Panorama dalla Badia di Cava de' Tirreni.

Il Weblog della 5^C dell'I.T.G. "L. Vanvitelli" di Cava de' Tirreni (SA)

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8 Nov - Retorica vergognosa
7 Nov - Fiorentini, esprimiamo il nostro sdegno.
6 Nov - I miei ragazzi insidiati dal demone della Facilità.
3 Nov - Dighe sorvegliate speciali.
 
Venerdì, 8 Novembre 2002

Retorica vergognosa.

Da “La Repubblica” del 7 novembre una dura replica di Eugenio Scalfari all'articolo del giorno precedente di Oriana Fallaci sul tema del Social Forum a Firenze.

Retorica vergognosa

di Eugenio Scalfari

La retorica di Oriana Fallaci è spontanea, autocreativa. Il suo caso non è certo unico ma è raro: fino a un secolo fa la retorica si studiava ancora in certe scuole e fino al Settecento era materia d'obbligo in tutta Europa per chi volesse addottorarsi in diritto, filosofia, teologia. Oriana però non ha avuto bisogno di nessun retroterra accademico, la sua retorica promana dai flussi di adrenalina che debbono essere miracolosamente efficaci se producono i frutti che conosciamo dai suoi articoli, dalle sue interviste e da almeno qualcuno dei suoi libri.

Come tutti i fenomeni rari del linguaggio, la sua sintassi, il montaggio delle frasi, la concatenazione dei periodi, degli aggettivi, dei tempi verbali meritano attenzione e analisi. L'argomento cui si applica importa fino a un certo punto, di solito è un pretesto che serve da stimolante; una volta che lo stimolante sia entrato in azione i risultati sono quasi sempre quelli attesi che si possono riassumere in una sorta di dichiarazione di guerra di Oriana contro il resto del mondo. Il resto del mondo si materializza in un personaggio che ovviamente deve avere statura planetaria; oppure in uno specifico gruppo politico, anch'esso di dimensioni globali, se no che guerra sarebbe? Oriana non è pulzella da guerricciole.

Un altro elemento della sua retorica che bisogna tenere in conto: la Nostra non sopporta alleati, la guerra è la sua e lei deve esser la sola a combatterla; perciò mentre attacca il nemico mondiale non manca mai di riservare qualche trafelato periodo anche ai suoi potenziali amici, soggettivi o oggettivi che siano, affinché si guardino bene dall'intervenire accanto a lei. Lei è l'Unica, riassume in sé tutto il Bene del mondo in lotta contro il Male.

Fin qui l'Oriana che noi - suoi colleghi in giornalismo - abbiamo conosciuta. Negli ultimi tempi c'è qualche tono in più. Forse dipende dal correr del tempo che rende alcuni un poco più saggi, altri un poco più cinici, altri ancora più rabbiosi di prima. Per Oriana dev'essere stato difficile superarsi nella rabbia, eppure c'è riuscita egregiamente; non a caso titolò "La rabbia e l'orgoglio" il suo primo pamphlet contro l'Islam pubblicato dal Corriere della Sera qualche mese fa. Il titolo fece effetto, il testo anche: se incitate la gente ad esser rabbiosa e orgogliosa di esserlo, se siete capaci di esprimervi con una retorica adeguata e adeguatamente infuocata e se infine disponete d'una tribuna e d'un altoparlante di buona potenza, otterrete una moltitudine di consensi. La moneta cattiva ha sempre scacciato la buona dal mercato, non è vero? Oriana contro l'Islam è una contrapposizione un po' comica ma funziona per le menti semplici. E così la tenzone è proseguita in varie puntate ma poi si è in qualche modo illanguidita: quando stanno per entrare in campo le bombe e i cannoni veri lo spazio per gli sbandieratori si riduce. Per fortuna (di Oriana) si è presentata un'altra occasione: Firenze minacciata, Firenze stuprata violentata intimidita terrorizzata. La sua Firenze (di Oriana). La città-simbolo, la città-scrigno, la città del mondo. Minacciata da chi? Da Agnoletto? Da Casarini? Dal sindaco Domenici? Dal presidente della Regione, Martini? Da un corteo pacifista? Avversari ridicoli, nemici inesistenti. Ma se dietro le maschere di Agnoletto, di Casarini, di Domenici, dietro la complicità di Fassino, dietro le ipocrisie di Berlusconi, dietro l'ignavia di Ciampi (ed ecco che le dimensioni del nemico cominciano già ad ingrossarsi); se dietro a questi modesti bersagli si profilano anche le ombre di Bin Laden, di Saddam Hussein, di tutto il terrorismo internazionale, allora sì, ci siamo di nuovo, lo schema Oriana contro il resto del mondo riprende quota, torna a volare alto, manda di nuovo il grido dell'aquila dalle colonne del Corriere della Sera.

