili, e per quanto possibile sulla base delle indicazioni stabilite nell’allegato 7/A-I, le regioni, sentita l’Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, all’interno delle zone indicate nell’allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita l’Autorità di bacino, rivedono o completano le designazioni delle zone vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all’allegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.
5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 6, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto ............ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale .............
6. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all’allegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi d’azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell’anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.
7. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice
di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b)
predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli
agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica
agricola;
c) elaborare ed applicare entro quattro anni a decorrere
dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 6, i necessari
strumenti di controllo e verifica dell’efficacia dei programmi stessi
sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare
tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle
maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure
stesse.
8. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell’efficacia degli stessi e le revisioni effettuate devono essere comunicati al Ministero dell’ambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’Art.3, comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 7, lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.
9. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di buona pratica agricola è di raccomandata applicazione (*) al di fuori delle zone vulnerabili.
Art.20 Zone vulnerabili da prodotti
fitosanitari e altre zone vulnerabili
1. Con le modalità
previste dall’Art.19 e sulla base delle indicazioni contenute
nell’Allegato 7/B, le regioni identificano le aree di cui all’Art.5, comma
21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di
proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali
dall’inquinamento derivante dall’uso di prodotti fitosanitari.
2. Le regioni e le autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell’ambito della pianificazione di bacino e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d’Azione Nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1999 n.39.
Art.21 Disciplina delle aree di salvaguardia delle
acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano
1. Su proposta delle autorità d'ambito, le regioni per mantenere e
migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianto
di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la
tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia
distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché,
all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le
zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli
di cui al comma 1, le autorità competenti impartiscono, caso per caso, le
prescrizioni
necessarie per la conservazione, la tutela della risorsa e
il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al
consumo umano.
3. Per la gestione delle aree di salvaguardia si
applicano le disposizioni dell'articolo 13 della legge 5 gennaio 1994, n.
36, e le disposizioni
dell'articolo 24 della stessa legge, anche per
quanto riguarda eventuali indennizzi per le attività
preesistenti.
4. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area
immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere
un'estensione in
caso di acque sotterranee e, ove possibile per le
acque superficiali, di almeno dieci metri di raggio dal punto di
captazione, deve essere
adeguatamente protetta e adibita esclusivamente
a opere di captazione o presa e a infrastrutture di servizio.
5. La
zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la
zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali
da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata
e può essere suddivida in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto
allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e
alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In
particolare nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei
seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti
attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se
depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o
pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o
pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base
delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto
della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche
agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
d)
dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e
strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere
in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi a eccezione di quelli
che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati
alla variazione
dell'estrazione e alla protezione delle caratteristiche
quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestioni di rifiuti;
i)
stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze
radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di
autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di
bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli
effluenti, al netto delle perdite di
stoccaggio e distribuzione. È
comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto
ristretta.
6. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 5,
preesistenti, ove possibile e comunque a eccezione delle aree cimiteriali,
sono adottate le misure per il loro allontanamento: in ogni caso deve
essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni e le province
autonome disciplinano all'interno delle zone di rispetto le seguenti
strutture o attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e
relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in
genere infrastrutture di servizio;
d) le pratiche agronomiche e i
contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma
5.
7. In assenza dell'individuazione da parte della regione della
zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200
metri di raggio rispetto al punto di captazione o di
derivazione.
8. Le zone di protezione devono essere delimitate
secondo le indicazioni delle regioni per assicurare la protezione del
patrimonio idrico. In
esse si possono adottare misure relative alla
destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per
gli insediamenti civili,
produttivi, turistici, agroforestali e
zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali,
regionali, sia generali sia di settore.
9. Le regioni, al fine
della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora
utilizzate per l'uso umano, individuano e
disciplinano, all'interno
delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricaduta della
falda;
b) emergenze naturali e artificiali della falda;
c) zone di
riserva.".
Capo II
Tutela quantitativa della risorsa e
risparmio idrico
Art.22 Pianificazione del bilancio
idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al
raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione
delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla
qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico come definito dall’Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d’uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.
"3. Le regioni definiscono sulla base delle linee guida di cui al comma
4 e dei criteri adottati dai
comitati istituzionali delle autorità di
bacino gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di
funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei
volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo
e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di
trasmissione dei risultati delle misurazioni all'Autorità concedente per
il loro successivo
inoltro alla regione e alle autorità di bacino
competenti. Le autorità di bacino provvedano a trasmettere i dati in
proprio possesso all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente
secondo le modalità di cui all'articolo 3, comma 7.";
4. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto a definire, di concerto con gli altri Ministri competenti e previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, le linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale.
"5. Salvo quanto previsto al comma 6, tutte le derivazioni di acqua
comunque in atto alla data di
entrata in vigore del presente decreto
sono regolate dall'autorità concedente mediante la previsione di rilasci
volti a garantire il minimo
deflusso vitale nei corpi idrici come
previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera i), della legge 18 maggio 1989,
n. 183 e dall'articolo 3, comma 3, della legge 5/1/1994, n. 36, senza che
ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della
pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone
demaniale di concessione.";
6. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 le autorità concedenti, a seguito del censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico provvedono, ove necessario, alla loro revisione, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione..
"6-bis. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai
sensi dell'articolo 4
del regio decreto 11/12/1933, n. 1775, sono
previsti i rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi
idrici e le prescrizioni
necessarie ad assicurare l'equilibrio del
bilancio idrico.".
Art.23 Modifiche al Regio Decreto 11 dicembre 1933,
n.1775
1. Il comma 1 bis dell’Art.7 del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici approvato con
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, introdotto dall’Art.3 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275 è sostituito dal seguente:
"1 bis.)
Le domande di cui al comma 1 relative sia alle grandi sia alle piccole
derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino
territorialmente interessate che, nel termine massimo di quaranta giorni
dalla ricezione, comunicano il proprio parere all’ufficio istruttore in
ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del piano
di tutela e, anche in attesa di approvazione dello stesso, ai fini del
controllo sull’equilibrio del bilancio idrico o idrologico. Decorso il
predetto termine senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il parere si
intende espresso in senso favorevole".
2. Il comma 1 dell’Art.9 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775, è
così sostituito:
"Tra più domande concorrenti, completata l’istruttoria
di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola o in
connessione con altre utenze concesse o richieste presenti la più
razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti
criteri:
a) l’attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei
concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di
irrigazione, evitando ogni spreco e destinando preferenzialmente le
risorse qualificate all’uso potabile;
b) le effettive possibilità di
migliore utilizzo delle fonti in relazione all’uso;
c) le
caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico;
d) la
quantità e la qualità dell’acqua restituita rispetto a quella
prelevata.
