Il "Campo"

baracche1.jpg (42578 byte)Nel ''campo'' rom di via dei Gordiani, a Roma, vivono circa 250 persone.
Cento sono bambini, sessanta dei quali in eta' scolare. Provengono da Kragujevac, in Serbia. I primi sono arrivati 13 anni fa.

Da allora vivono in un appezzamento di terreno di proprieta' dello I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari) nella VI Circoscrizione, lungo la Prenestina, una delle arterie principali di Roma, che si snoda da Porta Maggiore - a pochi passi dalla Stazione Termini - al raccordo anulare. Si tratta, quindi, di un ''campo'' rom sui generis in quanto ad ubicazione: poco distante dal centro della citta', in una zona ad alta densita' abitativa.

Eppure il ''campo'' di via dei Gordiani conserva molte delle caratteristiche tipiche dei campi rom: innanzitutto l'assenza di scambi con l'esterno.

Da oltre dieci anni le persone del campo vivono prevalentemente tra loro, dando luogo a una comunita' stanziale ''chiusa''. Nessuno ne esce e nessuno vi entra, fatta eccezione per i nuovi nati. L'unico canale di comunicazione con il ''mondo esterno'' e' la scuola. Anche via dei Gordiani, infatti, rientra nel programma di scolarizzazione che il Comune di Roma ha attivato per i bambini rom. Ma e' un intervento minato alla base dalle condizioni di vita cui sono sottoposti i bambini del campo, come viene evidenziato in una recente lettera di denuncia della Scuola materna ed elementare ''Romolo Balzani''.
Intanto, si tratta di bambini cronicamente malati: pediculosi, dermatiti, herpes, affezioni delle vie respiratorie, problemi dentistici sono le patologie piu' diffuse, la cui incidenza e' tale da impedire una costante e serena frequenza delle lezioni.

baracche2.jpg (33214 byte) Ma i problemi affiorano soprattutto sul piano psicologico: i ragazzi del campo conducono uno stile di vita che ostacola a tutti gli effetti l'integrazione scolastica. Uno stile di vita imposto innanzitutto dalle condizioni abitative.
Tutte le persone del ''campo'', infatti, alloggiano in baracche fatiscenti, costruite dagli abitanti con materiali d'occasione, altamente infiammabili. Entrare nel ''campo'' rom di via dei Gordiani equivale a fare un salto nelle ''favelas'' brasiliane: casupole precarie, addossate le une sulle altre, in un labirinto di fango e sporcizia.
In ogni baracca risiedono almeno sette o otto persone, e i bambini sono costretti a condividere modelli di vita adulti, in un contesto di totale promiscuita'. Questo comporta, tra l'altro, enormi problemi di concentrazione; ma anche grosse difficolta' nell'apprendimento dei codici (dalla scrittura al disegno) e nell'elaborazione del pensiero astratto.
Per non parlare del fatto che tutti, bambini e adulti, vivono nella piu' completa assenza d'igiene, da cui il diffondersi delle malattie. L'intero ''campo'' e' servito da un'unica fontanella, ''prestata'' dal prete dell'adiacente parrocchia.
Il Comune, invece, e' da sempre assente, come se i 250 rom di via dei Gordiani non esistessero.