L'aquila difende Firenze, altrimenti inerme e preda della violenza barbarica. Ma Firenze deve fare anch'essa la sua parte: deve chiudere per cinque giorni tutti i negozi (anche quelli alimentari), tutti i cinematografi, tutti i teatri, tutte le discoteche, tutte le chiese, tutte le scuole. Su ogni portone sbarrato deve appendere il cartello "chiuso per lutto". E con questo silenzio spettrale deve accogliere le orde dei barbari che certamente dilagheranno, bruceranno, romperanno, insozzeranno. Li accolga il gelo del silenzio e quella sarà la loro Beresina. C'è anche il caso che la violenza materiale dei barbari non abbia luogo perché anche i barbari si sono fatti furbi. Ma resterà pur sempre la violenza morale che hanno esercitato sulla città e questo deve bastare.

Questa l'Oriana del 6 novembre. Si direbbe che a lei piaccia che quelle violenze materiali ci siano veramente. Con l'articolo di ieri ha fatto quanto poteva per provocarle e attizzarle. Da Giovanna d'Arco si è trasformata in provocatrice seriale, "picador" e "matador" d'un toro che rischia di esser diventato remissivo e di mandare a monte lo spettacolo. Mi permetto di dire che questo tipo di retorica è vergognoso.

Posted by  Michele Perone

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Giovedì, 7 Novembre 2002

Fiorentini, esprimiamo il nostro sdegno.

Lettera-articolo-bomba comparsa su "Il Corriere della sera" di mercoledì 6 novembre sui presagi che la scrittrice-giornalista Oriana Fallaci ha fatto su quanto è accaduto e/o accadrà a Firenze in occasione del Social Forum.

Lettera aperta della scrittrice ai propri concittadini

«Fiorentini, esprimiamo il nostro sdegno»

di Oriana Fallaci

Fiorentini, abbiate dignità. Non siate inerti, non siate rassegnati, esprimete il vostro sdegno. In maniera civile. Educata, civile! Chiudete i negozi. Inclusi quelli dei generi alimentari. Tanto cinque giorni passano presto, e in cinque giorni non si muore certo di fame. Chiudete i ristoranti, i bar, i mercati. Chiudete i teatri, i cinema, le farmacie. Chiudete tutto, abbassate le saracinesche, metteteci il cartello che i coraggiosi misero nel 1922 cioè quando i fascisti di Mussolini fecero la marcia su Roma. «Chiuso per lutto». Lo stesso cartello che dovrebbe stare all’ingresso degli Uffizi, degli altri musei tenuti aperti dal Municipio, del Battistero, di Santa Maria del Fiore, di tutte le chiese, nonché sul Ponte Vecchio e sul Ponte a Santa Trinità. E non mandate i bambini a scuola. Non rivolgete la parola a coloro che come minimo vogliono imbrattare i nostri monumenti. Non guardateli nemmeno, non rispondete alle loro provocazioni. Imponetevi una specie di coprifuoco, sentitevi come vi sentivate nel 1944 cioè quando i tedeschi fecero saltare in aria i nostri ponti e via Guicciardini, via Por Santa Maria. Offrite al mondo il doloroso spettacolo di una città offesa, ferita, tradita e tuttavia orgogliosa. Orgogliosa! Perché è possibile che quei gentiluomini e quelle gentildonne usi a imbrogliare con la parola più sputtanata del mondo, la parola Pace, non ci devastino Firenze.

