Rossana Bossaglia ha scritto diversi testi sull'opera di Cannaò: Questa è l’arte (2002) Il privilegio dei veri artisti (2005) |
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Tauromachie
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Cannaò riesce, con una forza espressiva assolutamente singolare, a darci insieme il senso della gagliarda e brutale innocenza e dell'istintiva consapevolezza del dolore; sopra il ghigno eccitato incombe un velo di malinconia suprema. (...) Cannaò è anzi un artista di vigorosissima mano; che sa conferire ai suoi personaggi una varietà straordinaria di espressioni, ciascuna energica e perentoria: un dono in cui si riconosce anche l'artista di teatro, creatore di maschere, non in quanto semplificazione bensì sublimazione dei singoli momenti psicologici. La
tecnica pittorica asseconda questa qualità: una pittura tagliente, che si fa
calda a contatto con la fisicità dei personaggi e li rende come presenza fisica
diretta. Nel bianco e nero, soprattutto se disegno, la vicenda è narrata come
in controcanto, nella cupezza del non-colore; ma la fisicità rimane; e il segno
sottile e vibrato delle eccellenti acqueforti restituisce la selvosità ispida
del vello animalesco. |
Questa è l’arte Come ogni artista vitale, ricco di impulsi e di passioni, Cannaò evolve nel tempo la propria maniera espressiva; ma come ogni artista dalla caratterizzante personalità, egli continua a trattare e sviluppare temi che sono fondamentali sia alla sua fantasia sia alla sua riflessione intellettuale, per non dire etica. L’artisticità di Cannaò è una sorta di magma in continua tensione, che esplode via via in varie direzioni, senza che se ne perda mai il nucleo di base; con un rapporto continuo tra la produzione grafica e pittorica e l’esibizione teatrale. (...) Cannaò parte, negli anni Settanta, da un paesaggismo caldo e vibrante, che già testimonia la sua volontà di indagare sulle tensioni interne a ciò che si vede. E subito dopo, infatti, le illustrazioni, non descrittive ma emotive, di testi teatrali sviluppano queste scelte interpretative; e questo presentarci ogni realtà come teatro, dunque come finzione, ma appunto per ciò simbolo. Cannaò da questo momento sviluppa, sia nella pittura sia nell’incisione, quella sua energia deformante, se |
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si vuole di matrice
picassiana, che tocca punti di grottesca tragicità. La patetica
goffaggine del toro che procede, a passo di danza, divertito nel suo
esibizionismo, è uno dei momenti alti di questa interpretazione del
vivere come assurdità permanente. Ci sono anche momenti, nella produzione
di Cannaò qui giunta a una sua ampia sicurezza espressiva, dove la
struttura compositiva tocca i limiti dell’astrattismo; o, meglio ancora,
l’impalcatura della scena, i fondali – sempre permeati di teatralità
– utilizzano schemi di tradizione metafisica. Ma è sempre come se
l’artista utilizzasse ogni stimolo culturale o suggestione iconografica
per farne degli stralunamenti insieme beffardi e tragici; quando le
immagini, specie se sono ritratti, assumono una fisionomia più pacata,
dentro vi leggiamo soprassalti trattenuti, l’ansia del mistero. Nell’ultima produzione, Cannaò sviluppa in particolare il tema del sogno; un tema alla Cervantes, reso più narrativo dalla presenza di personaggi in costumi di epoche diverse; ma si tratta appunto di costumi, cioè vesti da spettacolo, che frammischiano gli antichi romani ai signori del Cinquecento. Il tono leggendario, o di rievocazione fantastica, permea questa suggestiva opera pittorica e grafica di una coinvolgente capacità di seduzione: come se il male del vivere, facendosi spettacolo, divenisse propositivo. Questa è l’arte: rendere accettabile il male del mondo. |
QUESTO è CANNAò Che
cosa intendiamo se parliamo di un vero, significativo ritrattista? Intanto,
e con semplicità, indichiamo un artista capace di rendere riconoscibile
la fisionomia della persona che rappresenta. A un artista è lecito
interpretare come vuole i soggetti che ha scelto a tema, o modello, della
sua opera; ma se lo definiamo ritrattista è necessario che ci trasmetta
un’immagine comunicativa, nella quale noi fruitori riconosciamo il
modello. È
una riflessione che giunge particolarmente opportuna a proposito di Cannaò,
disegnatore e pittore dal forte temperamento e dalla specifica personalità,
che è ben identificabile in tutto il percorso della sua attività.
Identificabile di volta in volta nella spietatezza e intensità del
tratto, nel corposo spessore che egli sa conferire all’immagine, nella
pesante ma comunque evidentissima resa fisionomica; ogni volta, appunto,
esemplare interprete della caratterizzazione del suo modello. Sicché, per
concludere, ogni volta diciamo “questo è Cannaò”, riconoscendone lo
stile; e contemporaneamente, se la persona ritratta è di nostra
conoscenza, anche casuale, “Questo è… eccetera”. |
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E
si badi: i ritratti possono essere di personaggi gradevoli e dolci, oppure
di violenta connotazione; in tal caso lo stile dell’artista è
particolarmente adatto a renderne la tipicità; ma anche là dove si
tratta di una fisionomia armoniosa, Cannaò, pur non venendo meno al
proprio caratteristico stile, non ne offende né oblitera la piacevolezza. Pittore
dalla mano sicura, non è soltanto ritrattista; è però nel ritratto che
lo identifichiamo con maggiore chiarezza e intensità; pur se, in vari
casi, si tratta di personaggi inventati o liberamente trasfigurati. Se vogliamo riassumere in un sintetico giudizio l’insieme della sua attività creativa, dovremo dire che essa ha un largo respiro: muovendo egli da argute o addirittura beffarde sequenze caricaturali per giungere a profonde introspezioni nei sentimenti. Ma questo è appunto il privilegio dei veri artisti: di essere sempre se stessi senza ripetersi mai. |
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