Il progetto

A fronte di questa situazione di estremo degrado e totale disinteresse da parte delle autorita'baracche4.jpg (23794 byte) comunali, va rilevata l'esistenza, da tre anni e mezzo a questa parte, di un progetto (elaborato dallo I.A.C.P., proprietario dell'area, e finanziato dalla Regione Lazio) per una soluzione definitiva del problema abitativo dei rom, nel quadro di una generale riqualificazione del quartiere.
Il progetto consiste nella costruzione di un villaggio (42 moduli abitativi) ed é il risultato di un lungo dialogo con la gente del campo, nonché di un'accurata ricerca sull'architettura rom.
L'aspetto più interessante risiede nella metodologia utilizzata: in sede progettuale, infatti, si è tenuto conto dell'organizzazione della comunita' rom, strutturata sull'unita' base della famiglia estesa, composta da piu' nuclei famigliari, sull'identita' di religione, sulla provenienza etnica e geografica.
Considerando il contesto culturale di riferimento, il progetto non si limita a fornire ai rom un'abitazione ma é diretto a favorire la loro integrazione nella città.
Il villaggio di via dei Gordiani rappresenterebbe una prima risposta concreta al problema dell'accoglienza - un nodo da sempre irrisolto nella citta' di Roma.
Tant'e' che il progetto ha tutte le carte in regola per diventare uno standard a cui rapportare gli interventi futuri destinati al popolo zingaro - ma anche ad altri immigrati, e alle ''categorie speciali'' in genere.
E' evidente che i partiti della destra non potevano non osteggiare da subito la filosofia di un simile progetto. Essi hanno messo in atto una campagna strumentale e denigratoria, basata su affermazioni come quella (contenuta in un manifesto) che sostiene che la sinistra starebbe ''regalando villette a schiera'' agli zingari - con tanto di interpellanza parlamentare del solito Storace. Niente di piu' falso: il progetto viene finanziato con i fondi destinati all'edilizia residenziale pubblica, utilizzando gli stanziamenti riservati alle cosiddette ''categorie speciali'' (nomadi, immigrati, anziani, giovani coppie e persone in difficolta'). Dei 122 MLD a disposizione della Regione Lazio per finanziare
progetti a favore di queste categorie, il villaggio impegnera' circa 12 MLD - che non potrebbero, comunque, essere destinati ad altri impieghi.
Nel '97 i tre enti interessati: Comune, Regione, IACP, hanno stipulato un protocollo d'intesa in cui tra l'altro si e' dato vita a una Conferenza dei servizi che doveva predisporre tutti gli aspetti tecnico-amministrativi favorendo la collaborazione dei diversi organi competenti. I tempi lunghissimi trascorsi da allora sono dovuti, a quanto pare,
sia agli errori dell'amministrazione comunale (del progetto era stato inizialmente investito un assessorato che poi e' stato ritenuto incompetente al riguardo) sia, evidentemente, a un'insufficiente volonta' politica.
Tuttavia oggi, a 4 anni di distanza, i problemi tecnici sono stati totalmente risolti.
Lo scorso dicembre si e' tenuta l'ultima Conferenza dei servizi che ha ratificato un accordo tra comune, Regione Lazio e IACP grazie al quale quest'ultimo cede gratuitamente l'area per costituire, accanto al villaggio rom, un parco pubblico di 12000 mq. In compenso, il comune si e' impegnato a garantire alcune opere essenziali per il quartiere,
come l'illuminazione di via dei Gordiani e la ristrutturazione di alcune case popolari adiacenti.
Come si vede, un complesso organico di provvedimenti nel quale la soluzione del problema abitativo per i rom funge da volano per la riqualificazione dell'intero quartiere.



Impegni disattesi


In sede di Conferenza dei servizi l'amministrazione comunale si era impegnata a portare in Giunta Comunale entro il 15 dicembre la variante urbanistica che prevede il cambiamento di destinazione d'uso del terreno su cui sorgono le baracche, ultimo anello per arrivare finalmente alla fase operativa.
A seguito del mancato rispetto di questa scadenza, il Coordinamento cittadino (che raccoglie diverse realta' e associazioni impegnate con i rom di via dei Gordiani per la realizzazione del progetto) ha organizzato una prima fase di mobilitazione, ottenendo un incontro con l'Assessorato alle Politiche del Territorio del Comune di Roma.
In questo incontro, tenutosi all'inizio di gennaio, al quale era presente anche un funzionario della Regione Lazio, l'amministrazione si e' impegnata al rispetto di un calendario che prevedeva:
1) entro il 18 gennaio 2000 l'approvazione in giunta della delibera concernente la variante urbanistica
2) entro i trenta giorni seguenti, come previsto dalla legge (e quindi entro il 20 febbraio circa) l'acquisizione dei pareri della Circoscrizione e delle Commissioni comunali competenti
3) entro i trenta giorni successivi, la discussione della delibera in Consiglio Comunale (e siamo al 20 marzo circa)
4) l'organizzazione tempestiva della Conferenza propedeutica per l'accordo di programma, in modo da garantire la firma definitiva dell'accordo da parte del Presidente della Regione, prevista per l'8 aprile
Come si vede, tempi studiati in modo da scongiurare - nel rispetto di tutti i margini previsti dalla legge per i diversi adempimenti formali - il pericolo costituito dalle elezioni regionali del 16 aprile, dalle quali potrebbe emergere una maggioranza contraria al villaggio e capace di vanificare quattro anni di lavoro.
Analoghe assicurazioni venivano fornite al Coordinamento cittadino dai capigruppo dei principali partiti di sinistra, che governano la citta', e dal presidente della VI Circoscrizione (DS).
Dietro le quinte la situazione era ben diversa. Alcuni consiglieri DS della VI Circoscrizione alla presenza del capogruppo DS al consiglio comunale hanno scritto una relazione in cui venivano esposte sostanziali perplessita' a che la delibera venisse approvata. C'e' da dire che tutti gli appunti tecnici sollevati in questa sede erano gia' stati ampiamente discussi e risolti in Conferenza dei servizi; ma soprattutto che questo documento fornisce un'immagine denigratoria e distorta del popolo zingaro. Si afferma che i rom ''sono persone non educate al rigoroso rispetto delle regole'', si suggerisce l'introduzione di ''un presidio fisso di polizia, carabinieri ed esercito'' per controllare la situazione, si stigmatizzano i ''lussi che il progettista ha introdotto rispetto all'uso di materiali da costruzione'' proponendo in alternativa ''di realizzare abitazioni solide, con i requisiti primari aventi i requisiti di vivibilita', ma non delle case che presentano una tipologia che non e' presente nel territorio, tali ricercatezze stridono con gli
immensi palazzoni che costituiscono il quartiere''. (Va notato che la scelta di utilizzare materiali il piu' possibile naturali e durevoli non e' un vezzo dell'architetto ma nasce dall'esigenza di ridurre al minimo gli interventi di manutenzione, e i relativi costi, recependo le nuove normative riguardanti la bio-edilizia.
In sostanza, le casette di cinquanta mq destinate ai rom e costruite con i costi standard dell'edilizia popolare (circa 1.100.000 al mq) sembrano scandalizzare gli autori del documento perche', se realizzate, sarebbero troppo belle per gli zingari.) Il documento di questo gruppo di consiglieri DS si concludeva con un'affermazione lapidaria:
''e' ingiusto e immorale dare a pochi tanto e niente ai molti''.
Mentre in circoscrizione accadeva questo, la delibera concernente la variante urbanistica veniva bloccata in giunta comunale, contrariamente agli impegni assunti in Conferenza dei servizi e confermati dall'Assessore Cecchini ai rom e al Coordinamento Cittadino.