E’ possibile che per non perder la faccia e i privilegi di sindaco, di presidente della Regione, di deputato, di senatore, di ministro, di segretario generale, gli squallidi mecenati del Social Forum li convincano a rimangiarsi la minacciosa promessa «Non sarà una manifestazione non-violenta». Cioè a non fare ciò che hanno fatto a Seattle, a Praga, a Montreal, a Nizza, a Davos, a Napoli, a Quebec City, a Göteborg, a Genova, a Barcellona. E’ possibile, sì, e augurandomi di non sbagliare aggiungo: con le dovute eccezioni, secondo me andrà così. Non oseranno spaccarli i genitali del David e del Biancone. Non oseranno romperle le braccia del Perseo di Cellini. Forse non oseranno nemmeno assaltare le banche e i consolati e le caserme. Ma non esiste solo la violenza fisica. La violenza che nutrendosi di cinismo va in cerca del morto da santificare, che per trovarlo scaglia pietre o estintori contro il carabiniere terrorizzato. La violenza che nutrendosi di cretineria imbratta le facciate degli antichi palazzi, frantuma le vetrine, saccheggia i Mac Donald, brucia le automobili. Che occupa le case e le banche e le fabbriche, che distrugge i giornali e le sedi degli avversari. Che (non avendo studiato la storia loro non lo sanno) ripete gli sconci cari ai fascisti di Mussolini e ai nazisti di Hitler. Esiste anche la violenza morale, perdio. Ed è la violenza che si manifesta con le demagogie e i ricatti, che si esprime con le minacce e le intimidazioni. La violenza che sfruttando la legge umilia la Legge, la ridicolizza. La violenza che servendosi della democrazia oltraggia la Democrazia, la dileggia. La violenza che approfittandosi della libertà uccide la Libertà. La assassina. E questa violenza Firenze la subisce in misura sfacciata. Scandalosa.

La subisce per colpa di coloro che per tenersi le poltroncine del Potere, procurarsi altrove i voti negatigli dal Popolo, le hanno imposto l’oceanico e protervo raduno detto Social Forum. Che usando anzi sprecando il denaro pubblico, il denaro dei cittadini, lo hanno piazzato in uno dei suoi monumenti: la Fortezza da Basso. Che ignorando o fingendo di ignorare il suo patrimonio artistico, la sua vulnerabilità, la sua indifendibilità, le rovesceranno addosso (così molti affermano) una moltitudine pari ad oltre la metà dei suoi trecentottantamila abitanti. Cioè duecentomila persone. Che insieme alla gente di buonafede (a mio avviso una pericolosissima buonafede ma finché non partorisce il Male la buonafede va rispettata) ha lasciato entrare i teppisti cui dobbiamo le nequizie dei precedenti Social Forum. I falsi rivoluzionari, i figli di papà, che vivendo alle spalle dei genitori o di chi li finanzia osano cianciare di povertà. Di ingiustizia. I presunti pacifisti, le false colombe, che la pace la invocano facendo la guerra e la esigono da una parte sola. Cioè dalla parte degli americani e basta. (Mai che la chiedano a Saddam Hussein o a Bin Laden. Mai che improvvisino un corteuccio per le creature assassinate o gassate dal primo e le creature massacrate dal secondo. Infatti Saddam Hussein lo rispettano, Bin Laden lo amano. Ai regimi militari e teocratici dell’Islam si inchinano, nei cosiddetti centri sociali nascondono i clandestini non di rado addestrati da Al Qaida in Iraq o in Iran o in Pakistan. E l’11 settembre erano i primi a sghignazzare «Bene,agli-americani-gli-sta-bene»).