E’ preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso,
garantisce la maggior restituzione d’acqua in rapporto agli obiettivi di
qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi
industriali è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al
sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento CEE n. 1836/93
del Consiglio del 29 giugno 1993 sull’adesione volontaria delle imprese
del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e
audit"
"3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11/12/1933, n. 1775, introdotto
dall'articolo 5 del dl
12/7/1993, n. 275, è sostituito dal
seguente:
"Articolo 12-bis
1. Il provvedimento di concessione è
rilasciato se non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli
obiettivi di qualità definiti per il
corso d'acqua interessato e se è
garantito il minimo deflusso vitale, tenuto conto delle possibilità di
utilizzo di acque reflue depurate o di
quelle provenienti dalla
raccolta di acque piovane, sempre che ciò risulti economicamente
sostenibile.
Nelle condizioni del disciplinare sono fissate, ove
tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative
dell'acqua restituita.
Analogamente, nei casi di prelievo da falda si
tiene conto della necessità di assicurare l'equilibrio complessivo tra i
prelievi e le capacità di
ricarica dell'acquifero, anche al fine di
evitare fenomeni di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro
sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.
2.
L'utilizzo di risorse qualificate con riferimento a quelle prelevate da
sorgenti o falde o comunque riservate al consumo umano, può essere
assentito per usi diversi da quello potabile sempre che non vi sia
possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla
raccolta di acque piovane, ovvero se il riutilizzo sia economicamente
insostenibile, solo nei casi di ampia disponibilità delle risorse
predette, di accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti
alternative di approvvigionamento; in tal caso, il canone di utenza per
uso diverso da quello potabile è triplicato.
3. Sono escluse le
concessioni a uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli
impianti di acquedotto.".
"4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è
sostituito dal seguente:
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e
dall'articolo 28, commi 3 e 4, della legge 5/1/1994, n. 36, è vietato
derivare o utilizzare acqua
pubblica senza un provvedimento
autorizzativo o concessorio dell'autorità competente. Nel caso di
violazione del disposto del comma 1,
l'amministrazione competente
dispone la cessazione dell'utenza abusiva e il contravventore, fatti salvi
ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è
tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5 a 50
milioni di lire. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da 500 mila lire a 3 milioni. Alla sanzione
prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura
ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24/11/1981, n. 689. È in ogni
caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità
competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le
necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione
provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse
pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto
con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.";5. E’ soppresso
il secondo comma dell’Art.54 del Regio Decreto 11 dicembre 1933,
n.1775.
6."Fatta salva la normativa transitoria di attuazione dell'articolo 1
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, per
le derivazioni o utilizzazioni
di acqua pubblica, in tutto o in parte abusivamente in atto, la sanzione
di cui all'articolo 17, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come
modificato dal presente articolo, è ridotta a un quinto qualora sia
presentata la domanda in sanatoria entro il 31 dicembre 2000. Non sono
soggetti a tale adempimento né al pagamento della sanzione coloro che
abbiano presentato comunque domanda prima della data di entrata in vigore
del presente decreto. La concessione in sanatoria è rilasciata nel
rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite.
In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria,
l'utilizzazione può proseguire, fermo restando l'obbligo del pagamento del
canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di
sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i
diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi
di qualità.";
"6 bis. I termini previsti dall'articolo 1, comma 4, del dpr 18
febbraio 1999, n. 238, per la
presentazione delle domande di
riconoscimento o di concessione preferenziale di cui all'articolo 4 del rd
11 dicembre 1933, n. 1775, e
dall'articolo 2 della legge 17 agosto
1999, n. 290, per le denunce dei pozzi, sono prorogati al 31 dicembre
2000. In tali casi i canoni
demaniali decorrono dal 10 agosto
1999.";
"7. Il primo comma dell'articolo 21 del rd 11 dicembre 1933, n. 1775,
come modificato dal comma
1 dell'articolo 29 della legge 5 gennaio
1994, n. 36, è sostituito dal seguente:
"Tutte le concessioni di
derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, salvo quanto
disposto al secondo comma, non può
eccedere i 30 anni ovvero 40 per uso
irriguo. Resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12 commi 6, 7 e 8
del dlgs 16 marzo 1999, n. 79.";
"8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di derivazione già
rilasciate. Qualora alla scadenza di
queste ultime, per effetto dello
stesso comma 7, risulti anticipata rispetto a quella originariamente
fissata nel provvedimento di concessione,
le relative derivazioni
possono continuare a essere esercitate sino alla data di scadenza
originaria, purché venga presentata domanda entro il 31 dicembre 2000,
fatta salva l'applicazione di quanto previsto all'articolo 22, e sempre
che alla prosecuzione della derivazione non osti uno specifico motivo di
interesse pubblico. Le piccole derivazioni a uso idroelettrico di
pertinenza dell'Enel, per le quali risulti decorso il termine di 30 anni
fissato dal comma 7, sono prorogate per ulteriori 30 anni a far data
dall'entrata in vigore del dlgs 16 marzo 1999, n. 79, previa presentazione
della relativa domanda entro il 31 dicembre 2000. Le regioni, anche su
richiesta o parere dell'ente gestore qualora la
concessione ricada in
area protetta, ove si verifichino la mancanza di presupposti di cui al
comma 1 procedono, senza indennizzo, alla
modifica delle condizioni
fissate dal relativo disciplinare ai fini di rendere compatibile il
prelievo, ovvero alla revoca.";
9. Dopo il comma 3 dell’Art.21 del t.u. approvato con R.d. 1775/1933 è
inserito il seguente:
"3 bis. Le concessioni di derivazioni per uso
irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della
disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla
coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di
irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti
possibile soddisfare la domanda d’acqua attraverso le strutture consortili
già operanti sul territorio.".
"9 bis. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive tutto il
territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del
rd 11
dicembre 1933, n. 1775.
9 ter. Le regioni disciplinano i
procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque
pubbliche nel rispetto delle direttive sulla
gestione del demanio
idrico emanate, entro il 30 settembre 2000, ai sensi dell'articolo 88,
comma 1, lettera p) del dlgs 31 marzo 1998, n.
112 su proposta del
ministro dei lavori pubblici, nelle quali sono indicate anche le
possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o
in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le autorità
di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque
sotterranee per usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire
l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 3 della legge 5
gennaio 1994, n. 36.
9 quater. Il comma 2 dell'articolo 25 della
legge 5 gennaio 1994, n. 36, come modificato dall'articolo 28, comma 2,
della legge 30 aprile
1999, n. 136, è sostituito dal seguente:
"Il
riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o
sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto
dell'articolo
1, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente
gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette
verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle
aree protette e richiedono all'autorità competente la modifica delle
quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri
biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dar
luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di
concessione.".
9 quinquies. Il comma 3 dell'articolo 25 della legge
5 gennaio 1994, n. 36, è abrogato.".