Il ripiego del campo attrezzato

Accantonato il  progetto di costruzione del villaggio sperimentale, (nel frattempo Storace e la destra si insediano in Regione), la giunta capitolina propone, ai rom e alle forze della maggioranza interessate a risolvere il problema abitativo dei rom di via dei gordiani, l'ipotesi della costruzione in tempi rapidissimi di un campo attrezzato con moduli abitativi, ciascuno dotato dei servizi igienici e dell'acqua corrente. 
In una serie di riunioni tra il maggio e giugno 2000, gli assessori Cecchini, Piva e Montino, i primi due fanno visita al campo più di una volta, mettono a punto il progetto: affitto dell'area dallo Iacp, stanziamento dei fondi in giunta, reperimento dei moduli abitativi, ...  Previsione di inizio lavori: immediata, tempi di realizzazione: tre-quattro mesi, prima comunque dell'inverno.

I lavori effettivamente cominciano il 2 agosto e vengono interrotti pochi giorni dopo per l'opposizione della Sovrintendenza ai Beni Archeologici, non consultata preventivamente ed ignara del progetto in atto (l'area in questione è sottoposta a vincolo ambientale e di PRG).

Il Coordinamento cittadino per via dei gordiani riprende la battaglia politica per i diritti dei rom di via dei gordiani.  Viene sottoscritto un appello internazionale a loro favore, che vede, tra le tantissime altre, anche le firme di tre premi nobel (Dario Fo, Jsè Saramago e Adolfo Perez Esquivel, ma anche Moni Ovadia, Goran Bregovic, Rossana Rossanda, Rita Borsellino, Marco Revelli, Enrico Ghezzi, Raniero La Valle, ...).  Viene organizzata una folto e vivace sit-in di protesta in Campidoglio, vengono tempestati di telefonate gli Uffici competenti.  Il Coordinamento riesce a svolgere anche un ruolo di mediazione tra Uffici che non si parlano (sic).

La risposta del Comune alla nuova situazione è la convocazione di una nuova Conferenza dei Servizi che deve rimettere intorno allo stesso tavolo le Sovrintendenze interessate (Beni Archeologici e Beni Architettonici), il Comune di Roma (XII Dipartimento), l'Ufficio Speciale Immigrazioni, la Regione Lazio.  La convocazione, effettuata dall'Ufficio della dott.ssa Montenero (XII dip.) viene fissata per il giorno 30 gennaio 2001.

Due insidie turbano i lavori della Conferenza: non esiste più un potere politico in Campidoglio (Rutelli dimissionario ha lasciato venti giorni prima la guida del Comune al Commissario prefettizio); e il parere, secondo il XII dipartimento vincolante, della Regione all'attuazione del progetto.