Quando parlo di coloro che per tenersi le poltroncine del Potere e procurarsi altrove i voti negatigli dal Popolo hanno imposto questo calvario a Firenze, parlo anzitutto della sgomentevole coppia formata dall’ahimè presidente della Regione Toscana e dall’ahimè sindaco di Firenze. Due sventure uscite da ciò che chiamo l’ex Agenzia di Collocamento ovvero la Federazione Giovanile Comunista. Quel sindaco che sembra nato solo per dar dispiaceri alla città. (Basti pensare alle prepotenze degli extracomunitari cui l’ha consegnata, alla tenda dei somali eretta due anni or sono in piazza del Duomo, all’orrenda tettoia con cui vorrebbe deturpare gli Uffizi. E menomale che nei punti dove andavano i pilastri si son scoperti preziosi reperti medievali). Quel sindaco che in aprile definì il Social Forum «un’occasione da non perdere». Che in giugno tacciò di «fascisti» i comitati che vi si opponevano. Che in agosto negò l’esistenza d’un referendum col quale tre quarti dei fiorentini s’eran pronunciati contrari. E che in settembre, nel corso d’un dibattito al Rondò di Bacco, blaterò: «Ho saputo che una nota scrittrice fiorentina si dà un gran daffare perché i no-global non vengano a Firenze. Quella-signora farebbe meglio a incontrarli, a vedere che bravi ragazzi sono». (Bravi come a Seattle, a Washington, a Praga, a Montreal, a Nizza, a Davos, a Göteborg, a Genova, a Barcellona, illustrissimo? Bravi come quel «disubbidiente» che ha promesso non-sarà-una-manifestazione-non-violenta? E a proposito: mi si racconta che sia pure obtorto collo Lei stia esaminando la richiesta dei fiorentini cui piacerebbe dare alla Fallaci un premio che da mezzo secolo viene attribuito solo ai comunisti russi o cinesi o cubani eccetera. Insomma il Fiorino d’Oro. Non si azzardi a darmelo, eh? Se si azzarda, glielo ficco in gola). Quel presidente della Regione che non ne imbrocca mai una, che è il più insignificante individuo mai apparso in Toscana, e che tuttavia si crede il granduca Ferdinando III o Leopoldo II. Come un granduca si dà un mucchio di arie, frequenta le cene della defunta aristocrazia. (Un’aristocrazia che nel 1938 ricevette Hitler con tutti gli onori, che al Teatro Comunale lo applaudì fino a spellarsi le mani). Quel presidente della Regione che lo scorso ottobre disse: «Il Social Forum è un’esigenza costituzionale». Poi annunciò che sarebbe sfilato col corteo a cui la pace interessa da una parte sola, e dichiarò che «era disposto a vedermi». (Disposto-a-vedermi, giovanotto?!? Toccava a me dire se fossi disposta a vederla. E come le feci rispondere, non lo ero affatto).

Parlo anche dei loro complici a destra e a sinistra. Dei loro compagni di partito, dei loro compagnons-de-route verdi o bianchi o rossi o viola o grigi, e dei loro avversari al governo. Cioè dei correi che per calcolo o per convenienza, per furbizia o per viltà, in tutti questi mesi non hanno mai mosso un dito. Che alla fine hanno aperto bocca solo per prestarsi allo scaricabarile della sgomentevole coppia, al suo codardo cercarsi un alibi, al suo pavido frignare «Tocca-al-governo-garantire-la-sicurezza. Con-la-sicurezza-noi-non-c’entriamo». Vero, Pisanu? Vero, Fassino? Vi chiamo in causa perché (è giunto il momento di spiattellarlo pubblicamente) una volta tanto l’ahimè sindaco di Firenze non si sbagliava. Quella-signora se lo dava davvero il gran daffare. Con assoluta discrezione ossia senza confidarmi con nessuno, senza appoggiarmi ai giornali, senza esibirmi alle Tv, per l’intera estate mi sono battuta per impedire che i bravi-ragazzi venissero a Firenze. L’intera estate! Disperatamente, incessantemente. E sebbene la sgomentevole coppia non l’abbia voluta vedere, voi due vi ho visto. Sebbene con la sgomentevole coppia non abbia voluto parlare, con voi due ho parlato. (Coi vostri prefetti, il prefetto di Roma e il prefetto di Firenze, pure. Più volte). E con ciascuno, quindi sia con la destra che con la sinistra, ho incominciato il discorso così: «Ascoltatemi bene. Le pugnalate nella schiena io non le tiro: combatto a viso aperto. E a viso aperto vi dico che se non fermerete questa insensatezza, io vi sputtanerò. Oh, se vi sputtanerò!». Poi vi ho ricordato che Firenze non è Porto Alegre. Che nonostante gli oltraggi inflittile ogni giorno dai figli d’Allah è la testimonianza vivente della nostra cultura. Della nostra identità. Della nostra civiltà. Vi ho spiegato che difenderla è praticamente impossibile, che le sue bellezze non stanno soltanto nei musei: a Firenze ogni statua, ogni quadro, ogni palazzo, ogni strada, ogni piazza, ogni vicolo, ogni pietra è un ostaggio. E vi ho fornito un esempio storico. Vi ho raccontato che un secolo e mezzo fa, quando centinaia e centinaia di facinorosi vennero da Livorno a Firenze per celebrarvi il loro «Forum», anch’essi furono sistemati nella Fortezza da Basso. Ma da questa si spostarono in piazza Santa Maria Novella, da piazza Santa Maria Novella in via Tornabuoni, da via Tornabuoni in piazza della Signoria cioè nel Centro Storico, dal Centro Storico in Oltrarno. In tutta la città. E per oltre un mese vi rimasero a far nefandezze, distruggere, devastare, picchiare.