Art.24 Acque minerali naturali e di
sorgenti
1. Le concessioni di utilizzazione delle
acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto
conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque
potabili e delle previsioni del piano di tutela.
Art.25 Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all’eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
2. Il comma 1 dell’Art.5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 è sostituito
dal seguente:
"1. Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire
la riduzione dei consumi e l’eliminazione degli sprechi ed in particolare
a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di
distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le
perdite;
b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti
abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di
adduzione al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate per usi
compatibili;
c) promuovere l’informazione e la diffusione di metodi e
tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale,
terziario ed agricolo;
d) installare contatori per il consumo
dell’acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati
per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto
urbano;
e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento
differenziati per le acque piovane e per le acque reflue."
3. All’Art.5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36dopo il comma 1, è
aggiunto il seguente comma:
"1 bis. Gli strumenti urbanistici,
compatibilmente con l’assetto urbanistico e territoriale e con le risorse
finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine dell’utilizzo di
acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa. Il comune
rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l’installazione di
contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collegamento a reti
duali, ove già disponibili."
4. All’Art.13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sono aggiunte in fine le seguenti parole:"ed in funzione del contenimento del consumo".
5. Le regioni, sentita le autorità di bacino, approvano specifiche
norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione
degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui
controlli degli effettivi emungimenti.
Art.26 Riutilizzo dell’acqua
1. All’Art.14 della legge 5 gennaio 1994, n.36, dopo il comma 4, è
aggiunto il seguente comma:
"5. Allo scopo di incentivare il riutilizzo
di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze
industriali è ridotta in funzione dell’utilizzo nel processo produttivo di
acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla
tariffa un correttivo che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata
e della quantità delle acque primarie impiegate."
2. L’Art.6 della legge 5 gennaio 1994, n.36, è sostituito dal
seguente:
"1. Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con
il Ministro per le politiche agricole, della sanità, dell’industria, del
commercio e dell’artigianato, dei lavori pubblici e d’intesa con la
Conferenza unificata per i rapporti fra lo Stato e le regioni sono
definite norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue".
"2. Le
regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell’acqua e
il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in
particolare:
a) indicate le migliori tecniche disponibili per la
progettazione e l’esecuzione delle infrastrutture nel rispetto delle norme
tecniche emanate ai sensi del comma 1;
b) indicate le modalità del
coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti bacini di
utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue;
c)
previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di
riciclo o riutilizzo.
3. Il decreto di cui all’Art.6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i
Ministri dell’ambiente e dell’industria, del commercio e dell’artigianato
e d’intesa la Conferenza Stato-regioni sono definite le modalità per
l’applicazione della riduzione di canone prevista dall’Art.18, comma 1,
lettere a) e d), della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
Capo III
Tutela qualitativa della risorsa:
disciplina degli scarichi
Art.27 Reti fognarie
1. Gli agglomerati
devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane:
a)
entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti
superiore a 15.000;
b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un
numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.
2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate "aree sensibili" gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.
3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti
fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori che non comportino
costi eccessivi, tenendo conto in particolare:
a) del volume e delle
caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di
eventuali fuoriuscite;
c) della limitazione dell’inquinamento delle
acque recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.
"4. Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che scaricano
acque reflue domestiche le regioni identificano sistemi individuali o
altri
sistemi pubblici o privati adeguati secondo i criteri di cui alla
delibera indicata al comma 7 dell'articolo 62, che raggiungono lo stesso
livello
di protezione ambientale, indicando i tempi di
adeguamento.".
Art.28 Criteri generali della disciplina degli
scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in
funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono
comunque rispettare i valori
limite di emissione previsti dall'allegato
5.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della
loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle
migliori
tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di
emissione, diversi da quelli di cui all'allegato 5, sia in concentrazione
massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine a
ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le
regioni non possono stabilire valori limiti meno restrittivi di quelli
fissati nell'allegato 5:
a) nella tabella 1 relativamente allo scarico
di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella tabella 2
relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici
superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella tabella 3/A per i
cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle tabelle 3 e 4, per quelle
sostanze indicate nella tabella 5 del medesimo allegato.
3. Gli
scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte
dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto per la
misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma
3 dell'articolo 34, si intende effettuata subito a monte, dal punto di
immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine,
nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L'autorità
competente per il controllo è autorizzata a effettuare tutte le ispezioni
che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo
alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali
contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12,
15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'allegato 5, subiscano un trattamento
particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.
5.
I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti
mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo
scopo. Non
è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o
prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi
parziali di cui al
comma 4, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi per
adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto.
L'autorità
competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che
lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate
per la
produzione di energia, sia separato dallo scarico terminale di
ciascun stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo
idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai
valori-limite di emissione, la
disciplina dello scarico è fissata in
base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo
idrico ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con
caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza
maggiorazioni di portata allo stesso
corpo idrico dal quale sono state
prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall'articolo 38, ai fini della
disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle
acque reflue
domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese
dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla
silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di
bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo
funzionalmente
connesso con le attività di allevamento e di
coltivazione del fondo per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli
effluenti di allevamento
prodotti per un anno da computare secondo le
modalità di calcolo stabilite alla tabella 6 dell'allegato 5. Per gli
allevamenti esistenti il nuovo
criterio di assimilabilità si applica a
partire dal 13 giugno 2002;
c) provenienti da imprese dedite alle
attività di cui ai punti a) e b) che esercitano anche attività di
trasformazione o di valorizzazione della
produzione agricola, inserita
con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo
produttivo aziendale e con materia prima
lavorata proveniente per
almeno due terzi esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi di
cui si abbia a qualunque titolo la
disponibilità;
d) provenienti da
impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si
caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 kg per
metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata
d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto
secondo;
e) aventi
caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate
dalla normativa regionale.
8) Entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le
regioni trasmettono all'Agenzia
nazionale per la protezione
dell'ambiente le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori,
nonché allo smaltimento dei relativi fanghi,
secondo le modalità
indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.
9) Al fine di
assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato
dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni una relazione sulle
attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro
competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo
3, comma 7.
10) Le autorità competenti possono promuovere e
stipulare accordi e contratti di programma con i soggetti economici
interessati, al fine di
favorire il risparmio idrico, il riutilizzo
delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di
depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di
stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di
fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga
alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e
delle misure necessarie al
conseguimento degli obiettivi di
qualità.
