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SIPARIO CHIUSO - Entra il Giullare



GIULLARE:

Al momento attuale esiste una tendenza alla decostruzione da parte di settori che esprimono convergenze devaricanti occultamente plateali e destabilizzanti...

PLATEA:

Basta! Non si capisce niente!

GIULLARE:

Calma! Calma, E' vero, sono un giullare, un buffone, ma si vede. Non c'è trucco e non c'è inganno. Ho anche i campanelli sul cappello. Perciò è ovvio che dico sciocchezze. Però se avessi un doppiopetto e occhiali da professore, se parlassi da una tribuna in un convegno sponsorizzato o in una tavola rotonda, allora scommetto che nessuno se ne sarebbe accorto delle sciocchezze che dico. Avrebbero applaudito e i giornali avrebbero riportato le mie parole e la Tv le avrebbe commentate dicendo quanto sono colte e argute. Chi avesse continuato a trovarle sceme, sarebbe rimasto zitto zitto per non fare la figura di quello che non capisce.
Quante volte li abbiamo visti e ascoltati questi buffoni travestiti da persone serie?

(COMINCIA A CANTARE LA CANZONE DEL BUFFONE)

Questi saltimbanchi del condizionale,
acrobati del congiuntivo con le ghette,
equilibristi delle virgolette,
oratori potenti sempre presenti, con fervidi accenti,
giullari incoscienti, buffoni seri, eleganti,
vestiti con l'abito giusto,
con la cravatta a posto e
col padrino tosto,
con l'indice teso verso l'aldilà
e l'espressione cupa della stupidità
con l'intervistatore inquisitore
che assentisce a tutte le ore
assente solo con la mente
Quante volte vi siete smarriti
nel fumo dei loro discorsi forbiti
nella palude dei loro partiti
nel bosco dei loro percorsi
pronunciati davanti a un tavolo
non capendo un cavolo
di parole buttate alla gente
davanti alla Tv a spese del contribuente.
Io sono solo un giullare: è evidente!
Ma voglio raccontarvi una fiaba una fola un racconto
inventato da un buffone un po' tonto,
storie comuni: le mie, le tue, le sue,
e comincia così: C'era una volta un Re...anzi due.



(La scena rappresenta un villaggio con le facciate di alcune case. Sullo sfondo: due castelli merlati. Entrano due gruppi di paesani che fanno da Coro.
Entrano i due Re che cantano le rispettive canzoni.)

CANZONE DEL RE DELLE AQUILE



Sono il Re delle Aquile rampanti
siamo tutti alti biondi e molto aitanti
porto sempre un cilindro per cappello
e una camicia verde pisello
e nessuno è più bello di me
perchè sono il Re
Ho la vista più acuta del mondo
ed inseguo le prede volando
se le acchiappo è sicura la morte
perché sono forte
e nessuno è più forte di me
perciò sono il Re



CORO
...e nessuno è più forte di te
per questo sei il Re!
Se lui scorge il nemico da lontano
che arriva dal mare sui gommoni
gli spara a sale e pepe nei coglioni
e gli taglia per giunta anche una mano
sembra strano ma quando colpisce
fa vedere le stelle e le strisce
ha speroni lucenti e stivali
e di bombe ha pieni gli arsenali
è disposto a qualunque follia
per diffondere la sua democrazia
Non c'è nessuno più buono di te.
Evviva il RE!

CANZONE DEL RE DEGLI ORSI



Sono il Re degli orsi ruggenti
il più bravo tra tutti i potenti
nella steppa io sono un gigante
e nel mondo il miglior governante
e nessuno è più bravo di me
perciò sono il Re
ho gli artigli come l'acciaio
uno solo ne vale almeno un paio
ho lo sguardo che vede sempre rosso
e sono grosso
e nessuno è più grosso di me
perciò sono il RE!