Ve l’ho raccontato, sì. E con tutta la passione di cui son capace vi ho supplicato d’intervenire, d’impedire il disastro. Io che non supplico mai nessuno. Neanche il Padreterno. A Lei, Fassino, chiesi anche di sturare le orecchie dei suoi alleati o rivali. Di quello che parla con l’erre moscia, ad esempio, e di quello che sfoglia la margherita per sapere se la quercia lo ama o non lo ama. A Lei, Pisanu, chiesi anche di sturarle al cavaliere che anziché occuparsi del paese sta sempre a rodersi sui suoi processi o a far merende all’estero. Che viaggia più del Papa ed ora è a Mosca per mangiare il caviale con Putin, ora nel Texas per mangiar la bistecca con Bush, ora a Ryad per bere il latte di cammella col suo socio in affari Al Walid, ora a Madrid per assistere al matrimonio della figlia di Aznar, ora a Tripoli per stringer la mano a quel farabutto di Gheddafi. Ma ne ricavai solo la promessa, pardon l’assicurazione, che il corteo a sostegno di Saddam Hussein e degli iracheni da cui Saddam Hussein riceve il cento per cento dei voti non sarebbe entrato nel centro storico. E, tre giorni fa, la notizia che non sarebbe partito dalla gloriosa Piazza dell’Indipendenza. (La piazza da cui nel 1859 i patrioti fiorentini si mossero per indurre gli Asburgo-Lorena ad andarsene via). Infatti, caro Pisanu, lo scaricabarile della sgomentevole coppia Lei lo ha trasferito al Parlamento dove in sostanza ha chiesto all’opposizione il permesso di fare il suo dovere cioè di governare. E quando l’opposizione le ha rilanciato la palla, «veda-Lei, decida-Lei», ha indossato i panni del Ponzio Pilato. S’è rivolto al Consiglio dei Ministri, gli ha chiesto di scegliere tra Gesù e Barabba. E loro hanno scelto Barabba. Hanno salvato il Forum, hanno crocifisso Gesù cioè Firenze. Quanto a Lei, Fassino, se l’è cavata sussurrando «lasciamoci-alle-spalle-ogni-recriminazione, ogni-rimprovero-reciproco, lavoriamo-insieme». In altre parole, con un cauto «Volemose bene». Volemose-bene?!? Ah...! Quanto il suo avversario mi ricorda Ponzio Pilato, tanto Lei mi ricorda i medici che stanno al capezzale di Pinocchio. «Se non è morto, è vivo. Se non è vivo, è morto». Perbacco, non c’è proprio nessuno tra voi che dica pane al pane e vino al vino? Non c’è proprio nessuno che abbia un po’ di coraggio?

Con rispetto parlando nel mucchio ci metto anche Lei, signor Presidente della Repubblica. Perché Lei non viene mai rimproverato, Eccellenza. A Lei non viene mai rivolto un briciolo di critica. Lei è come l’Islam dell’Islam-Non-Si-Tocca. Io, invece, La tocco eccome. E Le dico: mi dispiace d’averLe inviato quella letterina di congratulazioni quando ricevette il prestigioso e impegnativo incarico. Mi dispiace perché Lei mi ha proprio deluso. La telefonata che feci al Quirinale in estate, cioè quando parlai con Sua moglie, era un grido di dolore rivolto a Lei, Eccellenza. Un SOS diretto all’uomo che dovrebbe essere il babbo di tutti gli italiani, quindi anche dei fiorentini. E Lei non si degnò nemmeno di richiamarmi cioè di domandarmi per quali ragioni fossi così preoccupata anzi disperata. Glielo ha impedito l’etichetta, forse? Che diamine! Non è mica Sua Maestà il Re d’Italia, sor Ciampi! E’ un presidente al servizio dei cittadini! Per questo abbiamo licenziato la monarchia, per questo la teniamo in quel bel palazzo che apparteneva ai Savoia! O lo ha dimenticato? Bè, i Suoi predecessori non lo dimenticavano. Se avessi chiesto l’aiuto di Pertini, Pertini avrebbe fatto fuoco e fiamme. Fuoco e fiamme! Lei invece s’è limitato a un comodo «Penso-che-non-vi-sia-italiano-cui-non-prema-il-patrimonio-culturale-di-Firenze».