Art.29 Scarichi sul suolo
1. E’ vietato lo
scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta
eccezione:
a) per i casi previsti dall’Art.27, comma 4;
b) per gli
scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli
scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata
l’impossibilità tecnica o l’eccessiva onerosità a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché
gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione
fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell’Art.28, comma 2. Sino
all’emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di
emissione della tabella 4 dell’allegato 5.0
d) per gli scarichi di
acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli
impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi
siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non
comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei
suoli.
e) Per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti
fognarie separate.";
"2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul
suolo esistenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto,
devono, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, essere convogliati in corpi idrici
superficiali, in reti
fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni
fissate con il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 5
gennaio 1994, n. 36, così come sostituito dell'articolo 26, comma 2. In
caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
l'autorizzazione
allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.";
"3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1, esistenti alla
data di entrata in vigore del presente
decreto, devono conformarsi ai
limiti della tabella 4 dell'allegato 5 entro tre anni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto. Sino a
tale data devono essere
rispettati i limiti fissati dalle normative regionali vigenti o, in
mancanza di questi, i limiti della tabella 3 dell'allegato 5. Resta
comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al
punto 2.1 dell'allegato 5.".
Art.30 Scarichi nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee
1. E’ vietato lo scarico diretto nelle acque
sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1 l’autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il ministero dell’ambiente per i giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra possono altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
"4. Per le perforazioni in mare con le quali è svolta attività di
prospezione, ricerca e coltivazione di
giacimenti di idrocarburi
liquidi o gassosi, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo
le modalità previste dal decreto 28 luglio
1994 del ministro
dell'ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto
1994, e successive modifiche, purché la
concentrazione di oli minerali
sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente
sostituito dalla iniezione o reiniezione in
unità geologiche profonde,
non appena disponibili pozzi non più produttivi, e deve avvenire comunque
nel rispetto di quanto previsto ai
commi 2 e 3.".
5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l’assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all’utilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico è a tutti gli effetti revocata.
Art.31 Scarichi in acque superficiali
1.
Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono
rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell’Art.28,
commi 1 e 2 in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell’allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello
scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in
conformità con le indicazioni dell’allegato 5 e secondo le seguenti
cadenze temporali:
a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi
provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;
b)
entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con
un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;c) entro il
31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed in acque di
transizione, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti
equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.
"4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.".
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d’alta montagna, al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare, dove a causa delle basse temperature è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull’ambiente.
Art.32 Scarichi di acque reflue urbane in corpi
idrici ricadenti in aree sensibili
1. Ferme restando le
disposizioni dell’Art.28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti
da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in
acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere
sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall’Art.31
comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell’allegato 5.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al 75% per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per l’azoto totale.
3. Le regioni individuano (*), tra gli scarichi provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei
bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo
all’inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui
ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di qualità
dei corpi idrici ricettori.
Art.33 Scarichi in reti fognarie
1. Ferma
restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla
tabella 3/A e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2
della
tabella 5 dell'allegato 5, alla tabella 3 gli scarichi di acque
reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle
norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite
adottati dal gestore del servizio idrico integrato e approvati
dall'amministrazione pubblica responsabile in base alle caratteristiche
dell'impianto e in modo che sia assicurato il rispetto della disciplina
degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 28,
commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che
recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i
regolamenti emanati dal
gestore del servizio idrico
integrato.
3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti anche se
triturati, in fognatura.".
Art.34 Scarichi di sostanze
pericolose
1. Le disposizioni relative agli scarichi di
sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono
attività che comportano la
produzione, la trasformazione o
l'utilizzazione delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5
e nei cui scarichi se accertata la
presenza di tali sostanze in
quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle
metodiche di rilevamento in essere all'entrata in
vigore del presente
decreto o degli aggiornamenti messi a punto ai sensi del punto 4
dell'allegato 5.
2. Tenendo conto della tossicità, della
persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata
nell'ambiente in cui è effettuato lo
scarico, l'autorità competente in
sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, in particolari
situazioni di accertato pericolo per l'ambiente
anche per la
coopresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di
emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo
28,
commi 1 e 2.
3. Per le sostanze di cui alla tabella 3/A
dell'allegato 5, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima
tabella, le autorizzazioni
stabiliscono altresì la quantità massima
della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento
caratteristico dell'attività inquinante e
cioè per materia prima o per
unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa
tabella.
4. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze
della tabella 5 dell'allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si
intende fissato
subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto
di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente
può
richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della
tabella 5 dell'allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e
disciplinati come rifiuti, ai sensi del dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, e
successive modifiche e integrazioni. Qualora, nel caso di cui all'articolo
45, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue
industriali che tratta le sostanze pericolose di cui alla tabella 5
dell'allegato 5, riceva scarichi provenienti da altri stabilimenti o
scarichi di acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili a
una modifica o riduzione delle sostanze pericolose, in sede di
autorizzazione l'autorità competente dovrà ridurre opportunamente i valori
limite di emissione indicati nella tabella 3 dell'allegato 5 per ciascuna
delle predette sostanze pericolose indicate in tabella 5, tenendo conto
della diluizione operata dalla miscelazione dei diversi
scarichi.
5. L'autorità che rilascia l'autorizzazione per le
sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 derivanti dai cicli
produttivi indicati nella stessa
tabella, redige un elenco delle
autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati, ai
fini del successivo inoltro alla Commissione
europea.".
Capo IV
Ulteriori misure per la tutela dei
corpi idrici
Art.35 Immersione in mare di materiale derivante da
attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e
condotte
1. Al fine della tutela dell’ambiente marino ed
in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti
in materia, è consentita l’immersione deliberata in mare da navi ovvero
aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso
contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri,
dei seguenti materiali:
a) materiali di escavo di fondali marini o
salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici
inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la
compatibilità ambientale e l’innocuità;
c) materiale organico e
inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l’attività di
pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
"2. L'autorizzazione all'immersione in mare di materiali di cui al
comma 1, lettera a), è rilasciato
dall'autorità competente solo quando
è dimostrata, nell'ambito dell'istruttoria, l'impossibilità tecnica o
economica del loro utilizzo ai fini di
ripascimento o di recupero
ovvero lo smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite
con decreto del ministro dell'ambiente, di
concerto con i ministri dei
lavori pubblici, dei trasporti e della navigazione, per le politiche
agricole e forestali nonché dell'industria, del
commercio e
dell'artigianato, previa intesa con la conferenza permanente per i
rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di
Bolzano, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.";
3. L’immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione (*), con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all’autorità competente.
4. L’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.
"5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di
posa in mare di cavi e condotte è
soggetta ad autorizzazione regionale
rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del
ministro dell'ambiente, di
concerto con i ministri dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e dei lavori pubblici per quanto di
competenza, da emanarsi entro 60
giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto. Qualora la movimentazione abbia carattere
internazionale, l'autorizzazione è
rilasciata dal ministero
dell'ambiente sentite le regioni interessate.".