CORO
...e nessuno è più grosso di te
per questo sei il Re!
Ha i peli sullo stomaco e sul dorso
e per questo lo chiamano l'Orso
non solo per la forza dirompente
ma anche per il fare convincente
Nel reame degli orsi tu lo sai
il sole non tramonta quasi mai
eppure se discuti ad alta voce
può succedere che non vedrai la luce
E' per questo che son tutti ubbidienti
e ogni frase ci muore tra i denti
da noi non esiste la miseria
e se lo dici finisci in Siberia
sparisci e non si sa perchè.
Evviva il RE!

GIULLARE
Così passava il tempo piacevolmente tra una minaccia e l'altra. Perché dovete sapere che nei due reami in realtà non si viveva in pace. Anzi non si viveva proprio. Tutti erano continuamente in attesa della guerra che non si sapeva bene quando, non si sapeva bene come e perché, ma era certo che sarebbe scoppiata un giorno o l'altro.

(Passa un contadino)

GIULLARE:
Eilà, come andiamo?

CONTADINO
Mah, siamo qui! Si aspetta l'allarme generale e la mobilitazione.

GIULLARE
(rivolto ad una contadina):
Come va?

CONTADINA
Ho fretta, devo preparare bende e cerotti!

GIULLARE (Al pubblico)
Vedete? Si aspetta. A proposito, dove avrò messo il mio elmetto?

CANZONE DELLA GUERRA



CONTADINO
Ho già pronto lo zaino e il fucile
e la maglia pesante di lana
siamo tutti in attesa in cortile
col cannone e con la cerbottana
col carretto tirato dal ciuco
contro le aquile del Capitale
contro le caramelle col buco
e la musica occidentale
tutti uniti e pronti all'azione
a pugnare e morire da eroi
a sgozzare la popolazione
questa è la libertà
che difendiamo noi!

CORO DEI CONTADINI
Ecco qua, ecco qua il guerriero è pronto già
e la guerra vincerà.
Ecco qua, ecco qua, il guerriero è pronto già

GIULLARE
Eppure, per quanto fosse attesa da tutti, la guerra non scoppiava mai. E questo non rendeva più tranquilli i Re dei due reami. Anzi erano più nervosi che mai. C'erano poi le popolazioni che erano mobilitate per la battaglia decisiva. E così avevano trascurato ogni altra occupazione per dedicarsi completamente alla preparazione bellica, allo scontro finale. E soprattutto per dedicarsi all'allestimento di tutto il necessario: trincee, olio bollente, catapulte, alabarde, testate nucleari, portaerei e altre sciocchezze del genere. Ed era un'attesa snervante, fatta di mille sospetti e di accuse reciproche. Bastava che si incendiasse un fienile nel territorio delle Aquile perché si accusassero gli Orsi di sabotaggio e terrorismo. E se si spezzavano le corde di una balalaika subito si spargeva la notizia che c'era un complotto delle Aquile per sostiuire le balalaike con i Juke box. Insomma si viveva uan vita d'inferno dentro e fuori i confini del Regno.

CANZONE DELLE PALLE



CORO
Che palle!
E che proiettili volanti prepariamo!
ed è già da troppo tempo che aspettiamo
se la guerra non inizia ci annoiamo.
Ed il grano va in malora
e la vigna è secca già
mentre noi aspettiamo l'ora
che chissà quando verrà

CONTADINO SOLISTA DELLE AQUILE
Che palle! Che spingarde e catapulte,
ho già pronte da lanciare
ed ho preso già due multe
per divieto di sostare
in attesa del segnale
della tromba o del tamburo
dell'anelito fatale
che ci porti oltre quel muro

CONTADINA SOLISTA DEGLI ORSI
Che palle!
e balestre e colubrine
sono pronte da lanciare
mentre giù nelle cucine
non c'è nulla da mangiare
in attesa del segnale
della tromba o del tamburo
dell'anelito fatale
che ci porti oltre quel muro