Tutto qui?!? Temeva forse d’offendere i bravi-ragazzi e i loro protettori (quei protettori cui deve il prestigioso e impegnativo incarico) a dire qualcosa di più anzi ad alzar la voce? E poi: non gliel’ha riferito nessuno che non si tratta solo di italiani, che gomito a gomito con gli italiani ci saranno o meglio ci sono i teppisti greci e baschi e danesi e olandesi e inglesi e francesi e ungheresi e tedeschi e bosniaci cioè gente a cui del patrimonio-artistico non importa un cavolo? Peggio, (o quasi): non glielo ha detto nessuno che per cinque giorni Firenze diventerà una città blindata, una città sotto assedio, una città che vive nella paura, una città dove i cittadini perderanno anche la libertà di camminare nelle proprie strade? Ma chi sono i suoi ciambellani, pardon i suoi consiglieri? Allora aveva ragione Sua moglie, quando al mio grido di dolore rispose: «Grazie, cara signora, grazie d’averci informato. In questo momento mio marito è chiuso in ufficio a lavorare, ma stasera a tavola gli racconto tutto. Perché vede, qui al Quirinale non si sa mai nulla».

Eh, sì, fiorentini: siamo proprio soli a difendere la nostra dignità. Soli con quei poveri carabinieri e quei poveri poliziotti che comunque vada ne usciranno maltrattati, insultati, calunniati. Quei poveri figli del popolo che a Genova vennero accusati d’aver spento-le-sigarette-sul-morto. (Vergogna!). Quei poveri cristi a cui i teppisti greci hanno promesso una-pallottola-a-testa, e che durante i cinque giorni non avranno neanche il diritto di difendersi con la rivoltella. Di sparare per ammonimento. Bè, il coraggio è anzitutto ottimismo: io continuo a voler pensare che i teppisti, pardon, i bravi-ragazzi greci eccetera quella pallottola se la terranno in tasca. Sia pure per lercia convenienza i loro protettori hanno capito che se avvenisse qualche tragedia ne pagherebbero il fio, e stanno davvero correndo ai ripari. Ma nessuno è profeta e... Comunque vada, l’offesa rimane. Il calvario rimane. La violenza morale rimane. Sicché, fiorentini, abbassatele davvero quelle saracinesche. Mettetecelo davvero il cartello «Chiuso per lutto». Esprimetelo, esprimiamolo davvero il nostro sdegno. Dico «esprimiamolo» perché a Firenze ci sarò anch’io.

Copyright Oriana Fallaci-Rizzoli Editore

Posted by  Michele Perone

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Mercoledì, 6 Novembre 2002

I miei ragazzi insidiati dal demone della Facilità.

Pubblico un articolo di Marco Lodoli tratto da "La Repubblica" del 6 novembre su tematiche, ancora una volta, di grande interesse sulla condizione giovanile. L'articolo segue quello già pubblicato nella pagine del mese di Ottobre e rappresenta un atto di accusa, questa volta, non solo ai giovani.

I miei ragazzi insidiati dal demone della Facilità

di Marco Lodoli

Cosa sta accadendo nelle menti degli italiani, come  mai ho l’impressione che lo stordimento, se non addirittura una leggera forma di demenza, stiano soffiando come scirocco in troppi cervelli, giovani e meno giovani? Quali sono le cause, se ce ne sono, di questo torpore?

Avevo raccontato, un mese fa su “Repubblica”, la mia crescente ansia di fronte al silenzio dei miei studenti che sembrano non saper più ragionare. In tanti hanno risposto, mi sono arrivate molte lettere, anche dai ragazzi delle scuole. Capisco che è difficile indicare un unico responsabile, un sicuro colpevole, ma una piccola idea del perché accada tutto questo io me la sono fatta e ve la propongo.