Art.36 Trattamento di rifiuti presso impianti di
trattamento delle acque reflue urbane
1. Salvo quanto
previsto ai commi 2 e 3 è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento
di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga
al comma 1, l'autorità competente ai sensi del dlgs del 5 febbraio 1997,
n. 22, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità
residua di trattamento può autorizzare il gestore del servizio idrico
integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane
rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie compatibili con il processo
di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa
comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 45 è,
comunque, autorizzato ad
accettare in impianti con caratteristiche e
capacità depurative adeguate che rispettino i valori limite di cui
all'articolo 28, commi 1 e 2 e
purché provenienti dal medesimo ambito
ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36:
a) rifiuti costituiti
da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in
fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla
manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue
domestiche previsti ai sensi del comma 4 dell'articolo 27;
c) materiali
derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli
derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue
urbane,
nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o
economicamente irrealizzabile.
4. L'attività di cui ai commi 2 e 3
può essere consentita purché non sia compromesso il riutilizzo delle acque
reflue e dei fanghi.
5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il
gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua
dell'impianto e le
caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende
trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il
trattamento di
specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente
provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di
impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al
comma 3.
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 3, si
applica la tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui
all'articolo 14 della legge 5
gennaio 1994, n. 36.
7. Il
produttore dei rifiuti di cui al comma 2 e 3 e il trasportatore dei
rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti
prevista
dal dlgs del 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e
integrazioni, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al
comma 3 lettera b) che è tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui
all'articolo 10 del medesimo decreto. Il gestore del servizio idrico
integrato che, ai sensi dei precedenti commi 3 e 5, tratta rifiuti è
soggetto ai soli obblighi di cui all'articolo 12 del dlgs del 5 febbraio
1997, n. 22.".
Art.37 Impianti di acquacoltura e
piscicoltura
1. Con decreto del Ministro dell’ambiente, di
concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici,
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della sanità e, previa
intesa con Conferenza Stato Regioni, sono individuati i criteri relativi
al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dalle attività di
acquacoltura e di piscicoltura.
Art.38 Utilizzazione
agronomica (21)
1. Fermo
restando quanto previsto dall'articolo 19 per le zone vulnerabili e dal
dlgs 4 agosto 1999, n. 372, per gli impianti di allevamento
intensivo
di cui al punto 6.6 dell'allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di
vegetazione
dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre
1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti
dalle aziende di
cui all'articolo 28, comma 7, lettere a), b) e c) e da altre piccole
aziende agroalimentari a esse assimilate, così come
individuate in base
al decreto del ministro delle politiche agricole e forestali di cui al
comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità
competente di cui
all'articolo 3, commi 1 e 2 del presente decreto, fatti salvi i casi di
esonero di cui al comma 3, lettera b).
2. Le regioni disciplinano
le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei
criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del ministro
delle politiche agricole e forestali di concerto con i ministri
dell'ambiente, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, della
sanità e dei lavori pubblici, di intesa con la conferenza permanente per i
rapporti tra lo stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di
Bolzano, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del predetto dm,
garantendo nel contempo la tutela dei
corpi idrici potenzialmente
interessati e in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli
obiettivi di qualità di cui al presente decreto.
3. Nell'ambito
della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in particolare:
a)
le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11
novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della
comunicazione, prevedendo procedure semplificate, nonché specifici casi di
esonero
dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto
ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di
utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi
compresi quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte
dell'autorità competente, il divieto di
esercizio ovvero la sospensione
a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata
comunicazione o mancato rispetto
delle norme tecniche e delle
prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie, fermo
restando quanto disposto dall'articolo 59, comma
11-ter.".
Art.39 Acque meteoriche di dilavamento e
acque di prima pioggia
1. Ai fini
della prevenzione di rischi idraulici e ambientali, le regioni
disciplinano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque
meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b) i
casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche
di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano
sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale
autorizzazione.
2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma
precedente non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dal
presente
decreto.
3. Le regioni disciplinano altresì i casi in
cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle
aree esterne siano
convogliate e opportunamente trattate in impianti di
depurazione per particolare ipotesi nelle quali, in relazione alle
attività svolte, vi sia il
rischio di dilavamento dalle superfici
impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano
pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi
idrici.
4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di
acque meteoriche nelle acque sotterranee.
Art.40 Dighe
1. Le regioni adottano apposita disciplina in materia di
restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per
scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque
derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla
ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento
o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Titolo II.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell’acqua invasata, sia del corpo recettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun impianto. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull’impianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell’ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate tal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione di cui al comma 2, è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro dei lavori pubblici e del Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri dell’industria del commercio e dell’artigianato e con quello per le politiche agricole, previa intesa con la Conferenza Stato Regioni, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; è trasmesso al Registro italiano dighe per l’inserimento come parte integrante del foglio condizioni per l’esercizio e la manutenzione di cui all’Art.6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n.1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
6. Con l’approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti ai sensi dell’Art.89, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, le amministrazioni (*) determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall’emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all’approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell’Art.17 del decreto del Presidente della Repubblica 1 novembre 1959 n. 1363 volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l’esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell’invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.
Art.41 Tutela delle aree di pertinenza dei corpi
idrici
1. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo
VII del Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, al fine di assicurare il
mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia
immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i
solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione
delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le
esigenze di funzionalità dell’alveo, entro un anno dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, le regioni disciplinano gli interventi di
trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella
fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune
comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua, che non sia imposta da
ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti
di smaltimento dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all’autorizzazione prevista dal Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell’elenco ufficiale di cui all’Art.3, comma 4, lettera c) della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la concessione è gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
TITOLO IV: STRUMENTI
DI TUTELA
Capo I:
Piani di tutela delle
acque
Art.42 Rilevamento delle caratteristiche del
bacino idrografico ed analisi dell’impatto esercitato dall’attività
antropica
1. Al fine di garantire l’acquisizione delle
informazioni necessarie alla redazione del piano di tutela, le regioni
provvedono ad elaborare programmi di rilevamento dei dati utili a
descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare
l’impatto antropico esercitato sul medesimo.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all’allegato 3 e sono resi operativi entro il 31 dicembre 2000 e sono aggiornati ogni sei anni.
3. Nell’espletamento dell’attività conoscitiva di cui al comma 1, le
amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già
acquisite, con particolare riguardo a quelle preordinate alla redazione
dei piani di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n.
319 nonché a quelle previste dalla legge 18 maggio 1989, n.183.
Art.43 Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
1. Le regioni elaborano programmi per la conoscenza e la verifica
dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e
sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui agli allegato 1 (*) e resi operativi entro il 31 dicembre 2000. Tali programmi devono devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all’allegato 2.
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell’ambiente, nell’esercizio delle rispettive competenze, le regioni possono promuovere accordi di programma con le strutture definite ai sensi dell’Art.92 del decreto legislativo del 31 marzo 1998 n. 112, con l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente, le agenzie regionali e provinciali dell’ambiente, le province, le autorità d’ambito, i consorzi di bonifica e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.
