Sant'Efisio

Da Cagliari fino a Pula c’è un viaggio, vecchio di secoli, che viene fatto ogni anno da un personaggio caro al sentimento popolare dei sardi.

Il personaggio è Sant’Efisio e il viaggio viene ripetuto, ogni 1°maggio, da quasi tre secoli e mezzo.

Il percorso è quello che prende l’avvio dalla chiesetta di Stampace intitolata al marti­re guerriero e si snoda attraverso le località che costeggiano l’arco occidentale del Golfo degli Angeli: Capoterra, Sarroch, Villa San Pietro, Pula, Nora. Per compierlo, Sant’Efisio ed il suo seguito coloratissimo impiegano due giorni in andata e altrettanti per il ritorno.

Al di là del fatto religioso, questo è un viaggio di straordinaria suggestione perché consente di compiere un sorprendente itinerario all’interno della memoria, del costume, della storia stessa del popolo sardo.

Il 1°  maggio di ogni anno, infatti, si rea­lizza come d’incanto la più incredibile assemblea di popolo della Sardegna. I gruppi in co­stume arrivano dalle quattro province portando  ciascuno un pezzo della propria anima più antica. E, ad accoglierli, trovano una folla che nessun’altra processione può sperare di poter riunire: centomila persone, forse più.

E il miracolo si ripete, annualmente, a conferma di una partecipazione che il tempo, misteriosamente, non ha logorato e che si manifesta con uguale intensità lungo il viaggio del Santo: da Capoterra a Sarroch, da Villa San Pietro a Pula e Nora. In questi centri, anzi, la festa di Sant’Efisio rappresenta l’av­venimento popolare più importante dell’anno. Non c’è da stupirsene perché la sagra costituiva evento eccezionale già nei secoli scorsi.

Insomma, chi vuol conoscere e capire un po’ del nostro folklore farà bene a non farsi sfuggire, almeno una volta, questo appuntamento: occasione irripetibile per poter veder da vicino i costumi tradizionali della Sardegna, ma  anche, per gustare i pani e i dolci della festa, sentire i canti della tradizione vedere le danze che  nel movimento ripetono rituali antichi e misteriosi.

Percorriamolo insieme, dunque, questo itinerario, soffermandoci ad osservare con un pò di attenzione i particolari più interessanti.

A Capoterra gli abitanti hanno dedicato una chiesa non priva di interesse artistico. Costruita nel XVI secolo, è stata successivamente sottoposta a lavori di restauro che hanno però lasciato inalterati gli elementi tardo gotici della costruzione originaria.

Il 1° maggio la chiesa si anima di gente festosa ma il fatto curioso è che gli abitanti preferiscono poi raggiungere un ‘altra chiesetta dedicata a Sant’Efisio e che si trova sui monti che circondano il paese. Qui si consu­ma il rituale consuetudinario delle sagre campestri fatto di arrosti succulenti cucinati all'aperto, dolci fatti in casa e il pane cotto al forno a legna: pane dal sapore ineguagliabile, che le donne di Capoterra conoscono l’arte abilissima di cucinarlo, come testimonia l'esistenza in paese di un cognome diffusissimo, Farìgu, che veniva attribuito a coloro che, per lavoro, avevano a che fare con la farina, come i mugnai ed i fornai.

 

Il viaggio del Santo guerriero, prosegue la sera del 1° maggio,che, giunge a Sarroch in un’atmosfera irreale. Le strutture spaziali della città industriale, infatti, contrastano incredibilmente con il corteo di pellegrini al seguito del Santo che, giungendo verso il tramonto a Sarroch stabilisce per qualche minuto un rapporto improbabile tra due mondi così lontani tra loro.

I fedeli attendono il Santo in una locali chiamata S’Antigòri, un nome che significa luogo antico e che in tempi lontani fu abitato da popolazioni nuragiche.

Un tempo il carro di Sant’Efisio giungeva a Sarroch attraversando sentieri di campagna, tra campi di grano e distese sconfinate di frutteti. Ora questa atmosfera non c’è più, anche se il passaggio del Santo è seguito con religiosa commozione A Sarroch Sant’Efisio viene ospitato, per  la notte, nella Chiesa di Santa Vittoria.

