CENNI STORICI SULLE MALFORMAZIONI ANO-RETTALI
La nascita di un bambino con malformazione
ano‑rettale (MAR) fu, nell'antichità, motivo di sconforto ed
apprensione, non tanto per la condizione del neonato, quanto perchè i
genitori consideravano la malformazione come un segno di cattivo auspicio.
In essa si riconosceva l'espressione di un castigo divino ed il presagio
di tempi sfavorevoli per i genitori e per la comunità. £evoluzione del
pensiero cancellò lentamente questa interpretazione sovrannaturale
dell'evento e la sostituì con un accettazione passiva di quella che
venne, negli anni seguenti considerata come la nascita sfortunata di un
bambino destinato a morte certa. I primi resoconti di malformazioni
ano‑rettali e del loro trattamento, ci provengono dalle valli del
Nilo, Tigri, Eufrate, grembo delle grandi civiltà della storia umana. La
medicina aveva una base principalmente religiosa ed era praticata dalle
caste sacerdotali. Le malattie e le deformità erano considerate opera dei
demoni e "guarite" con formule magiche e l'aiuto degli dei. In
quest'ottica si inserisce il testo di una preghiera contenuta in un papiro
egizio risalente al 1660 a.C.. In essa la madre implora la crudele figlia
di Osiride affinché "non infierisca sull'ano del suo bambino"
poichè persino gli dei provano disgusto di ciò". La disperazione ed
il terrore proveniente dalla nascita di un bambino con tale malformazione
si rinvengono su una lastra di pietra proveniente dalla biblioteca del re
Assurbanipal Odi Ninive (650 a.C.): "Quando una donna partorirà un
bambino il cui ano sarà chiuso allora tutta la terra soffrirà la
carestia". I primi tentativi di spiegare l'eziologia delle
malformazioni ano‑rettali, al di fuori del misticismo e della magia,
si hanno con la medicina Greco/Romana. Empedocle di Agrigento
(482‑424 a.C.), riteneva le malformazioni il risultato di
un'alterazione quantitativa dello sperma maschile e femminile. Democrito
(460‑370 a.C.), ribadendo il ruolo fondamentale dello sperma e
sostenendone l'esistenza di due differenti tipi; spiegava le malformazioni
anorettali in questi termini: " ....i liquidi incontratitsi in
successione e non simultaneamente, distruggono l'ordine e l'armonia
dell'individuo nell'utero". Nell'antica Roma i bambini malformati
erano abbandonati presso la Colonna Lattaria dove venivano allattati dalle
"madri pietose" fino al decesso. Un cambiamento di questa
abitudine si ebbe con Sorano di Efeso, il primo pediatra dell'antica Roma,
vissuto sotto Traiano. A lui si devono i primi scritti sul trattamento di
questi neonati: " .... con il dito mignolo, la cui unghia dovrà in
precedenza essere tagliata, l'ano deve essere dilatato e la sottile
membrana, che in molti casi si é sviluppata intorno ad esso, divisa, in
modo che il deflusso delle feci non sia ostruito. La sostanza chiamata
meconio sarà subito evacuata. L'opera di Sorano fu così significativa
che, tradotta in latino nel V secolo da Aureliano Celio (360‑444),
rimase valida fino al Rinascimento. Le maggiori conoscenze sulle
malformazioni ano‑rettali, sono giunte a noi tramite gli scritti di
Paolo di Egina (625‑669), l'ultimo dei grandi medici greci. Nella
sua raccolta di opere si trova la prima descrizione di un intervento
operatorio. Con la caduta dell'Impero Romano, vennero meno molti valori
culturali; umani e medici. I pochi che rimasero furono salvati
principalmente dai monaci. Tuttavia l'occuparsi dello studio delle scienze
naturali divenne, sotto l'influenza della dottrina cristiana, un peccato.