Art.44 Piani di tutela delle acque
1.
Il piano di tutela delle acque costituisce un piano stralcio di settore
del piano di bacino ai sensi dell’Art.17, comma 6 ter, della legge 18
maggio 1989, n. 183, ed è articolato secondo le specifiche indicate
nell’allegato 4.
2. Entro il 31 dicembre 2001 le autorità di bacino di rilievo nazionale ed interregionale, sentite le province e le autorità d’ambito, definiscono gli obiettivi su scala di bacino, cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2003, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il piano di tutela delle acque e lo trasmettono alle competenti autorità di bacino.
3. Il piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui al presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. A tal fine il piano di tutela contiene in particolare:
a) i
risultati dell’attività conoscitiva;
b) l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c) l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
e) l’indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
f) il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
5. Entro 60 giorni dalla trasmissione del piano di cui al comma 2 le autorità di bacino nazionali o interregionali verificano la conformità del piano agli obiettivi e alle priorità del comma 2 esprimendo parere vincolante. Il piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
6. Per i bacini regionali le regioni approvano il piano entro sei mesi dall’adozione e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
CAPO II:
Autorizzazione agli
scarichi
Art.45 Criteri generali
1.
Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
2.
L’autorizzazione è rilasciata al titolare dell’attività da cui origina lo
scarico. Ove tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per
l’effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti
dalle attività dei consorziati, l’autorizzazione è rilasciata in capo al
consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli
consorziati e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di
violazione delle disposizioni del presente decreto. (*) Si applica
l’art.62 comma 11, secondo periodo, del presente decreto.
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell’ambito della disciplina di cui all’Art.28, commi 1 e 2.
"4. In deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato.";
5. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
6. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero al comune se lo scarico è in pubblica fognatura. L’autorità competente provvede entro novanta giorni dalla recezione della domanda.
"7. Salvo quanto previsto dal dlgs 4 agosto 1999, n. 372, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 34, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.";
8. Per gli scarichi in un corso d’acqua che ha portata naturale nulla per oltre 120 giorni ovvero in un corpo idrico non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
9. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente interessato, l’autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che gli scarichi, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, siano effettuati in conformità alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l’ambiente.
10. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per l’istruttoria delle domande d’autorizzazione previste dal presente decreto sono a carico del richiedente. L’autorità competente determina, in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. L’autorità stessa, completata l’istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute.
"11. Per gli insediamenti, edifici o installazioni la cui attività sia
trasferita in altro luogo ovvero per quelli soggetti a diversa
destinazione, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno
scarico avente caratteristiche qualitativamente o quantitativamente
diverse da quelle dello scarico preesistente deve essere richiesta una
nuova autorizzazione allo scarico, ove prevista. Nelle ipotesi in cui lo
scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve
essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la
compatibilità dello scarico con il corpo recettore, può adottare i
provvedimenti che si rendessero eventualmente
necessari.".
Art.46 Domanda di autorizzazione agli scarichi
di acque reflue industriali
1. La domanda di
autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere
accompagnata dall’indicazione delle caratteristiche quantitative e
qualitative dello scarico, della quantità di acqua da prelevare nell’anno
solare, del corpo ricettore e del punto previsto per il prelievo al fine
del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi
comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall’eventuale
sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, dalla
indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei
sistemi di scarico, nonchè dall’indicazione dei sistemi di depurazione
utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
"2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A
dell'allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima
tabella 3/A, la
domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:
a)
la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che
comporta la produzione ovvero la trasformazione ovvero
l'utilizzazione
delle sostanze di cui alla medesima tabella ovvero alla
presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione deve
essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata
per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero
massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni
specifico processo produttivo."
Art.47 Approvazione
degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
1.
Salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, le
regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli
impianti di depurazione di acque reflue urbane che tengono conto dei
criteri di cui all’allegato 5 e della corrispondenza tra la capacità
dell’impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità
delle gestioni che devono assicurare il rispetto dei valori limite degli
scarichi, e definiscono le relative fasi di autorizzazione provvisoria
necessaria all’avvio dell’impianto ovvero in caso di realizzazione per
lotti funzionali.
Art.48 Fanghi derivanti dal trattamento
delle acque reflue
1. Ferma restando la disciplina di cui
al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 e successive modifiche, i
fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla
disciplina (*) dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni
qualvolta ciò risulti appropriato.
2. E’ comunque vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
3. Lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi è autorizzato ai sensi dell’Art.18, comma 2, lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e deve comunque cessare entro il 2003. Fino a tale data le quantità totali di materie tossiche, persistenti ovvero bioaccumulabili, devono essere progressivamente ridotte. In ogni caso le modalità di smaltimento devono rendere minimo l’impatto negativo sull’ambiente.
Capo III:
Controllo degli
scarichi
Art.49 Soggetti tenuti al
controllo
1. L’autorità competente effettua il controllo
degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico,
diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli preventivi e
successivi.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in
pubblica fognatura l’ente gestore, ai sensi dell’Art.26 della legge 5
gennaio 1994, n. 36, organizza un adeguato servizio di controllo secondo
le modalità previste nella convenzione di gestione.
Art.50
Accessi ed ispezioni
1. Il soggetto incaricato del
controllo è autorizzato a effettuare le ispezioni, i controlli e i
prelievi necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di
emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o
regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli
scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni
richieste e a consentire l’accesso ai luoghi dai quali origina lo
scarico.
Art.51 Inosservanza delle prescrizioni
dell’autorizzazione allo scarico
"Ferma restando
l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V, in caso di
inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo
scarico,
l'autorità competente procede secondo la gravità dell'infrazione:
a)
alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate
le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione
dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestano
situazioni di pericolo per la salute
pubblica e per l'ambiente;
c)
alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinano situazioni di pericolo per la salute pubblica e per
l'ambiente.".
Art.52 Controllo degli scarichi di sostanze
pericolose
"1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di
cui alla tabella 5 dell'allegato 5 l'autorità competente nel rilasciare
l'autorizzazione può
prescrivere, a carico del titolare,
l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le
modalità di gestione degli stessi e di
conservazione dei relativi
risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al
controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di
effettuazione dei singoli controlli.".
Art.53 Interventi
sostitutivi
1. Nel caso in cui non vengano effettuati i
controlli ambientali previsti dal presente decreto, il Ministro
dell’ambiente diffida la regione a provvedere nel termine di sei mesi
ovvero nel termine imposto dalle esigenze di tutela sanitaria e
ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede il Ministro
dell’ambiente, previa delibera del Consiglio dei ministri, in via
sostitutiva, con oneri a carico dell’Ente inadempiente.
2. Nell’esercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro dell’ambiente
nomina un commissario ad acta che pone in essere gli atti necessari agli
adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al
fine dell’organizzazione del sistema dei controlli.
