Aimar associazione                                3/1998

INSIEME A KATHLEEN GUARDINO

 

30 MAGGIO – 10 GIUGNO 1998 Long Island Jewish Medical Center . New York.

Esperienze di due infermiere pediatriche nel reparto di chirurgia digestiva del Long Island Jewish Medical Center.

 

 

Antonella Nicolardi

Cristina Salvucci

 

Non dimenticheremo facilmente questi dodici giorni di permanenza negli USA in particolare nell’ospedale pediatrico dove abbiamo partecipato ad un corso di aggiornamento chirurgico e assistenziale infermieristico sul “trattamento delle malformazioni ano-rettali” e sul “Bowel management” cioè sulla gestione dal punto di vista della pulizia intestinale e della continenza.

Il nostro coinvolgimento e la nostra partecipazione all’organizzazione ospedaliera è stata totale ma in particolare il nostro stage riguardava il dipartimento di chirurgia dove lavora e opera il Dr. A. Pena.

Preziosa guida durante tutta la durata del corso è stata Kathleen Guardino, infermiera enterostomista, collaboratrice, del Dr. Pena.

Il clima di fiducia e di serenità che si trovava tra i bambini operati lo si trovava nell’ambulatorio dove il Dr. Pena visita i pazienti affetti da mar. La visita in questa consulta è stata parte integrante del nostro soggiorno allo Schneider Children’s Hospital. Ciò ci ha consentito di constatare i risultati nel tempo nei pazienti operati e successivamente gestiti dai genitori a domicilio con il cosidetto “Bowel Management Programme”. Per i pazienti che sono già stati operati in occasione di una loro visita il Dr. Pena propone di effettuare un esame radiologico dell’addome per verificare le condizioni di pulizia dell’intestino e l’enterostomista consiglia e guida i genitori sul tipo di gestione da eseguire a casa. 

Tutto avviene in modo molto tranquillo e sereno, quasi avvolto in un tepore famigliare dove i bambini si muovono e si lasciano visitare senza paura.

Che cosa è in pratica il “bowel management program”?   - Si tratta di una tecnica attraverso la quale si tenta di insegnare ai genitori a mantenere il bambino “pulito” ovviando quindi ai problemi legati all’incontinenza fecale nei vari momenti della vita sociale (scuola, sport, ecc.) che, a volte, possono trasformare questi pazienti in veri emarginati.

Eseguendo dei semplici clisteri ogni 24-48 ore, con modalità e tempi adattati alle esigenze dei singoli bambini, a seconda del grado di continenza, si riescono quasi sempre ad ottenere buoni risultati:

·        Una pulizia intestinale ottimale, per uno o più giorni, e conseguentemente

·        Mutandine pulite, il che significa assenza di cattivi odori e se, inoltre a tutto questo si associa una dieta equilibrata e controllata i risultati sono veramente soddisfacenti.

 

Infatti, una cosa molto importante da far capire ai genitori è cercare di individuare tramite anche l’apporto di una dietista, quali sono glie eventuali alimenti che possono creare nel bambino problemi di stitichezza o diarrea.

Una volta focalizzata l’attenzione sulla causa scatenante della costipazione o dell’irritazione intestinale, bisogna eliminare l’alimento dalla dieta del paziente. Il bambino deve essere sempre a conoscenza di tutto quello che gli accade facendogli conoscere ogni singola manovra e ogni variazione di programma, in modo tale, che quando sarà in grado di fare da solo (età adolescenziale) saprà essere un buon gestore di se stesso.

E’ sorprendente vedere come, tramite semplici accorgimenti comportamentali e dietetici (e solo in minima parte farmacologici, sotto forma di lassativi), si possano ottenere soddisfacenti risultati, ottenendo il recupero di pazienti in cui l’incontinenza fecale aveva ripercussioni sull’intera famiglia.

L’impressione che deriva è quella del ruolo chiave dell’infermiera/enterostomista che agisce da tramite fra le indicazioni del medico e le problematiche della famiglia che spesso sono assai più profonde ed articolate di quello che i protocolli prevedono e che quindi richiedono da parte dell’infermiera pediatrica una buona dose di impegno psicologico. E’ auspicabile che anche presso di noi si possano creare le condizioni per un così stretto rapporto di collaborazione tra l’equipe medico-infermieristica e i genitori al fine di adeguare l’assistenza di questi pazienti a standard più elevati di qualità, senz’altro, come verificato di persona.

 
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