CANTANO INSIEME
verso il sol dell'avvenire
verso il nostro funerale
e così potrà finire
quest'attesa della guerra
per cui abbiam le palle in terra
(IL CORO RIPETE LA STROFA INIZIALE)

GIULLARE

Alla periferia dei due reami intanto le istruzioni impartite dai due Re venivano ricevute dai vassalli, dai valvassori e dai valvassini delle opposte fazioni. Naturalmente le istruzioni dicevano che la guerra era prossima, così come era incombente la madre di tutte le battaglie, quella che avrebbe dovuto decidere una volta per tutte chi avrebbe regnato da solo sul territorio dei due regni. E da una parte si diceva che era incombente la minaccia delle aquile, e dall'altra si paventava l'invasione degli Orsi. Fatto sta che nei più piccoli villaggi e perfino nelle isole minori, si viveva una situazione di angoscia. La stessa che dominava le corti centrali nei due palazzi reali. Nella periferia dell'Impero viveva un popolo che originariamente era costituito da santi, navigatori, trasmigratori e poeti. In seguito aveva messo sù famiglia e si era trasformato in un popolo di suonatori di mandolini e di fabbricanti di spaghetti. E siccome il mercato degli spaghetti e l'industria dei Cd taroccati tirava, tutti lavoravano. E, malgrado i tempi cupi, si produceva anche una certa ricchezza.

CANZONE DEI MANDOLINI E DEGLI SPAGHETTI



Gli spaghetti fabbrichiamo e suoniamo il mandolino a tempo perso perchè in fondo noi crediamo che la pace sia qualcosa di diverso dell'attesa della guerra per portare lo sfacelo per sconvolgere la terra e per far scoppiare il cielo
noi crediamo che la vita si possa trasformare pian pianino e che si possa giocare la partita senza armare tutto sto' casino
senza imporre con la forza delle spade in ogni piazza e in tutte le contrade ogni paese ed in ogni città ciò che pensiamo sia la libertà
Gli spaghetti in realtà sono una scusa un pretesto ed una allegoria per dimostrare che si può restare a casa e vivere felici e in armonia
con chi non pensa proprio come noi non servono i fucili né gli eroi serve soltanto un governo che sia onesto che fa leggi per tutti e le fa presto
invece andiamo a dire col cannone che le nostre sono leggi buone e votiamo col naso tappato e applaudiamo il primo scalmanato

GIULLARE
Ma improvvisamente ecco che una bella mattina le Aquile si svegliano, guardano fuori dalle finestre, si affacciano alle torri dei loro castelli, occhieggiano dalle mura merlate, e scoprono che gli Orsi non ci sono più.



Hanno abbandonato catapulte e e carri armati sul terreno un tempo presidiato e minato, hanno spento i fuochi dei loro bivacchi, hanno smontato i cvaalli frisia, hanno tagliato i reticolati che separavano i rispettivi confini e se ne sono tornati a casa a fare l'amore con le loro mogli. Improvvisamente i fienili non corrono più pericolo. Aquile, grifoni, tacchini e piccioni viaggiatori non si sentono più minacciati, non corrono più rischi d'imboscate e di aggressioni. Il Re degli Orsi si è ritirato. Non appare più sui bastioni a spaventare la gente, non minaccia più di mangiare i bambini, violentar ele vergini e abbeverarsi alle fontane di Piazza San Pietro. Dopo decenni di ansie e tensioni il nemico come d'incanto non c'è più. E con lui viene a mancare ogni motivo di paura e l'angoscia in attesa della guerra, il sospetto verso le spie, il timore verso gli estranei, ritenuti sempre sovversivi, infiltrati e terroristi. Tutto finito, cancellato. Sembra che tutti possono finalmente sentirsi più liberi e felici. Invece no! Perché nei palazzi del potere gli aquilotti non si sentono tranquilli e sereni. E anche il Re, malgrado sia l'unico a restare sul trono, sembra più infelice di prima. Si aggira di notte tra i camminamenti merlati, si agita nella bianca sala del trono, e perfino i giullari sembrano meno buffi. Neanche quelli con la gobba riescono più a farlo sorridere.

