Aimar associazione                                3/1997

CENNI STORICI SULLE MALFORMAZIONI ANO-RETTALI

 

La nascita di un bambino con malformazione ano‑rettale (MAR) fu, nell'antichità, motivo di sconforto ed apprensione, non tanto per la condizione del neonato, quanto perchè i genitori consideravano la malformazione come un segno di cattivo auspicio. In essa si riconosceva l'espressione di un castigo divino ed il presagio di tempi sfavorevoli per i genitori e per la comunità. £evoluzione del pensiero cancellò lentamente questa interpretazione sovrannaturale dell'evento e la sostituì con un accettazione passiva di quella che venne, negli anni seguenti considerata come la nascita sfortunata di un bambino destinato a morte certa. I primi resoconti di malformazioni ano‑rettali e del loro trattamento, ci provengono dalle valli del Nilo, Tigri, Eufrate, grembo delle grandi civiltà della storia umana. La medicina aveva una base principalmente religiosa ed era praticata dalle caste sacerdotali. Le malattie e le deformità erano considerate opera dei demoni e "guarite" con formule magiche e l'aiuto degli dei. In quest'ottica si inserisce il testo di una preghiera contenuta in un papiro egizio risalente al 1660 a.C.. In essa la madre implora la crudele figlia di Osiride affinché "non infierisca sull'ano del suo bambino" poichè persino gli dei provano disgusto di ciò". La disperazione ed il terrore proveniente dalla nascita di un bambino con tale malformazione si rinvengono su una lastra di pietra proveniente dalla biblioteca del re Assurbanipal Odi Ninive (650 a.C.): "Quando una donna partorirà un bambino il cui ano sarà chiuso allora tutta la terra soffrirà la carestia". I primi tentativi di spiegare l'eziologia delle malformazioni ano‑rettali, al di fuori del misticismo e della magia, si hanno con la medicina Greco/Romana. Empedocle di Agrigento (482‑424 a.C.), riteneva le malformazioni il risultato di un'alterazione quantitativa dello sperma maschile e femminile. Democrito (460‑370 a.C.), ribadendo il ruolo fondamentale dello sperma e sostenendone l'esistenza di due differenti tipi; spiegava le malformazioni anorettali in questi termini: " ....i liquidi incontratitsi in successione e non simultaneamente, distruggono l'ordine e l'armonia dell'individuo nell'utero". Nell'antica Roma i bambini malformati erano abbandonati presso la Colonna Lattaria dove venivano allattati dalle "madri pietose" fino al decesso. Un cambiamento di questa abitudine si ebbe con Sorano di Efeso, il primo pediatra dell'antica Roma, vissuto sotto Traiano. A lui si devono i primi scritti sul trattamento di questi neonati: " .... con il dito mignolo, la cui unghia dovrà in precedenza essere tagliata, l'ano deve essere dilatato e la sottile membrana, che in molti casi si é sviluppata intorno ad esso, divisa, in modo che il deflusso delle feci non sia ostruito. La sostanza chiamata meconio sarà subito evacuata. L'opera di Sorano fu così significativa che, tradotta in latino nel V secolo da Aureliano Celio (360‑444), rimase valida fino al Rinascimento. Le maggiori conoscenze sulle malformazioni ano‑rettali, sono giunte a noi tramite gli scritti di Paolo di Egina (625‑669), l'ultimo dei grandi medici greci. Nella sua raccolta di opere si trova la prima descrizione di un intervento operatorio. Con la caduta dell'Impero Romano, vennero meno molti valori culturali; umani e medici. I pochi che rimasero furono salvati principalmente dai monaci. Tuttavia l'occuparsi dello studio delle scienze naturali divenne, sotto l'influenza della dottrina cristiana, un peccato. Durante questo periodo di stagnazione intellettuale dell'antica Europa, la ricchezza del sapere greco‑romano fa custodita dagli Arabi, grazie alle traduzioni degli scritti di Paolo di Egina. Nel periodo compreso tra il XV ed il XVIII secolo si ritrovano una serie di descrizioni individuali che abbracciano diverse varianti malformative. Questo tipo di suddivisione, pur rivestendo attualmente un significato esclusivamente storico, ci permette di esaminare quelli che erano gli orientamenti terapeutici del tempo. Una descrizione sul trattamento della stenosi anorettale congenita ci perviene ad opera di Johann Schultes, che fu chiamato, nel 1640 nella città di Ulma (Germania), presso un neonato portatore di tale malformazione. Poiché i genitori non acconsentirono all'operazione, fu costretto ad effettuare una graduale dilatazione con radici di genziana. Schultes riferisce di aver conosciuto a Padova una ostetrica esperta in anomalie ano‑rettali. "Apriva l'ano" con una sonda acuminata ed allargava il canale con radici di genziana che, lasciate in situ, diventavano turgide assorbendo il liquido e favorendo il passaggio delle feci. L'uso di sostanze spugnose é stato mantenuto per lungo tempo. Jersant descrive nel 1857 una sua sfortunata esperienza con tale tecnica, conclusasi con la morte del bambino. Nel caso, invece, di malformazioni ano‑rettali con fistola vaginale, potendo la malformazione consentire un buon flusso di feci attraverso la fistola, spesso l'anomalia veniva diagnosticata per la prima volta durante la gravidanza. La prima operazione di successo fu compiuta da Mantell nel 1786 su una bambina di pochi giorni. Infine, tra le descrizioni che riguardano le malformazioni anorettali con fistola retto‑cloacale, é rimasto famoso il caso di M. Louis, a Parigi, nel 1753. Nella sua tesi Louis presentò il caso di una ragazza felicemente sposata, con ano cloacale, i cui flussi mestruali avvenivano attraverso "l'ano". La descrizione delle modalità di accoppiamento dei coniugi, cui segui la nascita del figlio, costò al Dr. Louis un processo penale. Solo l'intervento del Papa, più lungimirante del parlamento di Parigi, assolse dall'accusa il Dott. Louis. La tesi fu pubblicata nel 1754. Nell'800 il trattamento delle MAR risultava già abbastanza codificato per le forme con fistola perineale o vulvare, che non presentavano grandi difficoltà chirurgiche, tutte le forme più alte di malformazione rimanevano un serio problema in termini di strategia opera­toria. Dieffenbach, nel 1854, propose per primo un intervento tramandato alla storia con il nome di anoplastica. "Un lembo ovale di pelle viene reciso sopra lo sfintere e viene localizzata la sacca rettale. 1 bordi del cul di sacco inciso sono poi fissati alla pelle con sei suture". Roux de Brignoles fu il primo a sostenere, nel 1834, la necessità di una accurata dissezione perineale e di una esposizione diretta della sacca rettale. Solo con Amusat, nel 1835, si ebbe una profonda innovazione nel trattamento delle malformazioni ano‑rettali. Abbandonata la foratura cieca con il "trequarti", Amusato propose una inci­sione fino al cul di sacco rettale. Grazie al perfezionamento di questa tecnica, la mortalità scese dal 90% del 1835 al 50% del 1876. Tuttavia i tentativi di trattamento chirurgico determinavano nei sopravvissuti esiti talmente invali­danti da far pronunciare, nella seconda metà dell'ottocento, ad un chirurgo cri­tico sui risultati ottenuti, le seguenti parole: "giudicando dagli esiti di queste procedure non credo che l'operazione sia desiderabile. Allo stato presente delle conoscenze é preferibile che un bambino muoia senza operazio­ne".