A questa Santa, che è anche la Patrona deI paese, è dedicata la sagra più importante. Si svolge nella terza domenica di settembre, come un tempo, ma ha perso il sapore dell' antica sagra. Il rapido processo di industrializzazione che ha coinvolto questo centro, infatti,. ha cancellato usanze e mentalità di una cultura che, ormai, appartiene al passato. Per Santa Vittoria, comunque, gli amanti della tradizione gastronomica possono ancora gustare del buon pesce ed i saporiti dolci di mandorla.

Ma torniamo al viaggio di Sant’Efisio the. da Sarroch, riparte per Pula facendo sosta a Villa San Pietro, piccolo centro di origine romana che nel Medioevo era chiamato San Pietro di Pula. Anche qui la festa più importante dell’anno è quella che il paese organizza per l’arrivo di Sant’Efisio. Allora si ripete l' uso antico di «Sa Ramadura» che consiste nel ricoprire la strada su cui passerà il Santo di erbe profumate e fiori, mentre sui balconi delle case vengono stese coperte colorate e arazzi. Il Santo sosta davanti alla chietta romanica intitolata a San Pietro e molti fedeli  ne approfittano per appendere al suo mantello fotografie di familiari bisognosi di un intervento divino.

Chi ama le feste popolari può tornare in questo luogo anche negli ultimi giorni di giugno, quando si festeggia San Pietro. Allora si ricrea  magicamente l’atmosfera tipica delle feste di paese fatte di bandierine colorate, festoni, specialità gastronomiche. 

Noi. intanto, riprendiamo il viaggio insieme a Sant'Efisio che, la mattina del 2 maggio, lascia Villa San Pietro per recarsi a Pula. Pochi chilometri separano i due paesi che, nel secolo scorso, furono al centro di una disputa a causa di una campana di stile spagnolo che fu trasferita a Pula da uno dei tanti conventi che si trovavano a Villa San Pietro. Forse si trattò del regalo di un frate ma vi fu qualcuno che accusò i pulesi di aver portato via la campana senza nessuna autorizzazione.

L’episodio sembra si sia verificato 170 anni fa quando a Pula venne assegnato il pri­mo parroco della sua storia.

La storia della campana rubata, comunque, non ha guastato i rapporti tra gli abitanti dei due centri. E ciò, grazie anche alla sagra di Sant’Efisio che ha contribuito a favorire, tra i due paesi, un clima di buon vicinato.

A Pula Sant’Efisio riceve ogni anno un’accoglienza fastosa. Sindaco, alternos, l’intera municipalità, la banda musicale ed i gruppi in costume attendono il cocchio del Santo nel ponte di «Su rondò». Lungo il passaggio del martire le donne gettano petali di rose, mirto, mentuccia, gerani, gigli. C’è un’atmosfera di grande festa e di intensa commozione. Tra i colori spiccano quelli del bellissimo costume di Pula. Quello femminile si fa ammirare soprattutto per le decorazioni floreali e per i gioielli di finissima fattura; quello maschile presenta ancora un capo ormai raro dell’abbigliamento tradizionale, la mastrucca, che è un lungo mantello di pelle di pecora o di montone.

Il turista che arriva a Pula il 2 maggio ha la fortuna di vedere il paese durante uno dei giorni più felici dell’anno ma perde una piccola opportunità che nasconde un fatto curioso. Nella parrocchia di San Giovanni Battista è conservata una copia di Sant’Efisio, opera di un ignoto artigiano. Questa statua viene portata in processione una volta sola: il 1° maggio, in coincidenza con la processione che si svolge a Cagliari. La statua viene messa dentro un cocchio e sfila nelle stradine del paese, tra la gente più umile, dove il Sant’Efisio della festa grande non potrebbe arrivare mai. Un Sant’Efisio dei poveri, dunque, e un altra dimostrazione della grande devozione popolare che accompagna questo Santo.

Da Pula Efisio ed il suo seguito si spo­stano per recarsi a Nora. Qui si conclude il suo viaggio. Proprio nel punto in cui egli ven­ne decapitato e dove - per strana coincidenza - si trova registrato l’atto ufficiale di na­scita della Sardegna. In una stele dell’800 avanti Cristo si trova scritto infatti, per la prima volta, il nome Shardan con cui i fenici chiamarono l’isola che i greci, in precedenza, avevano denominato Ichnusa.

 
 

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