CAPO I:
Sanzioni amministrative e danno
ambientale
Art.54 Sanzioni
amministrative
"1. Chiunque, salvo che il fatto
costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico supera i valori
limite
di emissione fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5, ovvero
i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 28,
comma 2,
ovvero quelli fissati dall'autorità competente a norma
dell'articolo 33, comma 1 o dell'articolo 34, comma 1, è punito con la
sanzione
amministrativa da lire 5 milioni a lire 50 milioni. Se
l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree
di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui
all'articolo 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui
alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa
non inferiore a lire 30 milioni.";
2. Chiunque apre o comunque effettua scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l’autorizzazione di cui all’Art.45, ovvero continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire centro milioni. Nell’ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da uno a cinque milioni.
"3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione ovvero fissate ai sensi dell'articolo 33, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 2 milioni a lire 25 milioni.";
"4. Si applica la sanzione prevista al comma 3 a chi effettuando al momento dell'entrata in vigore del presente decreto scarichi di acque reflue esistenti, non ottempera alle disposizioni di cui all'articolo 62, comma 12.";
5. (soppresso)
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettua l’immersione in mare dei materiali indicati all’Art.35, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolge l’attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venti milioni.
"7. Salvo che il fatto non costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 38, comma 2, chiunque non osserva le disposizioni di cui all'articolo 62, comma 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a lire 10 milioni.";
8. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato non osserva il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall’Art.48, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni.
9. (soppresso)
10. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni,
chiunque:
a) nell’effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento
o sfangamento delle dighe, supera i limiti o non osserva le altre
prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell’impianto
di cui all’Art.40, comma 2; b) effettua le medesime operazioni prima
dell’approvazione del progetto di gestione.
"11. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la
manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei
volumi
ovvero l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni
di cui al comma 3 dell'articolo 22 è punito con la sanzione
amministrativa
pecuniaria da lire 2 milioni a lire 10 milioni. Nei casi
di particolare tenuità la sanzione è ridotta a un quinto.
12. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai
sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera b), è punito con la
sanzione
amministrativa pecuniaria da lire 2 milioni a lire 25
milioni.".
Art.55 Sanzioni in materia di aree di salvaguardia e modifiche
al dpr 24 maggio 1988, n. 236
1. L'inosservanza delle
disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di
salvaguardia di cui all'articolo 21 è punita con la
sanzione
amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a lire 10 milioni.
2.
Il comma 3 dell'articolo 21, del dpr 24 maggio 1988, n. 236, è sostituito
dal seguente: "3. L'inosservanza delle disposizioni dei piani
di
intervento di cui all'articolo 18 è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a lire 10 milioni.".
3.
Il comma 4 dell'articolo 21 del dpr 24 maggio 1988, n. 236, è così
modificato: "4. I contravventori alle disposizioni di cui all'articolo
15
sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1
milione a lire 6 milioni.".
Art.56 Competenza e
giurisdizione
"1. In materia di accertamento degli
illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie provvede, salvo diversa
disposizione delle regioni o delle
province autonome, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è
stata commessa la violazione, a
eccezione delle sanzioni previste
dall'articolo 54, commi 8 e 9, per le quali è competente il comune, salve
le attribuzioni affidate dalla legge
ad altre pubbliche
autorità".
"1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal dlgs 31 marzo
1998, n. 112, alla sorveglianza e all'accertamento degli illeciti in
violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento
e del relativo danno ambientale concorre il corpo forestale dello stato,
in qualità di forza di polizia specializzata in materia ambientale".
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all’Art.23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata in vigore del
presente decreto l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto
di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione
degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell’applicazione delle
sanzioni amministrative. 4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie
previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura
ridotta di cui all’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n.
689.
Art.57 Proventi delle sanzioni amministrative
pecuniarie
1. Le somme derivanti dai proventi delle
sanzioni amministrative previste dal presente decreto, sono versate
all’entrata del bilancio regionale per essere riassegnate ai capitoli di
spesa destinati alle opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento
dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme
riscosse fra gli interventi di prevenzione e di
risanamento.
Art.58 Danno ambientale, bonifica e
ripristino ambientale dei siti inquinati
1.Chi con il
proprio comportamento omissivo o commissivo in violazione delle
disposizioni del presente decreto provoca un danno alle acque, al suolo,
al sottosuolo e alle altre risorse ambientali, ovvero determina un
pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è tenuto a
procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti
dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento,
ai sensi e secondo il procedimento di cui all’art. 17 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Ai sensi dell’Art.18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non eliminabile con la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 1.
3. Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione del danno di cui al comma 2, lo stesso si presume, salvo prova contraria, di ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, ovvero alla sanzione penale, in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine della quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa e la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila lire, per un giorno di pena detentiva. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all’art.444 del codice di procedura penale., la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello stesso al Ministero dell’ambiente. Gli enti di cui al comma 1 dell’art. 56 danno prontamente notizia dell’avvenuta erogazione delle sanzioni amministrative al Ministero dell’ambiente al fine del recupero del danno ambientale.
4. Chi non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 1, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni.
CAPO II:
Sanzioni penali
Art.59 Sanzioni
penali
1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi
di acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero continua ad
effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata
sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a due anni o con
l’ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.
2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi - effettuando al momento di entrata in vigore della presente decreto scarichi di acque reflue industriali autorizzati in base alla normativa previgente - non ottempera alle disposizioni di cui all’art. 62, comma 12.
3. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dell’allegato 5, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni.
"4. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettua uno
scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze
pericolose
comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate
nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, senza osservare le prescrizioni
dell'autorizzazione, ovvero le altre prescrizioni dell'autorità competente
a norma degli artt. 33, comma 1 e 34, comma 3 è punito con
l'arresto
fino a due anni.";
"4-bis. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la
gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione
dei
risultati degli stessi di cui all'articolo 52 è punito con la pena
di cui al precedente comma 4.";
"5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue
industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di
scarico sul
suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 ovvero i limiti più
restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o
dall'autorità competente a
norma dell'articolo 33, comma 1, in
relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5, è punito
con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da lire 5 milioni a lire 50
milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze
contenute nella tabella 3A
dell'allegato 5, si applica l'arresto da sei
mesi a tre anni e l'ammenda da lire 10 milioni a lire 200 milioni.";
"6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori limite previsti dallo stesso comma.";
"6-bis. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 36, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 36, comma 5, si applica la pena di cui all'articolo 51, comma 1, del dlgs 5 febbraio 1997, n. 22.
6-ter. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli
insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di
cui
all'articolo 28, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca
più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni.
Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del
controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e
degli artt. 55 e 354 del codice di procedura penale.