L'era moderna del tratta­mento per via addomino­perineale si può far risali­re storicamente a Rhoads (1948), mala vera strada maestra é stata indicata da Stephens (1953), che per primo richiamò l'at­tenzione sull'importanza del muscolo pubo‑rettale ai fini della continenza. II riconoscimento dei ruoli fondamentali della com­ponente pubo‑rettale del muscolo elevatore dell'a­no e del muscolo sfintere esterno, nel meccanismo della continenza e della defecazione, si dimostrò la chiave del problema, ancora non completa­mente risolto. Vennero proposte tecni­che sempre più attente sia all'individua­zione che al corretto uso di questi muscoli. Dagli anni `50 agli anni `70 i risultati migliorarono nettamente limi­tando al 30‑40% i casi di incontinenza fecale franca dopo interventi eseguiti sia per via addomino‑perineale che sacro­perineale o permeale (vie scelte in fun­zione della forma alta, intermedia o bassa di MAR). Negli anni `80 nasce e si afferma fanorettoplastica sagittale posteriore (PSARP) secondo Pena/de Vries che, superando la barriera psicolo­gica della sezione mediana del perineo, dalla cute allo sfondato peritoneale, consente nel pieno rispetto delle strut­ture muscolo‑vascolo‑nervose, una visione diretta ed ampia dell'anatomia di ogni singola MAR.

 
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