Aimar associazione                                2/1997

Esperienze: la storia di Daniele

 Daniele

 Mi chiamo Daniele ho 25 anni vivo a Roma e sono nato con una atresia ano rettale . Non ho intenzione di fare un resoconto della mia storia clinica né di descrivere gli aspetti legati alla convivenza quotidiana con l'incontinenza e con le pratiche ad essa legate. Riguardo questi ultimi aspetti ho attraversato fasi alterne di regolarità, stanchezza, di entusiasmo nei periodi in cui ho avuto qualche forte motivazione esterna (vedi partner) che mi ha fatto superare di slancio un naturale sentimento di insofferenza che ho verso il rispetto di regole prefissate. Vorrei piuttosto tracciare un breve "percorso interiore" che, pur essendo personale e quindi meno generalizzabile, è probabilmente più interessante. Procederò necessariamente "con l'accetta" nelle mie riflessioni in quanto trascurerò tutta una serie di esperienze contingenti e di caratteristiche personali necessarie per una descrizione più vicina alla realtà. Durante l'infanzia una mia naturale voglia di vivere e l'atteggiamento dei miei genitori mi hanno fornito di una grande sicurezza di fondo in me stesso. Mia madre e mio padre hanno sempre cercato di creare le condizioni affinché la mia vita (scuola,rapporti sociali, sport) fosse il più vicino possibile a quella di un bambino qualunque; senza nascondere il mio problema, anzi cercando di renderne in qualche modo partecipi i diversi "ambienti" (intendo istituzioni scolastiche, società sportive ecc.) con cui venivo in contatto, hanno lasciato che facessi le mie esperienze e camminassi da solo. La mia reazione istintiva è stata fin da allora quella di nascondere il mio problema e affrontare con freddezza, ottimismo e noncuranza qualunque tipo di avversità. La sicurezza che possedevo mi è stata utile nel periodo che normalmente si ritiene più problematico, cioè quello adolescenziale, di cui ho un ricordo molto bello: posso dire senza presunzione di aver trascorso un'adolescenza più felice della media dei ragazzi "normali" con una vita sociale e sentimentale ricca e intensa. Fra ragazzi si stabiliscono infatti rapporti di complicità senza entrare necessariamente nella sfera intima. Non parlavo del mio problema di incontinenza semplicemente perché mi sembrava di non averne bisogno: riuscivo a nasconderlo piuttosto bene (almeno così credo) e mostrando esteriormente fiducia in me stesso venivo ripagato dal "gruppo" con una moneta che apprezzavo; pensavo che parlarne mi avrebbe solamente sminuito agli occhi degli altri e che in definitiva non ne avrei tratto alcun vantaggio. Ho rimosso consapevolmente l'incontinenza dalla mia vita sociale (da questo momento in poi anche il dialogo con i miei genitori è stato spesso poco esplicito e diretto) riportandola ad una dimensione personale senza comunque mai sentirmi "malato". Non posso negare di essermi trovato innumerevoli volte in situazioni imbarazzanti male ho sempre superate semplicemente chiudendo gli occhi e andando avanti come se nulla fosse mai accaduto, senza mai renderne partecipi amici o famiglia; non mi ponevo domande e non chiedevo mai più di quello che potevo ottenere senza espormi. Se questo è un atteggiamento in qualche modo auspicabile in età infantile ‑adolescenziale ("..speriamo che il ragazzino non si crei troppi problemi.. ") esso a mio avviso mostra il suo rovescio della medaglia in età più adulta in quanto va a colpire la serenità e la ricchezza dei rapporti con le altre persone: aver imparato a basare le proprie relazioni con gli altri solo sull'apparenza nei suoi molteplici aspetti (vedi competizione) e non sulla confidenza e sull'aiuto reciproco è pericoloso e comunque rende più difficile la comprensione di ciò che ci circonda; non aver imparato a distinguere fra le persone e aver creato delle difese che non si abbassano neanche di fronte a gesti sinceri di amicizia e di affetto è controproducente. Io ho infatti iniziato ad avvertire attorno ai 20 anni una certa incapacità a comunicare veramente e a stabilire un contatto sincero con gli altri, una incapacità generalizzata e non ristretta (perlomeno non solo ristretta) al dialogo sul mio problema di incontinenza. Questo mi ha portato a troncare molti rapporti sul nascere sentendo che non sarei riuscito a portarli avanti, a mantenere solo quelli che potevo controllare tranquillamente, a considerare me stesso, a volte, solamente come (insieme di quei comportamenti esteriori che avevo costruito. Ho perso in definitiva (aiutato in questo dall'abitudine) gran parte di quell’entusiasmo che possedevo e sono emerse insicurezze e timori prima sconosciuti. E' quindi questo un periodo piuttosto difficile in cui spero di scoprire un modo nuovo di rapportarmi agli altri; a questo proposito mi ha fatto piacere sapere della nascita dell’AIMAR: per dei bambini crescere insieme a coetanei diversi che condividono gli stessi problemi aiuta a capire chi si è veramente aldilà dell'handicap, permette di avere un confronto sereno e tranquillo e, forse, insegna a scherzare, piangere ridere delle disavventure comuni. In bocca al lupo .......

 
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