Nella riunione del 30 gennaio, come temuto, la Regione Lazio non interviene ma invia a firma del capo struttura Rinversi un parere negativo sulla costruzione del campo attrezzato, motivandolo con "ragioni tecnico-urbanistiche".
   Due giorni dopo, il 1° febbraio, la giunta regionale emana un provvedimento di indirizzo con il quale cancella il finanziamento relativo alla costruzione del villaggio sperimentale.  Un atto simbolico che non ha conseguenze pratiche immediate sul campo attrezzato, ma che indica l'ostilità della nuova giunta regionale nei riguardi della comunità rom di via dei gordiani.  Tale ostilità si riscontra nelle successive dichiarazioni dell'assessore alla casa Dionisi ("I rom di via dei Gordiani se ne devono andare" .. "Costruiremo al loro posto dei centri di accoglienza per handicappati") e soprattutto nell'iniziativa politica di Alleanza Nazionale (4 febbraio) nel quartiere di Casilino 23: un brindisi per festeggiare la decisione della Regione e la cacciata dei Rom.

Sulla base di un nuovo progetto, concordato in primo luogo con la Sovrintendenza ai Beni Archeologici (dott.ssa Buccellato), gli altri attori della Conferenza si dichiarano favorevoli all'attuazione del progetto.  Ma perchè si arrivi alla stesura definitiva del progetto ed alla successiva emanazione dei pareri favorevoli passano atri due mesi.
I lavori, nel frattempo, non riprendono, nonostante ciò venga espressamente concordato in sede di Conferenza dei servizi, almeno per tutta quella parte concernente le infrastrutture: luce, acqua, fogne, ...

L'ostacolo principale resta comunque quello della Regione Lazio.
Si moltiplicano le pressioni su quell'ente perchè conceda il parere favorevole.
Il Coordinamento cittadino organizza per il giorno di carnevale uno spettacolo nella piazza di Casilino 23 che vede la partecipazione l'intervento, a sostegno della causa dei rom di via dei gordiani, di Moni Ovadia,  Erri De Luca, Sandro Portelli, Pedrag Matvejevic.
La Scuola Elementare di Via Ferraironi si schiera dalla parte dei rom, organizzando assemblee con gli insegnanti ed i genitori, facendo votare un o.d.g. in tale direzione al Consiglio di Circolo e trascindando sulle sue posizioni l'intera rete scolastica del XIV e XV distretto.
Scende in campo anche la parrocchia S.Maria della Misericordia, che si trova adiacente all'attuale campo. Viene concordata una lettera aperta, a firma delle consigliere regionali Tarsia (CCd-Cdu) e Rodano (Ds), all'assessore Dionisi.

Il 24 aprile il capo struttura Rinversi emana, per la Regione il parere favorevole alla costruzione del campo attrezzato.
Sembrerebbe fatta, ma ancora una volta non è così.
Il XII Dipartimento del Comune di Roma chiede ancora, prima di muoversi, ulteriori garanzie. Sostenendo di volta in volta l'esistenza di problemi tecnici di sconosciuta natura, ritarda il suo intervento in attesa dell'esito delle elezioni amministrtive.

Il Coordinamento cittadino incontra nella campagna elettorale il candidato sindaco Veltroni, informandolo sui fatti e ricevendo rassicurazioni al riguardo.
Il 13 maggio il municipio di Roma VI viene conquistato ancora una volta dal centro-sinistra, mentre al primo turno Veltroni è in netto vantaggio sul candidato della destra.

Su pressione del coordinamento, gli uffici del XII dipartimento, riprendono l'iter burocratico. 
Il 21 maggio viene firmato il nuovo verbale di consegna dei lavori alla ditta appaltatrice.
Giovedì 24 maggio riprendono i lavori al campo: viene ricostruita la recinzione, vengono effettuati i primi scavi, vengono avviati nuovi sondaggi archeologici.
Domenica 27 maggio Veltroni diventa Sindaco di Roma.

Il 6 giugno nuovo stop ai lavori.
Il ritrovamento di un canale di scolo delle acque piovane è motivo per la Sovrintendenza ai Ben Archeologici per chiedere, senza invocare il blocco dei lavori, un'estensione dell'area di scavo, il che comporterà un'aggiunta di circa 300 milioni al preventivo di spesa dell'intero progetto.
Il XII Dipartimento non intende proseguire i lavori, come potrebbe, fino a che non abbia la certezza sulla totale copertura finanziaria dell'intera operazione.

Il 23 luglio, l'Assessore Milano invia una nota al XII Dipartimento e all'Assessorato ai Lavori Pubblici, nei quali informa l'avvenuto reperimento della somma in questione (inserimento nell'assestamento di bilancio) chiedendo la riattivazione immediata del cantiere, per consentire di completare i lavori prima del prossimo inverno.

Il cantiere è ancora chiuso.

                                                                                                                                            1° agosto 2001