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BOCCHE DI PRESA

L’acqua per l’irrigazione, è sempre stata considerata fin dal Medioevo un bene di grande valore che andava regolato e distribuito adeguatamente. Si inventarono così dei manufatti detti “modulatori”. Il più antico modulatore risale al 1200 ed è chiamato “ bocca di fregio”, una lastra di pietra con una apertura rettangolare posta nella sponda del canale. Le bocche di presa, perfezionate nel corso dei secoli ed ancora presenti lungo il Naviglio Grande, funzionano così: nella sponda del Naviglio è tagliata un’apertura rettangolare, delimitata generalmente da quattro lastre di pietra e munita di una paratoia mobile in ferro o legno, per regolare l’immissione dell’acqua nel canale derivato. Ad essa si integrano, a seconda delle diverse epoche, altri manufatti, come la “vasca calma” e la “tromba coperta” (non visibili perché sotto l’alzaia), dove l’acqua ristagna prima di passare attraverso una seconda paratoia di regolazione, oppure, l’idrometro, indicatore del livello delle acque prelevate. Il complesso di queste opere è in muratura, ad eccezione delle paratoie e dei sistemi “a vite”, per la regolazione delle stesse, generalmente in ferro. Nel 1574 l’Ingegnere Giacomo Soldati ideò un tipo di modulatore da applicare sul Naviglio Grande denominato “edificio magistrale milanese”, impiegato in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia. Con tale manufatto era possibile determinare portate d’acqua definite e costanti, ed il suo utilizzo durò fino alla seconda metà del 1800, quando vennero introdotte le bocche modulate a carico regolabile che garantivano una portata d’acqua prestabilita e costante. Tale manufatto che si chiamò “edificio modulatore a stramazzo” è costituito da: incile di presa, vasca di calma, modulatore, indicatore di livello. Dal canale si diramavano i condotti che arrivavano alla singola particella catastale, e ad ogni passaggio da un condotto all’altro l’acqua veniva regolata e misurata. Questo complesso sistema che regolava le “acque vive”, cioè quelle provenienti da fiumi, laghi, torrenti, fontanili e serbatoi che non erano state usate per una precedente irrigazione, era completato da una altrettanto fitta rete di smaltimento delle “acque morte”, quelle, cioè, derivanti da precedenti irrigazioni e che venivano riportate nel corso d’acqua naturale attraverso condotti.

 

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