Esperienze: la storia di Daniele
Daniele
Mi chiamo Daniele ho 25 anni vivo a Roma e sono nato
con una atresia ano rettale . Non ho intenzione di fare un resoconto della
mia storia clinica né di descrivere gli aspetti legati alla convivenza
quotidiana con l'incontinenza e con le pratiche ad essa legate. Riguardo
questi ultimi aspetti ho attraversato fasi alterne di regolarità,
stanchezza, di entusiasmo nei periodi in cui ho avuto qualche forte
motivazione esterna (vedi partner) che mi ha fatto superare di slancio un
naturale sentimento di insofferenza che ho verso il rispetto di regole
prefissate. Vorrei piuttosto tracciare un breve "percorso
interiore" che, pur essendo personale e quindi meno generalizzabile,
è probabilmente più interessante. Procederò necessariamente "con
l'accetta" nelle mie riflessioni in quanto trascurerò tutta una
serie di esperienze contingenti e di caratteristiche personali necessarie
per una descrizione più vicina alla realtà. Durante l'infanzia una mia
naturale voglia di vivere e l'atteggiamento dei miei genitori mi hanno
fornito di una grande sicurezza di fondo in me stesso. Mia madre e mio
padre hanno sempre cercato di creare le condizioni affinché la mia vita
(scuola,rapporti sociali, sport) fosse il più vicino possibile a quella
di un bambino qualunque; senza nascondere il mio problema, anzi cercando
di renderne in qualche modo partecipi i diversi "ambienti"
(intendo istituzioni scolastiche, società sportive ecc.) con cui venivo
in contatto, hanno lasciato che facessi le mie esperienze e camminassi da
solo. La mia reazione istintiva è stata fin da allora quella di
nascondere il mio problema e affrontare con freddezza, ottimismo e
noncuranza qualunque tipo di avversità. La sicurezza che possedevo mi è
stata utile nel periodo che normalmente si ritiene più problematico, cioè
quello adolescenziale, di cui ho un ricordo molto bello: posso dire senza
presunzione di aver trascorso un'adolescenza più felice della media dei
ragazzi "normali" con una vita sociale e sentimentale ricca e
intensa. Fra ragazzi si stabiliscono infatti rapporti di complicità senza
entrare necessariamente nella sfera intima. Non parlavo del mio problema
di incontinenza semplicemente perché mi sembrava di non averne bisogno:
riuscivo a nasconderlo piuttosto bene (almeno così credo) e mostrando
esteriormente fiducia in me stesso venivo ripagato dal "gruppo"
con una moneta che apprezzavo; pensavo che parlarne mi avrebbe solamente
sminuito agli occhi degli altri e che in definitiva non ne avrei tratto
alcun vantaggio. Ho rimosso consapevolmente l'incontinenza dalla mia vita
sociale (da questo momento in poi anche il dialogo con i miei genitori è
stato spesso poco esplicito e diretto) riportandola ad una dimensione
personale senza comunque mai sentirmi "malato". Non posso negare
di essermi trovato innumerevoli volte in situazioni imbarazzanti male ho
sempre superate semplicemente chiudendo gli occhi e andando avanti come se
nulla fosse mai accaduto, senza mai renderne partecipi amici o famiglia;
non mi ponevo domande e non chiedevo mai più di quello che potevo
ottenere senza espormi. Se questo è un atteggiamento in qualche modo
auspicabile in età infantile ‑adolescenziale ("..speriamo che
il ragazzino non si crei troppi problemi.. ") esso a mio avviso
mostra il suo rovescio della medaglia in età più adulta in quanto va a
colpire la serenità e la ricchezza dei rapporti con le altre persone:
aver imparato a basare le proprie relazioni con gli altri solo
sull'apparenza nei suoi molteplici aspetti (vedi competizione) e non sulla
confidenza e sull'aiuto reciproco è pericoloso e comunque rende più
difficile la comprensione di ciò che ci circonda; non aver imparato a
distinguere fra le persone e aver creato delle difese che non si abbassano
neanche di fronte a gesti sinceri di amicizia e di affetto è
controproducente. Io ho infatti iniziato ad avvertire attorno ai 20 anni
una certa incapacità a comunicare veramente e a stabilire un contatto
sincero con gli altri, una incapacità generalizzata e non ristretta
(perlomeno non solo ristretta) al dialogo sul mio problema di
incontinenza. Questo mi ha portato a troncare molti rapporti sul nascere
sentendo che non sarei riuscito a portarli avanti, a mantenere solo quelli
che potevo controllare tranquillamente, a considerare me stesso, a volte,
solamente come (insieme di quei comportamenti esteriori che avevo
costruito. Ho perso in definitiva (aiutato in questo dall'abitudine) gran
parte di quell’entusiasmo che possedevo e sono emerse insicurezze e
timori prima sconosciuti. E' quindi questo un periodo piuttosto difficile
in cui spero di scoprire un modo nuovo di rapportarmi agli altri; a questo
proposito mi ha fatto piacere sapere della nascita dell’AIMAR: per dei
bambini crescere insieme a coetanei diversi che condividono gli stessi
problemi aiuta a capire chi si è veramente aldilà dell'handicap,
permette di avere un confronto sereno e tranquillo e, forse, insegna a
scherzare, piangere ridere delle disavventure comuni. In bocca al lupo
....... |