A mio avviso da troppo tempo viviamo sotto l’influsso di una divinità tanto ammaliante quanto crudele, un uccelletto che canta soave, ma che ha un  becco così sottile e feroce da mangiarci il cervello. La Facilità è la dea che divora i nostri pensieri, e di conseguenza l’intera nostra vita. La Facilità non va certo confusa con la Semplicità che, come ben sintetizzava il grande scultore Brancusi, è “una complessità risolta”. La Semplicità è l’obiettivo finale di ogni nostro sforzo: noi dovremmo sempre impegnarci affinché pensieri e gesti siano semplici, e dunque armoniosi e giusti. La Semplicità è il miele prodotto dal lavoro complicato dell’alveare, è il vino squisito che dietro di sé ha la fatica della vigna. La facilità, invece è una truffa che rischia di impoverire tragicamente i nostri giorni. A farne le spese sono soprattutto i ragazzi più poveri e sprovveduti, ma anche noi adulti furbi e smaliziati stiamo concedendo vasti territori a questa acquerugiola che somiglia a un concime ed è un veleno.

La nostra cultura ormai scansa ogni sentore di fatica, ogni peso, ogni difficoltà: abbiamo esaltato il trash e il pulp, bastavano un rutto e una rasoiata per raccogliere attenzione e gloria; abbiamo accettato che le televisioni venissero invase da gente che imbarcava applausi senza essere capace a fare nulla; abbiamo accolto con entusiasmo ogni sbraitante analfabeta, ogni ridicolo chiacchierone, ogni comico da quattro soldi, ogni patetica “bonazza”. Così un poco ogni giorno il piano si è inclinato verso il basso e noi ci siamo rotolati sopra velocemente, allegramente, fino a non capire più nulla, fino all’infelicità. Tutto è stato facile e tutto continua a voler essere ancora più facile. Impara l’inglese giocando, laureati in due anni senza sforzo, diventa anche tu ridendo e scherzando ricco e famoso.

Spesso i miei alunni, ragazzi di quindici o sedici anni, mi dicono:” Io voglio fare i soldi in  fretta per comprarmi tante cose”, e io rispondo che non c’è niente di male a voler diventare ricchi, ma che bisognerà pure guadagnarseli in qualche modo questi soldi, se non si ha alle spalle una famiglia facoltosa: bisognerà studiare, imparare un buon mestiere, darsi da fare. A questo punto loro mi guardano stupiti,  quasi addolorati, come se avessi detto la cosa più bizzarra del mondo. Non considerano affatto inevitabile il rapporto tra denaro e fatica, credono che il benessere possa arrivare da solo, come arriva la pioggia o la  domenica. Sembra che nessuno mai li abbia avvertiti delle difficoltà dell’esistenza. Sembra che ignorino completamente quanto la vita è dura, che tutto è fatica,  e che per ottenere un risultato anche minimo bisogna impegnarsi a fondo. E per quanto io mi prodighi per spiegare loro che anche per estrarre il succo dall’arancia bisogna spremerla forte, mi pare di non riuscire a convincerli. Il mondo intero afferma il contrario, in televisione e sui manifesti pubblicitari tutti ridono felici e abbronzati e nessuno è mai sudato.

Così si diventa idioti, è un processo inesorabile, matematico, terribile, ed è un processo che coinvolge anche gli adulti, sia chiaro. La Facilità promette mari e monti e il livello mentale si abbassa ogni giorno di più , fino al balbettio e all’impotenza. “Le cose non sono difficili a farsi, ma noi, mettere noi nello stato di farle, questo sì è difficile”, scriveva ancora Brancusi. Mettere noi stessi nello stato di poter affrontare la vita meglio che si può, di fare un mestiere per bene, di costruire un tavolo o di scrivere un articolo senza compiere gravi errori, questo è proprio difficile, ed è necessario prepararsi per anni, prepararsi sempre. E se addirittura volessimo avanzare di un palmo nella conoscenza di noi stessi e del mondo, trasformarci in esseri appena migliori, più consapevoli e sereni, dovremmo ricordarci la fatica e la pena che ogni metamorfosi pretende, come insegnano i miti classici, le vite degli uomini grandi, le parole e le posizioni dei monaci orientali. Ma la Facilità ormai ha dissolto tante capacità intellettuali e manuali, e si parla a vanvera perché così abbiamo sentito fare ogni sera, si pensa e si vive a casaccio perché così fanno tutti.