Durante questo periodo di stagnazione intellettuale dell'antica Europa, la
ricchezza del sapere greco‑romano fa custodita dagli Arabi, grazie
alle traduzioni degli scritti di Paolo di Egina. Nel periodo compreso tra
il XV ed il XVIII secolo si ritrovano una serie di descrizioni individuali
che abbracciano diverse varianti malformative. Questo tipo di
suddivisione, pur rivestendo attualmente un significato esclusivamente
storico, ci permette di esaminare quelli che erano gli orientamenti
terapeutici del tempo. Una descrizione sul trattamento della stenosi
anorettale congenita ci perviene ad opera di Johann Schultes, che fu
chiamato, nel 1640 nella città di Ulma (Germania), presso un neonato
portatore di tale malformazione. Poiché i genitori non acconsentirono
all'operazione, fu costretto ad effettuare una graduale dilatazione con
radici di genziana. Schultes riferisce di aver conosciuto a Padova una
ostetrica esperta in anomalie ano‑rettali. "Apriva l'ano"
con una sonda acuminata ed allargava il canale con radici di genziana che,
lasciate in situ, diventavano turgide assorbendo il liquido e favorendo il
passaggio delle feci. L'uso di sostanze spugnose é stato mantenuto per
lungo tempo. Jersant descrive nel 1857 una sua sfortunata esperienza con
tale tecnica, conclusasi con la morte del bambino. Nel caso, invece, di
malformazioni ano‑rettali con fistola vaginale, potendo la
malformazione consentire un buon flusso di feci attraverso la fistola,
spesso l'anomalia veniva diagnosticata per la prima volta durante la
gravidanza. La prima operazione di successo fu compiuta da Mantell nel
1786 su una bambina di pochi giorni. Infine, tra le descrizioni che
riguardano le malformazioni anorettali con fistola retto‑cloacale,
é rimasto famoso il caso di M. Louis, a Parigi, nel 1753. Nella sua tesi
Louis presentò il caso di una ragazza felicemente sposata, con ano
cloacale, i cui flussi mestruali avvenivano attraverso "l'ano".
La descrizione delle modalità di accoppiamento dei coniugi, cui segui la
nascita del figlio, costò al Dr. Louis un processo penale. Solo
l'intervento del Papa, più lungimirante del parlamento di Parigi, assolse
dall'accusa il Dott. Louis. La tesi fu pubblicata nel 1754. Nell'800 il
trattamento delle MAR risultava già abbastanza codificato per le forme
con fistola perineale o vulvare, che non presentavano grandi difficoltà
chirurgiche, tutte le forme più alte di malformazione rimanevano un serio
problema in termini di strategia operatoria. Dieffenbach, nel 1854,
propose per primo un intervento tramandato alla storia con il nome di
anoplastica. "Un lembo ovale di pelle viene reciso sopra lo sfintere
e viene localizzata la sacca rettale. 1 bordi del cul di sacco inciso sono
poi fissati alla pelle con sei suture". Roux de Brignoles fu il primo
a sostenere, nel 1834, la necessità di una accurata dissezione perineale
e di una esposizione diretta della sacca rettale. Solo con Amusat, nel
1835, si ebbe una profonda innovazione nel trattamento delle malformazioni
ano‑rettali. Abbandonata la foratura cieca con il
"trequarti", Amusato propose una incisione fino al cul di
sacco rettale. Grazie al perfezionamento di questa tecnica, la mortalità
scese dal 90% del 1835 al 50% del 1876. Tuttavia i tentativi di
trattamento chirurgico determinavano nei sopravvissuti esiti talmente
invalidanti da far pronunciare, nella seconda metà dell'ottocento, ad
un chirurgo critico sui risultati ottenuti, le seguenti parole:
"giudicando dagli esiti di queste procedure non credo che
l'operazione sia desiderabile. Allo stato presente delle conoscenze é
preferibile che un bambino muoia senza operazione".
L'era moderna del trattamento per via addominoperineale
si può far risalire storicamente a Rhoads (1948), mala vera strada
maestra é stata indicata da Stephens (1953), che per primo richiamò l'attenzione
sull'importanza del muscolo pubo‑rettale ai fini della continenza.
II riconoscimento dei ruoli fondamentali della componente pubo‑rettale
del muscolo elevatore dell'ano e del muscolo sfintere esterno, nel
meccanismo della continenza e della defecazione, si dimostrò la chiave
del problema, ancora non completamente risolto. Vennero proposte tecniche
sempre più attente sia all'individuazione che al corretto uso di questi
muscoli. Dagli anni `50 agli anni `70 i risultati migliorarono nettamente
limitando al 30‑40% i casi di incontinenza fecale franca dopo
interventi eseguiti sia per via addomino‑perineale che sacroperineale
o permeale (vie scelte in funzione della forma alta, intermedia o
bassa di MAR). Negli anni `80 nasce e si afferma
fanorettoplastica sagittale posteriore (PSARP) secondo Pena/de Vries che,
superando la barriera psicologica della sezione mediana del perineo,
dalla cute allo sfondato peritoneale, consente nel pieno rispetto delle
strutture muscolo‑vascolo‑nervose, una visione diretta ed
ampia dell'anatomia di ogni singola MAR.