CANZONE DELLA PACE

CORO
Evviva, evviva, noi siam tutti contenti canitamo ai quattro venti che l'Orso non c'è più
CONTADINO
Finalmente si torna a cantare
finalmente si torna a mangiare
a curare di nuovo la terra
finalmente è finita la guerra
finalmente si aprono i porti
le botteghe gli uffici le banche
si ritorna a zappare negli orti
ed in tasca ad avere palanche
accendiamo di nuov i lampioni
ed i fuochi nei forni del pane
e di ansie e preoccupazioni
solamente il ricordo rimane
e possiamo rifare le strade
nuove case ospedali e le scuole
torna il sole nelle contrade
rifioriscono campi ed aiuole
dopo secoli di penitenza
di paura di panico eterno
finalmente avrà precedenza
della pace il giusto governo

GIULLARE
E già! Perché i milioni di suonatori di mandolino e di fabbricanti di spaghetti, assorbiti dalle schermaglie belliche tra i monarchi, si ernao un po' distratti dalla cura del feudo, e ormai da tempo viveva in una situazione bloccata, con una politica congelata. Come un merluzzo nel frizer. Già la pubblica amministrazione non aveva mai brillato per efficienza e razionalità, ma essendo il PAese in una fase molto critica ed essendo in pericolo la stessa sopravvivenza della cività occidentale, tutti accettavano lo stato dell cose come una necessità transitoria e andavano a votare con il naso tappato. Ma ora il nemico non c'è più e tutti si aspettano qualcosa di meglio di ciò che ha il convento finora: servizi inesistenti affollati da addetti demotivati pagati poco per fare poco, scelti non in base alle capacità, ma in base alla fedeltà a questo o a quello dei vecchi contendenti o dei grandi feudatari che parteggiavano per l'una o l'altra delle fazioni in lotta per il potere.

CANZONE DELL'ANGOSCIA

CANTA IL RE



Che disgrazia, che giornata funesta
io mi dispero e gli altri fanno festa
e già chiedono case e chiedono scuole
vestiti e cibarie e le scarpe e le suole
in queste faccende si fa molto presto
comincia con poco ma poi viene il resto
e chiedono vino e pane e prosciutto
finisce che poi pretendono tutto
pensare che prima si stava così bene
vegliando la notte e saltando le cene
e nessuno pensava a richiedere niente
solo io che chiedevo la pelle alla gente
s'è perso per sempre ahimé l'ideale
di esser felici vivendo anche male
finite le trame e le leggi speciali
mi chiedon perfino i serivzi sociali
che vita di merda per un Sire rapace
se qui si comincia a vivere in pace

CORO DEI CORTIGIANI
Ci vorrebbe un nemico
per potere ricominciare
ci vorrebbe un nemico
per potere lasciare tutto quanto tale e quale