Ben presto per i lavori più complessi dovremo affidarci alla gente venuta da fuori, da lontano, alle persone che hanno conosciuto la sofferenza e hanno coltivato una volontà di riscatto. Loro sanno che la Facilità è un imbroglio, lo hanno imparato sulla loro pelle. Noi continueremo a sperare di diventare calciatori e vallette, miliardari e attrici, indossatori e stilisti, e diventeremo solo dei mentecatti.

Posted by  Michele Perone

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Domenica, 3 Novembre 2002

Dighe sorvegliate speciali

Da "Il Mattino" di Napoli del 3 Novembre 2002 un'intervista, che reputo molto interessante,  al Geologo Ortolani su possibili cause degli eventi sismici di questi giorni.
In calce all'articolo ho riprodotto, per una migliore comprensione dell'intervista, una planimetria dell'area intorno all'epicentro con la indicazione dei bacini artificiali creati sul fiume Ofanto e sul fiume Biferno.

Intervista al Geologo Franco Ortolani

«Dighe sorvegliate speciali» 

di Franco Mancusi

Dighe sotto osservazione. L’accumulo di grandi masse idriche, in profondità, provoca deformazioni in grado di accentuare i processi sismogenetici, in parole più semplici l’attività dei terremoti. Potrebbe essere stata questa una delle cause «concomitanti» della spallata che ha devastato il Molise, giovedì mattina, e dell’interminabile sciame sismico che sta spezzando i nervi delle comunità residenti nelle zone dell’epicentro. Lo afferma uno studioso napoletano, il professore Franco Ortolani, ordinario di Geologia nell’università «Federico II», citando una serie di precedenti quanto meno sospetti, registrati in India e in alcune zone ad alto rischio degli Stati Uniti. L’area compresa fra Colletorto, Bonefro e San Giuliano, infatti, è ubicata fra due grandi bacini artificiali, l’Occhito (sul fiume Fortore) e il Liscione (sul Biferno), distanti tra loro non più di venti chilometri. All’interno dei due invasi si accumulano complessivamente 200 milioni di metri cubi di acqua. Le operazioni di carico e scarico, nel tempo, potrebbero aver favorito processi deformanti nel sottosuolo.

«Bisognerà studiare e capire, naturalmente, prima di puntare l’indice accusatore sulla presenza delle dighe. - spiega il professore Ortolani - Certo, però, si tratta di un sospetto inquietante, perchè altri grandi bacini artificiali sono stati costruiti nelle valli della catena sudappenninica, in corrispondenza di strutture sismicamente attive. Faccio gli esempi della diga di Campolattaro, a Benevento, del bacino di Conza della Campania, in pieno epicentro del terremoto che devastò l’Irpinia nell’80, dell’invaso del Pertusillo, dove si verificò un sisma spaventoso nel 1857».

A che punto finisce il sospetto e comincia la realtà?
«L’azione subdola delle deformazioni indotte, cioè provocate dai movimenti di masse idriche, è riconosciuta. I bacini artificiali, riempiti e svuotati, possono accentuare l’instabilità crostale in zone interessate da processi tettonici recenti e attivi, generando terremoti anche di forte intensità».

Cosa propone?
«Uno studio approfondito, cominciando dalla realtà del Molise, per molti versi sorprendente. Una moderna valutazione dell’impatto ambientale, su vasta scala, per chiarire l’eventuale influenza dei grandi bacini artificiali sulle strutture sismicamente attive».

Dighe sorvegliate speciali, insomma.
«Direi di si. Dobbiamo verificare, con ricerche sistematiche, se la struttura geologica delle zone sulle quali sono stati costruiti gli sbarramenti artificiali può dare origine a faglie più o meno superficiali».

Chi dovrebbe decidere un’operazione del genere?
«Il ministero per l’Ambiente, d’intesa con le Università, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il Cnr».

Un passo in avanti sulla strada della prevenzione.
«In tema di difesa dai terremoti siamo indietro. Ora, però, la coscienza collettiva è cambiata. Forse è il momento d’insistere».

Posted by  Michele Perone

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