Una migliore qualità della vita
confrontarsi prima di approdare ad una riorganizzazione
adattiva della propria vita: superando lo shock, la negazione, la
depressione, l'ansia, il rifiuto, la rabbia, il senso di colpa, la
vergogna
D.ssa Silvia Mignani
Psicologa presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
‑ Roma
La
nascita di un bambino, in qualche, modo diverso da quello atteso e
fantasticato durante la gravidanza, genera forti emozioni negative e
va ad incidere in misura soggettiva sui sistemi relazionali e sui
sistemi personali di riferimento interiore. Subiscono un forte impatto
emotivo i rapporti di coppia, quelli con la famiglia di origine, con gli
altri figli, con gli amici e viene messo profondamente in crisi il
concetto di Sé e di Sé in proiezione futura.
La comunicazione della diagnosi si pone come un incidente
evolutivo nella storia personale e familiare. La direzione e la natura
dell'evoluzione dipenderà poi dalle caratteristiche della personalità
di ognuno e dalla qualità e forza dei legami stabiliti nella coppia.
In letteratura sono descritte alcune reazioni emotive con
cui i genitori finiscono inevitabilmente con il confrontarsi prima di
approdare ad una riorganizzazione adattiva della loro vita: lo shock, la
negazione, la depressione, l'ansia, il rifiuto, la rabbia, il senso di
colpa, la vergogna.
L'intensità e la durata di queste reazioni é determinata
dalla interazione di due fattori: la struttura di personalità dei
genitori e le dinamiche relazionali e interazionali di coppia e familiari.
Anche se non può avere valore predittivo rispetto all'evoluzione della
crisi per la nascita di un bambino malformato é sicuramente importante
la struttura della famiglia e la sua composizione.
Una coppia giovane, sposata da poco tempo, reagirà
diversamente rispetto ad una coppia che ha potuto sperimentare più a
lungo i ruoli di marito e moglie; possono esserci differenze se il bambino
é figlio unico o ha altri fratelli, se é un primogenito o se occupa
un'altra posizione tra i fratelli; se convivono nonni e quanto
interferiscono sull'organizzazione della famiglia.
L'atteggiamento educativo dei genitori é fondamentale
per la crescita sana del bambino, ma l'atmosfera educativa ottimale,
amore‑autonomia che sottintende fiducia in sé ed accettazione del
bambino per sé stesso e non per quello che deve essere per rispondere
alle proprie aspettative, é già difficile da raggiungere in situazioni
cosiddette normali ‑e può diventare irranggiungibile quando la
diversità catalizza i pensieri dei genitori. I possibili ripetuti
interventi chirurgici con le conseguenze emotive per i componenti della
famiglia, le pratiche cliniche intrusive quali la rieducazione dello
sfintere con altrettante conseguenze psicologiche e possibili reazioni
di rifiuto, vergogna, passività; la necessità di parlare con chiarezza e
lealtà al bambino della sua malattia fanno sì che risulti difficile
mantenere un atteggiamento di serenità interiore che orienti i genitori
ad essere autorevoli con il bambino, richiedenti il rispetto di regole e
limiti senza divenire ipercontrollanti o iperprotettivi o ostili o
permissivi. Le atresie ano-rettali, non considerando le possibili
anomalie associate, divengono un reale problema psicologico e sociale
intorno ai 2‑3 anni del bambino quando dovrebbe stabilirsi il
controllo sfinterico ed avvenire l'ingresso nella scuola materna.
La naturale evoluzione psicologica del bambino fa sì che
proprio in questo periodo siano più esplicite le condotte aggressive,
oppositive e di ostinazione. E' il periodo del "no", delle sfide
al potere dei genitori, delle trasgressioni al controllo sfinterico
appena acquisito.
Ai genitori occorre molta fermezza ed equilibrio per
aiutare il bambino a far sì che una fase evolutiva importante e
transitoria non si trasformi in un "braccio di ferro" tra loro
ed il figlio e non si protragga oltre un tempo adeguato.
Il bambino deve interiorizzare i concetti cognitivi ed
affettivi del dentro/fuori, pieno/vuoto, sporco/pulito, intero/rotto,
rabbia/serenità, e riferirli positivamente a sé stesso; ed ai
genitori.
Il discorso potrebbe continuare a lungo, ma é importante
sottolineare quanto, in una fase così delicata ed importante per
l'evoluzione psicologica del bambino e che riguarda in modo così diretto
le dinamiche relazionali con i genitori, il bambino portatore di atresia
ano‑rettale sperimenti sentimenti di confusione nel suo ambiente
familiare e pratiche cliniche intrusive e fastidiose sul suo corpo.
Anche per noi operatori non é facile stabilire con
certezza se il livello di collaborazione del bambino é rispondente alle
sue possibilità o se gli aspetti psicologici accennati prima, riducano
o distorcano le sue risposte.
E' comunque certo che i bambini, anche se in maniera
soggettiva, quando sono esposti a sollecitazioni esperenziali intense ed
effettivamente coinvolgenti, raggiungono più in fretta dei coetanei
alcune tappe evolutive per quanto riguarda la comprensione di concetti
ed associazione di concetti.
La psicologia, ed in particolare quella parte della
scienza che studia l'età evolutiva in relazione anche alla malattia e
le dinamiche relazionali familiari e di coppia, può fornire un contributo
significativo verso una maggiore comprensione degli aspetti
emotivoaffettivi
e relazionali delle famiglie con un bambino con atresia anorettale e
verso il raggiungimento di una migliore qualità di vita.
Esiste una scarsa presenza di letteratura psicologica
specifica sulle malformazioni ano‑rettali, ma molti e significativi
punti di riferimento per quanto concerne le malformazioni in genere, le
ospedalizzazioni e le famiglie con figli portatori di disabilità.
La strada che porta verso una migliore qualità di vita
deve prevedere però anche un lavoro interdisciplinare tra i vari
specialisti che seguono il bambino per poter rimandare ai genitori una
immagine del figlio "intera" e non frazionata dalle diverse
patologie e dalle diverse pratiche clinico/ strumentali.