GIULLARE
Ma il nemico non c'è più. Il nemico che aveva turbato il sonno al Re delle Aquile e per tanto tempo era stato usato come spauracchio dalle balie per addormentare i pargoli e dai inistri per far star buoni gli elettori, non c'è più. E così alcuni cominiciarono a chiedersi perchèil Feudo rifiorisce ora che è scoppiata la pace. E perché invece dei fiori spuntano nuove tasse e la gente non riesce ad arrivare alla fine del mese, e non si riesce a pagare scrivani, banditori, alchimisti, cerusici, maniscalchi e precettori sparsi nelle scuole del Regno. Eppure i fabbricanti si spaghetti ce la mettevano tutta. Ed erano inviadiati perfino dagli Orsi che, per un chilo di pastasciutta, ernao disposti ad abbattere i muri di confine a testate. Com'è come non è, pare invece che le casse dello Stato sono vuote e il debito pubblico è una voragine senza fondo che on si riesce mai a colmare. Malgrado il lavoro. malgrado i sacrifici richiesti ai villici, i grandi feudatari dicono che il Paese è povero, che è tra le prime potenze belliche e industriali, ma è derelitto per il potere d'acquisto dei beni di prima necessità. E anche sul piano dell'informazione, malgrado siano state tolte tutte le restrizioni dovute al periodo di guerra, il Paese is trova tra gli ultimi in classifica. E pare anche che non sarà inserito nel gruppo dei Reami che stabiliscono le nuove regole per i commerci, nuovi prezzi sui mercati finanziari, energetici, culturali e politici. Al contrario il Contado sarà tra quelli che eseguono gli ordini, ricevono direttive e compiti, partecipano in posizione subalterna ai festeggiamenti per la fine di un'epoca di paura e per l'inizio di una nuova fase nella storia del Mondo.

CANZONE DELLA SERIE B
Eravamo forti e anche piacenti
occhi scuri ed il ciuffo ribelle
lungo i mari e sopra i continenti
viaggiavamo con le caravelle
eravamo stimati da tutti
da qualcuno perfino invidiati
oramai noi siam derelitti
e in classifica precipitati

CORO
Oilì, Oilà
certo che così non va
Oilà, oilì
siam finiti in serie B
Le ricchezze che abbiamo prodotto
i vestiti le scarpe i tessuti
gli ideali del quarantotto
tutti morti svaniti fottuti
Lo stellone che sempre ci aiuta
sembra ormai tramontato del tutto
non ci resta che qualche battuta
qualche festival senza costrutto
qualche manica senza cappotto
qualche sedia senza salotto
qualche tegola priva del tetto
qualche briciola senza prosciutto

CORO
Oilì, Oilà,
certo che così non va
Oilà, Oilì,
siam finiti in serie B

GIULLARE
Così tutti vivevano un periodo di passaggio che non passava mai. Una sorta di ibernazione politica in attesa che succedesse qualcosa di nuovo e, come nelle fiabe, una fatina a risolvere i problemi e a sistemare ogni cosa. Però noi non abbiamo a disposizione una fatina né possimao continuare a viaggiare nel mondo della fantasia. Abbiamo invece bisogno di aprire gli occhi, di prendere atto della realtà. Ed è una realtà che per quanto degradata disordinata e confusa, presenta ancora degli elementi positivi, Ad esempio dobbiamo far sapere a tutti che non è vero che il nostro è un Feudo povero e disgraziato, al contrario è molto ricco e anche di più. Non è la macchina che non va. E' solo l'autista.

CANZONE DEL BUON GOVERNO
E pensare che basta anche poco
per uscire da una palude
o dal buio di un vicolo cieco
da una crisi che non si conclude
basterebbe un po' d'onestà
neanche tanto solo un pochino
per salvare le nostre città
per fermare il nostro declino
con un po' di giustizia fiscale
che distingua tra poveri e abbienti
non come ora ch'è normale
dividersi tra furbi e dementi
basterebbe un po' di rigore
un po' più di vergogna e lealtà
o magari soltanto pudore
per parlare di ciò che non va
basterebbe che chi s'è sbagliato
passasse ad un altro la mano

EPILOGO DEL GIULLARE



Questa è la fiaba che volevo raccontare
ma la fine non c'è, è da inventare
non dipende da me, ma da noi tutti
che l'albero riprenda a dare frutti
che il Paese ritorni a prosperare
e la paura si perda in alto al mare
potete ridere, piangere o scordare
questa fiaba narrata da un giullare
ma state certi che finirà male
per il paese a forma di stivale.
Oppure con la vostra riflessione
potete dargli un'altra conclusione
una svolta, un guizzo, un cambiamento
un colo d'ala, un refolo di vento
che faccia dire a tutti i qui presenti
"vissero tutti felici e contenti"

FINE