6-quater. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni
ai sensi dell'articolo 39, comma 3, è punito con le sanzioni di
cui
all'articolo 59, comma 1.";
7. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall’autorità competente ai sensi dell’Art.10, comma 5, ovvero dell’Art.12, comma 2, è punito con l’ammenda da lire due milioni a lire venti milioni.
8. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 29 e 30, è punito con l’arresto sino a tre anni.
9. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali assunte a norma dell’Art.15, commi 2 e 3, dirette ad assicurare il raggiungimento ovvero il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell’Art.14, ovvero non ottempera ai provvedimenti adottati dall’autorità competente ai sensi dell’Art.14, comma 3, è punito con l’arresto sino a due anni o con l’ammenda da lire sette milioni a lire settanta milioni.
"10. Nei casi previsti dal comma 9, il ministro della sanità e
dell'ambiente, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai
quali
sono inviati copia delle notizie di reato, possono
indipendentemente dall'esito del giudizio penale, disporre, ciascuno per
quanto di
competenza, la sospensione in via cautelare dell'attività di
molluschicoltura e, a seguito di sentenza di condanna o di decisione
emessa ai
sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale
definitive, valutata la gravità dei fatti, disporre la chiusura degli
impianti.";.
11. Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest’ultimo caso l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente.
"11-bis. La sanzione di cui al comma 11 si applica anche a chiunque
effettua, in violazione dell'articolo 48, comma 3, lo smaltimento
dei
fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico
attraverso condotte ovvero altri mezzi o comunque effettua l'attività
di
smaltimento di rifiuti nelle acque marine senza essere munito
dell'autorizzazione di cui all'articolo 18, comma 2, lettera p-bis) del
dlgs 5
febbraio 1997, n. 22.
11-ter. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari nonché delle
acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agroalimentari di cui all'articolo 38 al di fuori dei casi e delle
procedure ivi previste ovvero non ottemperi al divieto o all'ordine di
sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo è punito con
l'ammenda da lire 2 milioni a lire 15 milioni o con l'arresto fino a un
anno. La stessa pena si applica a chiunque effettua l'utilizzazione
agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa
vigente.".
Art.60 Obblighi del
condannato
1. Con la sentenza di condanna per i reati
previsti nel presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi
dell’Art.444 del codice di procedura penale, il beneficio della
sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento
del danno e all’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza,
bonifica e ripristino di cui all’Art.58.
Art.61 Circostanza
attenuante
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio
penale o dell’ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le
sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono
diminuite dalla metà a due terzi.
TITOLO VI: DISPOSIZIONI FINALI
Art.62 Norme transitorie e finali
1.
Il presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti
direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità
delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell’allegato II della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell’allegato I.
2. Le previsioni del presente decreto possono essere derogate solo temporaneamente e in caso di comprovate circostanze eccezionali, per motivi di sicurezza idraulica volti ad assicurare l’incolumità delle popolazioni.
3. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell’Art.28, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa del presente decreto e nei piani di tutela di cui all’Art.44, comma 3.
4. Resta fermo quanto disposto dall’Art.36 della legge 24 aprile 1998, n.128 e relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.
5. (soppresso)
6. (soppresso)
7. Per quanto non espressamente disciplinato dal presente decreto, continuano ad applicarsi le norme tecniche di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle acque del 4 febbraio 1977 e successive modifiche ed integrazioni, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 48 in data 21 febbraio 1977.
8. Le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi delle disposizioni abrogate con l’Art.63 restano in vigore, ove compatibili con gli allegati al presente decreto e fino all’adozione di specifiche normative in materia.
9. Le aziende agricole esistenti tenute al rispetto del codice di buona pratica agricola ai sensi dell’Art.19, comma 5 devono provvedere all’adeguamento delle proprie strutture entro due anni dalla data di designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
"10. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo
38, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo
le
disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto.";
"11. Fatte salve le disposizioni specifiche previste dal presente decreto, i titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Lo stesso termine vale anche nel caso di scarichi per i quali l'obbligo di autorizzazione preventiva è stato introdotto dalla presente normativa. I titolari degli scarichi esistenti e autorizzati procedono alla richiesta di autorizzazione in conformità alla presente normativa allo scadere dell'autorizzazione e comunque non oltre quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Si applicano in tal caso il terzo e quarto periodo del comma 7 dell'articolo 45.";
"12. Coloro che effettuano scarichi esistenti di acque reflue, sono
obbligati, fino al momento nel quale devono osservare i limiti
di
accettabilità stabiliti dal presente decreto, ad adottare le misure
necessarie a evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento.
Essi
sono comunque tenuti a osservare le norme, le prescrizioni e i
valori limite stabiliti, secondo i casi, dalle normative regionali
ovvero
dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 33 vigenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto, in quanto compatibili con
le
disposizioni relative alla tutela qualitativa e alle scadenze
temporali del presente decreto e, in particolare, con quanto già previsto
dalla
normativa previgente. Sono fatte salve in ogni caso le
disposizioni più favorevoliintrodotte dal presente decreto.";
13. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare maggiori oneri o minori entrate a carico del bilancio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 14;
"14-bis. In attuazione delle disposizioni statali di finanziamento di
cui al comma 14, una quota non inferiore a 10 e non superiore al
15%
degli stanziamenti è riservata alle attività di monitoraggio e
studio destinati all'attuazione del presente decreto.";
15. All’art.8, comma 2, della Legge 8 ottobre 1997, n.344 sostituire al comma 1 così come modificato, il periodo: "tenendo conto della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane" con il seguente periodo "tenendo conto del decreto legislativo recante disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agricole"
"15-bis. Restano ferme le norme della legge 11 dicembre 1982, n.
979.".
Art.63 Abrogazione di norme
1. Fermo restando quanto previsto dall’Art.3, comma 2, a decorrere
dalla data di entrata in vigore del presente Decreto sono abrogate le
norme contrarie o incompatibili con esso, ed in particolare:
legge 10
maggio 1976, n.319;
legge 8 ottobre 1976, n.690, di conversione con
modificazioni del decreto legge 10 agosto 1976, n.544;
legge 24
dicembre 1979, n.650;
legge 5 marzo 1982, n.62, di conversione con
modificazioni del decreto legge 30 dicembre 1981, n.801;
decreto del
Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n.515;
legge 25 luglio 1984,
n.381 di conversione con modificazioni del decreto legge 29 maggio 1984,
n.176;
gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n.71 di
conversione in legge del decreto legge 5 febbraio 1990, n.16;
decreto
legislativo 25 gennaio, 1992, n.130;
decreto legislativo 27 gennaio,
1992, n.131;
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n.132;
decreto
legislativo 27 gennaio, 1992, n.133;
Art.2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione con modificazione del decreto legge 9 ottobre 1993, n. 408;
Art.9 bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione con
modificazioni del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 552;
legge 17
maggio 1995, n. 172, di conversione del decreto legge 17 marzo 1995,
n.79.
2. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti di cui al comma 1.